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NESSUN ESSERE UMANO E’ CLANDESTINO COSTRUIAMO UNA RETE DI PROTEZIONE E DI SOLIDARIETA’ INTORNO AI MIGRANTI C’è una scadenza ormai prossima che rischia di passare del tutto
sotto silenzio, anche se trasformerà profondamente la vita di moltissime
persone degradandole definitivamente alla condizione di non-cittadini, fuggiaschi, fantasmi. L’11
novembre, infatti, scadranno i termini per l’emersione del lavoro irregolare
svolto dagli immigrati clandestini, la cosiddetta “sanatoria” prevista dalla
legge Bossi-Fini. Secondo
le disposizioni governative, è soltanto il datore di lavoro che può richiedere
la regolarizzazione del lavoratore o della lavoratrice alle sue dipendenze: il
migrante non può chiedere per sé la
regolarizzazione dichiarando la propria attività. Già
questo fatto esclude dalla possibilità di uscire dalla clandestinità tutti i
migranti che il datore di lavoro non vuole far emergere. Molti altri resteranno
esclusi perché la realtà del lavoro migrante è molto diversa da quella, assai
semplificata, prevista dalla legge Bossi-Fini. Molti
immigrati lavorano sotto altro nome. Altri non hanno lavorato continuativamente
per i tre mesi precedenti l’entrata in vigore della legge, magari perché
erano tornati a casa per agosto. Altri
ancora hanno un datore di lavoro che non è in grado di fornire garanzie
sull’alloggio, come richiesto dalla legge. Molti sono stati espulsi una o più
volte dal territorio italiano, espulsioni che possono essere revocate a
discrezione delle prefetture. Altri sono stati denunciati per reati tipicamente
prodotti dalla clandestinità (ad esempio quelli connessi con la vendita di
merce contraffatta). Altri ancora sono entrati in Italia dopo il 10 giugno 2002
e quindi non rientrano tra i “sanabili”. Tutte
queste persone saranno le prime vittime della Bossi-Fini e della grande caccia
al clandestino che inizierà alla fine della sanatoria. Persone destinate a
passare la vita nascondendosi, cercando di rendersi invisibili, magari
continuando a lavorare in nero! Persone senza nessun diritto, nemmeno quello di
andare per la strada o di rivendicare la possibilità
di una vita dignitosa, di una casa, di un’istruzione. Gli
italiani, popolo di migranti, staranno a guardare? Noi
speriamo e crediamo di no. Crediamo
che una società civile, di fatto e non solo di nome, dovrebbe stringersi
attorino a chiunque rischia la deportazione o il carcere solo per la colpa di
non essere nato qui, ma di esserci arrivato spinto, nella maggior parte dei
casi, dalla necessità. Alcune
voci si sono levate, da diversi
settori della società italiana, proponendo l’obiezione di coscienza,
il rifiuto, la disobbedienza e il boicottaggio delle norme razziste della legge
Bossi – Fini : è compito di ciascuno di noi impedire che questi appelli
cadano nel vuoto, e trasformarli
in iniziative concrete e diffuse. Le
persone che ci vengono descritte
come “nemici” sono i nostri vicini di casa, i genitori dei compagni di
scuola dei nostri figli, i nostri colleghi di lavoro, i nostri amici .. Per
rompere fattivamente l’isolamento intorno ai migranti e per rendere più
difficile il verificarsi di palesi ingiustizie a loro danno proponiamo di
creare una rete di sostegno e di dare il via ad una campagna di
“gemellaggio” con i migranti attraverso la quale le persone possano
entrare in contatto, conoscersi e, all’occorrenza, darsi una mano.
