PONTIFICIO CONSIGLIO "COR UNUM" PER LA PROMOZIONE
UMANA E CRISTIANA
LA FAME NEL MONDO
UNA SFIDA PER TUTTI:
LO SVILUPPO SOLIDALE
PRESENTAZIONE
Sono lieto di presentare il documento " La fame nel
mondo. Una sfida per tutti: lo sviluppo solidale ".
É stato preparato con
tanta cura dal Pontificio Consiglio " Cor Unum " su indicazione del
Santo Padre Giovanni Paolo II. Anche quest'anno il Successore di Pietro nel suo
Messaggio quaresimale si è fatto voce di coloro ai quali manca il minimo
vitale: " La folla di affamati, costituita da bambini, donne, vecchi,
migranti, profughi e disoccupati, leva verso di noi il suo grido di dolore. Essi
ci implorano, sperando di essere ascoltati ".
Il documento si colloca nel solco indicato da Cristo ai suoi
discepoli. La persona e il messaggio di Gesù si incentrano infatti sulla
manifestazione che " Dio è amore " (1 Gv 4, 8), un amore che redime
l'uomo e lo trae dalla sua situazione di molteplice miseria, per restituirlo
alla piena dignità . La Chiesa nel corso dei secoli ha dato innumerevoli
espressioni concrete a questa sollecitudine di Dio. La sua storia potrebbe
essere scritta anche come una storia della carità verso i più poveri, attuata
da cristiani che hanno testimoniato ai loro fratelli bisognosi l'amore di Cristo
che dona la vita per il prossimo.
Lo studio qui pubblicato intende contribuire all'impegno dei
cristiani di condividere le urgenze dell'uomo di oggi. I temi trattati sono
infatti di grande attualità . Questo riguarda sia la descrizione della realtÃ
della fame nel mondo, sia l'implicanza etica della questione, che investe tutti
gli uomini di buona volontà . La pubblicazione è di particolare importanza in
vista del Grande Giubileo del 2000 che la Chiesa si prepara a celebrare. Lo
spirito di tale documento non nasce da alcuna ideologia, ma si fa guidare dalla
logica evangelica e invita alla sequela di Gesù Cristo vissuta nella
quotidianità .
Non posso far altro che auspicare una vasta diffusione di
questa pubblicazione, sperando che essa contribuisca a formare le coscienze
all'esercizio della giustizia distributiva e della solidarietà umana.
Città del Vaticano, 4 ottobre 1996, Festa di San Francesco
d'Assisi
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+ Angelo Card. Sodano
Segretario di Stato
LA FAME NEL MONDO
UNA SFIDA PER TUTTI:
LO SVILUPPO SOLIDALE
" L'ampiezza del fenomeno chiama in causa le strutture
ed i meccanismi finanziari, monetari, produttivi e commerciali, che, poggiando
su diverse pressioni politiche, reggono l'economia mondiale: essi si rivelano
quasi incapaci sia di riassorbire le ingiuste situazioni sociali, ereditate dal
passato, sia di far fronte alle urgenti sfide ed alle esigenze etiche del
presente. Sottoponendo l'uomo alle tensioni da lui stesso create, dilapidando ad
un ritmo accelerato le
risorse materiali ed energetiche, compromettendo
l'ambiente geofisico, queste strutture fanno estendere incessantemente le zone
di miseria e, con questa, l'angoscia, la frustrazione e l'amarezza ".
" Su questa difficile strada - sulla strada dell'indispensabile
trasformazione delle strutture della vita economica - non sarà facile
avanzare se non interverrà una vera conversione della mente, della volontà e
del cuore. Il compito richiede l'impegno risoluto di uomini e di popoli liberi e
solidali " (Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptor hominis, 1979,
n. 16).
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INTRODUZIONE
Il diritto all'alimentazione è uno dei principi proclamati
nel 1948 dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.2
La Dichiarazione sul progresso e lo sviluppo nel settore
sociale del 1969, sosteneva la necessità di " eliminare la fame e la
malnutrizione e di garantire il diritto ad una adeguata alimentazione ".3
Parimenti, la Dichiarazione universale per l'eliminazione definitiva della fame
e della malnutrizione, adottata nel 1974, dichiara che ogni individuo " ha
il diritto inalienabile di essere liberato dalla fame e dalla malnutrizione per
potersi sviluppare appieno e conservare le sue facoltà fisiche e mentali
".4 Nel 1992, la Dichiarazione mondiale sulla nutrizione ha riconosciuto
anche che " l'accesso ad alimenti nutrizionalmente adeguati e privi di
pericoli è un diritto universale ".5
Si tratta di indicatori molto espliciti. La coscienza
pubblica si è espressa senza equivoci. Pur tuttavia milioni di individui sono
ancora segnati dai danni provocati dalla fame e dalla denutrizione o dalle
conseguenze dell'insicurezza alimentare. La causa è forse da ricercarsi nella
mancanza di cibo? Proprio per nulla: in linea di massima si conviene sul fatto
che le risorse della terra, considerate globalmente, sono in grado di nutrire
tutti i suoi abitanti;6 infatti, il cibo disponibile pro capite a livello
mondiale è aumentato del 18% circa nel corso degli ultimi anni.7
L'umanità si trova oggi di fronte ad una sfida indubbiamente
di ordine economico e tecnico, ma ancor di più di ordine etico-spirituale e
politico. E una questione di solidarietà vissuta e di sviluppo autentico, al
pari di una questione di progresso materiale.
1. La Chiesa ritiene che non si possano affrontare i settori
economico, sociale e politico prescindendo dalla dimensione trascendente
dell'uomo. La filosofia greca, che tanto ha impregnato di sé il mondo
occidentale, era già di questo avviso: l'uomo è in grado di scoprire e di
perseguire la verità , il bene e la giustizia con i suoi propri mezzi, soltanto
se la sua coscienza è illuminata dal divino. Infatti, è precisamente il divino
che consente alla natura umana di prendere in considerazione i doveri
disinteressati nei confronti dell'altro. Parimenti, secondo il pensiero
cristiano, è la grazia divina che infonde nell'essere umano la forza necessaria
per agire secondo il suo discernimento.8 Tuttavia la Chiesa fa appello a tutti
gli uomini di buona volontà per portare a termine questo compito titanico. Il
Concilio Vaticano II affermava: " Di fronte ad un tal numero di affamati in
tutto il mondo, il Concilio insiste presso tutti e presso le autorità , affinché
si ricordino di queste parole dei Padri della Chiesa: "Nutri colui che è
moribondo per fame, perché se non lo avrai nutrito, lo avrai ucciso"
".9 Tale solenne avvertimento sollecita ad impegnarsi con risolutezza nella
lotta contro la fame.
2. L'urgenza di questo problema spinge il Pontificio
Consiglio " Cor Unum " a presentare qui di seguito alcuni elementi
della sua ricerca; esso sente come suo dovere fare appello alla responsabilitÃ
individuale e collettiva affinché vengano adottate soluzioni più efficaci e si
schiera dalla parte di coloro che già si applicano con molta dedizione a questo
nobile scopo.
Il presente documento cerca di analizzare e di descrivere le
cause e le conseguenze del fenomeno della fame nel mondo in maniera globale e
non esaustiva. La riflessione è illuminata soprattutto dal Vangelo e
dall'insegnamento sociale della Chiesa e non persegue un obiettivo di portata
congiunturale; perciò l'attenzione non si focalizza sulle statistiche
riguardanti la situazione attuale, né sugli individui a rischio di morire di
fame, sulle percentuali dei denutriti, o ancora sulle regioni più minacciate e
le misure economiche da prevedere. Ispirato dalla missione pastorale della
Chiesa, questo documento vuole essere un appello pressante ai suoi membri e
all'intera umanità , in quanto la Chiesa " "è esperta in umanità ":
ciò la spinge ad estendere necessariamente la sua missione religiosa ai diversi
campi, in cui uomini e donne dispiegano la loro attività in cerca della felicità ,
pur sempre relativa, che è possibile in questo mondo ".10 Oggigiorno la
Chiesa si fa eco di questo appello provocatorio che Dio rivolge a Caino, quando
gli chiede conto della vita di suo fratello Abele: " Che hai fatto! La voce
del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!... " (Gen 4, 10). Questo
versetto duro, quasi insopportabile, riferito alla situazione dei nostri
contemporanei che muoiono di fame, non è una esagerazione ingiusta o
aggressiva; queste parole indicano una priorità e vogliono giungere alle nostre
coscienze.
E un'illusione attendersi soluzioni preconfezionate: ci
troviamo in presenza di un fenomeno legato alle scelte economiche dei dirigenti,
dei responsabili, ma anche dei produttori e dei consumatori e che si radica
profondamente nel nostro stile di vita. Tuttavia, questo appello impegna
ciascuno, nella rinnovata speranza di giungere ad un miglioramento decisivo,
tramite rapporti umani vieppiù solidali.
3. Questo documento si rivolge ai cattolici di tutto il
mondo, ai responsabili nazionali ed internazionali con competenza e
responsabilità in questo settore, ma vuole anche giungere a tutte le
organizzazioni umanitarie, come pure a tutti gli uomini di buona volontà .
Auspica di riuscire ad incoraggiare singolarmente le migliaia di persone di
qualsiasi condizione e professione, che s'impegnano quotidianamente affinché
tutti i popoli ottengano " lo stesso diritto ad assidersi alla mensa del
banchetto comune ".11
I
LE REALTÀ DELLA FAME
La sfida della fame
4. Il pianeta è in grado di offrire a ciascuno la relativa
razione alimentare.12
Per raccogliere la sfida della fame, è necessario in primo
luogo considerarne i numerosi aspetti e le effettive cause. Non tutte le realtÃ
della fame e della denutrizione sono note con precisione, anche se diverse ne
sono le cause importanti che sono state identificate. Intendiamo delineare in
primo luogo i motivi della nostra impostazione per soffermarci in seguito sulle
cause principali di questo flagello.
Uno scandalo durato troppo a lungo: la fame distrugge la vita
5. Non bisogna confondere la fame con la malnutrizione. La
fame minaccia non solo la vita degli individui, ma anche la loro dignità . Una
grave e prolungata carenza di cibo provoca la prostrazione dell'organismo,
l'apatia, la perdita del senso sociale, l'indifferenza e a volte suscita la
crudeltà nei confronti dei più deboli, specie fanciulli ed anziani. Interi
gruppi vengono allora condannati a morire nel deperimento. Purtroppo, nel corso
della storia questa tragedia si ripete, ma la coscienza moderna avverte più di
prima quale scandalo costituisca la fame.
