GLOBALIZZAZIONE, QUALE LIBERAZIONE?
Una lettura biblica a partire dai poveri (Thiene, 20 ottobre 1997)
Globalizzazione: Quale
liberazione? |
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dal
ciclo I VOLTI NASCOSTI DELLA GLOBALIZZAZIONE
GLOBALIZZAZIONE:
QUALE
LIBERAZIONE?
Una
lettura biblica a partire dai poveri
incontro
con P. Alex Zanotelli, THIENE - 20 ottobre 1997.
Penso
che possiamo cominciare questo nostro incontro proprio sulla
dinamica biblica, del sogno di Dio che è l'opposto, sotto certi
aspetti, della globalizzazione che Dio sogna, ma non nella
maniera in cui sta avvenendo. Permettetemi proprio di partire in
chiave biblica.
Parto
così molto semplicemente, non parto da Korogocho,
lasciatemi partire da quello che noi chiamiamo il sogno di Dio.
E' importante pensare che Dio sogna, voi pensate di sognare da
soli ma anche Dio sogna, lasciatelo sognare. Uso la parola di
Dio con molta cautela perchè non so più chi sia Dio: più vivo
a Korogocho
meno ci capisco. Sono arrivato lentamente a capire una cosa
almeno, Ratzinger spero che non mi bruci al rogo, ma... io non
riesco più a concepire Dio come onnipotente... Quando vivete a Korogocho
tutto quello che noi riteniamo come onnipotenza viene tutto
cancellato e quando davanti alla sofferenza umana vi trovate
talmente impotenti, capite quella croce e capite che su quella
croce Dio si è rivelato, e si è rivelato come l'impotente. Dio
non è "potente": forse sempre di più l'immagine che
ho di Dio, ecco il sogno, è di donna. Essenzialmente, io non
riesco a percepirlo altro che donna: una donna che genera, in
fondo, dei figli, noi siamo i suoi figli, ma che soffre
enormemente perchè vede che questo sogno non sboccia, perchè i
suoi figli vanno per la loro strada. Non vanno sulla strada che
Lui sogna ed ecco la Sua sofferenza: se c'è una cosa che sento
molto a Korogocho
è la sofferenza di Dio! Penso che davvero Dio deve soffrire: se
una donna soffre dopo avere generato, quando vede quel figlio
che se ne va, penso che la sofferenza deve essere nel cuore di
Dio. E' l'unica maniera in cui riesco a parlare di Dio.
Ecco
perchè mi sembra importante questo sogno di Dio, che è
contenuto essenzialmente nel sogno di Mosè. Brugman in un suo
libro usa questo linguaggio: Dio in Mosè ha espresso un sogno e
questo sogno può essere tradotto in tre parole fondamentali.
Dio sogna, per il Suo popolo, per la Sua comunità, una
economia, e mette l'economia al primo posto, una economia di
uguaglianza; però i beni di questo mondo sono a disposizione di
tutti e non di pochi. Per questo avete bisogno di una politica,
ed è al secondo posto la politica, questo lo capite già
dall'importanza odierna dell'economia: secondo, quindi, se
volete avere una economia di uguaglianza avete bisogno di una
volontà politica, di una politica di giustizia. Ma per avere
un'economia di uguaglianza, per avere una politica di giustizia,
avete bisogno essenzialmente di una religione, ogni uomo è
religioso: quindi avete bisogno, terza componente, di
un'esperienza religiosa.
Ed
ecco il sogno di Mosè, in cui Dio non è il Dio del sistema, è
il Dio delle vittime del sistema, è il Dio libero. Ecco il
sogno, è affidato ad un uomo: Mosè. Voi sapete che il nome Mosè
è un nome egiziano, Mosè non è un nome ebraico... e Mosè è
stato talmente venduto al sistema ed al palazzo che ha perfino
assunto un nome che non è ebreo. E' uno dei pochi nomi della
Bibbia che proprio non è ebraico: molto facilmente viene dal
nome Tutmosis, proprio tipico egiziano, che vuol dire che lui è
cresciuto in un ambiente egiziano.
La Bibbia ce lo rivela, ci dice che è vissuto per
quarant'anni nel palazzo. Era un venduto al sistema, Mosè.
Completamente. Un giorno ha visto, ha capito, ha cominciato a
capire che i suoi fratelli non erano gli egiziani, che il sangue
che scorreva nelle sue vene era degli oppressi,
degli ebrei, e deve essere scattato qualcosa: ne difende uno di
loro e capisce che è nei pasticci con la polizia del Faraone e
scappa nel deserto.
Mosè
fugge nel deserto e si trova una bellissima ragazzina, fa tre
figli ed è a posto. E' finito il sogno, non ci sono sogni, la
realtà è quella: un po' di cammelli un po' di pecore, ma non
Jahvè. C'è sofferenza nel cuore di Dio, Jahvè ascolta il
grido del suo popolo e, un giorno, Dio deve essere entrato nel
cuore di quest'uomo. Mosè non aveva un cravattino, se lo avesse
avuto lo avrebbe preso per il cravattino e avrebbe detto:
"ma Mosè, che cosa stai a fare qua dentro, ritorna,
ritorna in Egitto! Io ho udito il grido del mio popolo".
Allora
Jahvè non è il Dio che benedice il sistema dei Faraoni, è
qualcosa d'altro... e Mosè ritorna in Egitto, con questo sogno:
un'economia di uguaglianza, che domanda una politica di
giustizia, che domanda una religione dove Dio è libero, perchè
e' il Dio delle vittime e non il Dio dei Faraoni, e arriva in
Egitto. "Chi sono io?" aveva detto a Jahvè, Mosè.
Cosa faccio io, cosa vuoi che vada dire al Faraone, io sono
nulla. "Va': Io sono con te". E quello che abbiamo
nell'Esodo, in maniera molto poetica, epica, le cosiddette
piaghe d'Egitto, è lo scontro fra il sogno di Dio e la realtà
politica faraonica, l'impero, che è all'opposto del sogno di
Dio: questo è importante capirlo.
Osservate
bene che poi ogni impero è lo stesso, è la stessa cosa.
L'Egitto è una
piramide (mica per caso gli egiziani hanno costruito le
piramidi) perchè è un sistema piramidale: in cima avete il
Faraone, la corte, i prìncipi, i preti. Un 10% della
popolazione dalla pancia piena ed l'altro 90% in funzione di chi
mangia e che fa la fame. Guardate che le piramidi sono state
costruite da schiavi! Con
una sofferenza immane! L'impero è così! E ogni impero è
così: non ci sarebbe impero, non ci sarebbero queste robe così
mastodontiche se non ci fosse stato chi ha pagato in costi umani
incredibili! Il 10%, e il resto: è una economia di opulenza!
Ecco l'impero, e Roma non è differente: gli studi recenti danno
la Roma imperiale con 1 milione di abitanti ed il 90% di Roma
erano schiavi: ma è chiaro che gli
imperi sono così. C'e' quindi una
economia di opulenza con il Faraone, che domanda una
politica di oppressione: necessariamente si deve avere una
volontà politica di schiacciare la gente, è necessaria, è
parte integrante dell'impero.