L’impegno di ciascuno può essere diverso: dalla semplice telefonata
periodica “di controllo” per verificare che non sia successo nulla di grave
ed eventualmente agire nelle “emergenze”, al sostegno economico
per sopravvivere nella fase della clandestinità, o per affrontare spese
legali, sanitarie, ecc., dall’assistenza
nel disbrigo di qualche pratica all’aiuto nella ricerca di una casa ,
da un corso di italiano all’aiuto nella ricerca di un lavoro. Durante
la fase della sanatoria può significare il favorire in ogni modo la
regolarizzazione di un migrante, sostenendolo e facendo in modo che riesca a
rientrare fra quelli che hanno i requisiti necessari per regolarizzarsi. La rete di sostegno può essere una realtà condivisa da gruppi,
associazioni, singoli, professionisti come avvocati, medici ecc. che si rendono
disponibili ad agire sia in tempi stretti che su tempi più lunghi. Una rete che
informi e sia informata, che si metta in azione nei modi più opportuni, che si
configuri anche
come “rete d’urgenza”,
capace di intervenire con la massima tempestività nei casi in cui si renda
necessario (ad esempio di fronte ad espulsioni con esecuzione immediata).
E’
facile prevedere che, alla fine del periodo
stabilito per le sanatorie, assisteremo ad una raffica di espulsioni di
coloro che saranno rimasti fuori dai
meccanismi della regolarizzazione, oltre sicuramente ad un aumento delle incarcerazioni di chi, dopo essere stato
espulso, non avrà provveduto ad andarsene entro i 5 giorni stabiliti (pene da 6
mesi a un anno) Proponiamo
di mettere in campo forme di presenza (anche la semplice presenza fisica è
utilissima), di sit-in, di resistenza passiva
davanti alle questure quando si viene a conoscenza della presenza di
migranti da espellere. Crediamo
che queste “procedure” di incarcerazione, espulsione, riduzioni dei diritti
fondamentali delle persone non debbano essere vissute come “normalità”:
normalità deve essere la contestazione di tutto questo, il cercare di
ostacolare, nelle forme che ognuno si sentirà di adottare, queste operazioni
che non fanno parte di una società civile. CI
SERVE IL CONTRIBUTO DI TUTTI, ABBIAMO
BISOGNO CHE LA RETE SI ALLARGHI, CHE LE SUE MAGLIE SI INFITTISCANO. PER
QUESTO VI ASPETTIAMO, FIDUCIOSI CHE CI INCONTREREMO… torna
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Monsignor
Nogaro (Vescovo di Caserta) “In questo momento tutti i cittadini con un barlume di coscienza civile, cattolici e non, devono sollevarsi. Se questa legge venisse approvata, significa che il nostro paese non ha capito nulla del valore della vita e dell'umanità. Un fatto davvero allucinante. Prego e spero che questo non accada”. (02.06/02) “Non è possibile che un uomo sia condannato, o perseguitato per principio, solo perché è alla ricerca di una speranza di vita. L'accoglienza non deve mai essere negata” “L'uomo è la sede di tutti i diritti: invece l'immigrato è considerato un uomo di serie B e ridotto alla stregua di merce”….” La “clandestinità” diviene reato in sé, e compiono un reato anche quei soggetti che appoggiano i clandestini, come tantissime associazioni di volontariato, cattoliche e non, che assistono gli immigrati”. "Aprirò
le chiese per accogliere i clandestini" (01.06/02) Penso che dovrebbero sospendere l’approvazione di una legge che conculca i diritti della persona umana. E se verrà approvata, non resta che la disobbedienza civile. Bisogna aiutare i clandestini e autodenunciarsi. Se necessario, bisogna aprire le chiese per ospitare gli immigrati”. A parlare così, senza peli sulla lingua è il vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro, un prelato da sempre al fianco degli immigrati e che non nasconde il proprio disappunto per come è stata concepita la legge sull’immigrazione. Martedì prossimo, probabilmente il varo definitivo alla Camera di un provvedimento che suscita perplessità non solo tra i cattolici. E il vescovo invita tutti a prepararsi per attuare anche "gesti estremi" di disobbedienza civile. “Già avevo perplessità sulla Turco-Napolitano – afferma Nogaro - ma questa legge così concepita, limita la libertà delle persone…. la Bossi-Fini è una legge che è “sovversiva” da questo punto di vista”. Per me vale sempre il principio che la libertà della persona viene ancor prima della Fede di ognuno di noi. Perché senza libertà non ci può essere fede”. “Non possiamo accettare forme di esaltazione del ricco e di pestaggio del povero. Questo é come se si volessero difendere i ricchi contro i poveri: é l’antisolidarietà. E’ come voler difendere quelli che camminano bene contro quelli che zoppicano.”