Fino al XIX secolo, le carestie che decimavano popolazioni
intere erano dovute il più delle volte a cause naturali. Oggigiorno, le
carestie sono più circoscritte e provocate quasi sempre dall'azione dell'uomo.
E sufficiente far riferimento ad alcune regioni o ad alcuni paesi per
convincersene: Etiopia, Cambogia, ex-Jugoslavia, Rwanda, Haiti. In un'epoca in
cui l'uomo, meglio che in passato, ha la possibilità di far fronte alle
carestie, tali situazioni costituiscono un vero disonore per l'umanità .
La malnutrizione compromette il presente ed il futuro di un
popolo
6. I grandi sforzi dispiegati hanno dato i loro frutti,
tuttavia bisogna ammettere che la malnutrizione è più diffusa della fame ed
assume forme molto diverse. Si può essere malnutriti senza avere fame. Ciò non
toglie che l'organismo perda ugualmente le sue potenzialità fisiche,
intellettuali e sociali.13 La malnutrizione può essere qualitativa, a seguito
di regimi alimentari mal equilibrati (per eccesso o per difetto). Spesso è
contemporaneamente anche quantitativa e si acuisce in periodi di scarsezza di
viveri. Nel qual caso viene indicata come denutrizione o sotto alimentazione.14
La denutrizione aumenta la diffusione e le conseguenze di alcune malattie
infettive ed endemiche e accresce il tasso di mortalità , specie nei bambini al
di sotto dei cinque anni.
Le principali vittime: le popolazioni più vulnerabili
7. I poveri sono le prime vittime della malnutrizione e della
fame nel mondo. Essere poveri significa quasi sempre: essere più facilmente
vittime dei tanti pericoli che minacciano la sopravvivenza ed essere più
facilmente soggetti alle malattie fisiche. Dagli anni 80 questo fenomeno è in
crescita e minaccia un numero sempre maggiore di persone nella stragrande
maggioranza dei paesi. Nell'ambito di una popolazione povera, le prime vittime
sono sempre gli individui più fragili: bambini, donne incinte o che allattano,
malati ed anziani. Da segnalare anche altri gruppi umani ad elevatissimo rischio
di deficienza nutrizionale: i rifugiati o i profughi, le vittime di avvenimenti
politici.
Ma l'apice dell'indigenza alimentare lo si riscontra nei
quarantadue paesi meno sviluppati (PMS) di cui ventotto nella sola
Africa:15
" Circa 780 milioni di abitanti dei paesi in via di sviluppo — pari al
20% della loro popolazione — continuano a non avere i mezzi sufficienti per
procurarsi ogni giorno la razione alimentare indispensabile al loro benessere
nutrizionale ".16
La fame genera la fame
8. Non è raro che nei paesi in via di sviluppo le
popolazioni che traggono la loro sussistenza da una agricoltura a bassissimo
rendimento, soffrano la fame nell'intervallo fra due raccolti. Nel caso in cui i
raccolti precedenti siano già stati scarsi, potrà verificarsi una carestia con
conseguente fase acuta di malnutrizione, che indebolirà gli organismi proprio
nel momento in cui sarebbero necessarie tutte le forze per prepararsi al
raccolto successivo. La penuria di viveri compromette il futuro: ci si nutre
delle semenze, si saccheggiano le risorse naturali accelerando in tal modo
l'erosione, il degrado o la desertificazione dei terreni.
Un terzo genere di situazioni, oltre quello della fame (o
carestia), distinto dalla denutrizione, è dato dall'insicurezza alimentare che
genera di conseguenza fame o malnutrizione. In effetti, ostacola la
pianificazione e la realizzazione di lavori a lungo termine necessari a
promuovere e raggiungere uno sviluppo durevole.17
Cause individuabili
9. I fattori climatici e le calamità di ogni genere, pur se
rilevanti, sono lungi tuttavia dal costituire le uniche cause della fame e della
malnutrizione: per ben inquadrare il problema della fame è necessario prendere
in considerazione l'insieme delle sue cause, congiunturali o stabili, come pure
le loro reciproche implicazioni. Ne presentiamo le principali, raggruppandole in
base alle classiche categorie economiche, socio-culturali e politiche.
A) CAUSE ECONOMICHE
Le cause profonde
10. La fame deriva in primo luogo dalla povertà . La
sicurezza alimentare degli individui dipende essenzialmente dal loro potere
d'acquisto, e non tanto dalla disponibilità fisica di cibo.18
La fame esiste in
tutti i paesi, è ricomparsa in quelli europei, dell'Ovest come dell'Est; è
molto diffusa nei paesi poco sviluppati o con difficoltà di sviluppo.19
Eppure, la storia del XX secolo indica che la povertÃ
economica non è una fatalità . Numerosi paesi sono decollati economicamente e
continuano a farlo sotto i nostri occhi, altri, al contrario affondano, vittime
di politiche nazionali o internazionali basate su ingannevoli premesse.
La fame è la concomitante risultanza di:
a) politiche economiche non ottimali in tutti i paesi: le
cattive politiche dei paesi industrializzati si ripercuotono indirettamente, ma
drasticamente, su tutti i poveri – in tutti i paesi;
b) strutture ed abitudini poco efficaci, se non con effetti
apertamente devastanti sulla ricchezza dei paesi:
– a livello nazionale, in paesi con difficoltà di
sviluppo, i grandi organismi, pubblici o privati, in situazione di monopolio (il
che a volte è inevitabile) si sono tramutati da forza motrice in effetto
frenante dello sviluppo; le ristrutturazioni avviate in numerosi paesi in questi
ultimi dieci anni ne hanno dato dimostrazione;
– a livello nazionale nei paesi industrializzati, le
rispettive deficienze risultano meno evidenti a livello internazionale ma,
direttamente o indirettamente, sono parimenti perniciose per gli individui
svantaggiati di tutto il mondo;
– a livello internazionale, le restrizioni commerciali e le
incentivazioni economiche sono a volte scoordinate;
c) comportamenti moralmente disdicevoli: ricerca del denaro,
potere e immagine pubblica perseguiti come unico fine, indebolimento del senso
di servizio alla comunità ad esclusivo beneficio di individui o di caste, senza
dimenticare la considerevole corruzione sotto le più diverse forme e di cui
nessun paese può fregiarsi di esserne immune.
Tutto ciò evidenzia la contingenza di qualsiasi azione
umana. Di fatto, spesso e nonostante le buone intenzioni, si sono commessi
errori che hanno condotto a situazioni di precarietà . Rilevarle serve ad
avviarsi verso la loro soluzione.
In effetti, lo sviluppo economico va coltivato: le
istituzioni, al pari degli individui, debbono condividerne la responsabilità ;
il ruolo più efficace dello Stato è quello che emerge dalla dottrina sociale
della Chiesa e dalle analisi delle sue encicliche sociali.
La causa profonda di uno sviluppo mancato o difficile risiede
nel venir meno della volontà e della capacità di servire gratuitamente l'uomo,
mediante l'uomo e a favore dell'uomo, atteggiamento che è frutto dell'amore.
Tale mancanza impregna di sé questa realtà complessa, a tutti i livelli:
tecnico in senso lato, strutturale, legislativo e morale; essa si manifesta
nella concezione e nella realizzazione di atti le cui implicanze a livello
economico possono essere grandi o piccole.
Le incompetenze, le strutture ormai incapaci di offrire
servizi al miglior costo, le deviazioni morali di ciascuno e la mancanza d'amore
sono le cause della fame. Qualunque mancanza in uno di questi aspetti, ovunque
nel mondo, senza eccezione alcuna, ha come risultato quello di diminuire
ulteriormente la razione appena sufficiente dell'affamato.
Le recenti evoluzioni economiche e finanziarie del mondo bene
illustrano questi fenomeni complessi: l'aspetto tecnico e morale vi
interferiscono in maniera del tutto particolare, condizionando i risultati delle
economie. Si intende qui far riferimento specifico alla crisi del debito nella
maggioranza dei paesi con difficoltà di sviluppo, come pure alle misure di
risanamento che sono state o saranno adottate.
Il
debito dei paesi con difficoltà di sviluppo
11. L'impennata unilaterale dei prezzi del greggio nel 1973 e
nel 1979 ha colpito profondamente tutti i paesi non produttori, immettendo sul
mercato notevoli liquidità finanziarie che il sistema bancario ha cercato di
riciclare: fenomeno che ha causato un generale rallentamento dell'economia di
cui sono rimasti particolarmente vittime i paesi poveri. Per svariate ragioni,
durante gli anni '70 e '80, la maggioranza dei paesi ha potuto accendere
prestiti consistenti a tasso variabile ed i paesi dell'America Latina e
dell'Africa hanno potuto sviluppare in modo eccezionale il loro settore
pubblico. Questo periodo di denaro facile è stato motivo di molteplici eccessi:
progetti inutili, mal concepiti o mal realizzati, distruzione brutale delle
economie tradizionali, aumento della corruzione in tutti i paesi. Alcune nazioni
asiatiche hanno evitato questi errori, il che ha consentito loro uno sviluppo
molto rapido.
L'impennata dei tassi di interesse — provocata dal semplice
gioco di mercato non controllato e probabilmente non controllabile — ha spinto
la maggioranza dei paesi dell'America Latina e dell'Africa a dover sospendere i
pagamenti dei debiti, provocando di conseguenza fenomeni di fuga di valuta che,
a brevissimo termine, si sono tramutati in una minaccia sia per il tessuto
sociale locale — pur mediocre e fragile che fosse — sia per l'esistenza
stessa del sistema bancario. E stato allora possibile quantificare la portata
dei danni a tutti i livelli: economico, strutturale e morale. Come sempre, si
sono cercate in prima istanza soluzioni di natura meramente tecnica ed
organizzativa, le quali, pur se positive quando necessarie, debbono tuttavia
accompagnarsi ad un vero mutamento dei comportamenti di ognuno, e specie di
coloro che — in tutti i paesi ed a tutti i livelli — sfuggono all'enorme
fardello che la povertà fa pesare sulle scelte di vita.