Terzo
c'e' una religione, perchè ogni impero ha la sua religione, non
ci si scappa: l'impero faraonico aveva la religione del Dio dei
Faraoni, il Dio che benediceva il sistema. Dio dice al suo
popolo: ma l'avete mai avuto così? siete mai stati così bene
in vita vostra? ma che cosa cercate! ma state tranquilli! ma
lodate il Signore del Faraone! ma che cosa volete! quello è la
religione, è la religione dell'impero, vale per i Faraoni, vale
per i Cesari, vale per oggi. I romani in questo erano
particolarmente brillanti, sapevano usare tutte le religioni e
tutti gli dei... purchè l'impero fosse saldo, perchè quello
era l'importante.
Ecco
la realtà, oggi la chiamereste real-politik. E il sogno di Dio
si scontra con la realtà faraonica, imperiale. Ma Dio non
accetta la realtà imperiale: Dio sogna, e Dio soffre per la sua
gente, per il suo popolo. E' il Dio di ogni popolo, Dio. Quindi
questa storia biblica è una storia, quasi un paradigma, per
leggere le nostre storie: ed ecco lo scontro, ecco le piaghe, le
cosiddette piaghe d'Egitto, che poi erano dei fenomeni. Mosè
diceva al Faraone: guarda, guarda, ragioniamoci su, è un
segno... quelle son le piaghe d'Egitto, non altro. Alla fine lo
scontro, in chiave epica, che c'e' nell'Esodo, fra il Faraone e
Jahvè rappresentato da Mosè: la lotta e la vittoria, la
vittoria espressa in termini epici, quando gli ebrei scappano.
Nell'Esodo Jahvè ha vinto l'impero! Jahvè ha vinto il Faraone!
Ha vinto l'esercito! Ha vinto il male! Ha vinto il caos! E' il
sogno di Dio che irrompe, che passa attraverso quelle acque e
che questo Mosè, con questo suo popolo, porta avanti.
Ecco
il cuore dell'esperienza biblica e cosa porta Mosè: questo
sogno fondamentale di una
economia di giustizia, espressa nell'Esodo attraverso la
manna. E così gli ebrei hanno capito che si può sopravvivere
anche nel deserto, che un popolo anche se non ha più le cipolle
d'Egitto, la carne, la pentola, può sopravvivere lo stesso. La
lezione grande della manna era che tu non la puoi capitalizzare;
se ne raccogli di più marcisce. Ed è espresso così il sogno
di Mosè: ecco l'economia
di uguaglianza, che vi domanda una politica di giustizia. Se
voi non avete una volontà politica, questo non può avvenire,
perchè si tratta davvero di una volontà politica, di una
politica di giustizia, che persegue la giustizia per chi soffre.
Terzo, vi domanda questo Dio libero, ma radicalmente libero, e
proprio perché libero,
non è il Dio del sistema: è il Dio nomade, che vive in una
tenda. Ecco il cuore.
Nel
deserto questa unica tribù deve aver fatto una esperienza molto
forte, deve aver purificato il suo concetto di Dio, questa
profonda alleanza... una esperienza, mistica. Noi non sappiamo
come sia avvenuto, attraverso mille maniere, e questa tribù
porta questo sogno ed entra in Canaa; è quasi certo, ormai
quasi tutti gli esperti lo dicono, che la conquista non è
avvenuta come ci dice il libro di Giosuè, con la spada in mano,
o con massacri da tutte le parti. Sono entrati, questo in chiave
archeologica è chiarissimo oggi, tra il 1300 ed il 1200, e nel
momento in cui questo popolo, questa tribù arriva, non c'è
nessun segno di distruzione in nessuna città; per cui tutto il
racconto che avete in Giosuè, è epica. Questa popolazione deve
essere entrata e ha trovato una cosa altrettanto interessante,
che facilmente avveniva. Quello che è avvenuto in Egitto forse
è avvenuto anche in Canaa, questo non è sicuro al cento per
cento, ma è molto facile: in Canaa c'erano delle città-stato,
non c'era l'impero, ma le città-stato avevano dei re e i re
erano sotto il Faraone, con la stessa logica di oppressione.
Molto facilmente in questo periodo devono esserci state delle
grosse iniziative di resistenza, perchè la campagna,
soprattutto chi lavorava in campagna, si sentiva sfruttato dalla
città, e sono nati i cosiddetti 'hapiru' da dove facilmente
deriva la parola ebrei. Hapiru vuol dire specie di ribelli,
fuori nelle campagne, che hanno cominciato una resistenza ed
hanno cominciato a ritribalizzarsi. Da qui sono nate queste
differenti, chiamiamole tribù; sulle colline, perchè mentre le
città stato erano sulla costa della Palestina, i ribelli sono
andati sulle colline. I gruppi di popoli, di tribù che avevano
fatto resistenza, che erano insorti, incontrano questa tribù
proveniente dall'Egitto con questa fede immensa in questo Jahvè
che non ha nome, si rifiuta il nome, non ha immagine. Jahvè,
che è il Dio dei poveri, dei diseredati, degli schiavi, delle
vittime e che dà a loro una forza rivoluzionaria. Formano
quella che è chiamata la confederazione delle dodici, è un
dato classico; non sappiano quante fossero all'inizio.
Galvanizzandosi su questa fede fortissima in Jahvè, non il Dio
del sistema ma il Dio delle vittime (son tutte vittime queste
tribù), si riscattano e scoprono la loro libertà e la gioia
del vivere e tentano in Palestina, su questa zona montagnosa, di
ritradurre questa economia di giustizia.
Il
libro di Giosuè ci racconta che dopo la conquista la
terra è stata divisa equamente fra le famiglie; ad ogni
famiglia è andato il suo pezzettino di terra, perchè la terra
serve per vivere. Ecco l'economia
di giustizia, non c'è capitalizzazione, c'è condivisione:
la stessa dinamica che si trova nell'Esodo con il pane, con la
manna, l'abbiamo qui in termini di terra. Secondo, una economia
di uguaglianza che vi domanda una politica di giustizia: è
interessante che le popolazioni, queste tribù, non avevano un
governo centrale; esisteva una forma di governo politico, più
che nelle varie tribù, nei vari clan, nel consiglio degli
anziani, quindi il potere era gestito. Dentro queste tribù che
si erano riaggregate, quindi, non c'è nessun potere centrale,
non c'è nessun re, non c'è nessun capo; il potere è un potere
che nasce dal basso ed è rappresentato essenzialmente in questi
consigli di anziani. Terzo, una volta all'anno le tribù si
ritrovavano, molto facilmente a Sichem, per proclamare la loro
fede in Jahvè, il garante dell'alleanza; colui che garantisce
non i capi, che non esistono in fondo, ma che garantisce i
poveri, i piccoli, gli esclusi: e qui nasce il concetto della
legge, che è unico in Israele.