Marco Revelli (Economista e sociologo, docente all’università di
Torino) “ho letto e riletto più volte il testo della Bossi-Fini, con la volontà esplicita di farmi del male. Ho voluto che quel testo mi entrasse ben dentro, con un senso crescente prima di disagio, poi di rabbia, infine di vergogna. Perché lì, in quegli atti ufficiali, in quelle pagine con nell’intestazione il simbolo della “nostra” repubblica è contenuto, in linguaggio neppur tanto burocratico, ben chiaro nero su bianco, l’attestato della nostra inadeguatezza civile. (…) Il decreto legge è un monumento di egoismo nazionale e sociale. Il segno di quanto quella “guerra contro i poveri” che si va combattendo silenziosamente nel mondo, sia penetrata tra le pieghe della nostra democrazia, inquinandola profondamente. In questa legge la logica dei rapporti servili compare inserita nella modernità contrattuale.”
ALEX ZANOTELLI (Missionario
Comboniano) “Mi
vergogno di essere italiano!” (11.07.02) "Non mi sarei mai aspettato di ritornare in Italia dopo 12 anni ed essere accolto con una legge come la Bossi-Fini." Comincia così l'editoriale che padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, scrive sul numero di luglio-agosto di "Mosaico di pace" (la rivista promossa da Pax Christi Italia di cui Zanotelli è direttore responsabile) dedicandolo alla nuova legge sull'immigrazione, approvata definitivamente oggi dal Senato. Una legge che, senza mezzi termini, Zanotelli definisce anti-cristiana. "Quello che preoccupa di più della Bossi-Fini" scrive Zanotelli "è che mette fra parentesi la persona: quello che interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come essere umano con una propria cultura o come cittadino. In questo senso la legge Fini-Bossi avalla una mentalità secondo la quale l’immigrato deve essere una merce da utilizzare. L’immigrato è legalmente riconosciuto fintanto che serve al capitale e poi può essere respinto al mittente." "Penso che come credenti e come uomini non ci rimanga che il rifiuto di una tale legislazione. È un insulto sia alla nostra umanità come alla fede cristiana. Per questo spero che al più presto la chiesa ufficiale italiana possa esprimere il proprio rifiuto sdegnato per questo pezzo di legislazione”. Infine un appello alla Chiesa italiana: "Vorrei chiedere a questa nostra Chiesa italiana il coraggio di far partire un movimento come il sanctuary movement (il movimento per il diritto di asilo). Questa esperienza nasce negli USA negli anni ’80 per aiutare gli immigrati provenienti dal Salvador, Guatemala, Nicaragua, che, restituiti ai loro governi, avrebbero dovuto affrontare la prigione o la morte. Le comunità ecumeniche di resistenza forti della tradizione biblica del diritto di asilo (santuario) si facevano carico di determinati soggetti a rischio. Se la polizia minacciava di arrestarli, tutta la comunità faceva quadrato attorno ad essi ed iniziava il cammino di difesa in corte …” Don Ciotti (Fondatore del Gruppo Abele
e presidente di Libera) (20.09/02) “Sui muri delle scuole dovrebbero appendere le foto degli immigrati morti affogati. Sono questi poveri cristi il vero crocefisso … per la Bossi-Fini provo vergogna. Vergogna e inquietudine. I lavoratori migranti sartanno merce. Merce destinata a scadere. Alla prima rivendicazione di diritti sindacali sei fuori” - Ciò vuol dire che non rispetterete le norme della Bossi-Fini? “Io rispetto il vangelo. Saremo giudicati per come riusciremo ad accogliere questa gente. Io, per parte mia, non chiedo certo documenti. (…). Sebastiano Dho (Vescovo di Alba) Se non possiamo meravigliarci troppo del fatto che nell'ambito della società italiana determinate forze politiche seguano logiche utilitariste e perciò materialiste (non esiste solo il materialismo ideologico ma pure quello pratico, specie da noi) nell'impostare il sociale, dovremmo stupirci però, anzi preoccuparci della mancanza di una forte e adeguata reazione da parte di noi credenti di fronte a queste leggi soprattutto quelle che rischiano di diventare lesive della dignità della persona. Grazie a Dio molte realtà ecclesiali hanno reagito da tempo, però