Con l'inizio del periodo di risanamento, i trasferimenti
hanno fatto registrare un andamento negativo: blocco dei prestiti; prezzo del
greggio mantenuto artificialmente ad un livello intollerabile per i paesi in via
di sviluppo; riduzione del prezzo delle materie prime a seguito del
rallentamento economico dovuto al prezzo elevato del petrolio e
contemporaneamente alla crisi del debito; reazione troppo lenta degli organismi
internazionali nel reimmettere liquidità , ad eccezione del
Fondo Monetario
Internazionale; etc. Durante questo periodo, il livello di vita dei paesi sovraindebitati iniziava a crollare.
Da quanto ricordato, si può ben valutare quanta saggezza, e
non solo conoscenze tecniche ed economiche, la gestione del pubblico denaro
richieda. L'immissione di notevoli mezzi finanziari provoca danni strutturali e
personali considerevoli, invece di essere causa di un miglioramento effettivo
delle condizioni dei più svantaggiati.
Ecco la conclusione che dobbiamo trarne: lo sviluppo degli
uomini passa attraverso la loro capacità di altruismo, ovvero d'amore, il che
è di estrema importanza a livello pratico. Per dirla in breve ed in termini
realistici, l'amore non è un lusso. E una condizione di sopravvivenza per un
gran numero di esseri umani.
I programmi di aggiustamento strutturale
12. La violenza dei fenomeni monetari ha indotto molti paesi
ad adottare necessariamente delle misure molto energiche, nell'intento di
contenere la crisi e ristabilire i grandi equilibri. Queste, per loro stessa
natura, provocano a loro volta forti contrazioni del potere d'acquisto medio
nella nazione.
Le difficoltà e le sofferenze provocate da queste crisi
economiche sono considerevoli, anche se la loro soluzione consente in fin dei
conti di ristabilire un maggiore benessere.
La crisi mette in luce i punti deboli, costitutivi o
acquisiti, di un paese, ivi compresi quelli originati dagli errori commessi nel
processo di sviluppo dai governi che si sono succeduti, dai loro partner o anche
dalla comunità internazionale. Tali fragilità sono molteplici e alcune di
esse, a volte, si evidenziano solo a posteriori, altre risalgono al processo
della politica di indipendenza, in quanto ciò che costituiva la forza della
potenza coloniale si è tramutato in fragilità del paese divenuto indipendente,
senza che per contro potesse esservi spazio per fenomeni di compensazione. Da
notare, in linea di massima, l'onere dei grandi progetti che coincidono con
momenti di verità durante i quali il bisogno di solidarietà è sentito in
maniera particolarmente forte in tutto il paese. Ma, in verità , il primo
effetto di queste politiche di aggiustamento è quello di ridurre la spesa
globale e, conseguentemente, i redditi. Agli indigenti del paese resta un'unica
alternativa: o confidare nei dirigenti successivi, o tentare di sbarazzarsi di
quelli in carica. Essi stessi sono spesso preda di gruppi ambiziosi in cerca di
potere per ragioni ideologiche o per mera cupidigia, al di fuori di un qualsiasi
processo democratico e, se necessario, appoggiandosi su forze esterne.
Una riforma economica richiede da parte della classe
dirigente una grande attitudine alla decisione politica. Ecco un criterio che
permette di valutare la qualità del suo intervento: non solo il successo
tecnico del piano di stabilizzazione, ma anche la capacità di mantenere il
consenso della maggioranza della popolazione, compresi i più svantaggiati. La
classe dirigente deve saper convincere le altre fasce sociali a farsi carico
effettivamente di una parte degli oneri. Si tratta in particolare di quella
cerchia ristretta di persone con un reddito di livello internazionale, ma anche
di funzionari ed impiegati dello Stato che fino a quel momento godevano nel
paese di una situazione alquanto invidiabile e che rischiano di ritrovarsi
dall'oggi all'indomani con mezzi pesantemente decurtati o addirittura totalmente
azzerati. Questo è il momento in cui rientra in gioco la solidarietÃ
tradizionale, in quanto i poveri sono sempre disposti a sostenere quel membro
della famiglia che ricade nella situazione di precarietà dalla quale lo si
credeva uscito.
Solo progressivamente i responsabili nazionali ed
internazionali si sono preoccupati di proteggere i più poveri nel corso di
queste operazioni di risanamento economico. Ci sono voluti molti anni prima che
il concetto di operazioni concomitanti, indirizzate alle popolazioni più
esposte, acquistasse un certo spessore. D'altronde, in queste circostanze, come
pure in situazioni di emergenza, si rischia sempre di tirare il freno troppo
tardi e troppo bruscamente, con contraccolpi che possono aumentare
considerevolmente le sofferenze di coloro che si trovano all'ultimo anello della
catena.
In Africa e in
America Latina20 sono stati avviati dei
progetti ad ampio raggio che prevedevano:
– programmi di aggiustamento strutturale con l'adozione di
severe misure macro-economiche,
– l'apertura di nuove importanti linee di credito,
– una profonda riforma strutturale delle inefficienze
locali. Queste sono in parte conseguenza dei monopoli statali, che consumano una
importante porzione del reddito nazionale senza rendere un servizio di qualitÃ
sufficiente a beneficio di tutti. In molti di questi paesi, tutti i servizi
pubblici ne hanno risentito e, al pari della zizzania che si mescola spesso al
grano, alcuni settori competitivi ne sono risultati penalizzati.21
Alcuni governi, spesso poco riconosciuti sulla scena
internazionale, sono stati ammirevoli: hanno avuto il coraggio politico di
applicare le misure inevitabili pur tenendo contemporaneamente in debito conto i
pareri e le pressioni esterne; si sono sforzati, offrendone l'esempio, di far
aumentare nei loro paesi il livello di cooperazione e di solidarietà e di
evitarne i contraccolpi. Ciò porta a constatare che l'influenza dell'esempio
del responsabile al vertice include non soltanto la sua competenza e le sue
qualità di comando ma anche la sua capacità di saper limitare l'ingiustizia
sociale, sempre presente in queste situazioni.
I paesi industrializzati debbono seriamente porsi il seguente
problema: il loro atteggiamento e anche la loro preferenza nei confronti di
paesi con difficoltà di sviluppo si fonda sulle qualità dei responsabili
politici in ambito sociale, tecnico e politico, o il loro appoggio si basa su
altri criteri?
B) LE CAUSE SOCIO-CULTURALI
Le realtà sociali
13. Si è constatato che alcuni fattori socio-culturali
accrescono i rischi di carestia e di malnutrizione cronica. I tabù alimentari,
lo status sociale e familiare della donna, la sua effettiva influenza in seno
alla famiglia, la mancanza di formazione delle madri alle tecniche
dell'alimentazione, l'analfabetismo generalizzato, la precarietà del posto di
lavoro o la disoccupazione, sono altrettanti fattori che possono sommarsi e
portare alla malnutrizione come pure alla miseria. Ricordiamo che gli stessi
paesi industrializzati non sono al riparo da questo flagello: questi stessi
fattori portano alla malnutrizione occasionale o cronica di numerosi "
nuovi poveri " che vivono gomito a gomito con coloro che nuotano
nell'abbondanza e nell'eccessivo consumismo.
La demografia
14. Diecimila anni or sono, la terra contava probabilmente
cinque milioni di abitanti. Nel XVII secolo, all'alba dei tempi moderni,
cinquecento milioni. In seguito, il ritmo della crescita demografica è andato
aumentando: un miliardo di abitanti all'inizio del XIX secolo, 1,65 all'inizio
del XX, 3 miliardi nel 1960, 4 miliardi nel 1975, 5,2 nel 1990, 5,5 nel 1993,
5,6 nel 1994.22 Nel mentre, la situazione demografica è andata sviluppandosi a
ritmi diversi nei paesi " ricchi " e nei paesi " in via di
sviluppo ".23 Tale situazione è in corso di evoluzione: la proliferazione,
va ricordato, è una reazione della natura — e di conseguenza, dell'uomo —
alle minacce contro la sopravvivenza della specie.
Alcune ricerche evidenziano che, nella misura in cui
diventano più ricche, le popolazioni passano da una situazione di alta natalitÃ
ed alta mortalità a quella opposta: ridotta natalità e ridotta mortalità .24
Il periodo di transizione può risultare critico per quanto attiene alle risorse
alimentari; la mortalità infatti diminuisce prima della natalità . L'aumento
della popolazione deve essere accompagnato da cambiamenti tecnologici, se non si
vuole interrompere il ciclo regolare della produzione agricola, non fosse altro
che per l'impoverimento dei terreni, la riduzione di quelli a riposo e l'assenza
di rotazione agricola.
Le sue implicazioni
15. La crescita demografica rapida è causa o conseguenza del
sottosviluppo? Eccezion fatta per alcuni casi estremi, la densità demografica
non spiega la fame. In merito si osserva che, da una parte, è proprio nei delta
dei fiumi e nelle vallate sovrappopolate dell'Asia che sono state realizzate le
innovazioni agricole della " rivoluzione verde "; dall'altra, paesi
poco popolati, quali lo Zaire o la Zambia, pur se in grado di nutrire una
popolazione venti volte più numerosa senza dover ricorrere a massicci lavori di
irrigazione, restano in realtà con difficoltà alimentari: il motivo è da
ricercarsi negli squilibri imposti dagli Stati, dalla politica e dalla gestione
economica e non in cause oggettive o nella povertà economica. Si sostiene
attualmente che esistono maggiori possibilità di contenere un'eccessiva
crescita demografica intervenendo per diminuire la povertà di massa, piuttosto
che vincere la povertà limitandosi a ridurre il tasso di crescita della
popolazione.25
Fin tanto che nei paesi in via di sviluppo le famiglie
continueranno a ritenere che la loro produzione e la loro sicurezza, possano
essere assicurate solo da una prole numerosa, la situazione demografica evolverÃ
solo lentamente. E necessario ribadire che più generalmente sono le
trasformazioni economiche e sociali26 che consentono ai genitori di accogliere
il dono di un figlio. In questo ambito, l'evoluzione dipende in gran parte dal
livello socio-culturale dei genitori. E necessario dunque prevedere per le
coppie un'educazione alla paternità ed alla maternità responsabili, nel
completo rispetto dei principi etici e morali; conviene facilitare loro
l'accesso a metodi naturali di pianificazione familiare che risultino in armonia
con la vera natura dell'uomo.27
C) LE CAUSE POLITICHE
L'influenza della politica
16. Il blocco dell'afflusso di derrate alimentari è stata
utilizzato nel corso della storia, ieri come oggi, quale arma politica o
militare. Può trattarsi di veri e propri crimini contro l'umanità .