In
Israele la legge è nata per la difesa dei poveri, la legge è
uno strumento per la difesa di chi non ha diritti, di chi è
schiacciato, di chi è perdente, perchè questo è Dio.
Sono
andati avanti per 200 anni, fino a quando, non ne sappiamo le
ragioni (facilmente l'oppressioni dei filistei), sorge in loro
il desiderio enorme di avere un re. E' la grande domanda a
Samuele: dacci un re! E Samuele dice: no, avete un re, è Dio,
è l'unico. Vogliamo un re come le altre nazioni; ma Samuele
dice ma sapete che cosa volete? Ma sapete che cosa vi farà il
re? Il re, quando sarà re, prenderà le vostre figliolette e le
metterà nel suo harem perchè il re non può accontentarsi di
una donna, ne ha bisogno almeno di migliaia; prenderà i vostri
giovani, li metterà nell'esercito, perchè è chiaro che avete
bisogno di un esercito per difendere gli interessi e le
ricchezze... Questa è l'analisi che fa Samuele. Però nasce il
re, nasce la monarchia verso l'anno mille. Saul è il primo, ma
non è un re: è una specie di "Chieftain", una specie
di gran capo, non è ancora una monarchia. Davide in questo è
lo spartiacque, ma è una via di mezzo anche lui: anche se è
lui che concentra il potere a Gerusalemme e a Gerusalemme, che
è una città pagana, costruisce, è il primo a costruire...il
Palazzo!
E
ci siamo. Sarà Salomone che compirà l'opera e davanti al
palazzo costruirà il Tempio: così il re può uscire da palazzo
ed entrare... da Dio e dire: Jahvè eccomi! Ma non c'è già più
Jahvè; è già sparito da quel tempio. Ecco il tradimento! E
nel frattempo, è avvenuto il ritorno in Egitto: con Salomone si
ha tutta l'esperienza della monarchia, si ritorna ad una
economia di opulenza, dove pochi in Gerusalemme e nelle grandi
città, i re, i principi, i sacerdoti nel tempio, nei templi,
hanno la pancia piena a spese di molti morti di fame. Questo
domanda una politica di oppressione,
ed ecco allora la corvè: Salomone deve fare una corvè per
prendere la gente, per costruire i palazzi a Gerusalemme. I
palazzi sono costruiti per Roma, per tutte le Rome, per tutte le
capitali di questo mondo: c'è una politica di oppressione,
evidentissima in Salomone... e più si va avanti,
sempre più diventa evidente, una oppressione
incredibile. Terzo, avete una religione del Dio che è
prigioniero del sistema: Dio è nel tempio e il re ci ha messo
su le mani e Jahvè benedice il sistema. Ma Jahvè non c'è già
più...
Ecco
i profeti: i profeti non sono altro che il richiamo al grande
sogno... abbiamo tradito! Ecco la rabbia dei profeti, perchè
parlano a nome delle vittime, a nome di Jahvè, che non sta nel
tempio, sta in tutte le vittime. E' rabbia perchè un sogno è
stato radicalmente tradito: ecco il problema, ed ecco i Profeti!
E il giudizio è perentorio: è finita per Israele. La caduta di
Samaria, poi la caduta di Gerusalemme rappresentano per i
profeti il giudizio del tradimento, perchè il popolo ha
dimenticato il sogno di Dio. Una economia di uguaglianza, che vi
domanda una politica di giustizia, che vi domanda una religione
del Dio libero, e per questo diventa il Dio
degli oppressi. Ecco il cuore. Con la distruzione di
Gerusalemme parte tutto, parte il tempio, partono i sacrifici,
parte il sacerdozio, la gente ritorna, ma ritorna nuova! La
profezia sparisce, quasi subito, perchè i Profeti avevano
bisogno di re davanti, di istituzioni: con il dopo esilio la
profezia lentamente scompare. Difatti Giovanni Battista e Gesù
sono dei nuovi profeti, ma erano almeno 300 anni che non c'erano
voci in Israele. Nasce un nuovo fenomeno di resistenza:
l'apocalittica. E' molto importante questo. Israele vive
all'ombra dei grandi imperi: Babilonia che distrugge
Gerusalemme, poi arriva la Persia, arriva la Grecia, poi arriverà
Roma; sono i grandi imperi. E Israele si sente quasi impotente.
Si ritorna alla comunità e nasce un movimento di resistenza, il
cosiddetto movimento apocalittico, che ritroviamo in un sacco di
libri del vecchio testamento: il più emblematico è il libro di
Daniele, scritto nel 165, come resistenza ad Antioco IV, che
tentava di imporre la cultura greca sul popolo ebraico. Ma molti
libri (Giuditta, Ester) sono essenzialmente libri apocalittici:
Giuditta, per esempio dove l'impero e' rappresentato da
Oloferne; in Ester, da
Assuero. Sono immagini per indicare le grandi potenze e alla
base vi sono queste piccole comunità di resistenza, che sono
richiamate ad avere speranza, nonostante quello che vedono: il
trionfo, non di Jahvè, ma il trionfo degli dei pagani, degli
imperi... è Dio che controlla la storia, e il movimento
apocalittico è un movimento per dare speranza dentro questi
gravissimi condizionamenti (chiamiamoli imperiali), per dare
alle comunità forza di fede, di resistenza. L'emblema di questo
diventa "Daniele". L'apocalittica usa simboli, usa
codici essenzialmente per non lasciarsi scoprire, non scoprire
le proprie carte: Daniele, l'Apocalisse di Giovanni, sono
scritti così per la semplice ragione che avevano paura che se
la polizia segreta, o quant'altro dell'impero, avesse conosciuto
quello che la comunità pensava, non sarebbe resistito nessuno.
Ecco l'apocalittica, quindi il codice, i simboli: in questo
Daniele, Cap.VII, è stupendo e nasce un nuovo simbolo, che Gesù
riprenderà come suo.
Ed
ecco l'apocalittica del vedere: "vidi, vidi" nell'Apocalisse
di Giovanni; anche nel Cap. VII: vidi nella notte il mare,
per la Bibbia il mare è il caos. E da questo mare in
tempesta quattro enormi bestie che escono: sono i quattro
imperi; un leone, uno simile ad una pantera, l'altro un orso e
la quarta una bestia talmente brutta che è innominabile. Sono i
quattro imperi: Babilonia, la Media (che non è mai esistita
come impero, esiste solo nella mente dell'autore Daniele),
l'impero persiano e l'impero greco. Sono le bestie: gli imperi
come bestie. E davvero queste comunità ne sentivano tutta la
repressione e la bestialità. Ma Dio c'è, ecco il Cap. VII, e
queste bestie son portate davanti a Dio e son giudicate. Ed ecco
la novità in Daniele: arriva, sulle nubi (che vuole dire che
davvero è nelle mani di Dio) un Figlio d'uomo. Il sogno è
tutto qui in Daniele: che finalmente emerga dalla storia umana
un volto d'uomo a governarci, non bestie, bestie, bestie, siamo
stufi di bestie; il sogno è il volto di un uomo, che è una
comunità. E' chiaro in Daniele VII che non è una 'persona', è
una comunità, è la comunità di resistenza, che sogna qualcosa
di alternativo agli imperi che schiacciano.