la base dei nostri bravi praticanti sembra largamente assente, indifferente, quando non addirittura d'accordo con queste scelte. Pare che la preoccupazione più seria sia quella della tutela del proprio benessere, non importa se questa comporta ancora una volta il porre le cose prima delle persone. Certo gli extracomunitari anche da noi vanno bene per vendemmiare, soprattutto per badare ai vecchi e malati che, data la gravissima denatalità italiana, aumenteranno sempre di più, ma poi basta: che vogliono ancora? Il tutto coniugato, forse anche con una certa buona fede o almeno mancata avvertenza, con la pratica religiosa, senza coglierne l'incompatibilità evangelica. Ma non si tratta solamente di incoerenza da parte dei fedeli: Una grande responsabilità di questa coscienza distorta ricade certamente su noi pastori che, se non altro, dovremmo al riguardo alzare di più la voce, senza timore di scontentare qualcuno in alto e in basso.” |
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NON
SONO PERICOLOSI, SONO IN PERICOLO !!!! PER
COSTRUIRE UNA RETE DI PROTEZIONE E
SOLIDARIETA’ INTORNO AI MIGRANTI Da
dove si potrebbe partire per dare un’idea
delle condizioni dei
migranti nel nostro paese?
Non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra i mille episodi
inqualificabili di razzismo, le leggi che introducono apertamente due tipi
diversi di diritto, quello per i “locali” e quello per gli
“extracomunitari”, il nostro mare diventato un cimitero per migliaia e
migliaia di migranti che pensavano di potersi aggregare alla parte di mondo dove
non si soffre la fame, le condizioni di vita cosi’ radicalmente diverse da
balenare agli occhi anche dei più distratti, con le baraccopoli, le tendopoli e
i ghetti che risorgono nelle periferie di molte nostre città.
Ma forse è più efficace e più chiarificatore affidarsi al linuaggio
tecnico e scarno usato, ad esempio, nelle “istruzioni” fornite in questo
caso da “il Sole 24 ore” per
l’applicazione della nuova legge Bossi-Fini sull’immigrazione, che dice
tutto sul ruolo e sulla considerazione attribuita ai migranti all’interno
della società e nel mondo del lavoro. Citiamo solo una frase su uno dei tanti
argomenti presi in esame: in merito all’assegnazione degli alloggi, si legge
che “ per favorire la reperibilità dell’alloggio da parte dell’impresa
che ha intenzione di assumere e regolarizzare il lavoratore exracomunitario,
Confedilizia ha predisposto un apposito contratto di locazione (...):
per quanto riguarda il contratto di alloggio, è un contratto atipico
strettamente connesso al rapporto di lavoro nel senso che la perdita del posto
di lavoro, per dimissioni o licenziamento, comporta l’immediata risoluzione
anche del contratto”.
E non c’è altro, per i migranti, che queste case offerte dai datori di
lavoro: nessun intervento nemmeno per sbloccare
il mercato dell’edilizia privata, ed abrogazione anche delle già
pochissime disposizioni a favore dei migranti in materia di centri di
accoglienza ed accesso all’abitazione.
Come dire: tu non hai diritti basilari, possiamo (ma è compito del tuo
padrone) anche aiutarti a sopravvivere finchè e in quanto lavori, altrimenti
non c’è niente per te; lo stato
e le amministrazioni pubbliche nei tuoi confronti devono solo
premunirsi e assicurarsi che tu non crei problemi di alcun tipo con la
tua condotta e con la tua presenza, se ti fai vedere troppo in giro quando hai
finito di lavorare.
Proviamo a immaginare di vivere in un
alloggio in modo cosi’ precario che una lite col datore di lavoro, il
non rispetto da parte sua magari degli accordi sulla paga, un licenziamento
possa condurre dritti sulla strada. Eppure, nella legge, per legge, nel caso
dei migranti abitazione e lavoro sono legati a doppio filo, così come è legata
al lavoro la possibilità di restare in Italia; se perdi il lavoro e non ne
trovi un altro entro sei mesi devi andartene,
e all’interno di quest’ottica anche i genitori vecchi, che non
lavorano, non hanno più la possibilità di raggiungere i figli in Italia, se
non nel caso, rarissimo nel sud del mondo, che non abbiano nessun altro
figlio in patria.
