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MUSICA, PAROLE .... VOGLIA DI FUTURO

Intervento a San Bonifacio (Verona), 29 settembre 2000

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Intervento di Alessandro Zanotelli in "Musica, parole…voglia di futuro" - San Bonifacio (Verona), 29 settembre 2000

"Buonasera e grazie di cuore per questo invito.
L’ho accettato volentieri, anche se non è stato facile trovare il modo di essere presente questa sera a San Bonifacio. Ritengo importante questo momento perché è inserito in un contesto tipicamente africano di musica, danza, folklore. E’ importante incontrarci. Incontrare l’altro, differente da noi, è importante proprio per quello che sta avvenendo in questa regione, in questa zona…
Giorni fa ero a Verona, invitato dai giovani del liceo Maffei all’assemblea di Istituto, organizzata per esprimere la loro disapprovazione per quanto accaduto al professore ebreo Luis Marsiglia.
E’ stato un momento molto bello e commovente che ci ha portato poi dal professore, con cui abbiamo pregato insieme. Mi sembrava importante essere presente poiché a Verona, e nel Nord-Est, stiamo vivendo il ritorno ad un tipo di linguaggio in cui c’è parecchio disprezzo dell’altro.
Tutto ciò mi fa impressione e mi addolora, però non vorrei che questa fosse l’unica immagine della città. Io conosco un’altra Verona, molto bella, capace di qualcosa d’altro. La città ha alla base una società civile e un sacco di gruppi estremamente belli. Se negli anni ’80 essi si facevano sentire di più, anche attraverso le manifestazioni tenute in arena, purtroppo negli anni ’90 questa visibilità è diminuita ed è emersa, forse, l’altra parte della città. Ritengo tuttavia che ci sia una società civile e una significativa presenza di gruppi: è questa la vera immagine della città che dovrebbe riemergere.
E’ bello stasera incontrarci con altre esperienze di musica, di cultura, di esperienze religiose.
Non penso che il problema del rifiuto dell’altro sia caratteristico dei paesi occidentali o dei ricchi…affatto! E’ sconcertante come dentro Korogocho, il luogo più disprezzato di Nairobi (Kenya), ci sia una serie di gruppi emarginati dal resto della popolazione, a sua volta emarginata dalla popolazione di Nairobi.
Il problema dell’altro è un problema tipicamente umano: ognuno di noi ha paura dell’altro.
Non so quanti algerini ci siano in mezzo a voi…quando ho letto l’autobiografia di una donna eccezionale, Messa Oudy, condannata a morte dai fondamentalisti islamici, ho trovato una cosa incredibile: la paura dei fondamentalisti islamici è la donna. In quella società è la donna a fare paura, ecco perché deve essere emarginata. L’islam ha paura ad affrontare la modernità, come ogni altra religione… Ecco perché il problema dell’altro, è un problema tipicamente umano, di ognuno di noi e di ogni società.
In questo mondo che va verso la globalizzazione, dove saremo forzati ad incontrarci con culture, religioni, razze diverse dalla nostra, capite il perché della paura dell’altro. Il caso di Luis Marsiglia è una esemplificazione - se volete - di quella paura che ci domina tutti nell’affrontare l’altro. Ogni religione, oggi, ha paura di altre esperienze, ogni razza ha paura di altre razze… paura dell’altro.
Io ho studiato per otto anni negli Stati Uniti e, quando ne sono uscito, ero anti arabo e anti islamico.
Mi ci sono voluti molti anni per capire la cultura dei fratelli musulmani; da prete cattolico ho studiato il Corano, l’arabo classico, la teologia e la mistica islamica e ne sono rimasto scioccato, "toccato dentro". L’appello che voglio lanciare stasera è proprio questo: c’è la necessità di incontrare l’altro. Anche all’interno della chiesa cattolica c’è tutta una serie di reazioni fatte di paura: accenno solo alle espressioni del cardinale Giacomo Biffi sugli immigrati. Ricordo anche con dolore che nel 1991 Biffi affermava che la nonviolenza non era una virtù evangelica. Questo accenno solo per far emergere che anche dentro la chiesa vi sono varie anime… Tutte le religioni cominciano ad avere paura e a far emergere il fondamentalismo, per questo occorre ritornare alle fonti di ciascuna di esse e al dialogo.