Questo
è il sogno apocalittico: Gesù riprenderà questo sogno e lo
rilancerà nella Galilea. Gesù ha scelto la Galilea, e la
Galilea (oggi lo sappiamo avendo degli studi seri, in chiave di
Nuovo Testamento, in chiave economica, in chiave sociale) era
nel contesto romano la zona più repressa della Palestina, con
un impoverimento che era pauroso. Nel momento in cui Gesù ha
vissuto ed ha lavorato, tra il 30 e il 40, non sappiamo
esattamente quali le date, è stato un periodo bestiale per i
poveri della Galilea. L'impero opprimeva con la tassazione; se
l'impero poi collaborava con il Tempio... i preti, i sommi
sacerdoti, comperavano il sommo sacerdozio dai romani. Era una
corruzione totale e Roma usava il tempio per l'oppressione dei
poveri. E' in questo contesto che Gesù entra in Galilea, viene
da Battista ed è battezzato. E' uno scandalo che Gesù sia
battezzato da Giovanni: Giovanni era per la prima volta una
grossa provocazione profetica, uno scossone, e deve aver colto
qualcosa di grave che stava avvenendo. Gesù si inserisce nel
movimento giovanneo, ma poi deve avere immediatamente
radicalizzato quello che stava avvenendo e deve avere capito la
gravità della sofferenza della sua gente. Ma Gesù ha compreso
una seconda cosa: Gesù deve avere fatto una esperienza, non
sappiamo quando l'abbia fatta, ma una esperienza religiosa
fortissima. Gesù non sempre è stato un mistico, non ci sono
visioni, non c'è nulla nei Vangeli: ma sembra abbia fatto una
esperienza radicale che gli ha fatto vedere quello che non
andava nell'esperienza religiosa ebraica. Un'esperienza di
quello che Lui chiamava Habbà, Ima, Papi, Mam, cioè un
profondo senso di sentirsi figlio di un Papi, che gli voleva un
bene immenso e che quindi voleva un bene immenso ad ogni uomo.
Questa è la grossa intuizione che i Vangeli mettono a
battesimo. Questo, lentamente, deve averlo portato una grande
intuizione, che è il problema della violenza. Gesù deve aver
visto la violenza romana, che era di una brutalità incredibile;
Gesù deve aver visto lo strapotere romano e come Roma reagiva,
con una repressione di una brutalità incredibile. E Gesù aveva
cominciato a notare che il suo popolo reagiva alla crisi romana,
alla violenza romana, con una controviolenza. Gesù capisce che
alla violenza romana si innesca adesso la violenza del suo
popolo, che è giustificata, è giusta. E Gesù capisce che su
questa strada c'è solo la morte; ha visto in faccia la morte di
Roma, sapeva come Roma reagiva: ed ecco il problema! Lui
intuisce che con la logica della violenza contro violenza, c'è
solo morte.
C'è
un'unica maniera per uscire da questa logica: è rinunciare
radicalmente alla violenza. Per me il concetto di nonviolenza è il cuore del Vangelo. Ecco la logica
dell'amore! Ed ecco quello che Gesù porta in Galilea!
Ritorna in Galilea, e lancia il grande sogno di Dio: un
movimento nuovo, di chi? del Figlio dell'Uomo! Già quello era
un attacco all'impero! Noi vediamo il Figlio dell'Uomo come un
titolo di Gesù che è definito il Figlio di Dio, ma il Figlio
dell'Uomo è il sogno apocalittico! Di Daniele, di Gesù. E
questo va in questa Galilea e annuncia ai poveri la lieta
notizia: che Dio non vuole un mondo come quello che abbiamo fra
le mani, vuole qualcosa d'altro. Nascono lentamente delle
piccole comunità e le piccole comunità, spezzano tutto! Ecco
la novità; vi trovate delle prostitute, dei poveri, dei
lebbrosi, qualche samaritano. Il cuore di tutto è lo spezzare
il pane! Ecco l'economia di uguaglianza. Queste piccole comunità
si riconoscevano in questo spezzare il pane; la Messa è stata
sempre chiamata lo spezzare il pane, per secoli, sono andati
avanti, i preti, i vescovi, in quel simbolo spendevano anche un
quarto d'ora a spezzettarlo, perchè il significato era che, se
tu eri cristiano, se eri seguace di quel Cristo, la tua vita
significava spezzare quel pane! Ecco il cuore del Vangelo, ecco
le comunità, ecco il movimento del Figlio dell'Uomo, ecco le
comunità nuove, ecco nascere dal basso la speranza! Ecco il
sogno di Dio, che rinasce con Gesù. E' chiaro che l'impero e
Gerusalemme reagiscono, e Gesù alla fine capisce che il cuore
del problema è Gerusalemme, e decide quel grande viaggio a
Gerusalemme. Facilmente Gesù a Gerusalemme c'è stato solo
quella volta, per quel grande viaggio finale, in cui decide di
portare le istanze, per prima cosa dei poveri della Galilea, e
capisce che il cuore del problema è il tempio, in collegamento
con Roma, che schiaccia: è un appello al cuore delle autorità
di Gerusalemme. Secondo, vede che la violenza sta crescendo, e
vede che il popolo sta andando dritto alla morte, perchè ormai
sta nascendo la contro violenza ebraica, che lo porterà
direttamente alla grande guerra. Gesù non a caso è crocefisso
con due... non due ladroni: erano due persone che lottavano
contro Roma con le armi, avevano scelto la violenza e Gesù l'ha
rifiutata, ma muore con altri due che lottavano contro Roma. Così
Gesù decide di fare questo viaggio: parte, molto facilmente con
questo pellegrinaggio di poveri, con i discepoli e vanno a
Gerusalemme. Entrano e si parla di questo profeta... la grande
entrata: forse Gesù è stato tentatissimo di fare anche Lui il
leader, ma aveva rifiutato di avere il potere. Non era l'Habbà,
sentiva che lo chiamavano, ma aveva in mente il sogno del Figlio
dell'Uomo. Basta con gli imperi! Basta con i re! C'è bisogno
che nasca un uomo nuovo! E può nascere solo dal basso. Entra in
Gerusalemme su un asino... più cretino di così non può
essere! Difatti molti dei tradimenti di Pietro, di Giuda, si
spiegano con questo: il Maestro non ha intelligenza, non ha il
sentore della politica, non capisce nulla! E Gesù entra! E' il
tentativo suo finale, di lancio, ma vince di nuovo il principio
del capro espiatorio. Caifa: è meglio che muoia un uomo,
piuttosto che tutta la nazione. Renè Girard dice che ogni
civiltà, ogni impero è costruito sulla violenza, sull'omicidio
e alla fine la nostra pace sociale è costruita sulle vittime.