Il XX secolo ha conosciuto numerosi casi del genere, quali,
ad esempio:
a) Il blocco sistematico della fornitura di cibo ai contadini
ucraini da parte di Stalin, attorno al 1930, con un bilancio di circa otto
milioni di morti. Questo crimine, a lungo passato sotto silenzio o quasi, è
stato confermato recentemente in occasione dell'apertura degli archivi del
Cremlino.
b) I recenti assedi in Bosnia, specie quello di Sarajevo,
quando il meccanismo stesso degli aiuti umanitari è stato preso in ostaggio.
c) Gli spostamenti forzati della popolazione in Etiopia, per
il raggiungimento del controllo politico da parte del partito unico al governo;
il bilancio è stato di centinaia di migliaia di morti a seguito della carestia
provocata dalle migrazioni forzate e dall'abbandono delle culture.
d) Il blocco delle forniture alimentari in Biafra, durante
gli anni '70; lo si utilizzò quale arma contro la secessione politica.
Il crollo dell'Unione Sovietica da un lato ha eliminato le
cause delle guerre civili, provocate dal suo intervento diretto o dalle reazioni
ad esso: rivoluzioni senza sbocco, spostamento forzato di popolazioni,
disorganizzazione dell'agricoltura, lotte tribali, genocidi. Tuttavia sussistono
o sono riapparse numerose situazioni in grado di generare gli stessi fenomeni.
Anche se non dello stesso ordine di grandezza, esse costituiscono nondimeno un
pericolo per le popolazioni: si tratta segnatamente del risorgere dei
nazionalismi, favoriti da qualche Stato a regime ideologico ma anche dalle
ripercussioni a livello locale delle lotte di influenza tra paesi
industrializzati o ancora, in alcuni paesi, e specie in Africa, dalla lotta per
il potere.
Da menzionare altresì le situazioni di embargo per ragioni
politiche, quali quelli nei confronti di Cuba o dell'Iraq, i cui regimi vengono
considerati una minaccia per la sicurezza internazionale e che prendono in
ostaggio, per così dire, le loro popolazioni. Di fatto, sono le popolazioni
stesse — oggetto di questo tipo di atti di forza — ad esserne le prime
vittime. E per questo che i costi in termini umanitari di tali decisioni debbono
essere presi in debita considerazione. D'altro canto, alcuni responsabili
politici fanno leva sulle miserie del loro popolo, provocate dalle loro stesse
macchinazioni, per costringere la comunità internazionale a ristabilire
l'afflusso di rifornimenti. Si tratta ogni volta di una situazione specifica, da
affrontare caso per caso, nello spirito della Dichiarazione Mondiale sulla
Nutrizione, che afferma: " L'aiuto alimentare non può essere rifiutato per
ragioni di obbedienza politica, di situazione geografica, di sesso, di età o di
appartenenza ad un gruppo etnico, tribale o religioso ".28
Esistono ulteriori ripercussioni dell'azione politica sulla
fame. A più riprese si è assistito all'esportazione gratuita delle eccedenze
agricole (per esempio di grano) da parte dei paesi industrializzati produttori,
verso alcuni paesi con difficoltà di sviluppo e nei quali l'alimentazione di
base è costituita dal riso. Il vero obiettivo era quello di sostenere i propri
prezzi interni. Queste esportazioni gratuite hanno prodotto risultati molto
negativi: la popolazione è stata portata a modificare le sue abitudini
alimentari, scoraggiando in tal modo i produttori locali i quali, viceversa,
hanno bisogno di essere fortemente sostenuti.
La concentrazione dei mezzi
17. Le differenze di condizioni economiche all'interno dei
paesi con difficoltà di sviluppo, sono più vistose di quelle esistenti nei
paesi industrializzati o fra i paesi stessi. La ricchezza ed il potere sono
molto concentrati nell'ambito di uno strato ristretto ma complesso della
popolazione, che è a contatto con gli ambienti internazionali e in possesso del
controllo dell'apparato dello Stato, esso stesso fortemente deficitario.
Qualsiasi tendenza al miglioramento vi è del tutto assente mentre, a volte, si
registrano nette tendenze alla regressione economica e sociale. Il divario fra
il tenore di vita, non solo ingenera situazioni conflittuali, che possono
condurre a violenze a catena, ma favorisce inoltre il clientelismo quale unica
possibilità di realizzazione personale. Il risultato è quello di paralizzare
le iniziative possibili sul piano meramente economico e, d'altro canto, quello
di impoverire profondamente le motivazioni altruiste che esistono in tutte le
società tradizionali. In un tale contesto, lo Stato svolge spesso un ruolo
preponderante, che gli consente di favorire i settori di esportazione della
produzione — il che di per sé è un bene — lasciando tuttavia uno scarso
margine di profitto all'insieme delle popolazioni locali.
In altri casi, per debolezza o per ambizione politica, le
autorità fissano i prezzi dei prodotti agricoli a livelli talmente bassi che i
contadini finiscono per sovvenzionare gli abitanti delle città , situazione che
favorisce l'esodo rurale. I mezzi di comunicazione di massa, l'elettronica e la
pubblicità , contribuiscono anch'essi a questo spopolamento delle campagne.
L'aiuto allo sviluppo a beneficio di questi paesi funge allora da
incoraggiamento più o meno indiretto a quei governi che perseguono tali
pericolose strategie e vengono in tal modo a beneficiare di questo sostegno
finanziario del tutto illegittimo, in quanto le loro politiche sono nettamente
contrarie al vero interesse dei loro popoli. I paesi industrializzati debbono
interrogarsi se in tal senso non abbiano malauguratamente lanciato segnali
negativi per tanti anni.
Le destrutturazioni economiche e sociali
18. Le destrutturazioni economiche e sociali sono la
contemporanea risultanza di cattive politiche economiche e delle pressioni
politiche nazionali ed internazionali (cf. nn. 11-13 e 17). Qui di seguito sono
menzionate alcune delle più frequenti e delle più perniciose:
a) Le politiche nazionali che, dietro pressione delle
popolazioni svantaggiate delle città , considerate come una potenziale minaccia
alla stabilità politica del paese, abbassano artificialmente i prezzi agricoli,
a detrimento dei produttori locali di prodotti alimentari. Tale situazione si è
generalizzata in Africa nel corso del decennio 1975-85, provocando una netta
diminuzione delle produzioni locali. Numerosi paesi che disponevano di un ampio
potenziale agricolo, quali lo Zaire e lo Zambia, per la prima volta sono
risultati importatori netti.
b) La politica della maggior parte dei paesi
industrializzati, i quali proteggono ampiamente la loro agricoltura, favorendo
la produzione di eccedenze, che poi esportano a prezzi inferiori a quelli del
mercato interno. Diversamente i prezzi mondiali sarebbero più elevati,
beneficiando così gli altri paesi esportatori. Dopo vari anni di stimolo
all'incremento della produzione, che hanno portato a forti destrutturazioni
nello stesso sistema agricolo, i beneficiari di un tal genere di protezione si
trovano oggi, in Europa, in situazioni non giustificabili. Questa politica,
sostenuta dall'opinione pubblica locale, può risultare totalmente contraria
all'interesse dei consumatori di tutto il mondo, tanto dei paesi privilegiati
quanto di quelli più poveri. Nei paesi protetti, infatti, sono i consumatori
interni a fare le spese di tale protezione trovando sul mercato prezzi alti;
mentre, nei paesi non protetti, gli agricoltori locali, che pur sono elementi
essenziali per il benessere del proprio paese, vengono penalizzati da
importazioni a prezzi tagliati che gravano notevolmente sui prezzi interni,
accelerando la loro rovina e le migrazioni verso le città .
c) Le culture tradizionali di produzione alimentare sono
spesso minacciate da uno sviluppo economico aberrante, come nel caso, ad
esempio, della sostituzione delle produzioni tradizionali con una agricoltura
industriale mirata sia all'esportazione (grandi derrate agricole destinate
all'esportazione e tributarie dei mercati agricoli internazionali), sia alla
produzione di surrogati locali (per esempio, in
Brasile, produzione di canna da
zucchero per l'alcool ad uso automobilistico, allo scopo di ridurre le
importazioni di petrolio, con conseguente sradicamento dei contadini dalle loro
terre e migrazioni in massa).
D) LA TERRA PUÃ’ NUTRIRE I SUOI ABITANTI
I notevoli progressi dell'umanitÃ
19. A fronte delle macroscopiche incoerenze alle quali
abbiamo accennato, fanno tuttavia riscontro progressi non meno spettacolari che
hanno consentito alla popolazione mondiale di passare in trent'anni
(1960-1990)29 da 3 a 5,3 miliardi. Nei paesi in via di sviluppo " la
speranza di vita alla nascita è passata dai quarantasei anni nel 1960 ai
sessantadue anni nel 1987. Il tasso di mortalità dei bambini al di sotto dei
cinque anni si è ridotto della metà , e due terzi dei lattanti al di sotto
dell'anno di età sono vaccinati contro le principali malattie dell'infanzia. Il
consumo di calorie per abitante è aumentato del 20% circa fra il 1965 ed il
1985 ".30
Dal 1950 al 1980, la produzione complessiva delle derrate
alimentari nel mondo è raddoppiata e " nel mondo esiste complessivamente
sufficiente cibo per tutti "31. Il fatto che la fame continui nonostante ciò
ad esistere, evidenzia la natura strutturale del problema: " il problema
principale è costituito dalle condizioni di accesso a questo cibo che non sono
eque ".32 E un errore quello di misurare il consumo alimentare effettivo
delle famiglie utilizzando il solo parametro statistico della disponibilità di
cereali per abitante. La fame non è un problema di disponibilità , ma di
solvibilità della domanda; è un problema di miseria.
D'altro canto, è da notare che la sopravvivenza di una
moltitudine di individui è assicurata tramite una economia informale che,
essendo per sua stessa natura non dichiarata, è precaria e difficilmente
quantificabile.
