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At (20, 17-38): Dare fiducia

Gim Pesaro (febbraio 2004)

MISSIONE E' DARE FIDUCIA

CATECHESI GIM PESARO – FEBBRAIO 2004

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Da Milèto Paolo mandò a chiamare subito ad Efeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero disse loro:

«Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei. Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case, scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù.

Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.

Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio. Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.

Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi. Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati. Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!».

Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.

                                                                                                                                 (Atti 20,17-38)

Introduzione

Ripercorriamo assieme brevemente le catechesi precedenti, che ci hanno aiutato a portare la nostra attenzione su 4 temi:

•  FARE CAUSA COMUNE: Â“È agire secondo la logica di Dio, cha ha voluto fare causa comune con l'umanità, e così il Verbo si fa carne, cioè si fa realtà”.

•  ESSERE VANGELO CON I LONTANI: “Evangelizzare significa trasformare la nostra vita in una Buona Notizia per i nostri fratelli e sorelle”

•  GIOCARCI LA VITA: “Rischiare la propria vita per andare ad uccidere sembra logico e razionale (i soldati che si giocano la vita per andare in guerra); ma rischiare qualcosa per il Vangelo della pace e dell'Amore appare assurdo”

•  LIBERARE GLI SCHIAVI: “La lotta per la giustizia è l'essenza stessa del vangelo e la finalità principale della missione”

Siamo giusto a metà del cammino GIM, al cosiddetto giro di boa: abbiamo già fatto un certo cammino e ora è arrivato il momento di “ri-chiederci” un maggiore sforzo per vedere come iniziare veramente a “Camminare senza confini”. Paolo e Daniele ci hanno accompagnato finora e lo faranno ancora, ma ora qualcosa cambia. Ora hanno deciso di darci fiducia: ci sfidano, ci dicono che è arrivato il momento non solo DI ascoltare ciò che loro hanno da dirci, ma di realizzarlo nella nostra vita. “Ma noi non siamo mica dei santi!” Si lo so, ma loro credono in noi, sanno che anche noi possiamo fare causa comune, possiamo essere Vangelo con i lontani, possiamo giocarci la vita e possiamo liberare gli schiavi.

Ed eccolo infatti il tema di quest'oggi: DARE FIDUCIA, appunto. Come sempre Paolo e Daniele vogliono condividere la loro esperienza: ci lasceremo guidare dall'esperienza di Paolo, mentre lascia il suo testamento agli anziani della Chiesa di Efeso (Atti 20, 17-38) e dal “Piano per la rigenerazione dell'Africa” che Daniele scrisse nel 1864.

                       

Paolo DI TARSO

•  Contesto:

Siamo negli ultimi capitoli degli Atti: Paolo sta affrontando il suo ultimo viaggio missionario e si prepara a ritornare a Gerusalemme dove sarà arrestato (Atti 21). Prima di lasciare definitivamente le comunità che aveva fondato e che tante volte aveva esortato con la sua presenza e le sue lettere, vuole parlare con gli anziani di Efeso, i responsabili cioè della comunità. Paolo fa loro un discorso molto personale e apre loro il suo cuore.

•  Insegnamento:

•  “ Voi sapeteÂ… ” : Paolo inizia il suo discorso invitando gli anziani a far memoria: è la memoria di quanto Paolo ha fatto in mezzo a loro. Lui afferma che la sua predicazione è stato anzitutto uno stare con loro ( Essere Vangelo ), senza sottrarsi a ciò che poteva ritornare utile alla predicazione ( Giocarsi la vita ).

•  “ Tutta umiltà ” : Paolo sottolinea che l'umiltà è stata alla base della sua presenza tra gli efesini. Sa che quanto ha fatto non è per merito suo, ma è un dono del Signore: lo è la sua vita, la sua vocazione, il fatto stesso di annunciare il Vangelo (1 Cor. 1,1). Non ha alcun merito e non si ritiene meritevole di nulla (At. 20,24). Riconosce quindi che il Signore gli ha dato fiducia, a lui che con tanto zelo perseguitava i cristiani.

•  “ Avvinto dallo Spirito ” : Paolo sa che la sua vita ha senso unicamente se vissuta per Cristo; sa che fare di testa sua sarebbe non vivere (Gal. 2,20). Ed è proprio perché avvinto dallo Spirito e perché porta in se la vita stessa di Cristo (Causa comune – con Cristo e quindi con gli altri) che sa di andare incontro a catene e a tribolazioni. Ma questo non lo fa indietreggiare: Cristo l'ha fatto per primo e ora ha fiducia anche in Paolo che non indietreggerà.