Può essere una strega, può essere un profeta, quando ce ne
disfiamo pensiamo: "adesso siamo a posto"; è la
logica, e difatti Gesù è fatto fuori. Ecco la vittima. Ecco il
capro espiatorio. Ed ecco la croce. Per Roma solo gli schiavi
venivano crocifissi; nessun cittadino romano è mai stato
crocefisso. E' uno schiavo, quindi non un cittadino, che veniva
visto come minaccia alla sicurezza dell'impero. E' una morte
politica! Lui che si era identificato con i poveri della
Galilea, finisce come un criminale fuori dalle mura, ma ecco la
proclamazione della buona novella. Jahvè, che con Gesù diventa
il Papi, è fedele a questo impiccato, a questo crocefisso fuori
le mura! E' vivo! E' tutta qui la resurrezione: è la
proclamazione che nonostante Roma, Dio vince! Vince in questa
capacità, di quest'uomo, di tentare questo suo sogno, il sogno
di Dio. L'Apocalisse dirà dopo: è già sconfitta Roma, è già
caduta Babilonia, è caduta! Ecco la resistenza, ed ecco il
sogno rilanciato dentro il contesto della Palestina di quel
tempo, ed ecco il sogno, il sogno di Gesù.
Questa
è Parola!
Non e' teologia della liberazione. Quello che è fondamentale è
che la parola, non è una parola mistica, è una parola vera,
dentro la storia, è un Dio che è appassionato di quest'uomo!
Che vuole un mondo altro di quello che abbiamo fra le mani!
Quindi noi siamo invitati a tradurre questo sogno di Dio, oggi!
Molto della nostra esperienza religiosa, non è esperienza
religiosa, è schizofrenia religiosa. Nelle chiese facciamo i
nostri bei riti, facciamo anche le nostre belle comunioni: ma
non ha nessun significato, perchè non è un qualche cosa che
entra nella vita, che ti cambia, che cambia la storia. Perchè
Dio ha un sogno, e siamo tutti responsabili di realizzarlo. Non
pensate a un Dio potente! Per me davvero è donna! Che genera e
che soffre con noi, e che spinge perchè questo parta, che nasca
un Figlio d'Uomo finalmente! Che nasca un mondo altro di quello
che abbiamo fra le mani! Ecco il sogno. Ed ecco il sogno che noi
siamo chiamati a realizzare: qui capite davvero la profonda
libertà! Come Dio è libero! E come Dio agisce in tutti!
Dio va ben al di là, perchè Dio è Dio! E non lo
mettete in nessun buco, non lo mettete in nessuna tasca, non lo
imbibbiate da nessuna parte, perchè va ben al di là di tutto!
E di tutti noi! Ecco questa profonda libertà e capacità di
sentire che Dio è al lavoro: ma è un lavoro dentro tutti noi,
perchè ci rendiamo conto che se abbiamo un mondo, se questi
profeti, se questo sogno di Dio si è scontrato con il Faraone,
l'Egitto, se i profeti si sono scontrati con il potere della
monarchia, che rendeva pochi con la pancia piena a spese di
molti morti di fame, se l'apocalittica si è scontrata, ha dato
forza alle comunità per resistenza dentro gli imperi, sognando
qualcosa di nuovo, se Gesù ha rilanciato questo sogno... ecco,
la Parola
la rilancio a voi, per chi si dice credente, ma anche per chi si
dice non credente, non c'è nessun'altra strada!
Oggi
per la prima volta nella storia, arriviamo a un momento in cui
non c'è più strada: o imboccheremo quella strada, della
semplicità, di un Francesco, o non potremo più sopravvivere!
E' questa la novità storica di oggi. Questo proprio perchè ci
troviamo davanti ad un colosso che ci sta distruggendo,
distrugge noi e distrugge tutti: ecco la globalizzazione.
C'è un testo che abbiamo trovato molto bello, che è stato
tradotto in italiano "Contro il capitale globale" (ma
è un titolo molto brutto, che sa quasi da estrema sinistra o
qualcosa del genere: il titolo originale è "Global village
or global pillage", intraducibile in italiano, per
l'assonanza che c'è... "Villaggio globale o distruzione
globale") e questo libro davvero è potente perchè vi fa
capire cos'è la globalizzazione,
vi fa vedere cos'è la realtà, in termini semplicissimi.
Quello
che chiamano "globalizzazione"
è quello che in termini economici chiamano oggi "il
livellamento al basso", cioè l'economia che tende a
livellare tutto, ma al basso. Gli investimenti vanno dove minori
sono i costi sociali, costi salariali, costi ambientali... il
così detto livellamento al basso. Porto un esempio riportato
sulla prima pagina dell'Adige, al quale ha risposto la Nike,
molto dura, dicendo che queste son bugie: nella Corea del Sud ed
a Taiwan (le famose tigri asiatiche) la crescita economica, le
riforme democratiche, la sindacalizzazione stanno producendo un
innalzamento del livello dei salari, cosicchè la Nike chiude 20
fabbriche a Taiwan e nella Corea del Sud e apre un negoziato per
poter produrre le sue scarpe in Cina, in Thailandia, in
Indonesia. In quest'ultimo Paese, Indonesia, ragazze e giovani
donne ricevono una paga minima giornaliera di un dollaro e 35
centesimi, che vuol dire 1.800 lire al giorno. (infatti
l'Indonesia è uno dei paradisi, in questi giorni, per la mano
d'opera). Nel 1992 l'ammontare totale dei salari pagati nelle
fabbriche indonesiane della Nike, è stato inferiore del
compenso dato a Michael Jordan per fare pubblicità alle scarpe,
dichiarato in 20 milioni di dollari: semplicemente per indossare
le scarpe e farsi fotografare con le scarpe Nike ha ricevuto 20
milioni, che è molto di più di quello che tutte le donne
indonesiane ricevono in salari in un anno. Difatti da una
ricerca risulta che l'88% delle donne lavoratrici in Indonesia
sono malnutrite. E capite perchè. Conclude dicendo: per
produrre un paio di scarpe in Indonesia la Nike spende 5 dollari
e 60 centesimi, quindi 7-8000 lire, pressappoco, lo stesso paio
viene rivenduto negli Stati Uniti dai 45 agli 80 dollari, in
Italia siamo sulle 200.000 lire, 150.000-200.000 lire per paia
di scarpe. Notate il passaggio, da 5 dollari, costo effettivo, a
quello a cui poi lo comperate in Italia. Ecco la globalizzazione.