I mercati agro-alimentari
20. Sui mercati agro-alimentari mondiali vengono scambiati
vari prodotti che non sempre sono quelli consumati nella maggior parte dei paesi
con difficoltà di sviluppo.33 Le eccessive fluttuazioni dei prezzi, contrarie
agli interessi sia dei produttori che dei consumatori, sono la risultanza di
meccanismi spontanei di aggiustamenti e risultano amplificate dalle particolari
caratteristiche di questi mercati. I tentativi di stabilizzazione sono risultati
tutti poco soddisfacenti, se non addirittura controproducenti per gli stessi
produttori. D'altro canto, un rialzo dei prezzi è reso impossibile dallo stesso
funzionamento dei mercati. Il limitato numero di operatori commerciali a livello
internazionale, non consente manovre sui prezzi e costituisce un ostacolo
all'inserimento di nuovi soggetti, il che è sempre negativo. Lo sviluppo delle
capacità di produzione dipende in maniera massiccia dalla diffusa applicazione
dei progressi tecnici nella produzione (progressi nel settore della genetica e
delle varie applicazioni). Da notare che la produzione media di riso in
Indonesia è passata, in una sola generazione, da 4 a 15 tonnellate per ettaro,
con un aumento di gran lunga superiore a quello record della popolazione. Nella
maggior parte dei paesi nei quali l'agricoltura progredisce, il rendimento
agricolo migliora in tale misura da consentire un aumento, anche netto, della
produzione, nonostante la notevole contrazione nel numero degli addetti
all'agricoltura.
L'agricoltura moderna
21. L'accusa sempre più frequentemente rivolta alle culture
intensive è quella di avere un impatto negativo sull'ambiente e di mettere in
pericolo le risorse naturali quali l'acqua ed i terreni, specie per l'uso
sconsiderato di concimi e di prodotti fitosanitari. In primo luogo, per
agricoltura intensiva si intende un rapporto più elevato fra consumi intermedi
— essenzialmente di tipo industriale — e superficie agricola utilizzata. Ci
troviamo in presenza di un affrancamento delle tecnologie agricole dalla terra,
loro supporto naturale. Il legame di reciprocità che le univa, cede il posto ad
un dualismo più temerario fra tecnologia agricola ed ambiente economico.
L'agricoltura intensiva necessita generalmente di un cospicuo apporto di
capitali finanziari. Ma, nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, si
pratica ancora una cultura di sussistenza, basata essenzialmente sul "
capitale " umano, con mezzi tecnici limitati oltre che in condizioni di
difficoltà di approvvigionamento idrico. Anche se la " rivoluzione verde
" ha ottenuto un discreto successo, in svariati paesi in via di sviluppo
non è stata in grado di risolvere i problemi di produzione alimentare.
Indubbiamente la tecnica delle culture intensive potrÃ
essere migliorata ulteriormente ed i danni all'ambiente potranno risultare più
limitati. Tuttavia — e ciò vale anche per i paesi industrializzati — è il
caso di far ricorso ad altri sistemi di produzione, in grado di garantire meglio
sia la tutela delle risorse naturali che la conservazione di un'ampia
distribuzione della proprietà produttiva. In tal senso, è necessario
incoraggiare le associazioni agro-zootecniche, la gestione patrimoniale
dell'acqua, come pure la formazione all'organizzazione cooperativistica.
II
SFIDE DI NATURA ETICA DA AFFRONTARE INSIEME
La dimensione etica del fenomeno
22. Per progredire verso una soluzione del problema della
fame e della malnutrizione nel mondo, è indispensabile coglierne la natura
etica.
Se la causa della fame è un male morale, al di sopra ed al
di là di tutte le cause fisiche, strutturali e culturali, le sfide sono della
stessa natura morale. Ciò può motivare l'uomo di buona volontà che crede nei
valori universali, dentro la varietà delle culture, ed in particolar modo il
cristiano che vive l'esperienza del rapporto preferenziale che il Signore
onnipotente vuole stabilire con ogni uomo, chiunque egli sia.
Questa sfida richiede una migliore comprensione dei fenomeni,
la capacità degli uomini di rendersi reciproco servizio — il che è
realizzabile con il semplice intervento delle forze economiche ben concepite —
ed anche lo sradicamento di ogni genere di corruzione. Ma, ben oltre, la sfida
si colloca principalmente sul piano della libertà di ogni uomo di cooperare,
nella sua azione di ogni giorno, alla promozione di ogni uomo e di tutti gli
uomini, ovvero di collaborare allo sviluppo del bene comune.34 Tale sviluppo
implica la giustizia sociale e la destinazione universale dei beni della terra,
la pratica della solidarietà e della sussidiarietà , la pace ed il rispetto
dell'ambiente naturale. Questa è la direzione da prendere per ridare la
speranza e per costruire un mondo più accogliente per le prossime generazioni.
Affinché sia possibile progredire in tal senso, dovrÃ
essere favorita, promossa ed eventualmente nuovamente incoraggiata la ricerca
organica del bene comune, quale necessaria componente delle motivazioni di base
di tutti gli attori politici ed economici, nella loro riflessione e nel loro
agire, a tutti i livelli ed in tutti i paesi.
Le motivazioni personali ed istituzionali delle persone sono
necessarie al buon funzionamento della società , ivi comprese le famiglie. Ma
gli uomini, ognuno per conto suo e tutti congiuntamente, debbono far propria
questa conversione che consiste nel non sacrificare la ricerca del bene comune
al proprio interesse strettamente personale, a quello dei loro congiunti, dei
loro datori di lavoro, dei loro clan, dei loro paesi, anche se legittimi.
I principi elaborati a poco a poco dalla
dottrina sociale
della Chiesa costituiscono una guida preziosa per l'impegno dell'umanità contro
la fame. Il perseguimento del bene comune è l'area di incontro ove convergono:
– la ricerca della massima efficacia nella gestione dei
beni terreni;
– un maggior rispetto della giustizia sociale attuata
mediante la destinazione universale dei beni;
– l'esercizio della solidarietà , che impedisce
l'appropriazione dei mezzi finanziari da parte dei benestanti, e che consentirÃ
ad ogni uomo di non venire escluso dal corpo sociale ed economico, né di essere
privato della sua dignità fondamentale.
– una pratica competente e permanente della sussidiarietÃ
— che garantisce i responsabili dall'appropriarsi del potere, che, di fatto,
è il potere di servire;
E dunque l'insieme dell'insegnamento sociale della Chiesa che
deve impregnare più o meno coscientemente la filosofia dell'azione dei
responsabili.
Tale affermazione rischia di essere accolta con scetticismo o
addirittura con cinismo. L'attività di molti responsabili si svolge in un
ambiente duro, a volte crudele, generatore di angosce e di una orgogliosa
ricerca del potere, per mantenerlo. Costoro possono essere inclini a ritenere
che le considerazioni etiche costituiscano altrettanti ostacoli. Tuttavia, la
frequente esperienza quotidiana nei luoghi più diversi, dimostra che le cose
stanno altrimenti: in effetti, solo uno sviluppo equilibrato e che mira al bene
comune si rivelerà autentico e contribuirà — anche se a lungo termine —
alla stabilità sociale. Ad ogni livello, ed in tutti i paesi, molti sono coloro
che normalmente operano in maniera discreta, tenendo conto degli interessi
legittimi dei loro simili.
Compito immenso dei cristiani è, ovunque, la promozione di
comportamenti di tal genere: al pari di un pizzico di lievito in una pasta molto
dura, vi sono chiamati dalla loro stretta adesione all'amore che il Signore ha
per tutti gli uomini e che essi sperimentano nel profondo del loro essere.
Questo compito esaltante si traduce nell'offrirne l'esempio
in ogni ambito, tecnico, organizzativo, morale e spirituale, aiutandosi
reciprocamente a tutti i livelli di responsabilità , coinvolgendo tutti coloro
che non ne sono " esclusi " dalle loro condizioni sociali.
L'amore del prossimo per raggiungere lo sviluppo
23. Questa ricerca del bene comune si può fondare
esclusivamente sull'attenzione e sull'amore per gli uomini. Nelle situazioni più
diverse, essi si trovano ogni giorno di fronte all'alternativa: autodistruzione
personale e collettiva o amore per il prossimo. La seconda opzione manifesta la
consapevolezza di una responsabilità che, per amore degli uomini, non
indietreggia di fronte ai propri limiti, né di fronte all'ampiezza dei compiti
da realizzare. " Come giudicherà la storia una generazione che ha tutti i
mezzi per nutrire la popolazione del pianeta e che si rifiuterebbe di farlo per
un accecamento fratricida? Che deserto sarebbe un mondo in cui la miseria non
incontrasse l'amore che fa vivere? ".35
L'amore va oltre il semplice dono. Lo sviluppo si coltiva
mediante l'azione dei più coraggiosi, dei più competenti e dei più onesti:
costoro si sentono allo stesso tempo solidali con tutti gli uomini che sono
condizionati in misura maggiore o minore da ciò che essi fanno o dovrebbero
fare. Tale responsabilità universale e concreta è una manifestazione
essenziale dell'altruismo.
La solidarietà è chiaramente un'esigenza per tutti.
Fortunatamente, non è necessario attendere che la maggioranza degli uomini si
converta all'amore per il prossimo, per raccogliere i frutti dell'azione di
coloro che agiscono nel proprio contesto senza attendere. Vanno accolti come
fondato motivo di speranza i risultati dell'azione di coloro i quali, a tutti i
livelli, nella loro attività quotidiana, si comportano quali servitori di tutto
l'uomo e di tutti gli uomini.
La giustizia sociale e la destinazione universale dei beni
24. Al centro della giustizia sociale si colloca il principio
della destinazione universale e comune dei beni della terra. Il Papa Giovanni
Paolo II così lo ha espresso: " Dio ha dato la terra a tutto il genere
umano perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere nè
privilegiare nessuno ".36 Questa affermazione, costante nella tradizione
cristiana, non è sufficientemente ribadita, anche se essa si rivolge
chiaramente all'umanità intera, a prescindere dall'appartenenza confessionale.
Tale assioma costituisce di per sé un fondamento necessario per l'edificazione
di una società di giustizia, di pace e di solidarietà . Infatti, generazione
dopo generazione, dobbiamo considerarci come coloro che amministrano
temporaneamente le risorse della terra e il sistema di produzione. A fronte
delle finalità della creazione, il diritto di proprietà non è un assoluto,
tanto è vero che è esercitato e riconosciuto in maniera diversa dalle diverse
culture; è una delle espressioni della dignità di ciascuno, ma è giusto solo
in quanto indirizzato al bene comune e se concorre alla promozione di tutti.
