“Non molesterai il forestiero…” 
(Es 22,20)

un decalogo 
per aiutare gli immigrati oggi

 

Commissione Giustizia e Pace, Missionari Comboniani, 22 luglio 2003

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“Sarà mai possibile che all’inizio del terzo millennio il fenomeno migratorio debba essere gestito con affanno e paura? La povertà che spinge i fratelli e le sorelle del sud del mondo sulle nostre coste si combatte con la solidarietà intelligente nelle cosiddette periferie del villaggio globale. Il nostro benessere è spesso causa di sfruttamento in terre lontane!”.

(Da “Ascolta si fa sera” del 9/07/03 di p. Giulio Albanese, MISNA)

 

La lista dei corpi senza vita di immigrati che tentano di sbarcare a Lampedusa aumenta ogni giorno. Certi politici italiani istigano, con linguaggi anacronistici e razzisti, azioni di abbattimento. Non possiamo rimanere indifferenti e tanto meno silenti. Siamo chiamati in causa nel tentativo di trovare percorsi e soluzioni che portino a non sentirci conniventi con una mentalità antievangelica. In Esodo 22,20 si legge: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto”.

 

Alcuni gesti simbolici, come l’incatenamento dei padri comboniani alla finestra della questura di Caserta dal 4 al 13 giugno 2003, sono serviti a riportare l’attenzione sul problema. L’immigrazione in Italia è oggi per molti immigrati una nuova forma di schiavitù: la maggior parte degli immigrati attirati dal miraggio del benessere della nostra società occidentale, finiscono per diventarne schiavi, facendo i lavori che gli Italiani non vogliono più fare. Mentre nei secoli scorsi i governi coloniali li deportavano dai loro paesi d’origine per renderli schiavi in Europa…ora essi vengono con i loro mezzi e con le loro speranze e finiscono per trovare un mondo che il più delle volte non li accoglie, li prostituisce e li asservisce lasciandoli infine al margine della società italiana.

 

Invitiamo tutti coloro, religiosi e laici, che condividono queste preoccupazioni a costruire una rete comune per sensibilizzare l’opinione pubblica, per facilitare la crescita di una sensibilità di accoglienza degli immigrati e di riconoscimento dei loro diritti e della loro dignità.

 

Prima di descrivere alcune iniziative concrete che possono essere prese a riguardo, è utile mettere in luce alcuni aspetti contraddittori e palesemente ingiusti della normativa relativa al trattamento dei migranti irregolari in Italia.

 

A) Le procedure suggerite dalla legge per regolamentare l’accesso e la permanenza di immigranti irregolari nel nostro paese sono tali da “criminalizzare” di fatto queste persone piuttosto che aiutarle a trovare una soluzione viabile alla loro difficile situazione. La condizione di clandestinità che, di per sé, non è e non può costituire un reato, viene di fatto tramutata in una condizione di “illegalità” attraverso un ordine di espulsione rilasciato dal questore da attuarsi entro cinque giorni, senza possibilità di appello e la cui mancata attuazione prevede la pena del carcere.

 

B) Il riconoscimento o meno del diritto di soggiorno è legato a condizioni restrittive dei diritti della persona, come nel caso in cui una questura possa negare o revocare il permesso di soggiorno semplicemente sulla base che il soggetto abbia subito una condanna precedente anche per reati minori. Un’esasperata sottolineatura, in ogni caso, della distinzione di trattamento tra cittadini italiani e immigranti irregolari, inevitabilmente diventa veicolo di un’implicita, ma effettiva mentalità razzista.

 

C) Le misure finalizzate all’inserimento dell’immigrante sono in maniera più o meno esplicita legate semplicemente agli interessi del datore di lavoro e quindi al beneficio economico che può venire al paese ospitante dal lavoro dell’immigrante. Quest’ultimo, insomma, è riconosciuto soprattutto come una risorsa economica, come mano d’opera a basso prezzo, senza una più comprensiva considerazione del suo valore come persona soggetto di diritti, dei bisogni suoi e della sua famiglia, del possibile contributo umano, culturale e spirituale che potrebbe apportare al nostro paese.

