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3. Omelia di Khartum (Traduzione dall'arabo fatta da P. Carcereri)

 

Khartum, 11/5/1873

 

Sono ben felice, o carissimi, di trovarmi finalmente reduce a voi dopo tante vicende penose e tanti affannosi sospiri. Il primo amore della mia giovinezza fu per l'infelice Nigrizia, e lasciando quan-t'eravi per me di più caro al mondo, venni, or sono sedici anni, in queste contrade per offrire al sollievo delle sue secolari sventure l'opera mia. Appresso, l'obbedienza mi ritornava in patria, stante la cagionevole salute che i miasmi del Fiume Bianco presso S. Croce e Gondocoro avevano reso impotente all'azione apostolica. Partii per obbedire: ma tra voi lasciai il mio cuore, e riavutomi come a Dio piacque, i miei pensieri ed i miei passi furono sempre per voi.

Ed oggi finalmente ricupero il mio cuore ritornando fra voi per dischiuderlo in vostra presenza al sublime e religioso sentimento della spirituale paternità, di cui volle Iddio che fossi rivestito or fa un anno, dal supremo Gerarca della Chiesa Cattolica, nostro Signore il Papa Pio IX. Sì, io sono di già il vostro Padre, e voi siete i miei fi­gli, e come tali, la prima volta vi abbraccio e vi stringo al mio cuore. Sonovi ben riconoscente delle entusiastiche accoglienze che mi faceste; esse dimostrano il vostro amore di figli, e mi persuasero che voi vorrete essere sempre il mio gaudio e la mia corona, come siete la mia parte e la mia eredità.

Assicuratevi che l'anima mia vi corrisponde un amore illimitato per tutti i tempi e per tutte le persone. Io ritorno fra voi per non mai più cessare d'essere vostro, e tutto al maggior vostro bene consa­crato per sempre. Il giorno e la notte, il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente e sempre pronto ai vostri spirituali bisogni: il ricco e il povero, il sano e l'infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno sempre eguale accesso al mio cuore. Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure le mie.

Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice de' miei giorni sarà quello, in cui potrò dare la vita per voi. - Non ignoro punto la gravezza del peso che mi indosso, mentre come pastore, maestro e medico delle anime vostre, io dovrò vegliarvi, istruirvi e correggervi: difendere gli oppressi senza nuocere agli oppressori, ri­provare l'errore senza avversare gli erranti, gridare allo scandalo e al peccato senza lasciar di compatire i peccatori, cercare i traviati senza blandire al vizio: in una parola essere padre e giudice insieme. Ma io mi vi rassegno, nella speranza, che voi tutti mi aiuterete a portare questo peso con allegrezza e con gioia nel nome di Dio.

Sì: io confido primamente nell'opera tua, o Reverendo Padre, e mio carissimo Vicario Generale: tu che il primo mi aiutasti in que-st'opera di Missione per la Rigenerazione della Nigrizia, ed il primo innalzasti il vessillo della santa Croce nel Cordofan, ed insegnasti a quei popoli i primi rudimenti della fede e della civiltà. Ed in voi eziandio confido o stimabili Sacerdoti miei fratelli e figliuoli in que-sto Apostolato, mentre voi sarete le mie braccia di azione per dirigere nelle vie del Signore il suo popolo, ed insieme i miei angeli del con-siglio. Ed in voi pure molto confido o Venerabili suore, che con mil-le sacrifici vi associaste a me per coadiuvarmi nella educazione della gioventù femminile. Ed anche in voi tutti, o Signori, confido perchè vorrete sempre confortarmi colla vostra obbedienza e docilità alle amorose insinuazioni che il mio dovere e il vostro bene mi consi-glieranno di darvi.

Quanto a voi illustre rappresentante di S. M. I. R. A. l'Imperatore Francesco Giuseppe I nobile Protettore di questa vasta Missione, mentre godo ringraziarvi di quanto faceste finora per essa, mi affret-to ad esprimervi la speranza che vorrete gloriosamente continuare a prestare l'ossequio della spada alla croce, difendendo i diritti della nostra Religione divina, qualora venissero disconosciuti ed oltraggiati.

Ed ora a voi finalmente mi rivolgo, o pietosa Regina della Nigrizia, ed acclamandovi nuovamente Madre amorosa di questo Vicariato Apostolico dell'Africa Centrale, alle mie cure commesso, oso supplicarvi a ricevere solennemente sotto la vostra protezione me e tutti i miei figli per custodirci dal male e dirigerci al bene.

O Maria, o Madre di Dio, il gran popolo dei neri dorme per la più parte ancora nelle tenebre e nell'ombra di morte: affrettate l'ora della loro salute, spianate gli ostacoli, disperdete i nemici, preparate i cuori, ed inviate sempre nuovi apostoli a queste remote contrade tanto infelici e bisognose.

Miei figli, io vi commetto tutti in questo giorno solenne alla pietà del Cuor di Gesù e di Maria, e nell'atto di offrire per voi il più accettevole dei sacrifici all'Altissimo Iddio, lo prego umilmente di versare sulle anime vostre il sangue della redenzione, per rigenerarle, per risanarle, per abbellirle a seconda dei vostri bisogni, affinché questa santa Missione sia feconda di salute a voi, e di gloria a Dio. E così sia.

 

Daniele Comboni