Come io sono stato accolto ed amato dalla gente del Sudan (dove p.Alex ha operato per otto anni, ndr) e di Korogocho (presente in Kenya da dieci anni, ndr), chiedo a voi di accogliere e di amare l’altro differente da noi. So che non è facile accogliere culture diverse perché ogni cultura tende a chiudersi e a sentirsi la migliore. In ognuna c’è del bello e del brutto: ciascuno di noi è interpellato a cogliere le cose belle, tralasciando quelle brutte. Davvero a me fa male sentire il rifiuto che c’è del diverso soprattutto perché, nei secoli passati, noi siamo stati un popolo di emigranti. Anche nel ricco Nord-Est i paesi si sono spopolati perché abbiamo cercato lavoro in America, Brasile, Australia…e ovunque ci hanno preso a pesci in faccia.
Oggi all’estero ci sono 60 milioni di italiani, più di quelli che vivono attualmente in Italia.
Se siamo stati accolti noi, perché oggi che abbiamo possibilità economiche e di lavoro, proviamo lo stesso disprezzo che c’era nei confronti dei nostri emigranti?
…In Africa c’è una ricchezza umana, culturale, religiosa straordinaria…guai se questo continente verrà travolto, perderemo l’umanità intera! Per me è stato estremamente duro capire capire che questo Dio è più grande della mia Chiesa, dell’esperienza cristiana… è un Dio che lavora in tutti. A me sembra importate la necessità di accogliere l’esprerienza religiosa di altri, non in un confronto tra-verità-e-verita, ma ascontando come altre persone cercano Dio.
Vorrei citare un bellissimo testo di Pierre Claverie, domenicano vescovo di Orano (Algeria), ucciso da una bomba il 1 agosto 1996. L’anno prima di morire scriveva:
"Nella mia esperienza della chiusura, della crisi e dell’emergere dell’individuo, sono giunto alla conclusione che non c’è umanità se non plurale e che quando pretendiamo (all’interno della chiesa cattolica ne abbiamo una triste esperienza nel corso della storia) di possedere la verità o di parlare in nome dell’umanità, cadiamo nel totalitarismo e nell’esclusione. Nessuno possiede la verità, ognuno la ricerca. Vi sono certamente verità oggettive, ma che vanno al di la di noi tutti, alle quali non si può accedere se non attraverso un lungo cammino, ricomponendole poco a poco, prendendo dalle altre culture e da altri gruppi umani quello che altri hanno acquisito, hanno cercato nel loro lungo cammino verso la verità. Io sono credente, credo che c’è un Dio ma non ho la pretesa di possederlo. Dio non si possiede, come non si possiede la verità ed io ho bisogno della verità degli altri".
Qui c’è l’incontro con l’altro, la "convivialità delle differenze", come afferma il vescovo Tonino Bello. O vivremo davvero la convivialità delle differenze o non ci sarà futuro.
Questi fratelli africani, presenti tra noi sempre più numerosi, vengono da situazioni di estrema difficoltà. Vorrei ricordarvi la difficoltà in cui versa oggi l’Africa, in particolare quella subsahariana: la sua economia vive un momento gravissimo. Gli esperti mi dicono che in chiave mondiale, se si guarda il prodotto globale lordo, l’Africa rappresenta solo lo 0,8%.
Il continente sta impoverendosi sempre più; ci sono certamente gravi problemi interni e regimi corrotti, ma queste non sono le sole ragioni. L’economia mondiale fa sì che pochi abbiano tutto a spese di molti morti di fame. Tutti gli stati africani soffrono economicamente, ad eccezione del Sud Africa dove la grandezza di Nelson Mandela è stata di evitare la guerra civile. Tuttavia laggiù non è stato ancora risolto il problema di giustizia sociale, finché l’87 per cento delle terre e il 90 per cento dei beni restano in mano a 5 milioni di bianchi.
In chiave politica la conflittualità tocca tutti gli stati. Non pensate che la conflittualità delle "tribù" sia data dal fatto che questi popoli non sappiano vivere in pace: queste sono bugie! Ci sono strategie esterne che fan sì che le popolazioni siano messe le une contro le altre. Vengo dal Kenya, dove le popolazioni sono convissute per secoli in pace, e dove ora vi sono conflitti etnici durissimi fomentati dall’occidente, dai potentati economici per strategie esterne.
La guerra in Congo, ad esempio, è voluta fino in fondo: meno stato c’è, più le multinazionali possono sottrarre cobalto, oro, diamanti di cui Congo e Angola sono ricchi. In 22 mesi di guerra il Congo ha già perso un milione e 700 mila persone. Chi ne parla? Nessuno. Sono questi gli scenari economici, politici, di conflittualità e corruzione. E’ uno sfacelo sociale che porta a quello culturale: culture che vengono letteralmente spazzate via dall’imposizione dall’unico modello imperialista e materialista che è la globalizzazione: fosse almeno un modello culturale con un’anima!