Un esempio semplicissimo di cosa significa e come avviene,
quella che è chiamata appunto il livellamento al basso, perchè
quello è lo scopo. Questo in campo produttivo, in campo
finanziario è tutt'altro. Mi e' stato detto che la proporzione
fra la carta e l'economia produttiva è di 5 a 1: oggi quindi è
quasi minima la
produzione. Oggi i soldi si fanno con i soldi, semplicemente
spostando capitali, che è un altro problema morale, che la
Chiesa neanche ha cominciato ad affrontare. Ma davvero bisogna
domandarsi: è morale che soldi facciano soldi!? Ecco tutta la
dinamica. E ci troviamo davvero davanti a un mondo che è un
piccolo villaggio economico, dove il vero potere è quello
economico-finanziario, le decisioni sono prese qui, son prese da
questi grandi centri di potere economico-finanziario e son loro
che decidono, e le conseguenze sono devastanti. Porto soltanto 3
esempi di ciò che sta accadendo a Korogocho: stiamo vivendo
l'assurdità, oltre della globalizzazione,
degli aggiustamenti strutturali della Banca Mondiale e del Fondo
Monetario, che invitano i governi poveri a tagliare tutte le
spese sociali, e chi ci rimette è chiaramente la povera gente.
Fino almeno a due anni fa la gente poteva andare al Keniata
Hospital, il più grosso ospedale di Nairobi, dove va la gente
comune; oggi se non avete almeno 1000 scellini, non entrate al
Keniata! Per cui ai poveri rimane solo morire, non è che ci sia
altro. Non solo: a Korogocho
sta diventando sempre più chiaro l'esempio di gente che deve
abbandonare i corpi, e per gli africani è altra maledizione il
fatto di non seppellire un morto; ma sono molti ormai che li
lasciano al Comune per essere seppelliti nelle fosse comuni,
perchè per seppellire un morto a Nairobi, ci vogliono almeno
6-7000 scellini, tenendo tutto al minimo. Molta gente non ce li
ha più, quindi i poveri non solo muoiono, ma non riescono
neanche a seppellire, ormai, la loro gente. Terzo, una cosa che
è sbalorditiva al massimo, è il problema della scuola. In un
Kenia che produce 300.000 studenti delle secondarie all'anno,
fra 4 o 5 anni al massimo, potremmo avere a Nairobi, la
capitale, il 50% dei bambini che non riusciranno ad entrare in
prima elementare, perchè i genitori non hanno i soldi: ormai la
scuola elementare non è più gratis, costa l'ira di Dio. Ecco
il problema, ecco che cosa significa. Questa è la globalizzazione,
questo è il sistema. E allora capite il sogno, ma non solo il
sogno, ma anche la denuncia. Ma io non ce l'ho con la
globalizzazione, ha degli aspetti anche molto interessanti, e
vorrei ripetere a tutti che io non demonizzo nulla, meno che
meno i soldi: i soldi se condivisi, se spezzati, diventano pane,
diventano eucarestia. Abbiamo bisogno di strutture, non
demonizziamo le Compagnie o altro, perchè abbiamo bisogno di
cose: ma quando le Compagnie servono per schiacciare gente, per
ammazzare, quando dobbiamo uccidere ogni anno 40 milioni di
morti di fame, che sacrifichiamo al sistema, allora permettetimi
di dire, come facevano i Profeti, di dire no! Questo, Dio non lo
può accettare! E' assurdo! Perchè non vuole che noi andiamo a
distruggere chissa chi, i soldi o l'economia, no! Ma vuole che
utilizziamo queste strutture per il bene di tutti, per una
economia di uguaglianza! Ecco il cuore del sogno di Dio! Per
fare questo, ecco la proposta molto bella: alla globalizzazione
bisogna rispondere con la "globalizzazione
dal basso", ed al livellamento al basso bisogna
rispondere con il livellamento all'alto. Globalizzazione
dal basso significa che dobbiamo creare delle sacche di
resistenza, comunità di resistenza! Per i credenti saranno
comunità dove la parola è importante, che vien letta
nell'oggi, che porta poi alla resistenza contro il sistema e al
rifiuto della violenza! Perchè
è centrale nel messaggio di Gesù, ma è fondante la
resistenza! Per cambiare (perchè dobbiamo cambiare!) non
possiamo accettare la realtà che ci sta in giro! Usare il
termine globalizzazione dal basso vuol dire che dovete iniziare
a costituirvi in gruppi, comunità, comunità di base, per i
credenti piccole comunità cristiane: io non so perchè i preti
stentino così tanto a farle partire, tutta la nostra pastorale
a Korogocho
è basata, come in America Latina, sulle piccole comunità
cristiane, ma non c'è altra via! Sono piccole comunità, dove
si riflette sulla parola, dove ci si impegna poi a rispondere
alle esigenze concrete, alle sfide. Ecco la globalizzazione dal
basso, un cambiamento in questo sistema, attraverso una
globalizzazione, un'unità che deve nascere dal basso e può
nascere solo dal basso.
La
chiamano la
strategia lillipuziana. Ricordate Gulliver, nella favola
satirica "I viaggi di Gulliver": i minuscoli
lillipuziani, alti appena qualche centimetro, catturavano
Gulliver il predone, di tante volte più grande di loro,
legandolo nel sonno con centinaia di fili. Gulliver avrebbe
potuto schiacciare qualsiasi lillipuziano sotto il tacco del suo
stivale, ma la
fitta rete di fili tessuta attorno a lui lo immobilizzava e
lo rendeva impotente. Di fronte alle soverchianti forze e
istituzioni globali, la gente può in modo analogo utilizzare le
fonti di potere relativamente modeste che ha in mano e
combinarle con quelle, spesso abbastanza differenti, in possesso
di altri partecipanti, di altri movimenti ed in altri luoghi:
come i piccolissimi lillipuziani catturavano Gulliver legandolo
con tanti pezzetti di filo, la strategia lillipuziana intreccia
molte azioni particolari, per ostacolare il livellamento verso
il basso in un sistema di regole e di pratiche che spingono
congiuntamente in direzione di un livellamento verso l'alto. E
penso che sia una immagine molto bella. Il mio invito è di
tentare localmente un coordinamento di questi gruppi di
resistenza. E' fondamentale! Potrebbe nascere un centro
telematico che potrebbe legare tutti questi gruppi, è il grande
insegnamento degli Stati Uniti. Tutte le comunità di resistenza
si legano attraverso Internet e san tutto l'una dell'altra. Cioè
non demonizziamo nulla: non c'è nulla di male, se avete degli
strumenti utilizzateli, utilizzateli
bene, guardate che son degli strumenti potentissimi. Lo
sciopero telematico sul Chapas è stato di una potenza! Guardate
che semplicemente domandando attraverso il mondo, milioni di
Internet hanno chiesto l'accesso alla Banca Nazionale del
Messico, al Ministero degli Esteri, hanno tagliato il Messico
fuori del mondo per giornate intere. Ecco quindi l'importanza di
connessioni dirette, per esempio soggetti di qui con soggetti di
giù - gli Stati son finiti! Ecco il collegare il Nord con il
Sud, ma soggetti, non Stati! Ecco la potenzialità che sta
nascendo: collegare i soggetti attraverso i confini; collegare
identità specifiche con più ampie comunità; collegare
problematiche e soggetti sociali; collegare chi è minacciato
con chi è marginalizzato; collegare diverse fonti di potere;
collegare lotte contro le istituzioni oggetto di contestazioni;
collegare la resistenza con il mutamento istituzionale;
collegare questioni economiche e democratizzazione. La strategia
lillipuziana parte dal presupposto che per controllare il
saccheggio globale è necessario che i molteplici fili
dell'azione dal basso siano capaci di unirsi a livello
planetario. La strategia prevede la costruzione di un movimento
sociale, transnazionale formato da coloro che resistono al
livellamento verso il basso, che partecipano ad iniziative in
direzione del livellamento verso l'alto e si uniscono ad altri
che perseguono i medesimi obbiettivi. Ecco il cuore.