•  “ Ora non vedrete più il mio volto ” : Paolo sa che il suo seguire Cristo lo porterà a vivere in pienezza la sua vita, col dono supremo (non c'è persona più viva di Cristo morto in croce per amore). Non può quindi abbandonare le sue comunità ad una fine senza senso: con loro ha pianto, ha gioito, ha sopportato sofferenze e tanto altro. Chiama gli anziani e li esorta e proseguire la sua stessa missione; DA LORO FIDUCIA, la stessa che Dio gli aveva dato.

•  “ Vegliate ” : Paolo sa che tempi duri si stanno abbattendo sulle comunità cristiane ed esorta quindi gli anziani, i responsabili a vegliare su di esse: - “Ma come Paolo, sai che tra poco ci saranno grossi guai e te ne vai proprio ora”? – “Il Signore mi chiama altrove, qui ci siete voi”.

•  “ Lo Spirito Santo vi ha posti ” : è lo Spirito che ha scelto gli anziani per guidare e vegliare sulla comunità, ancora una volta è Dio stesso a dare fiducia agli uomini, perché portino avanti il suo sogno.

•  “ Con il suo sangue ” : Dio affida agli anziani qualcosa di prezioso: la Chiesa, nata dal dono totale di Cristo. Essi ne sono responsabili e sono chiamati a farla crescere con il dono totale di loro stessi.

•  “ Vi affido al Signore ” : Paolo se ne va ma non li lascia soli, il Signore resta al loro fianco, secondo la sua promessa (Matteo 28,20): non devono temere per questa responsabilità, il Signore li accompagna.

•  “ Si inginocchiò con tutti loro e pregò ” : la preghiera, il rapporto intimo con Dio è fondamentale per chi è chiamato a seguire Cristo. La sfiducia è sempre in agguato e solo uniti a Cristo si può continuare la missione affidataci.

Daniele COMBONI

•  Contesto:

Daniele dopo aver constatato (anche sulla propria pelle) che i vari tentativi, pur generosi, di tanti missionari erano falliti miseramente (malattie, impreparazione, fretta, Â…), matura un piano (settembre 1864) che, per l'epoca e sicuramente anche per noi ha qualcosa di geniale. Lo chiama: “Piano per la Rigenerazione dell'Africa” e lo si può riassumere con una semplice, ma profonda; espressione: SALVARE L'AFRICA CON L'AFRICA.

Si tratta di un piano che prevede non il protagonismo dei missionari europei che eroicamente lasciavano il loro paese spesso per non farvi più ritorno e nemmeno lo sradicamento di giovani africani che venivano portati in Europa per essere “istruiti”: ma gli africani stessi erano i protagonisti della loro stessa salvezza. L'Africa diventa soggetto della propria storia.

Tutto questo in un periodo in cui si dubitava che gli africani avessero l'anima, considerandoli una via di mezzo tra gli uomini e le bestie, e in cui l'Africa interessava unicamente per le sue ricchezze.

•  Insegnamento:

•  “ Varie furono ad epoche diverse, le spedizioni che si intrapresero, affine di raggiungere il sospirato effetto ” : anche per Daniele il punto di partenza è il far memoria. Una memoria poco felice in questo caso: si tratta di ricordare gli enormi sforzi che governi europei e missionari hanno fatto per penetrare nell'Africa sub-sahariana. Sforzi che non portarono a nulla.

•  “ Il cattolico, abituato a giudicare delle cose col lume che gli piove dall'alto, guardò all'Africa non a traverso il miserabile prisma degli umani interessi, ma al puro raggio della sua Fede; e scorse colà una miriade infinita di fratelli appartenenti alla stessa famiglia, aventi uno stesso Padre ” : la grande differenza tra Daniele e i governi del suo tempo è che lui in Africa ha visto dei fratelli e delle sorelle da amare e da cui lasciarsi amare. E lui percepisce tutto ciò come un dono da parte di Dio, che gli chiede di credere in Lui come Padre di tutta l'umanità.