La conferenza di Durban ha focalizzato il problema dell’Aids: dopo la schiavitù la catastrofe peggiore dell’Africa è l’Aids. Su 34 milioni di malati nel mondo 24 sono africani. La mappa della malattia segue quella della povertà: se un ricco si ammala può guarire, se un povero si ammala non ha alcuna speranza di sopravvivere.
Ora capite il perché dell’emigrazione, nessuno potrà arrestare i flussi migratori.
L’Impero romano, nel suo momento di trionfo, aveva collocato nei confini legioni e mura: una difesa quasi impenetrabile; tuttavia i "barbari" non lo hanno sconfitto spazzando via le legioni, essi sono penetrati nell’Impero lentamente e… gli ultimi imperatori furono "barbari".
La stessa cosa accade oggi: o risolviamo a monte i problemi di questo mondo, oppure questi causeranno sempre più ondate migratorie. E nessuna polizia, nessun esercito potrà bloccare la forza della disperazione. Se leggete la realtà che ci sta attorno in un contesto globale, scoprirete che uno dei problemi più grossi che abbiamo tutti è quello della "cecità".
Siamo ciechi, il problema del "vedere" è enorme. Gli psicanalisti ci dicono che il fatto stesso di nascere in un determinato ambiente culturale ci "frega" al 90 per cento. Pensate di poter prendere decisioni libere? Sono già determinate dalla nascita. Ecco la difficoltà di vedere in un sistema che passa per verità ciò che non lo è. In tutto questo i mass-media giocano un ruolo spaventoso, pensate solo che in Italia sono in mano a due complessi finanziari, negli Usa a 4 o 5. Quello che ci fanno vedere è ciò che essi ritengono la verità e l’informazione che non desiderano far passare non passa.
Io guardo la realtà dai "sotterranei della vita e della storia", dalla baraccopoli di Korogocho e vedo che la città di Nairobi, in piccolo, è quello che c’è a livello mondiale. Nairobi è una bellissima città di 4 milioni di abitanti, di cui oltre 2 milioni sono costretti a vivere nell’1,5 per cento della sua terra. Le bestie feroci, per i casti occhi dei turisti che passano, sono trattate meglio delle persone. Due milioni accatastati in piccolissimi pezzettini di terreno che appartiene al governo, costretti a pagare la baracca dove vivono.
…Ma non sono venuto qui per farvi sentire in colpa o per criminalizzare qualcuno, sono qui soltanto per aiutare voi, e me stesso, a capire in che razza di sistema viviamo. In piccolo Nairobi rappresenta esattamente il contesto mondiale.
Ma cos’è il sistema economico mondiale?
Ho portato con me il bellissimo libro Biblical Jubilee and the Struggle for Life di due missionarie della chiesa presbiteriana che lavorano in Costa Rica. Dicono che il mondo oggi è un "bicchiere di champagne" (il "bicchiere di champagne" è riferito alla sagoma di un grafico sulla disuguaglianza socio-economica mondiale): pieno per un 20 per cento di popolazione mondiale che se ne beve l’82 per cento; un solo 20 per cento consuma l’82 per cento delle ricchezze di questo mondo!
Un miliardo e mezzo di uomini vive con meno di un dollaro al giorno: questo è l’impero del denaro e il suo cuore è la finanza, con le sue speculazioni. Amici economisti mi dicono che forse solo un quarto di questa economia è reale, tutto il resto è pura speculazione. E’ un sistema che permette a pochi di possedere sempre di più, a spese di molti che muoiono di fame. La conseguenza è che ogni anno uccidiamo 30-40 milioni di persone per fame. Noi dobbiamo piangere sull’olocausto, ma chi piange su questo olocausto annuale?
Durante il "Giubileo degli oppressi" [tenutosi a Verona il 9 e 10 settembre 2000, ndr] Susan George ha posto la reale domanda di oggi: "Chi ha diritto di esistere a questo mondo?"
La Banca Mondiale afferma che dal 1995 al 2000 i paesi poveri hanno dato a quelli ricchi 50 bilioni di dollari all’anno: se investiamo un dollaro nei paesi poveri ne riceviamo di ritorno 13.
Smettiamola di parlare di aiuti, diciamo piuttosto che facciamo affari e che i poveri foraggiano i ricchi. …E tutto questo avviene a causa delle politiche del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale, dell’Organizzazione mondiale del commercio. Non è possibile disgiungere il problema dell’economia con quello delle armi: questa è una pura illusione [cita alcuni dati, tra cui il fatto che l’Italia ha appena ordinato 100 aerei da guerra che costano 120 miliardi l’uno, ndr]. Le armi non servono a proteggere i confini, servono a difendere i privilegi, chi detiene il potere economico. Il 20 per cento del mondo non smetterà mai di mollare le armi, che ogni anno costano 800 miliardi di dollari. Con 13 miliardi di dollari all’anno [dati della Banca mondiale, ndr] si potrebbero risolvere i problemi legati alla fame e alla sanità per un miliardo e mezzo di persone.