L’attuale legislazione sui migranti è, per questi e per molti altri
aspetti (i centri di detenzione, le impronte digitali, il non diritto al voto ,
le infinite limitazioni del diritto d’asilo ecc) un vero monumento
all’egoismo sociale. La legge Turco-Napolitano in questo aveva aperto per
moltissimi aspetti la strada, ma ora viene sancito che un contratto di lavoro è
la condizione per il riconoscimento dello status di persona, che la persona
esiste soltanto in funzione della sua capacità lavorativa . E viene ribadito con ancora maggior forza il concetto che è
in corso una guerra contro i
poveri, che questi poveri in arrivo vanno contrastati come si contrasterebbe un
nemico, lasciando passare solo la parte che “ci serve”.
Così risultano normali anche i morti, gli speronamenti, i naufragi,
il deferimento all’autorità giudiziaria di pescatori italiani che poco
patriotticamente, non avendo recepito il messaggio che i migranti, anche quelli
in pericolo di vita, sono “nemici”, accorrono nel luogo del naufragio per
prestare soccorso.
Il problema (per gli estensori delle leggi razziste) è che, dopo ormai
decenni di immigrazione in Italia le persone che adesso ci vengono descritte
come “nemici” sono sempre più spesso i nostri amici, vicini di casa,
conoscenti, quelli che hanno i loro figli all’asilo coi nostri, quelli che
lavorano con noi nella nostra stessa fabbrica: perchè, fortunatamente, nemmeno
le politiche più grette, nemmeno i tentativi di differenziare
le persone per via legislativa possono fermare completamente i movimenti
della storia, le trasformazioni epocali,
i cambiamenti nella vita sociale.....così una parte dei migranti è comunque
riuscita negli anni ad entrare a pieno titolo nel tessuto sociale e buona parte della società italiana non è affatto convinta
che queste persone conosciute così da vicino
o i loro parenti e connazionali che
arrivano da clandestini siano come
vengono descritti; ma soprattutto, non tutti gli italiani hanno sviluppato il
sentimento del sospetto e del timore verso chi non conoscono!
Nella nostra attività sul tema dei migranti abbiamo verificato lo
spessore e la diffusione della solidarietà antirazzista in un’infinita
quantità di occasioni : abbiamo visto molte volte il coraggio delle risposte
date da singole persone, gruppi, collettività di fronte a situazioni
di ingiustizie palesi, di accanimento, di razzismo ai danni di immigrati,
e abbiamo visto tanti mettere in gioco qualcosa di sé a difesa della
convinzione che di fronte al razzismo e di fronte a leggi ingiuste non si può stare a guardare, come ci hanno dimostrato i tanti che in
epoca di altre, terribili leggi razziali hanno dato retta ad una legge tutta
loro e non a quelle.
Anche di fronte alla nuova legge Bossi-Fini abbiamo già riscontrato la
stessa disponibilità a rifiutare delle norme che entrano in conflitto con le
convinzioni più profonde di molti di noi, ed è una disponibilità a
larghissimo raggio, proveniente da persone con storie, frequentazioni, interessi
diversi; in allegato proponiamo alcune prese di posizione, fra le molte che ci
è capitato di leggere, provenienti da svariati ambiti ma contenenti
lo stesso invito ad opporsi, che vogliamo
contribuire a rendere il più largo e il più fattuale possibile. QUELLO
CHE SI PREPARA PER I PROSSIMI MESI L’11
novembre scadranno i termini per l’emersione del lavoro irregolare svolto
dagli immigrati clandestini,
semplicisticamente chiamata anche “sanatoria” senza che lo sia realmente.
