Giovane,
jambo!
Che la stessa colomba che Noè spedì
dall’Arca in quel diluvio…ti porti questa mia lettera.
Stiamo aspettando un nuovo diluvio, è un momento grave della
storia umana. Abbiamo fatto la guerra contro l’Iraq. Ne
usciamo tutti con le ossa rotte: l’Onu, l’Unione europea,
il diritto internazionale…
L’attacco all’Iraq è stato visto
dall’Islam come un aggressione al cuore del Dar el Islam,
perpetrato dall’occidente Cristiano. Ci attendono nuove
crociate, guerre di religione e un incremento di terrorismo
e di fondamentalismo.
Questo mondo (di morte!) retto da un
sistema economico-finanziario che permette a pochi, il 20%, di
papparsi le risorse mondiali; per gli altri rimangono le
briciole. Per il 20% più
povero (i miserabili, oltre un miliardo di esseri umani) c’è
solo l’1,4% delle risorse mondiali. Costretti a vivere con
meno di un dollaro al giorno.
Questo in barba al fatto che ogni vacca
europea ha a testa due dollari e mezzo al giorno, e ogni vacca
americana cinque dollari. Il nostro è un sistema assurdo che
permette a pochi di avere tutto a spese di molti morti di
fame. Quaranta milioni di persone muoiono ogni anno per
mancanza di cibo, in un mondo dove gli alimenti sovrabbondano
e sono buttati via. A Korogocho
ho potuto vedere questo degrado in piccolo, con i miei occhi.
E tutto è reso possibile dallo
strapotere delle armi: il 20% del mondo può permettersi di
consumare in maniera sfrenata perché ha le armi, soprattutto
quelle atomiche. Nel 2002 gli Usa hanno speso 500 miliardi di
dollari in armi; in più la guerra all’Iraq è costata agli
Usa almeno 80 miliardi di dollari. Questo sistema consuma in
maniera pazzesca le risorse che abbiamo, sta minando
irrimediabilmente l’ecosistema. Molti scienziati pensano che
ci restino 50 anni per cambiare, dopo sarà troppo tardi: le
future generazioni non potranno sopravvivere.
Se tutto il pianeta terra vivesse come
vivono i ricchi avremmo bisogno di quattro terre. E’ un
mondo di morte, di peccato.
E tu?
Giovane, ti sei accorto che vivi in un
sistema di morte? Ti sei mai domandato che cosa puoi fare?
A questa precisa domanda Daniele Comboni,
che viveva nel 19° secolo, ha risposto impegnando tutta la
sua vita. Tu sai che il 5 ottobre Daniele Comboni verrà
proclamato santo. A dire il vero Comboni mi è sempre piaciuto
così: un uomo che ha dato la sua vita per l’Africa perché
anche allora era il continente crocifisso. Mi piace così
Comboni: un uomo in carne ed ossa così simile a noi povera
gente che deve sbattersela senza capirci molto, che è stato
accusato di tutto ed è morto con il fegato a pezzi a Khartoum
(Sudan) nel 1881.
L’avrei preferito senza tante aureole
che ce lo possono allontanare. Ma allora perché proclamarlo
santo? Cosa significa proclamare santo Comboni nel momento in
cui vediamo questo nostro mondo marciare dritto verso la
morte? Penso che quest’uomo ora dichiarato santo può essere
uno stimolo per te a capire che la vita è bella, quando la
doni per qualcosa che vale. Comboni ci riporta alla sequela di
Gesù, all’impegno concreto all’azione, che nasce dal Buon
Pastore che dà la vita. Ritroviamo tutto questo in quella
splendida omelia che Comboni tenne a Khartoum, la capitale del
Sudan, nel giorno del suo insediamento (1873).
Il primo amore…
E’ stato uno dei discorsi più belli
della sua vita. “Il primo amore della mia giovinezza fu per
l’infelice Nigrizia” (era la parola latina per indicare
l’Africa).
“Il primo amore”… c’è un amore
ancora più passionale che quello tra un uomo ed una donna.
