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G.I.M. Venegono a Limone: Vivi-Amo la speranza...sulle orme di Comboni

 



VIVI-AMO LA SPERANZA …
SULLE ORME DI ...

DANIELE COMBONI

1. Chiesa all’aperto



In ascolto della Parola (Mt 5,13-16)


«Voi siete il sale della terra. Ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si restituirà? Non serve ad altro che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città situata sopra una montagna, né si accende una lucerna e la si pone sotto il moggio, ma sul lucerniere e fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre Vostro che è nei cieli».

Preghiamo

O Padre, che hai manifestato in Daniele Comboni un esempio mirabile di amore per te e per i popoli dell’Africa, concedi che per sua mediazione anche noi siamo trasformati dalla carità che sgorga dal cuore di Cristo Buon Pastore. Te lo chiediamo per lo stesso Signore nostro Gesù Cristo che vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. AMEN

2. Casa

La vocazione di
Comboni: gioie e preoccupazioni

“La sua lettera confidente mi sprona a farle conoscere lo stato genuino in cui mi trovo; anzi m’è di grande sollievo svelarle il turbamento che agita ora il mio animo. Come qualche volta parmi avergli detto, io inclino a percorrere la carriera quantunque ardua delle Missioni, e precisamente da ben otto anni quelle dell’Africa Centrale, al quale scopo diressi parte de’ miei studi.

Il Superiore conscio delle mie intenzioni, ha sempre fatto calcolo di me, per adoperarmi nella fondazione della sua Missione in quelle deserte ed infuocate solitudini; ed a tale scopo fin dallo scorso anno egli ha deciso di spedirmi colà nella prossima spedizione che avrà luogo agli ultimi del prossimo agosto o à primi di settembre, purché sempre possa combinare molti affari della Missione con Roma e con Vienna. Per ambe queste parti ha già quasi terminato ogni cosa; onde fino dal mio ritorno da Limone m’ha già dato avviso di apparecchiarmi all’impresa, e quindi combini gli affari di famiglia, ed ogni cosa che mi spetta. Questo momento era già sospirato da gran tempo da me, con maggior calore, di quello che due fervidi amanti sospirano il momento delle nozze. Se non che due gravi difficoltà mi spaventano, senza delle quali io certo non mi risolvo alla Missione, e tutte e due formidabili.

La prima è il pensiero di abbandonare due poveri genitori che in questa terra non hanno altro conforto che quello d’un unico figlio; ma questa spererei di superarla, perché la nostra Missione è di tal natura che, attesa la ferocità del clima e gli affari che la legano coll’Europa, ci sforza ogni anno, od al più ogni due di venire qui; e per conseguenza non sarebbe totale abbandono; ma sarebbe come se stessi un anno o due senza vederli, quantunque la continua relazione potrebbe addolcire ogni lontananza: e questo, come dicea, non mi dà tanto sgomento, molto più che essi m’hanno già scritto d’essere disposti alla Provvidenza, e di assoggettarsi, con dolore sì, alla momentanea separazione. L’altra difficoltà è che voglio pria di partire che sia assicurata una comoda esistenza a’ medesimi; la quale io ottengo colla liberazione totale da ogni debito (S 3-4). 

- Un po’ di silenzio e poi…


Invocazioni libere


3. Cappella


La Vocazione… La Risposta

“Ho finito finalmente i santi esercizi, e dopo essermi consigliato e con Dio e con gli uomini, n’ebbi che l’idea delle Missioni è la mia vera vocazione: anzi il successore del gran servo di Dio D. Bertoni, il Padre Marani, mi rispose che fattosi egli un quadro della mia vita, e delle circostanze passate, e presenti, m’assicura che la mia vocazione alle Missioni dell’Africa è delle più chiare, e patenti; e quindi ad onta delle circostanze dei miei genitori, che in questa occasione candidamente gli ho presentato, mi disse:
“Vada, ch’io gli do la mia benedizione, e confidi nella provvidenza, che il Signore, che gli ispirò il magnanimo disegno, saprà consolare e custodire i suoi genitori”. Per la qual cosa ho deciso assolutamente di partire nel prossimo settembre”.