In 50 anni, dal 1950 al 2000, l’umanità ha consumato tanto quanto in un milione e mezzo di anni. Oggi inoltre stiamo ponendo un’ipoteca gravissima sul nostro ecosistema, e non sono le popolazioni povere a farlo ma quelle ricche attraverso lo spreco di petrolio e le spese per gli armamenti.
Gli scienziati, cito solo Lester Brown che ogni anno redige il libro Lo stato del mondo, ci avvertono che avremo ancora 50 anni per cambiare, dopo sarà troppo tardi per il nostro pianeta. Già oggi avvertiamo le conseguenze del fatto che stiamo distruggendo l’oikos: l’unica casa che abbiamo. Il nostro è un sistema di morte: ammazza per fame, per conflitti e guerre, ammazza ecologicamente. La sonda russa che è andata su Venere ci ha trasmesso delle immagini che testimoniano l’esistenza della vita su quel pianeta, una vita uccisa dai raggi ultravioletti, gli stessi che piano piano stanno provocando sulla terra il buco dell’ozono.
Ecco la nostra cecità.
Eppure si può fare qualcosa, voi potete fare molto. Permettetemi alcuni suggerimenti: innanzitutto è importante "vedere", poi occorre riprendere il senso che "possiamo".
Questo sistema ci toglie forza da di dentro, così ci sediamo dicendo: "Non posso fare nulla!".
E’ la più grande tragedia! Se vediamo e prendiamo in mano la forza di fare, ogni uomo è una "bomba": in bene o in male.
Prendiamo seriamente l’economia, è il cuore di tutto. Facciamo attenzione alle politiche economiche che ci vengono imposte: occorre contestarle radicalmente. Ognuno di voi, come consumatore, ha possibilità enormi e una forza immensa. Il vostro voto non lo date quando mettete nell’urna la scheda elettorale ma quando andate nei vostri nuovi santuari, i supermercati,…ve li costruite così belli…è là dentro che votate perché quello che comperate è importante.
E’ appena uscita la Nuova guida al consumo critico (Ed. Emi), scritta da Francesco Gesualdi discepolo di don Lorenzo Milani. Potete trovarvi l’elenco di tutti i prodotti che acquistate, quali multinazionali li producono, sapere quali pagano bene gli operai, quali rispettano i sindacati…avete la possibilità di boicottare quelli che volete. Ma il consumo critico non basta perché non possiamo più andare avanti consumando così, con lo stile di vita che abbiamo oggi: occorre ridimensionarlo poiché non c’è più uno sviluppo sostenibile. "La torta economica non si può più aumentare, dobbiamo imparare a dividerla un po’ più equamente" ha affermato il presidente uscente del Fmi. Dovremmo goderci la vita ma, temo, non la sappiamo più godere perché abbiamo troppo… Possedendo molto meno potremmo avere più spazio per stare insieme, relazionarci, discutere, vivere la comunità.
Oggi la politica è ostaggio dell’economia, tentate di re-inventare la politica. Non è facile, questo è un momento molto difficile. E tuttavia dobbiamo ritornare a far sì che l’economia obbedisca alle decisioni della polis e non che la città sia al servizio dell’economia.
Fra poco entrerete in campagna elettorale: esercitate il controllo elettorale, votate le persone che fanno discorsi seri… E’ appena uscito il libro, Italia capace di futuro (ed. EMI) ci dice cosa fare nei prossimo 50 anni per ridimensionare il nostro stile di vita.
Sull’economia anche la chiesa deve tradurre il Vangelo in concretezza. Chiavacci, a mio parere il miglior moralista italiano, riassume l’insegnamento del Nuovo Testamento in due comandamenti:
"Non puoi arricchirti" e "Se tu hai, per qualsiasi ragione, hai per condividere".
E’ tutto qui il cuore del Vangelo, il resto è solo una conseguenza.
Come un milione e mezzo di anni fa è nato l’uomo sapiens, oggi dovrà nascere l’uomo planetario.
Si tratta di fare un salto di qualità perché il futuro è questione di vita o di morte.
Io continuerò a lavorare a Korogocho, a voi chiedo di fare "resistenza" all’interno dell’impero.
Dobbiamo farcela…sono certo che la vita vincerà, grazie a voi".

 

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