Ed
ecco l'invito mio: se volete davvero ritornare a questo sogno di
Dio, a questa Parola che diventa una sfida incredibile davanti a
questo impero del denaro che distrugge Korogocho,
se vogliamo rilanciare questo sogno, ecco la strada: alla
globalizzazione si risponde con la globalizzazione dal basso,
non ci si scappa! Al livellamento al basso dobbiamo rispondere
con il livellamento all'alto, per i poveri. Questa
globalizzazione così com'è usata, utilizzata, ci porta
inesorabilmente alla morte. Ed ecco allora la grande sfida: deve
nascere l'uomo planetario, come diceva Balducci; deve nascere
una specie di uomo nuovo, com'è nato l'uomo sapiens. Non so che
razza di uomo nascerà tra poco, ma deve nascere un uomo che ha
una testa nuova. Se abbiamo usato la violenza fino a qui, da una
parte del cervello dobbiamo cominciare a capire che con la
violenza moriamo tutti, al di là della crisi economica c'è la
crisi antropologica, perchè la violenza c'è sfuggita di mano;
fino a ieri gli Stati sacralizzati controllavano la violenza,
oggi non controllano più nulla! Il gene della violenza è
scappato dalla bottiglia e ne siamo terrorizzati: adesso non
sappiamo neanche più che cosa fare, questo è il vero problema.
Ecco quindi che vi domando davvero che abbiate il coraggio del
sogno, di sognare! Dio sogna! Sogna per noi, per questo mondo
perchè ci vuol bene e soffre come una donna soffre per i
bambini e si sente impotente alla fine. Ecco il Suo
sogno, lo mette nelle nostre mani, tocca a noi realizzarlo.
Io
vorrei insistere su una cosa: ritorniamo a fermarci, a
riflettere, a pensare, soprattutto a dare spazio alla
contemplazione! Il ritorno alla Parola!
Non alla parola fine a se stessa, non alla parola che vi fa
sentire belli e buoni dentro: è bella anche quella, ma non è
quella! E' la Parola
letta oggi: è un Dio che continua a sognare, a dirci questa
Parola,
che noi rileggiamo nelle nostre comunità. Per cui chiedo ai
credenti la capacità di ritornare in piccoli gruppi a
riflettere sulla parola, a ritornare a sognare, a ritornare a
riprendere il gusto dei volti, dell'incontrarsi; la gioia dello
stare insieme, perche' è solo una comunità che vi permette di
resistere dentro questo impero. Siamo tutti travolti
dall'impero: c'è uno spirito maligno che è come un cancro in
questa società, che ci penetra come ci penetra l'aria e solo
una comunità, attraverso i fratelli, attraverso un'azione in
cui ci si senta solidali, in cui ci si sostenga gli uni con gli
altri, può farcela, altrimenti non ce la facciamo! Quindi
contemplazione con piccole comunità. Per i non credenti, e
molto spesso li trovo molto più credenti di me, davvero penso
che siano altrettanto importanti questi momenti di silenzio: non
abbiate paura, anche nelle piccole comunità,
di unirvi non credenti con credenti. Sentiamo che Dio va
ben al di là di tutto! E' in ballo la vita umana! Diamoci tutti
una mano! C'è un testo che mi aveva molto impressionato, di
Claverie, il vescovo che è saltato per aria, in Algeria. L'anno
prima di morire, in Francia aveva fatto una conferenza sulla sua
vita ed aveva concluso così: "nella mia esperienza della
chiusura sono giunto alla convinzione personale che non c'è
umanità se non al plurale, e che quando pretendiamo,
all'interno della Chiesa cattolica,
e ne abbiamo triste esperienza nel corso della nostra storia,
quando pretendiamo di possedere la verità o di parlare in nome
dell'umanità, cadiamo nel totalitarismo e nell'esclusione.
Nessuno possiede la verità". E' bello sentire un vescovo
parlare così. Nessuno possiede la verità, ognuno la ricerca.
Ci sono certamente verità oggettive, ma che vanno al di là di
tutti noi, alle quali non si può accedere che attraverso un
lungo cammino; ricomponendole poco a poco; prendendo dalle altre
culture, da altri gruppi umani, quello che altri hanno
acquisito, hanno cercato, nel loro cammino verso la verità. Io
sono credente, credo che ci sia un Dio, ma non ho la pretesa di
possederlo, nè attraverso Gesù che me lo rivela, nè
attraverso i dogmi della mia fede. Dio non si possiede! Il sogno
di Dio! Dio è libero! non c'è nessuna Chiesa che lo intasca,
non c'è nessuna Bibbia! Non si possiede la verità, e io ho
bisogno della verità degli altri: non c'è nessuno che può
arrogarsi chissà quale pretesa, di chissà quali cose, ognuno
di noi ha bisogno della verità degli altri! C'è uno spirito
materno, che sta lavorando per la gestazione di un mondo altro
di quello che abbiamo fra le mani, ma nascerà dal basso, da
voi! Ed ecco allora davvero la vocazione.
E'
tempo di apocalittica. Vorrei citare il testo di Pablo Rich, un
teologo del Costarica, molto bravo. Fa una analisi dell'America
Latina, sono due domande. La prima è: lei oggi sostiene che
la speranza è nella società civile, che differenza c'è da
quando si vedeva la speranza nei movimenti popolari? Risponde:
negli anni ottanta per i movimenti popolari ed ecclesiali (parla
dell'America Latina) la politica era tutto (non si faceva altro
che parlare di politica, è cambiato il tempo), c'era la
convinzione che solo prendendo il potere si sarebbe potuto
cambiare la società e questa prospettiva era reale, come
dimostrato dalla rivoluzione sandinista. Oggi la presa del
potere diventa impossibile per un partito popolare, che può
governare solo entro i limiti imposti dal Fondo Monetario o
dalla Banca Mondiale (non ci scappi, sono le regole economiche).
Ma se tutto è determinato dalla situazione economica
internazionale, è irrilevante chi sia il presidente. Il potere
ormai è solo un modo per fare soldi: perciò avviene la
corruzione, che è un sistema, non il frutto di una maggiore
perversità dei politici di oggi rispetto a quelli di ieri.