Le costose deviazioni dal bene comune: le " strutture di
peccato "
25. Ignorare il bene comune si accompagna ad una ricerca
esclusiva e a volte esasperata di beni particolari quali il denaro, il potere,
la reputazione, perseguiti per se stessi come un assoluto: essi si convertono
così in idoli. E in tal modo che nascono le " strutture di peccato
",37 coacervo di luoghi e di circostanze, ove le abitudini sono perverse e
tali da obbligare a dar prova di eroismo qualsiasi nuovo venuto che si rifiuti
di adottarle.
Le " strutture di peccato " sono molteplici: alcune
sono diffuse a livello mondiale — come per esempio i meccanismi ed i
comportamenti che generano la fame — altre sono su scala molto più ridotta,
ma provocano dissimmetrie tali da rendere molto più difficile la pratica del
bene. Queste " strutture " determinano sempre costi elevati in termini
umani: sono luoghi di distruzione del bene comune.
E meno frequente constatare quanto esse siano degradanti e
costose a livello economico. Se ne possono offrire esempi sconvolgenti.38
Lo sviluppo è frenato non soltanto dall'ignoranza e dall'incompetenza, ma anche,
e su vasta scala, dalle molteplici " strutture di peccato " che agiscono quale
contagiosa deviazione della destinazione universale dei beni della terra verso
scopi particolari e sterili.
E evidente, in effetti, che l'uomo non può sottomettere la
terra e dominarla in maniera efficace adorando nel contempo falsi idoli quali il
denaro, il potere e la reputazione, considerati beni a sé stanti e non
strumenti per servire ogni uomo e tutti gli uomini. Cupidigia, orgoglio e vanitÃ
accecano colui che vi soccombe e che finisce per non comprendere più neppure
quanto le sue percezioni siano limitate e le sue azioni autodistruttive.
La destinazione universale dei beni presuppone che denaro,
potere e reputazione siano ricercati quali strumenti per:
a) costituire mezzi di produzione di beni e servizi di
effettiva utilità sociale ed in grado di promuovere il bene comune;
b) condividere con i più svantaggiati che incarnano, agli
occhi di tutti gli uomini di buona volontà , il bisogno di bene comune: in
effetti, essi sono testimonianza vivente della carenza di tale bene. Più
ancora, per i cristiani, essi sono figli amati da Dio che, tramite loro ed in
loro, viene a visitarci.
L' "assolutizzazione" di queste ricchezze le
spoglia, in tutto o in parte, della loro utilità per il bene comune. Il
funzionamento dell'economia mondiale appare globalmente mediocre — specie in
rapporto ai risultati di punta che ottengono alcuni paesi su periodi alquanto
lunghi — ed estremamente costoso in termini umani (laddove funziona e laddove
non funziona), in quanto è profondamente minato dal costo delle cattive
abitudini, vera costrizione morale che grava sugli individui.
Invece, non appena dei gruppi di persone riescono a lavorare
di comune accordo facendosi carico della collettività intera e di ogni singola
persona, si registrano progressi notevoli: persone fino a quel momento poco
utili, eccellono per la qualità dei loro servizi e gli esiti positivi
modificano progressivamente le condizioni materiali, psicologiche e morali della
vita. Si tratta in realtà degli " opposti " delle " strutture di
peccato "; le si potrebbero definire " strutture del bene comune
", che preparano la " civiltà dell'amore ".39 L'esperienza
vissuta in queste situazioni offre una pallida idea di quello che potrebbe
essere un mondo in cui gli uomini avessero più frequentemente a cuore, in tutte
le loro attività e nell'esercizio di tutte le loro responsabilità , i loro
interessi comuni e la sorte di ciascuno.
All'ascolto preferenziale dei poveri ed al loro servizio: la
condivisione
26. Se chi è economicamente povero è testimonianza della
scarsa attenzione per il bene comune, egli ha anche un messaggio particolare da
darci. Sulla realtà della vita pratica ha pareri ed esperienze a lui propri,
che i più fortunati non conoscono. Come afferma Papa Giovanni Paolo II nella
Lettera Enciclica Centesimus annus: " ma soprattutto sarà necessario
abbandonare la mentalità che considera i poveri — persone e popoli — come
un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto
altri hanno prodotto... l'elevazione dei poveri è una grande occasione per la
crescita morale, culturale ed anche economica dell'intera umanità ".40
I pareri degli indigenti — che non sono nè più nè meno
esatti e completi dei pareri dei responsabili — sono tuttavia essenziali a
questi ultimi, se desiderano che la loro azione a lungo termine non conduca
all'autodistruzione. Avviare politiche economiche e sociali difficili e costose,
senza tener conto della percezione della realtà che ha il più piccolo, rischia
di portare entro un certo lasso di tempo a vicoli ciechi, che sono assai onerosi
per la terra intera. E quanto è avvenuto con il debito del Terzo Mondo. Se i
creditori ed i debitori avessero considerato il punto di vista dei più poveri
quale uno degli elementi essenziali della realtà — dando così prova di
maggiore saggezza — sarebbero stati indotti ad una maggiore prudenza, e in
molti paesi, l'avventura non si sarebbe risolta così male o addirittura avrebbe
volto al meglio.
Nella complessità dei problemi da risolvere, o piuttosto,
nella complessità delle condizioni di vita da migliorare, questo ascolto
preferenziale dei poveri consente di non cadere nella schiavitù del breve
termine, nella tecnocrazia, nella burocrazia, nell'ideologia, nell'idolatria del
ruolo dello Stato o del ruolo del mercato; gli uni e gli altri hanno la loro
utilità essenziale, ma in quanto strumenti da non assolutizzare.
Gli organismi intermedi hanno specificamente la funzione di
far intendere la voce dei poveri e di cogliere le loro percezioni, al pari delle
loro necessità e dei loro desideri. Ma spesso, questi organismi sono
particolarmente disarmati di fronte al loro compito. Risentono a volte della
loro posizione di monopolio, che li porta a coltivare il proprio potere; altre
volte di posizioni concorrenziali, dove altri cercano di utilizzare il povero
come mezzo per accedere al potere. L'azione dei sindacati è dunque
particolarmente necessaria e sfiora l'eroismo quando questi vogliono svolgere
una funzione così essenziale, senza farsi distruggere o fagocitare.41
In tali condizioni, la condivisione diventa un'autentica
collaborazione alla quale ciascuno contribuisce, offrendo a tutti ciò di cui
necessita la comunità degli uomini. Il più svantaggiato svolge il suo
specifico ruolo, tanto più essenziale essendo egli realmente un escluso.42
Questo paradosso non deve meravigliare il cristiano.
Il dovere di garantire a ciascuno lo stesso diritto di
accesso al minimo indispensabile per vivere non è più unicamente obbligo
morale di condivisione con l'indigente — cosa già notevole — ma
reintegrazione nella stessa comunità che, senza di lui, tende ad inaridirsi e
finanche a distruggersi. Il posto del povero non è alla periferia, in una
emarginazione dalla quale si potrebbe tentare bene o male di farlo uscire. Egli
deve essere posto al centro delle nostre preoccupazioni ed al centro della
famiglia umana. E là che potrà svolgere l'unico ruolo unico che gli compete
nella comunità .
In questa prospettiva, la giustizia sociale, che è anche
giustizia commutativa, acquista pieno significato. Fondamento di tutte le azioni
per la difesa dei diritti, assicura la coesione sociale, la coesistenza pacifica
delle nazioni, ma anche il loro comune sviluppo.
Una società integrata
27. La concezione di una giustizia radicata nella solidarietÃ
umana, e che a questo titolo comanda ai più forti di aiutare i più deboli,
deve condurre i nostri passi ovunque la voce del povero si faccia sentire, per
aprire un solo cantiere ove giustizia, pace e carità congiungano i loro sforzi.
Le società non possono validamente costituirsi
sull'esclusione di alcuni dei loro membri. Ne consegue, per coerenza, ed è
quindi implicito, il diritto che anche i poveri hanno di organizzarsi per meglio
ottenere l'aiuto di tutti nella lotta di liberazione dalla loro miseria.
La pace, un equilibrio di diritti
28. Una pace duratura non è frutto di un equilibrio di forze
ma di un equilibrio di diritti. La pace non è neppure frutto della vittoria del
forte sul debole, ma, all'interno di ogni popolo e fra i popoli, frutto della
vittoria della giustizia sui privilegi iniqui, della libertà sulla tirannia,
della verità sulla menzogna,43 dello sviluppo sulla fame, la miseria o
l'umiliazione. Per giungere ad una vera ed autentica pace, ad un'effettiva
sicurezza internazionale, non è sufficiente impedire le guerre ed i conflitti;
è necessario anche favorire lo sviluppo, creare condizioni in grado di
garantire il pieno godimento dei diritti fondamentali dell'uomo.44 In tale
contesto, democrazia e disarmo diventano due esigenze della pace, indispensabile
per uno sviluppo autentico.
Il
disarmo, un'urgenza da cogliere
29. I conflitti regionali sono costati circa diciassette
milioni di morti in meno di mezzo secolo. " Negli anni '80, il totale
mondiale delle spese militari ha raggiunto un livello senza precedenti in tempi
di pace; valutate a un bilione (mille miliardi) di dollari l'anno, rappresentano
all'incirca il cinque per cento del totale del reddito mondiale ".45 Di qui
l'importanza e l'urgenza, per tutti i responsabili politici ed economici, di far
sì che tali enormi somme stanziate per la morte, nell'emisfero settentrionale
come in quello meridionale, lo siano, d'ora in poi, per la vita. Un tale
atteggiamento costituirebbe il riscontro fattuale delle ragioni morali che
sostengono il disarmo progressivo; in tal modo si potrebbero rendere disponibili
importanti risorse finanziarie a vantaggio dei paesi in via di sviluppo, somme
indispensabili al loro autentico progresso.46
Una " struttura di peccato " particolarmente
radicata è costituita dall'esportazione di armi in misura superiore alle
necessità legittime di autodifesa dei paesi acquirenti, oppure destinate a
trafficanti internazionali, che oggi propongono su catalogo le armi più
sofisticate a coloro che hanno i mezzi per acquistarle. Su questo terreno
fiorisce la corruzione, ma il male è ancor più profondo. Si devono lodare quei
governi che, subentrati a regimi che avevano impegnato i loro paesi
nell'acquisto di armi in quantità di gran lunga superiore ai loro bisogni,
hanno avuto il coraggio di denunciare questi contratti, rischiando in tal modo
di alienarsi la benevolenza dei paesi esportatori.