(lettera a Don Pietro Grana, 13 agosto 1857)

***

“Sa perché le ho citato il giudizio di Padre Marani sulla mia vocazione?… Non per altro se non per dirle che nel corso della mia ardua e laboriosa intrapresa, mi parve più di cento volte di essere abbandonato da Dio, dal Papa, dai Superiori e da tutti gli uomini… e vedendomi così abbandonato e desolato, abbi cento volte più forte la tentazione (ed anche eccitatami da uomini pii, rispettabili, ma senza coraggio e fiducia in Dio) di abbandonar tutto, rassegnar l’opera della Propaganda, e mettermi umile servo a disposizione della santa sede, o del cardinal prefetto e di qualche vescovo.

Ebbene, ciò che non mi fece mai venir meno alla mia vocazione (anche quando mi trovava accusato alla più alta autorità, di venti peccati capitali, benché non ve ne siano che soli 7; anche quando avea 70.000 franchi di debito, gl’Istituti di Verona disordinati, nell’Africa Centrale molti morti, e nessuna prospettiva di luce, ma tutto tenebre, ed io con la febbre a Chartum), ciò che mi sostenne il coraggio a star fermo al mio posto fino alla morte, o fino a decisioni differenti della S. Sede, fu la convinzione della sicurezza della mia vocazione, fu sempre toties quoties perché il Padre Marani mi ha detto ai 9 agosto 1857, dopo maturo esame: “La vostra vocazione alle Missioni dell’Africa è una delle più chiare che io abbia veduto”.

(lettera al Padre Sembianti da El Obeid, 16 luglio 1881)


Preghiera dell’abbandono di Charles de Foucauld

Padre mio,
io mi abbandono in Te.
Fa di me ciò che vuoi.
Per tutto ciò che farai
fin d’ora ti rendo grazie.

Son disposto a tutto, tutto accetto
purché la tua volontà si faccia in me
e in tutte le creature.

Non desidero null’altro, Dio mio.
Metto la mia anima nelle tue mani,
te la offro, Dio mio,
con tutto l’ardore del mio cuore
perché ti amo.

È per me una necessità d’amore
il donarmi, il consegnarmi
nelle tue mani senza misura,
con infinita fiducia, perché sei
mio Padre.

Amen.

4. Limonaia


In ascolto della Parola (Mt 28, 18-20)

«E Gesù avvicinatosi, disse loro: “ Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandate a voi. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”».

Per Daniele Comboni missione è:
  • Una profonda esperienza di fede, che gli dava la consapevolezza di sentirsi completamente abbandonato nelle mani di Dio. Viveva animato da un “profondo senso di Dio”
  • Un ascolto attento della Voce di Dio, della Sua Parola “… Qui il nero come essere ragionevole non ha valore alcuno… E io volli mostrare vieppiù ai popoli provandolo con un esempio parlante, che secondo lo spirito sublime del Vangelo tutti gli uomini, bianchi e neri, sono uguali dinanzi a Dio e hanno diritto all’acquisizione della fede e alla civiltà cristiana”
  • Disponibilità, accoglienza delle intuizioni nuove, rivoluzionarie “sentite” nel suo “cuore a cuore” con Cristo Gesù, contemplato e amato e seguito, fin sulla croce “Quello che mi importa è unicamente (e questa è stata l’unica e vera passione della mia vita intera, e lo sarà fino alla fine, e non ne arrossisco per nulla) che si converta la Nigrizia e che Dio mi accordi e conservi quegli strumenti ausiliari che m’ha dato, e mi darà”
  • Prontezza a giocarsi tutta la vita intera per realizzare il Piano di Dio nella sua vita per la “rigenerazione dell’Africa Centrale”. “Non vi spaventate. La vita è nelle mani di Dio. Egli faccia quel che vuole: noi l’abbiamo con irrevocabile dono sacrificato a Lui. Sia benedetto. Dalla sera alla mattina qui si muore…”
  • “Salvare l’Africa con l’Africa” è diventato il suo motto, sostenuto dal grido del suo cuore innamorato: “O Nigrizia, o morte”. “Sono ventisette anni e sessantadue giorni che ho giurato di morire per l’Africa Centrale: ho attraversato le più grandi difficoltà, ho sopportato le fatiche più enormi, ho più volte visto la morte vicino a me e, malgrado tante privazioni e difficoltà, il Cuore di Gesù ha conservato nel mio spirito la perseveranza, in modo che il nostro grido di guerra sarà fino alla fine: “O Nigrizia, o morte!”.
  • Diventare catalizzatore di tante energie e di tante persone a vivere con lui e dopo di lui la stessa passione: “Vorrei avere mille vite per tutte donarle alla rigenerazione dell’Africa!”.
Salmo:

Cantico di Efesini 3,14-21: Contemplare l’amore di Cristo

Mi inginocchio e mi prostro riverente
davanti al Signore dell’universo,
al Padre di ogni popolo della terra.

Lo imploro dal profondo del cuore
di usare la forza dello Spirito
per rinsaldare la fede dei credenti.

Con rinnovata insistenza gli chiedo
Che Cristo, e il suo vangelo di pace,
siano il centro della nostra missione.

Ogni scelta che fiorisce tra di noi
Sia radicata nel terreno dell’amore;
resti salda come casa sulla roccia.

L’amore è quello che Gesù Cristo
Ci ha insegnato vivendo tra noi,
donandoci un esempio da imitare.

Ha amato ogni persona incontrata,
ognuna in un modo diverso,
ognuna per quello che era.

Ha amato come ama un bambino,
con fiducia, tenerezza e abbandono,
ma insieme con la libertà di un adulto.

Ha amato senza calcoli e riserve,
senza chiedere amore in contraccambio,
senza legare o ricattare le persone.

Ha amato con passione e con forza,
con fedeltà, gratuità e pazienza;
ha sofferto e pianto per amore.

Ha amato e ha insegnato ad amare
i nemici, chi tradisce e rinnega,
chi non merita pietà e perdono.

Impariamo dal Signore Gesù
Ad amarci come veri fratelli,
ad amare fino all’ultimo giorno.
                 
5
. In cima alle scale

La lotta allo schiavismo

Lo schiavismo ai tempi del Comboni
era ancora molto florido, e nonostante l’abolizione ufficiale, restava di fatto uno dei mercati più fiorenti dell’Africa. Due sono le azioni di Daniele: perorare la causa africana presso le potenze europee e fare pressione sulle medesime perché si impegnino anche “sul terreno” con forze diplomatiche e di polizia.


Ora, nel momento in cui descrivo queste cose, vi sono centinaia di migliaia di vittime, che a causa della guerra e della cupidigia dei mercanti, sono strappati alla loro patria, sono esposti ad ogni genere di mali e condannati a non rivedere più il volto dei loro genitori e il paese nel quale sono nati, e a dover sospirare per tutta la loro vita sotto il peso crudele della più dura schiavitù (S1816).

Ma come è possibile che ancora adesso ogni anno vengano messi in vendita tante migliaia di negri in parte pubblicamente in parte clandestinamente sui mercati di Chartum, Cordofan, Dongola, Suakim, Gedda, Berber, Cairo e in altre città della costa africana? Ciò è dovuto alla rapina violenta e sequestro segreto da parte dei musulmani, che alimentano e praticano ancora il tremendo commercio degli schiavi; ciò è dovuto all’Islam che favorisce la schiavitù, questa vergogna dell’umanità, nonostante tutti i trattati fra i governi civili, nonostante le leggi severe ma inefficaci del governo turco, nonostante la buona volontà di Ismail Pascià, il Vicerè d’Egitto.

I poveri negri migrano così da marcato a mercato, da padrone a padrone, e dopo aver superato le più grandi fatiche di viaggi faticosi e pericolosi, spesso camminando a piedi scalzi sulla sabbia cocente del deserto, nel quale una gran parte muore di una morte crudele, vengono alle coste dell’Africa per essere trafficati a padroni terribili, che li trattano come cani, e, sotto la protezione crudele della legge dispotica di Maometto, preparano loro una vita misera, una vita che li porta prematuramente alla morte eterna.