 

Un decalogo per aiutare gli immigrati oggi

 

Crediamo sia possibile attuare delle misure alternative, sia a livello personale che comunitario, che possano condurre ad un miglioramento della legislazione e, laddove questa viola le esigenze della giustizia, dell’accoglienza cristiana e della solidarietà, che esprimano una netta dissociazione da essa e quindi un’obiezione di coscienza consapevole e costruttiva. Seguono, dunque, alcune proposte.

 

  1. “Disobbedisco anch’io” – Riteniamo legittimo un atto di disobbedienza nei confronti dei contenuti della legge Bossi-Fini e ci diciamo disposti a compierlo. Intendiamo adoperarci a contribuire materialmente con i mezzi a nostra disposizione per ottenere che lo straniero in attesa di regolarizzazione, che non sia responsabile di reati, possa sottrarsi all’espulsione e siamo disponibili a subire i procedimenti penali e le conseguenti sanzioni previste per i trasgressori.

  2. Favorire il protagonismo del migrante. Incoraggiare la nascita di iniziative ed organizzazioni che vedano i migranti impegnati e coinvolti in prima persona come protagonisti nel definire gli obiettivi utili al loro inserimento ed i modi migliori per perseguirli. A questo livello si chiede che si riconosca il diritto di voto.

  3. Gemellaggio con un migrante. Si tratta di una sorta di “adozione” fatta da famiglie o comunità nei confronti di un migrante in maniera tale da offrirgli amicizia e solidarietà, soprattutto nell’evenienza che si trovi in situazioni di difficoltà. Concretamente questo può implicare diversi gradi di coinvolgimento:

 

        una semplice telefonata periodica di “controllo” della situazione

        accompagnamento del migrante adottato agli uffici della questura o comunque nello svolgimento di qualche pratica

        aiuto nella ricerca di un alloggio o di un lavoro

        stanziamento di una cifra mensile di sostentamento a chi ha più bisogno

        un corso personalizzato di lingua italiana

 

  1. Creare una rete di urgenza. La rete di urgenza è un insieme di singoli, gruppi o associazioni, avvocati, medici, politici etc. che si rendono disponibili ad agire in tempi rapidi nel caso di un’emergenza: retate di polizia, episodi di razzismo etc.

  2. Testimoniare pubblicamente il proprio dissenso. Si tratta di organizzare presidi, sit-in o altre forme di resistenza passiva davanti a questure o altri luoghi istituzionali per sensibilizzare circa l’ingiustizia di trattamenti sommari e puramente restrittivi nei confronti di migranti in difficoltà.

  3. Organizzazione del “sanctuary movement” in Italia. Negli USA  negli anni 80 nacque il Sanctuary movement per sostenere gli immigranti provenienti dal Centramerica in guerra. Nel tentativo di rifugiarsi negli Stati Uniti, quest’ultimi venivano sistematicamente rispediti al proprio paese dove avrebbero dovuto affrontare la prigione o la morte. Le comunità cristiane memori dell’essere luoghi di inviolabilità e per tanto i più idonei per la difesa del diritto d’asilo, si offrirono a dichiarare un immigrato parte integrante della loro comunità facendosi carico di determinati soggetti a rischio. Quando la polizia veniva per arrestarli ed espellerli, era la comunità stessa a farsi arrestare e a presentarsi in tribunale.

  4. Offrire sostegno alla regolarizzazione dei migranti. Si tratta di facilitare in qualsiasi modo possibile il processo di regolarizzazione del migrante chiedendo ed offrendo informazioni utili o anche qualsiasi altro tipo di supporto.

  5. Sostenere le campagne di pressione. Si tratta di aderire a campagne volte a cambiare la legge Bossi-Fini e a sensibilizzare la società civile sul problema.

  6. Avviare laboratori di convivenza. Creare occasioni e spazi di conoscenza reciproca, di confronto, di convivialità tra le persone e le culture, nelle scuole, nelle parrocchie, negli spazi comunitari.

  7. Aprire le case ed i cuori dei religiosi/e al forestiero e al migrante. Ogni istituto potrebbe trovare il modo di aprirsi al migrante offrendo spazi o supporto vario.