Anche in questo provvedimento traspare fino in fondo la stessa filosofia che sta
alla base di tutta la legge Bossi-Fini: gli immigrati o sono funzionali alle
esigenze della produzione di beni o servizi e dei vari datori di lavoro, o sono
solo nemici da espellere. In
quest’ottica è il datore di lavoro ( e solo lui), che, se sceglie di far
emergere il lavoro nero, chiede la regolarizzazione del migrante alle sue
dipendenze: il migrante non può chiedere per sè la regolarizzazione
dichiarando la propria attività lavorativa. Già
questo fatto esclude dalla possibilità di regolarizzazione tutti i migranti il
cui datore di lavoro non intenda farli emergere.
Molti altri sono destinati ad essere ugualmente esclusi
perchè la loro realtà di clandestini è molto diversa dalla visione
semplificata sulla quale è stata costruita la legge: -lavorano
sotto altro nome; -non
hanno lavorato continuativamente nei tre mesi fissati dal decreto (magari perché,
essendo compreso il mese di agosto, hanno approfittato della chiusura delle
fabbriche o delle vacanze delle famiglie dove prestano servizio per tornare a
casa a vedere la loro, di famiglia); -il
loro datore di lavoro non è in grado di fornire le richieste garanzie sulla
messa a disposizione di un alloggio; -
hanno un decreto di espulsione per permanenza come clandestini in territorio
italiano, che puo’ essere o meno revocato
a discrezione della prefettura (solo per le espulsioni per mancato
rinnovo del permesso è prevista la revoca automatica) -sono
stati denunciati per reati tipicamente prodotti dalla clandestinità (ad esempio
la vendita di merce contraffatta), Questi
migranti tagliati fuori dalla possibilità di regolarizzarsi saranno le prime
vittime della legge Bossi- Fini e della grande caccia al clandestino che si
aprirà all’indomani dell’11 novembre. Pensiamo
ai molti, sparsi in tutta Italia, che abbiamo conosciuto nelle manifestazioni a
Roma, nelle iniziative più disparate aventi a tema proprio la richiesta di
diritti fra i quali la possibilità di restare in Italia e che fra poco più di
un mese saranno doppiamente clandestini, più nascosti che mai, più spaventati
che mai ... quanta strada a ritroso, per persone che da clandestine in molte
occasioni avevano consapevolmente scelto di smettere di nascondersi, di
rivendicare comunque i loro diritti di persone, in primis il diritto di esistere
! Pensiamo ai migranti che anche
qui a Venezia, pur clandestini, avevano maturato la certezza di poter a ragione
chiedere una casa, rivolgendosi alle istituzioni, facendosi vedere in via
Sernaglia, facendo schierare pubblicamente dalla loro parte il parroco don
Orlando, la FIOM, la FILCAMS, molti consigli di fabbrica, una quantità di
associazioni e di forze politiche! Ai nostri amici che avevano “osato”
vendere a Venezia, finiti nei centri di detenzione grazie alle proteste dei
gondolieri, e che ora si trovano chissà dove...
a quelli che avevano occupato lo IUAV tutti insieme, clandestini e non . Ci
saranno anche tra di loro dei ritorni alla clandestinità più profonda,
all’invisibilità? Noi
speriamo, per loro e per tutti i migranti, di no: ma crediamo che si potrebbe
fare qualcosa di più che sperare; Crediamo che una società degna di questo
nome dovrebbe stringersi attorno, nei mille modi possibili, a chiunque rischia
la deportazione e il carcere per la
sola colpa di non essere nato qui, ma di esserci venuto in seguito. I
POSSIBILI MODI DI INTERVENTO: *Obiettiamo
alle norme razziste! Sono
moltissime le voci che stanno proponendo l’obiezione di coscienza, il rifiuto
e il boicottaggio delle norme razziste contenute nella legge Bossi-Fini. Proprio
su questo vorremmo esplicitare alcune proposte, tenendo presenti
nell’immediato le due diverse fasi che i migranti si troveranno di fronte : -
la fase della “sanatoria”, quando l’obiettivo principale dovrebbe
essere quello di facilitare la
regolarizzazione del maggior numero possibile di migranti, -
la fase post-“sanatoria”
(dall’11 novembre in poi) quando la legge Bossi-Fini sarà pienamente a regime
anche per quanto riguarda il meccanismo delle espulsioni, quando si tratterà di
tutelare il più possibile i
migranti clandestini, e , non diversamente, quelli regolari in perenne
rischio di essere ricacciati nella clandestinità, completamente nelle
mani dei loro datori di lavoro e più deboli che mai nella difesa dei diritti
loro e delle loro famiglie. ·
“Gemelliamoci” con un
migrante …
Questo potrebbe essere un primo modo per rompere l’isolamento intorno
ai migranti, fonderli nel tessuto sociale e rendere immediatamente più
difficile che delle ingiustizie possano avvenire senza che nemmeno ci sia chi se
ne accorge, come oggi spesso avviene.