•  “ Allora, trasportato dall'impeto di quella carità accesa con divina vampa sulle pendici del Golgota Â… sentì battere più frequenti i battiti del suo cuore ” : Comboni ha la coscienza di essere un inviato, un missionario. È Dio che lo manda in Africa, è Dio che gli da fiducia. Come per Paolo, anche per Daniele soltanto lasciandosi trasportare dall'amore di Dio si realizza la vita.

•  Anche per Daniele alla base di tutta la sua vocazione c'è la fiducia che Dio ha posto in lui: Dio si fida così tanto di lui da affidargli una grande missione, quella di “ stringere tra le braccia e dare il bacio di pace e di amore a quegl'infelici fratelli ”

•  “ Non si potrebbe promuovere la conversione dell'Africa per mezzo dell'Africa? ” : una domanda quasi banale, ma che ha lasciato il suo segno. Qui è espressa la grande fiducia che Daniele aveva negli africani: sono loro i protagonisti della loro storia. E poi non resta a sognare: fa dei progetti a lungo e medio termine. Crede così tanto nell'Africa da essere pronto a giocarsi la faccia e tutto il resto.

•  “ Da ciascuno di questi istituti che circonderanno la grande penisola africana, si formeranno altrettanti uomini e donne, destinati a trapiantarsi gradatamente nelle regioni della Nigrizia centrale ” : ecco ciò che sogna Daniele. Uomini e donne africani che diventano i promotori, gli educatori, i catechisti, i maestri, i missionari dei loro stessi fratelli e sorelle africani.

Attualizzazione

Il sistema nel quale viviamo, dobbiamo essere sinceri, non presenta certo la fiducia come ideale: non so come sia l'altro quindi non mi posso fidare. Anzi, basta un minimo sospetto per dichiarare guerra preventiva a chi è semplicemente diverso da me.

Ma c'è anche un altro aspetto da considerare qui: Comboni si è fidato dell'Africa, in un momento in cui appena questa si conosceva, quando valeva per i suoi schiavi e per le grandi ricchezze; nessuno si sarebbe sognato di vedere un'Africa che si governasse da sola ed ecco infatti i civili paesi colonizzatori a portare un po' di cultura tra quei “barbari”, incapaci di vivere e quindi di governarsi. Poi arriva l'indipendenza ma anche lì fiasco: guerre, colpi di stato, dittatori, ecc. E l'occidente, come se lui non c'entrasse nulla in tutto questo, ancora una volta si presenta come il paladino della civiltà e oggi della democrazia. Si arriva così al neo-colonialismo, che è l'esatto opposto di quel che sognava Daniele: l'Africa è un bambino che aspetta l'Occidente Babbo Natale che ogni tanto gli porta dei doni ma che spesso la violenta, la deruba e la lascia nel suo sangue.

Eh si fa comodo non dare fiducia, perché se io ti do fiducia, vuol dire che devo vedere in te un fratello da amare, da cui lasciarmi amare e con cui camminare assieme, progettandolo insieme il nostro futuro. Ma è meglio continuare a fare i paternalisti e fregare gli altri.

Per noi

E nella nostra vita? Si dice che la fiducia debba essere alla base del nostro vivere comunitario: in famiglia, con gli amici, al lavoro, a scuola, dappertutto insomma. Effettivamente senza fiducia si vivrebbe in un continuo sospettarsi gli uni gli altri. Ma non solo non si riuscirebbe a vivere: non fidandoci degli altri mai ci sogneremmo di lavorare e di viverci insieme.

Quanto detto sopra sul sistema può accadere anche nel nostro mondo quotidiano, nei rapporti con le persone: ci viene chiesto anche a noi di VIGILARE su noi stesi e sugli altri, per non cadere in alcune tentazioni:

•  il paternalismo: aiutare l'altro senza però fidarmi di lui

•  la solitudine: non fidarmi di nessuno e voler far tutto da solo

•  il vittimismo: non fidarmi di me stesso

Quest'ultima purtroppo rischia di segare le gambe a molte persone, che non sanno vedere la bellezza della loro vita, coi doni che il Signore ha fatto loro. Tanta gente è bloccata dalla paura di mettersi in gioco perché non si fida delle proprie capacità: non è un discorso di vantarsi o meno di noi stessi, è piuttosto riconoscere i doni che il Signore ci ha fatto, prenderli in mano e giocarli, per noi e per gli altri.

 

PISTE PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

•  Chi si fida di me? Come lo so?

•  Di chi mi fido, al punto tale di giocare in pieno la mia vita con lui?

 

 

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