E’ quell’amore che ti porta a buttare la vita per qualcosa
che vale.
Gesù diceva: Fratello, se la tua vita la
tieni a denti stretti, sei già fregato, sei già morto. Ma se
tu sei capace di perdere la tua vita, di buttarla… sei vivo!
L’amore è questa capacità di perdere la propria vita come
ha fatto Gesù, in quella Galilea di disperati, e di buttarla
per la sua gente.
Comboni l’ha buttata per l’infelice
Nigrizia. Era l’Africa alla vigilia del Congresso di
Berlino: un continente pronto per le potenze colonizzatrici,
un’Africa dissanguata per tre secoli dalla tratta degli
schiavi (Comboni ha lottato tanto contro quella tratta!). Come
missionario, sente profondamente che la tua vita ha un
significato se è data per chi soffre in nome dell’Abbà
(papà) alla sequela di Gesù.
“Il primo amore” della mia
giovinezza…. E tu, giovane, cosa te ne fai della vita?
Te la tieni stretta per te? Carissimo,
solo il giorno in cui la tua vita la butterai scoprirai la
gioia del vivere. Una vita buttata per costruire un mondo che
sia altro da quello che abbiamo fra le mani: un mondo dove
ogni volto abbia la propria dignità.
Una fedeltà per
sempre, fino all’ultimo respiro
Il Comboni dopo cocenti sconfitte è
rimasto fedele a quel suo primo amore… e tu? Dopo i primi
fallimenti hai già mollato tutto? Non ascolti l’immenso
grido dei poveri, non t’accorgi dell’immenso clamore degli
oppressi, non senti dentro questa passione per i volti?
Comboni dopo le sconfitte è ritornato lì
dove aveva lasciato il suo cuore, in Sudan: “Ritorno fra voi
per mai più cessare di essere vostro. Il giorno e la notte
sempre pronto ai vostri spirituali bisogni; il vostro bene sarà
il mio bene, le vostre pene pure le mie”.
E’ questo bisogno di ritorno tra voi
che mi ha obbligato a ridiscendere agli inferi a Korogocho e a
camminare per 12 anni, per 12 duri anni, con gli esuberi della
terra.
E’ stato questo che ha portato p.
Daniele Moschetti a fare la staffetta a Korogocho, per
‘esserci’ nei bassifondi della storia.
E’ la scelta di Aung
San Suu Kyi, Nobel per la pace, che dal carcere sta
sfidando l’apparato militare della Birmania.
E’ la scelta di Rachel Corrie,
pacifista americana: si è lasciata schiacciare da una ruspa
israeliana per la difesa dei diritti del popolo palestinese.
E’ la scelta di Matthew Lukwyia, che ha
deciso di rimanere nell’ospedale di Lacor (Uganda) per la
lotta contro l’ebola, pagando questa decisione
coscientemente con la vita.
E’ la scelta di due nostri magistrati, Falcone
e Borsellino, di mettere la propria vita a disposizione nella
lotta contro la mafia, fino a pagare con il sangue a Palermo.
E’ la scelta della giornalista Ilaria
Alpi, che ha pagato con la vita a Mogadiscio la sua volontà
di scoprire la verità sul commercio delle armi e il traffico
di rifiuti in Somalia.
Carissimo giovane, non ti mancano gli
esempi. La vuoi buttare questa tua vita per qualcosa che vale?
Come Gesù di Nazaret
e le piccole comunità
“Io ritorno fra voi per non mai più
cessare di essere vostro”, diceva sempre Comboni. “Il
giorno e la notte, il sole e la pioggia mi troveranno
egualmente pronto ai vostri spirituali bisogni. Il vostro bene
sarà il mio e le vostre pene saranno pure le mie”.
Comboni
era inebriato di Dio e solo quando uno è inebriato di
Dio in carne ed ossa può buttare la propria vita. Un
Dio che sogna il suo popolo Israele come società alternativa
all’impero e alle città stato, costruite su profonde
disuguaglianze e ingiustizie. Questo sogno ha preso corpo e
volto in Gesù, il carpentiere di Nazaret che ha solidarizzato
con i poveri a immagine di quel Dio che lui chiamava Abbà:
il Dio dei poveri, degli ultimi, degli schiavi e degli
emarginati.