Rispetto dell'ambiente
30. La natura ci sta dando una lezione di solidarietà che
rischiamo di dimenticare. Nella catena stessa della produzione alimentare, tutti
gli uomini si scoprono elementi attivi o passivi di un ecosistema. Un nuovo
campo di responsabilità si apre alle coscienze.
Non si può voler contemporaneamente nutrire un maggior
numero di persone ed indebolire l'agricoltura. Tuttavia, l'agricoltura risulta
tanto più inquinante (ricorso massiccio a concimi, pesticidi e macchinari)
quanto più diffusa diventa l'industrializzazione, senza che purtroppo a ciò
faccia riscontro una corretta lavorazione. Assieme ad altri elementi necessari
alla vita, aria e acqua, terreni e foreste sono minacciati dall'inquinamento,
dal consumo eccessivo, dalla desertificazione provocata dall'uomo e dal
disboscamento. In cinquant'anni, metà delle foreste tropicali sono state rase
al suolo, il più delle volte per ricavarne terreni, o per politiche cieche di
sfruttamento accelerato, volto a riequilibrare l'onere del debito. Nelle regioni
più povere, la desertificazione è provocata da pratiche di sopravvivenza che
aumentano la povertà : pastorizia eccessiva, taglio di alberi ed arbusti per la
cottura degli alimenti e per il riscaldamento.47
Ecologia e sviluppo equo
31. Una gestione ecologicamente sana del pianeta è urgente.
Limitandosi al solo aspetto della produzione agroalimentare — già notevole
— si evidenziano due elementi. In primo luogo, il suo costo andrà integrato
nell'attività economica:48 qui bisogna domandarsi se sono sempre i poveri a
doverne sopportare l'onere a scapito della loro alimentazione. In secondo luogo,
la preoccupazione di comprendere meglio l'equilibrio fra ecologia ed economia fa
maturare l'idea attuale di sviluppo duraturo. Ma questo obiettivo non deve
offuscare la necessità di promuovere, con ancor maggior vigore, uno sviluppo
equo. In ultima analisi, lo sviluppo non può essere duraturo se non nella
misura in cui è equo. Altrimenti, è probabile che alle distorsioni attuali se
ne aggiungano di nuove.
Cogliere insieme la sfida
32. Fame e malnutrizione richiedono azioni specifiche che non
possono essere dissociate da un impegno rinnovato per lo sviluppo integrale
della persona e dei popoli. Di fronte all'ampiezza di questo fenomeno, la Chiesa
Cattolica deve sempre più contribuire a migliorare tale situazione. Fa dunque
appello alla partecipazione di tutti, alla concertazione ed alla perseveranza.
Molti, fortunatamente, sono gli sforzi già messi in atto per
vincere la fame da parte di singole persone, delle Organizzazioni non
governative, dei poteri pubblici e delle Organizzazioni internazionali. Basti
ricordare soltanto la Campagna mondiale contro la fame ed altre iniziative, alle
quali i cristiani partecipano volentieri.
Riconoscere il contributo dei poveri alla democrazia
33. Il dinamismo dei poveri è poco conosciuto. Per invertire
questa tendenza è necessario modificare vari atteggiamenti e prassi,
economiche, sociali, culturali e politiche. Quando i poveri sono tenuti in
disparte dall'elaborazione di quei progetti che li riguardano, la storia
dimostra che, in linea di principio, non ne traggono beneficio. La solidarietÃ
della comunità umana è tutta da costruire. Non si imparerà a condividere il
pane quotidiano, se non favorendo un riorientamento delle coscienze e delle
azioni dell'intera società .49 Sono questi gli atteggiamenti che conducono ad
una vera democrazia.
La democrazia è generalmente considerata elemento essenziale
per lo sviluppo umano, in quanto consente una partecipazione responsabile alla
gestione della società ; d'altra parte, i due elementi vanno di pari passo, e la
fragilità dell'una può compromettere l'altro. Se il principio d'uguaglianza
soccombe di fronte ai rapporti di forza, il ruolo dei poveri nella società sarÃ
ridotto a quello della mera sopravvivenza. Una democrazia si giudica dalla sua
capacità di coniugare libertà e solidarietà , prendendo così radicalmente le
distanze dal liberalismo assoluto o da altre dottrine, che negano il senso della
libertà o che costituiscono ostacolo alla vera solidarietà .50
Le iniziative comunitarie
34. Di fronte alla miseria, ovunque un numero crescente di
individui e di gruppi scelgono di partecipare ad azioni comunitarie. Tali
iniziative vanno fortemente incoraggiate. Attualmente, un numero sempre maggiore
di paesi appoggia la partecipazione popolare, ma alcune realtà operano tentando
ancora, con conseguenze a volte molto pesanti, di ridurre al silenzio tali
iniziative che, se li disturbano, rappresentano tuttavia le basi indispensabili
per un effettivo sviluppo.
Alcune Organizzazioni non governative (ONG) per lo sviluppo,
create a partire da iniziative locali, hanno favorito la formazione di una nuova
società civile a base popolare in molti paesi in via di sviluppo, organizzando
mezzi di concertazione e di sostegno molto diversificati. Grazie ai dinamismi
popolari che in tal modo si sono aperti la strada, numerosi individui fra i più
indigenti, possono finalmente uscire dalla loro miseria e migliorare la loro
condizione di fronte alla fame e alla malnutrizione.
Nel corso degli ultimi anni, alcune Associazioni
Internazionali Cattoliche e nuove comunità ecclesiali hanno avviato varie
iniziative in campo socio-economico. Per combattere la fame e la miseria, si
ispirano alle corporazioni medioevali e specie alle unioni cooperative del XIX
secolo, nelle quali promotori del bene comune fondavano delle istituzioni
secondo lo spirito evangelico o trovando supporto nella solidarietà sociale. Il
primo a sottolineare la necessità di organizzarsi per la promozione sociale fu
il quacchero P. C. Plockboy (1695). Altri pionieri del passato più conosciuti
sono: Félicité Robert de Lamennais (1782-1854), Adolf Kolping (1856), Robert
Owen (1771-1858), il barone Wilhelm Emmanuel von Ketteler (1811-1877), mentre
oggigiorno sorgono associazioni che mirano al bene comune della società e
intendono arginare l'egoismo, l'orgoglio e l'avidità che spesso costituiscono
le leggi della vita collettiva. Le esperienze maturate nel corso di tutta la
storia ed i risultati di queste nuove iniziative danno adito a sperare di trarne
i frutti in futuro.51
L'accesso al credito
35. " Uno dei grandi risultati delle ONG è stato quello
di garantire ai poveri l'accesso al credito ".52 Questo accesso al credito
da parte di gruppi popolari è divenuto una pratica d'avanguardia, in grado di
far progredire un'economia di sussistenza informale fino a costituire un reale
tessuto economico di base. Forse, si è ancora lontani dall'innalzare in maniera
significativa il livello del Prodotto Interno Lordo (PIL), ma l'importanza del
fenomeno risiede anche nel suo significato intrinseco e nella strada che apre.
Sostenendo le iniziative comunitarie, dando fiducia ai partners locali, si evita
il persistere di schemi assistenziali e si gettano lentamente le basi di uno
sviluppo integrale.53
Il ruolo fondamentale delle donne
36. Nella lotta contro la fame e in favore dello sviluppo, il
ruolo della
donna è, di fatto, fondamentale, pur se spesso non ancora
sufficientemente riconosciuto ed apprezzato. E opportuno sottolineare il ruolo
primario della donna nella sopravvivenza di intere popolazioni, specie in
Africa. Sono spesso le donne che producono il necessario per l'alimentazione
delle famiglie. Specie nei paesi in via di sviluppo, ad esse spetta di dare alla
loro famiglia un'alimentazione sana ed equilibrata, ma diventano le prime
vittime di decisioni adottate a loro insaputa, quali l'abbandono delle culture
orticole e dei mercati locali di cui, tuttavia, esse sono i principali
operatori. Tale approccio non rispetta le donne e nuoce allo sviluppo; in simili
condizioni, il passaggio all'economia di mercato e l'introduzione delle
tecnologie possono peggiorare — nonostante le migliori intenzioni — le
condizioni di lavoro delle donne.
La malnutrizione colpisce le donne in maniera particolare:
sono loro le prime a risentirne, ed il loro stato si ripercuote poi sulle loro
maternità , incidendo sul futuro sanitario e scolastico dei figli.
Ma lo scopo di questa lotta deve inseririsi in un contesto più
ambizioso: mirare a migliorare nei paesi poveri lo status sociale delle donne,
offrendo loro un miglior accesso alle cure sanitarie, alla formazione ed anche
al credito. In tal modo, le donne potranno collaborare al meglio all'aumento
della produzione, alla realizzazione dello sviluppo, all'evoluzione economica e
politica dei loro paesi.54
Ma questo progresso deve aver cura di conservare i ruoli
dell'uomo e della donna, senza scavare un solco fra di loro,
evitando di femminilizzare gli uomini o di virilizzare le donne.55 L'auspicabile evoluzione
della condizione della donna non deve far perdere di vista, tuttavia,
l'attenzione che essa deve dare alla vita che nasce e che sboccia. Alcuni paesi
in fase di sviluppo ne offrono l'esempio, arginando quelle eccessive modifiche
della sensibilità femminile che si verificano attualmente in Occidente, senza
con ciò paralizzare la donna nel suo ruolo tradizionale. In effetti, non
bisogna ripetere in questo ambito gli errori commessi penalizzando le strutture
tradizionali a vantaggio dei modelli occidentali, particolarmente inadatti alle
situazioni locali ed adottati senza i necessari adeguamenti.
Integrità e senso sociale
37. E imperativo motivare tutti gli attori sociali ed
economici a favorire politiche di sviluppo che abbiano per obiettivo quello di
assicurare a tutti gli uomini pari opportunità di vivere dignitosamente e
questo con il concorso degli sforzi e dei sacrifici necessari. Ciò risulterÃ
però impossibile se i responsabili non dimostreranno indiscutibilmente la loro
integrità e il loro senso del bene comune. I fenomeni di fughe di capitali, di
spreco o di appropriazione delle risorse a vantaggio di una minoranza familiare,
sociale, etnica o politica, sono diffusi e di pubblico dominio. Tali deviazioni
vengono denunciate di sovente, senza che per questo gli autori siano di fatto
sollecitati a porre fine a queste attività — a volte di notevole entità —
che ledono gli interessi dei poveri.56
E specialmente la corruzione 57 che spesso ostacola le riforme
necessarie al perseguimento del bene comune e della giustizia, le quali vanno di
pari passo. La corruzione, dalle molteplici cause, costituisce in primo luogo un
gravissimo abuso della fiducia che la società accorda ad un individuo, a cui
viene affidato il mandato di rappresentarla ed il quale, invece,approfitta di
tale potere per trarne vantaggi personali. La corruzione è uno dei meccanismi
costitutivi di numerose " strutture di peccato " ed il suo costo per
il pianeta è di gran lunga superiore all'ammontare complessivo delle somme
sottratte.