Solamente Colui, che col suo sacrificio glorioso sul Golgota volle che fosse estirpata per sempre dalla terra la schiavitù, Egli che annunciò agli uomini la vera libertà, chiamando tutte le nazioni e ogni singolo essere umano alla figliolanza di Dio, al quale l’uomo rigenerato con la vera fede può dire Abba Pater, solamente Lui potrà liberare l’Africa dalla macchia della schiavitù. Solamente il Cattolicesimo potrà ridonare la piena libertà a una gran parte della famiglia umana, che ancor sospira sotto il giogo vergognoso della più crudele schiavitù. Proprio in questo consiste l’alta importanza della nostra santa Opera per la rigenerazione dell’Africa, benedetta dal nostro venerabile Papa Pio IX, anche se si volesse considerare solamente come opera filantropica. Abbiamo il grande scopo di portare la luce della Fede in tutte le regioni dell’Africa Centrale ancora abitate da popoli primitivi, di stabilirla ivi solidamente e per sempre, di alzare il vessillo luminoso della libertà del Figlio di Dio e così ridare la vita a molte migliaia di anime, che dormono ancora nell’ombra di morte (S1818-1820).

La schiavitù non è ancora abolita: la vediamo (per chi vuole accorgersene) sulle nostre strade, sulle carrette del mare, in popoli interi costretti dalla logica del profitto internazionale a vivere nella miseria e senza diritti.

Il coinvolgimento di tutti per la missione

Dalla sua esperienza, Comboni impara a collaborare con molta gente, e si rende conto che l’Opera a cui è chiamato è “ardua e difficile”. Occorre che tutti si impegnino per la missione dell’Africa. Per questo gira l’Europa: corti imperiali, il papa, vescovi, istituti religiosi, persone singole… vuole animare e smuovere tutti.

L’Opera dev’esser cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana. Tutti i cattolici devono aiutare i poveri Neri, perché una nazione sola non riesce a soccorrere la stirpe nera. Le iniziative cattoliche, come quella del venerato Olivieri, dell’Istituto Mazza, del Padre Lodovico, della società di Lione ecc. senza dubbio hanno fatto molto bene ai singoli neri, ma fino ad ora non si è ancor incominciato a piantare in Africa il Cattolicesimo e ad assicurarvelo per sempre. All’incontro col nostro piano noi aspiriamo ad aprire la via all’entrata della fede cattolica in tutte le tribù in tutto il territorio abitato dai neri. E per ottenere questo, mi pare, si dovranno unire insieme tutte le iniziative finora esistenti, le quali, tenendo disinteressatamente davanti agli occhi il nobile scopo, dovranno lasciare andare i loro interessi particolari (S944).

Anche nel nostro tempo le forze che si possono muovere sono tante, “cattoliche” e non, le forme di associazione e collaborazione sono innumerevoli, c’è un senso diffuso di impegno per la mondialità. Sta a noi lavorare “in rete”, collegare e stimolare i vari nodi per un’azione concertata ed efficace, senza la dispersione dei protagonismi, e dei regionalismi.

La donna

Quello che fa Comboni esce proprio dagli schemi mentali dell’epoca: manda delle donne in missione!! Perché? Innanzitutto perché crede, come dicevamo prima, che la missione è di tutti; in secondo luogo, perché la donna in Africa può svolgere un lavoro molto significativo, importante e inoltre molto efficace, potendo entrare in molti ambienti e realtà inaccessibili all’uomo. Ma soprattutto Comboni si rifà alle donne del Vangelo che, come gli apostoli, hanno seguito Gesù e hanno annunciato il Vangelo.

L’Apostolato di queste Suore è vera immagine delle antiche donne del Vangelo. A tutte le fatiche, ai viaggi disastrosi, alla morte si sobbarcano per guadagnare anime alla Chiesa, e corrispondere colle proprie forze, colla miracolosa debolezza e colla propria vita a quel Cuore, che venne a mettere il fuoco sulla terra (S3553).

Non posso a parole esprimere l’impressione favorevole che han fatto a queste genti le Suore. È la prima volta che mondo è mondo che spose di Cristo vengono in queste lande infuocate. Al mio arrivo rimasero molti turchi attoniti alla vista delle nostre Suore. Chi le credeva uomini del mondo della luna, chi le credea donne, ma di un’altra razza. Certo che i turchi di qui hanno un grande rispetto per le Suore.