L’“adozione” potrebbe essere fatta da famiglie, singoli, gruppi
,associazioni, e si traduce nella messa in contatto di “italiani” migranti e
che abbiano interesse a conoscersi, frequentarsi più o meno spesso, mantenere
un rapporto sufficientemente stabile da consentire che nulla di grave possa
capitare all’uno senza che l’altro lo sappia.
Abbiamo già visto molti “gemellaggi” di questo tipo,
nati in altre occasioni,
consolidarsi e durare negli anni, a volte trasformarsi in vere amicizie, e
abbiamo verificato che in moltissime occasioni si è trattato di esperienze
belle ma soprattutto utilissime per entrambe le componenti coinvolte. Il
gemellaggio richiede molto semplicemente il grado di impegno che ciascuno
sceglie di riversarci: -
può essere la semplice telefonata
periodica “di controllo” per verificare che non sia successo nulla di grave
ed eventualmente per mettere in moto quello che è possibile per risolvere
un’emergenza ( magari avvisando
la “rete d’urgenza” di cui parleremo più avanti …) ; -
può essere l’accompagnamento negli uffici, in questura, o l’aiuto
nello svolgimento di qualche pratica soprattutto
nella fase della regolarizzazione; -
può essere l’aiuto nella
ricerca di una casa - impresa praticamente impossibile per un migrante, mentre
alcuni di noi qualche “dritta” e qualche canale particolare possono averlo
… o nella ricerca di un lavoro; -
può essere lo stanziamento di una cifra mensile a sostegno di un
migrante che abbia bisogno di sostegno economico (per sopravvivere nel periodo
di clandestinità, per sostenere le
spese di un ricorso o di una vertenza, per pagare un affitto, per spese
sanitarie …) -
puo’ essere un corso personalizzato di lingua italiana, l’aiuto in
una vertenza sul lavoro o di fronte a problemi particolari,
la visita nei rispettivi luoghi di lavoro, di studio,
di divertimento … E
nel corso della “sanatoria” significa anche favorire in tutti i modi
possibili la regolarizzazione di un
migrante, sostenendolo e facendo in modo che riesca a rientrare fra quelli che
hanno i requisiti necessari per regolarizzarsi. ·
Creare una “Rete
d’Urgenza” Non si tratta certo di una nostra idea: la rete
d’urgenza è qualcosa che abbiamo già visto perfettamente funzionante in
altre città come Torino, Milano, Lecce. Abbiamo anche sperimentato direttamente
quanto possa rivelarsi utile, dato che proprio la sua esistenza ci ha consentito
di assistere a distanza i migranti finiti da Venezia
nei centri di detenzione di quelle città. Grazie a queste reti è stato possibile che delle
persone potessero visitarli, dotarli di avvocati per l’assistenza legale
gratuita, verificare le condizioni di detenzione, favorire la loro uscita dai
centri stessi.
Una rete d’urgenza non è altro che un insieme di singoli, gruppi,
associazioni, forze politiche, avvocati, medici ( e chi più ne ha più ne
metta! ) che si rendono disponibili
ad agire anche in tempi molto
stretti di fronte ad un’emergenza: una retata di polizia,
un episodio di razzismo, una situazione particolarmente difficile …una
rete in grado, attraverso una catena telefonica, delle e-mail o altro di
diffondere le informazioni, decidere il da farsi e mettersi in azione nei modi
più opportuni. ·
Fuori dalle questure, davanti
alle carceri, nelle sedi delle compagnie aeree … Abbiamo
già insistito molto sulla gravità della situazione che prevediamo si verrà a
creare dopo l’11 novembre per
quanto riguarda i clandestini.