Perciò la speranza si sposta dalla politica alla società
civile, che coincide con i movimenti
popolari, i quali però non pensano alla presa del potere ma
alla costruzione di un nuovo potere dal basso; esso si fonda sui
nuovi
soggetti, non più le classi, operaia o contadina, ma le
donne, gli indigeni, gli afroamericani, i giovani, gli
ecologisti. Nasce anche una nuova coscienza la cui componente
teorica non è più solo di classe ma anche di genere (il
problema donna, per esempio: il femminismo è fondamentale),
culturale, ambientale, generazionale, comunitaria. In questa
nuova coscienza acquistano forza l'elemento etico e quello
spirituale: i movimenti sociali oggi hanno tutti una spiritualità,
delle donne, degli indigeni, dei giovani. E' una forte spinta
etica, di denuncia, di recupero dei valori. Naturalmente si fa
pressione sullo Stato e sul mercato, con movimenti alternativi
di produzione, di commercio, ma il riferimento fondamentale per
la ricostruzione della speranza sta più nella società civile
che in quella politica, perchè il politico ormai ha perso il
suo ruolo, ciò ha provocato una certa spoliticizzazione,
deolicizzazione che però in positivo fa venir meno l'ossessione
della presa del potere (ed ecco il cuore dell'insegnameno di Gesù)
e al contempo c'è una ripoliticizzazione, ma a partire dalla
base, dalla scoperta della cultura; la comunità,
l'organizzazione giovanile, la costruzione di un nuovo Stato,
l'elemento spirituale o l'essere donna, hanno una dimensione
politica. Ed ecco il suo richiamo all'Apocalisse.
La seconda domanda: Non le pare che la Chiesa Latino Americana
stia perdendo dinamismo? Negli anni ottanta la Chiesa aveva un
dinamismo profetico, fatto di denuncia, di annuncio, oggi ne ha
uno apolitico. La Chiesa aveva questo dinamismo; i grandi
profeti Amos, Osea, Isaia agiscono in un mondo organizzato con
preti, sacerdoti, dirigenti locali, mentre l'Apocalittica nasce
dopo la distruzione di Gerusalemme, quando non c'è più il
Tempio nè ci sono i sacerdoti e alla persecuzione si è
sostituito il caos. Il movimento apocalittico è comunitario,
cerca di ricostruire la coscienza, la speranza, attraverso la
creazione di nuovi miti e simboli: forse oggi abbiamo bisogno,
più che di profeti, di gente capace di legare movimenti sociali
e coscienza, animando la società civile. Inoltre viviamo nel
mercato globale e la resistenza non sta tanto nel costruire un
nuovo sistema macro economico, non lo possiamo fare perchè è
impossibile!, ma nel creare spazi di vita tra gli esclusi dal
sistema. Si tratta cioè di creare una resistenza culturale,
etica e spirituale cominciando a vivere una cultura della vita,
che non sia quella del mercato; un'etica diversa da quella della
proprietà privata e del contratto, una spiritualità che non
sia quella dell'idolatria del denaro. L'istituzione
specializzata in questa materia è la Chiesa che oggi, con tutti
i limiti e i difetti, ha la capacità di sviluppare una
resistenza culturale, etica, spirituale al sistema dominante
perchè si radica nella Bibbia,
cioè in una tradizione di vita. E se nella Chiesa c'è una
corrente apocalittica, ci sono movimenti di inserimento nella
società civile, questo può dare alla Chiesa
un grande dinamismo: neppure i vescovi più conservatori
possono accettare il sistema neoliberale per cui il 60%
dell'umanità che vive nella povertà è in esubero ed è
destinato a morire.
Ecco
la novità, e il mio invito è questo: è che ritorniate alla
base! E' tempo di apocalittica, è tempo di resistenza, da far
nascere dal basso in chiave culturale, in tutte le salse che
volete. Ricongiungendovi: ecco la globalizzazione, per sentire
davvero che avete forza. Vi porto un esempio incredibile di
globalizzazione. La Chicco, che non so dove sia, non produce ma
fa produrre, utilizza la compagnia di Hong Kong (quindi
subappalta). La compagnia di Hong Kong lavora in Cina, chiaro:
manodopera a bassissimo prezzo, fabbriche fatiscenti. Muoiono 87
ragazze, bruciate, arse vive in un rogo. Chi è responsabile?
Nessuno. La ditta di Hong Kong dichiarata fallimentare, la
Chicco dice non siamo noi... Ecco la logica del mercato: quindi
si domanda che si cominci davvero a rispondere, con un
altro boicottaggio ad esempio. Sono tutti questi fili che si
tirano un pò alla volta che potranno avere davvero una capacità
incredibile, una forza! Una volta si diceva
"lavoratori!" con il pugno alzato,
"unitevi!": oggi bisogna dire consumatori!
unitevi!, senza pugno alzato, unitevi! Avete una forza enorme!
Ecco la ricchezza che abbiamo ed ecco il sogno. Io vi ho
rilanciato dai sotterranei della vita e della storia questo
sogno. Ritornerò in Africa in un momento estremamente
difficile, non so cosa ci aspetta: l'ultimo incontro con il
rappresentante del governo è stato durissimo e di una chiarezza
sconvolgente, per cui non sarà uno scherzo. Anche perchè è
partito, non solo a Korogocho, un movimento delle baraccopoli
di Nairobi e abbiamo fatto la prima convenzione, assemblea,
dei rappresentati di 45 baraccopoli (ce ne sono almeno un
centinaio a Nairobi):
1500 persone si sono ritrovate ed hanno lanciato un manifesto
sulla terra; due milioni di baraccati sono costretti a vivere
nell'1% della terra
disponibile a Nairobi e chiedono almeno quell'1%. E il
governo non molla! Vogliono raccogliere un milione di firme da
portare a Moi,
questo chiaramente sarà scontro, e non lo sappiamo come andremo
a finire.
Noi
andremo avanti a fare resistenza, pagando sulla nostra pelle,
soffrendo con la gente che soffre dentro: chiediamo a voi che
abbiate il coraggio di fare questa resistenza, nel cuore della
bestia, datevi da fare per favore, tocca a voi! In una
prospettiva nuova, in questa visione di questo sogno di Dio. Io
sognerò giù, chiedo
a voi di iniziare a sognare e ad agire. Noi tenteremo di
agire; tocca a Voi, qui, insieme, e vi chiedo davvero un ricordo
particolare anche per me perchè tenti di avere un po' di fede.
Non è facile, più vado avanti e più non riesco a capire dove
sto andando, nè chi è questo Dio al quale ho dato la mia vita,
e son felice di averla data! Proprio anche con la mia vita
buttata così... Anche con il celibato: mai come in questo
periodo ho sentito l'importanza di non avere una famiglia, perchè
non potrei buttare la mia vita come la sto buttando così.
Siatemi vicini, aiutatemi, aiutateci tutti e aiutiamoci a
vicenda perchè davvero vinca la vita.
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