Tutte fornite di maschia, soda religiosa educazione, di una provata moralità, di un coraggio virile: esse non temono i difficili e pericolosi viaggi, dormono sotto un albero ove ore prima forse vi è dimorata la iena o il leone, riposano sulla sabbia di notte a cielo aperto e nell’angolo di una barcaccia, entrano nelle case degli infedeli, curano le loro piaghe e li invitano alla fede, entrano nei tribunali, scorrono i mercati e tirano il centesimo per la missione, mentre altre attendono alla scuola alla coltura morale delle fanciulle, e si presentano davanti ai Pascià e con coraggio e forbite maniere proteggono la causa degli infelici, e si fanno rispettare dai turchi, dai grandi, dai soldati, dagli africani, e lavorano per la Chiesa al pari e talvolta più degli stessi più zelanti missionari (S3534).
La situazione della donna in molte parti del mondo è ancora difficile. Ma anche nella nostra società, nelle nostre parrocchie sono relegate da una parte, le prime a lavorare, le ultime quando si devono prendere delle decisioni. Occorrono uomini e donne capaci di testimoniare con l’esempio della vita la bellezza della complementarietà e del vivere e lavorare insieme.

6. Chiesa

In ascolto della Parola (Mt 5,13-16) «Voi siete il sale della terra. Ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si restituirà? Non serve ad altro che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città situata sopra una montagna, né si accende una lucerna e la si pone sotto il moggio, ma sul lucerniere e fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre Vostro che è nei cieli».
- Si spengono le luci

Dall’omelia di Khartum Khartum, 11maggio 1873“…Io ritorno fra voi per non mai più cessare d’essere vostro, e tutto al maggior vostro bene consacrato per sempre. Il giorno e la notte, il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente e sempre pronto ai vostri spirituali bisogni: il ricco e il povero, il sano e l’infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno sempre eguale accesso al mio cuore. Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure le mie.     Io prendo a fare causa comune con ognuno di voi, e il più felice de’ miei giorni sarà quello, in cui potrò dare la vita per voi…”.

“Voglio missionari santi e capaci. Prima di tutto santi, ma non con il collo storto pieni di egoismo e di se stessi, perché la missione ha bisogno di gente sveglia e capace, di persone audaci, generose, capaci di soffrire e di morire. (…) Tutta la nostra fiducia è in colui che morì per i neri e che sceglie i mezzi più deboli per le sue opere, perché vuole mostrare che è Lui l’autore di ogni bene. (…) Vogliono i missionari e le missionarie santi e umili, ma non basta: ci vuole carità che fa capace i soggetti. Una missione così ardua e laboriosa come la nostra non può vivere di patina e di soggetti che non curano come si deve la salute e la conversione delle anime. Bisogna accenderli di carità, che abbia la sua sorgente da Dio e dall’amore di Cristo” (S6655-6656)

Risonanze, condivisioni…


Inno alla croce di San Daniele Comboni

Il Salvatore del mondo compì le sue
meravigliose conquiste di anime
con la forza di questa Croce,
che divenne altare di tutto il mondo.

Fra dolori è spine è sorta e cresciuta
l’opera della Redenzione, e per questo
essa mostra uno sviluppo mirabile
e un futuro consolante e felice.

La Croce ha la forza di trasformare
l’Africa Centrale in terra
di benedizione e di salute.


Da essa scaturisce una virtù
che è dolce e non uccide,
che discende sulle anime
e le rinnova come una rugiada ristoratrice.


Da essa scaturisce una grande potenza,
perché il Nazareno, sollevato sull’albero
della Croce, tesa una mano all’Oriente e
l’altra all’Occidente, raccolse i suoi eletti
da tutto il mondo nel seno della Chiesa.


Egli inalberò la Croce, operatrice di
meraviglie, che tutto attrasse a sé:


“Quando sarò elevato, attirerò tutti a me”

(Gv 12,32). (Cf S 4972-75)

Sacramento della Riconciliazione

Inizio della Veglia Notturna



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