E’ facile prevedere una raffica di espulsioni di coloro che saranno
rimasti fuori dai meccanismi della regolarizzazione e un enorme aumento delle
incarcerazioni, perchè per gli espulsi che non avranno ottemperato
all’intimazione di andarsene entro 5 giorni
è previsto il carcere da 6 mesi a un anno. Per questo è facilissimo
prevedere anche un aumento spropositato della percentuale di migranti nella
popolazione carceraria: persone che saranno usate per “fare statistica”
quando si tratterà di dimostrare che i migranti delinquono, ma che in realtà
hanno commesso il solo reato di non voler ritornare “a casa loro”. Come forma di obiezione a questi tristissimi riti che
vedremo ripetersi, crediamo che sarebbe necessario essere in grado di mettere in
campo abbastanza in fretta forme di presidio
(anche la semplice
presenza è una utilissima forma di denuncia), o di sit-in, o di
resistenza passiva davanti alle Questure, quando verremo a sapere che vi sono
stati portati dei migranti da espellere: abbiamo già visto la scena
quest’estate: i migranti -per noi tante volte i nostri amici, con una faccia,
con giornate condivise .. uno
strazio!!! – vengono caricati, 50-60 alla volta,
nei pulman della polizia verso un centro di detenzione, e da lì
forse verso “casa”. Crediamo si
debba impedire che scene del genere diventino “normalità”:
normalità deve essere invece la contestazione di tutto questo, il
cercare di ostacolare, di interdire nelle forme che ognuno di noi si sentirà di
mettere in campo queste procedure che non fanno parte di una società civile.
Anche le compagnie aeree che
riportano i migranti nei paesi d’origine, nonchè le carceri che si
riempiranno di migranti possono
diventare luoghi di iniziative, dal volantinaggio di sensibilizzazione al
presidio, alla festa fuori delle mura dei luoghi di detenzione. ·
Un “Sanctuary movement”
anche qui? Lasciamo
la parola ad Alex Zanotelli , perché la sua proposta può essere immediatamente
raccolta anche da noi. “
Quello che preoccupa di più della Bossi-Fini è che mette fra parentesi la
persona: quello che interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come
essere umano con una propria cultura o come cittadino.(…). Penso che come
credenti e come uomini non ci
rimanga che il rifiuto di una tale legislazione”. E la sua proposta per
praticare il rifiuto è di far partire anche in Italia un movimento come il
“Sanctuary movement” (il movimento per il diritto di asilo). Questa
esperienza nasce negli USA negli
anni ’80 per sostenere gli immigrati provenienti da Salvador, Guatemala,
Nicaragua che, restituiti ai loro
governi, avrebbero dovuto affrontare la prigione o la morte. Le comunità si facevano carico di determinati soggetti a
rischio; se la polizia minacciava di arrestarli, tutta la comunità faceva
quadrato attorno ad essi ed
iniziava il cammino di difesa in corte. “E’
solo un suggerimento”, conclude Zanotelli: un suggerimento che secondo noi
vale la pena di raccogliere e di ampliare, mettendolo tra i compiti possibili
della nostra rete d’urgenza. E
aggiungendo alle chiese, come luoghi dove offrire rifugio ai migranti in caso di
emergenza, quando corrono il rischio di espulsione, anche i luoghi che ognuno di
noi può mettere a disposizione chiedendo alla comunità di fare quadrato in
caso di necessità: sedi di partito, sedi di gruppi e associazioni, sedi
sindacali, case.
Queste
sono alcune prime e purtroppo ancora confuse proposte e riflessioni. Resta tutto
il capitolo sul lavoro migrante, la
problematica sulla casa, sul diritto d’asilo, e l’approfondimento del
capitolo regolarizzazioni … La
riflessione non rimarrà interrotta, intendiamo proseguirla con quanti saranno
interessati e vorranno in qualche modo partecipare alla rete che stiamo cercando
di costruire. Intanto aspettiamo la vostra adesione a questa prima parte di
cammino insieme … Un
saluto e buon lavoro a tutti! RETE ANTIRAZZISTA / VENEZIA |
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