Ha
solidarizzato a tal punto che l’impero lo ha visto come una
minaccia e lo ha condannato ad essere crocifisso, una morte
riservata agli schiavi e ai sobillatori contro Roma. A quello
schiavo crocifisso l’Abbà
è rimasto fedele: Gesù è risorto e nel suo nome si
rilancia il sogno sulle strade dell’impero. Il Dio che ci ha
rivelato Gesù è il Dio della vita, che vuole che tutti i
suoi figli vivano.
Giovane, sei disposto a convertirti a
questo Dio, il Dio di Gesù? La prima conversione è quella
personale. Seguendo questo Gesù, sei disposto a giocarti la
vita con i tanti tuoi fratelli condannati a morte?
“Nella vita delle chiese fino ad oggi
si è prestata molta attenzione alla dimensione personale -
diceva qualche anno fa l’arcivescovo Denis Hurley di Durban
(Sudafrica), uno dei giganti nella resistenza contro il
sistema dell’apartheid -; è giunto il momento ora di
dedicarsi nella stessa misura e possibilmente anche di più
alla trasformazione sociale”.
Caro giovane, non è più sufficiente una
conversione personale: questa deve oggi diventare conversione
sociale, economica, politica, culturale, antropologica. E’
un salto di qualità umana che ti viene richiesto: oggi deve
nascere un uomo nuovo, direbbe Paolo, un uomo planetario,
direbbe Balducci.
Giovane, devi cambiare un mondo. Per
farlo devi cambiare il tuo stile di vita, renditi conto: devi
pensare globalmente, ma agire localmente. Ricordati però che
non puoi resistere da solo, lo puoi fare solo in comunità
alternative all’impero. Appartieni già ad una comunità
alternativa? Svegliati! Guardati intorno, sono tante le
esperienze di r…esistenza già nate o che stanno nascendo.
Perché la vita vinca
“Io prendo a far causa comune con
ognuno di voi - concludeva Comboni in quella sua prima omelia
a Khartoum - e il più felice dei miei giorni sarà quello in
cui potrò dare la mia vita per voi”.
Lui, Comboni, la vita l’ha data per
l’Africa. E tu? Hai davanti un'Africa dissanguata oggi da 17
conflitti: la guerra in Congo da sola ha fatto quattro milioni
di morti. La conseguenza è che l’Africa è un continente in
fuga, con milioni di persone che cercano l’accesso al
“paradiso” del nord.
Giovane, mi auguro che la santificazione
del Comboni ti spinga ad assumere i problemi dell’Africa
come tuoi. Hai mille possibilità per aiutarla, dal dono
personale della tua vita, all’impegno di far conoscere i
drammi di quel continente. I mass media nelle mani
dell’impero non ne parlano.
Giovane, che il Comboni sugli altari ti
porti ad impegnarti per dare dignità ai milioni di africani
che approdano nel nostro paese. Non li possiamo ricevere con una
legge razzista come la Fini-Bossi, datti da fare per
cambiarla e soprattutto datti da fare perché questi nostri
fratelli immigrati si sentano accolti.
So che quello che ti chiedo non è
facile. So che comporta una conversione personale molto
impegnativa che dovrà poi essere stimolo per una
trasformazione sociale nel tuo ambiente di vita ma anche a
livello planetario. Solo così renderemo degna la memoria di
quest’uomo che oggi veneriamo come santo.
Giovane: che questa lettera ti arrivi
portata dalla colombella di Noè o dalla cornacchia del
profeta Elia… o spedita dal cielo da quel bravo Daniele…
il messaggio è sempre quello: Ragazzo, sveglia! Si tratta di
vita o di morte, datti da fare. Fa’ che la vita vinca! Sijambo.
Alex
Zanotelli
Missionario Comboniano |