III
VERSO UN'ECONOMIA PIÙ SOLIDALE
Per meglio servire l'uomo e tutti gli uomini
38. La crescita della ricchezza è necessaria allo sviluppo,
ma le grandi riforme macro-economiche — che comportano sempre una limitazione
dei redditi — possono fallire, se le riforme strutturali non vengono avviate
con l'energia ed il coraggio politico necessari, specie per quanto attiene al
settore pubblico: riforma del ruolo dello stato, eliminazione degli ostacoli
politici e sociali. In questo caso, causano inutili sofferenze ed accelerano una
ricaduta. Queste grandi riforme, a volte eccessivamente brutali, sono sempre
accompagnate da aiuti provenienti dalla comunità internazionale che fa
pressione sul potere politico, spesso dietro sua richiesta, per porre il paese
di fronte alle sue scelte ed aiutarlo ad adottare delle decisioni, che i paesi
industrializzati non hanno più avuto motivo di adottare dagli anni della
ricostruzione, dopo la seconda guerra mondiale.
Per le istituzioni internazionali è doveroso includere nei
piani elaborati dai governi, ascoltatone il parere, delle disposizioni mirate ad
alleviare la sofferenza di coloro che verranno maggiormente colpiti da tali
misure necessarie. Sta a loro nutrire fiducia nei confronti dei dirigenti del
paese, cosicché questo realmente benefici, in quel determinato momento, degli
aiuti finanziari pubblici e privati. Le istituzioni internazionali debbono anche
far pressione sul governo affinché tutte le categorie sociali possano
partecipare allo sforzo comune. Diversamente, questo non sarà in grado di
percorrere la strada, se pur appena abbozzata, del bene comune e della giustizia
sociale, così difficile da salvaguardare in tali circostanze.
Per raggiungere tale obiettivo, il personale degli organismi
internazionali deve dar prova non solo di rigore tecnico — cui,
fortunatamente, è solito — ma deve anche dimostrare di avere a cuore gli
interessi dei singoli individui, il che non può essere inculcato tramite
disposizioni burocratiche o ricorrendo ad una formazione di natura puramente
economica. E in queste situazioni che l'ascolto preferenziale del povero deve
farsi particolarmente attento: si debbono prevedere disposizioni precise, di
comune accordo con le ONG e le Associazioni cattoliche che sono a contatto e
contemporaneamente al servizio dei più deboli. Non si insisterà mai troppo su
questo punto: esso è essenziale e i responsabili nazionali ed internazionali
possono facilmente trascurarlo, in quanto il lavoro tecnico presenta di per sé
considerevoli difficoltà .
In linea di massima, tutti gli organismi nazionali ed
internazionali, in rapporto permanente con i singoli paesi con difficoltà di
sviluppo, debbono aprire canali di comunicazione personali ed ufficiosi fra
coloro che operano sul campo, al servizio delle popolazioni, ed il personale
tecnico che mette a punto i programmi di riforma. Ma per non scivolare
nell'economicismo e nell'ideologia, ciò deve realizzarsi nella reciproca
fiducia tra coloro che condividono il servizio agli uomini ed a ciascun uomo.
Far convergere l'azione di tutti
39. I paesi più ricchi hanno una responsabilità di primo
piano nella riforma dell'economia mondiale.
In questi ultimi tempi hanno privilegiato i rapporti con i
paesi che registrano un certo decollo economico — quelli effettivamente in via
di sviluppo — ed anche con i paesi dell'Est europeo, la cui evoluzione può
costituire una minaccia geograficamente vicina.
Sul loro stesso territorio, i paesi ricchi non mancano di
indigenti e di difficoltà nell'attuazione delle necessarie riforme. Esiste
allora la tentazione di far slittare in secondo piano il problema dei poveri dei
paesi con difficoltà di sviluppo. " Non spetta a noi farci carico della
miseria del mondo " è la fase che riecheggia spesso nei paesi globalmente
ricchi.
Un simile atteggiamento, se si confermasse, sarebbe sia
indegno che miope. Ogni persona, ovunque si trovi, specie se dispone di mezzi
economici e di autorità politica, deve aprirsi all'ascolto della miseria dei più
derelitti, per tenere conto nelle proprie decisioni e nelle proprie azioni degli
interessi di costoro. Questo appello si rivolge a tutti coloro che debbono
prendere delle decisioni concernenti i paesi in via di sviluppo.
Ma esso si rivolge anche a tutti coloro i quali, sia
nell'ambito dei diversi paesi, sia a livello internazionale, bloccano di fatto
le possibilità di agire in favore del bene comune, per proteggere interessi che
di per sé possono essere del tutto legittimi. La protezione di un diritto
acquisito in un determinato paese, può comportare il persistere della fame in
una qualche parte del mondo, senza che si possa cogliere un nesso preciso di
causalità , nè identificarne le vittime; diventa facile, allora, negarne
l'esistenza. Altri atteggiamenti conservatori, ad altri livelli ed in altri
luoghi, possono entrare in gioco e contribuire alle stesse situazioni di stallo.
La riforma del commercio internazionale è in via di
realizzazione e allo stesso tempo sempre auspicata. Di fatto, coinvolge
soprattutto i poveri dei paesi ricchi. Di qui la capitale importanza che queste
priorità non facciano dimenticare la situazione degli indigenti dei paesi
poveri, che sono pressoché senza voce a livello internazionale. Costoro debbono
ritornare al centro delle preoccupazioni internazionali, congiuntamente alle
altre priorità . E lodevole il fatto che, recentemente, la Banca Mondiale abbia
dato preminenza allo " sradicamento della miseria ".
I responsabili dei paesi in via di sviluppo non debbono, a
loro volta, confidare su un'ipotetica riforma internazionale prima di dedicarsi
alle riforme interne ai loro paesi, spesso palesemente necessarie per favorire
un certo decollo economico. Questo decollo non dipende da misure particolari ma,
da una coraggiosa e costante applicazione di semplici regole che consentano, a
chi ne è in grado, di avviare iniziative valide, conservandone parte dei
frutti; e d'altra parte impediscano, a coloro che ne sono incapaci, di prelevare
dalle risorse nazionali un compenso non correlato al loro apporto. I popoli
debbono " sentirsi i principali artefici ed i primi responsabili del loro
progresso economico e sociale ".58 Come già precedentemente menzionato,
spetta ai governi e alle istituzioni in rapporto con i paesi in via di sviluppo,
manifestare chiaramente la loro preferenza in favore di atteggiamenti
responsabili e coraggiosi al servizio delle comunità nazionali.
La volontà politica dei paesi industrializzati
40. I poteri pubblici dei paesi globalmente ricchi, debbono
intervenire sull'opinione pubblica per sensibilizzarla alla situazione dei
poveri, siano essi vicini o lontani. Spetta a loro, parimenti, sostenere
vigorosamente l'azione delle istituzioni internazionali che si occupano di
queste sofferenze, per aiutarle ad intraprendere iniziative immediate e durature
in grado di arginare la fame nel mondo. E quanto la Chiesa, da parte sua, chiede
con grande tenacia da oltre cento anni nei confronti di tutti e contro tutti:
essa chiede che i diritti dei più deboli siano protetti, tra l'altro, tramite
interventi delle pubbliche autorità .59
Per sensibilizzare e mobilitare la comunità internazionale,
specie per quanto attiene alla dimensione etica delle problematiche in
questione, si possono trovare riferimenti energici e precisi in numerosi testi
elaborati, per esempio, dal Consiglio Economico e Sociale (precisamente dalla
sua Commissione dei diritti dell'uomo) o dall'UNICEF. Limitandosi a menzionare i
lavori della FAO, ben nota in proposito, la convergenza già evocata fra
l'insegnamento della Chiesa e gli sforzi di crescente mobilitazione intrapresi
dalla comunità internazionale, affiora in tutta la sua evidenza, in un certo
numero di strumenti quali la " Charte des Paysans " (carta dei
lavoratori agricoli) contenuta nella Dichiarazione mondiale sulla riforma
agraria e lo sviluppo rurale (1979),60 il Patto mondiale sulla sicurezza
alimentare,61 la Dichiarazione mondiale sulla nutrizione ed il Programma di
azione adottato dalla Conferenza Internazionale sull'Alimentazione (1992),62
senza dimenticare diversi codici di condotta o impegni internazionali —
politicamente o moralmente vincolanti — sui pesticidi, sulle risorse fitogenetiche, ecc. E importante far notare che questo punto di vista etico è
stato recentemente fatto proprio dalla Banca Mondiale.63
Lo sviluppo umano non potrà essere il risultato di
meccanismi economici che funzionano in modo automatico, e che basta favorire.
L'economia diventerà più umana grazie ad un insieme di riforme a tutto campo,
tutte ispirate dal miglior servizio del vero bene comune, ovvero da una visione
etica fondata sul valore infinito di ogni uomo e di tutti gli uomini; da una
economia che si lascia ispirare dalla " necessità di costruire i rapporti
fra i popoli su uno scambio costante di doni, su una effettiva " cultura
oblativa ", in virtù della quale ogni paese sarebbe aperto ai bisogni dei
meno avvantaggiati ".64
Stabilire equamente le condizioni di scambio
41. Il funzionamento dei mercati, per favorire lo sviluppo,
necessita tuttavia di una saggia regolamentazione. Il mercato ha sue proprie
leggi che oltrepassano la capacità di decisione dei suoi partecipanti, per
quanto costoro siano sufficientemente numerosi e sufficientemente indipendenti
gli uni dagli altri; è quanto avviene sui mercati delle materie prime minerali,
nonostante i considerevoli sforzi compiuti sia dai governi — ivi compresi
alcuni organismi internazionali, in particolare dall'UNCTAD (Conferenza delle
Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo) — sia da imprese del settore
privato. Non risulta possibile, in nome di ragioni politiche o umanitarie,
affrancarsi dal livello dei prezzi risultante dal cieco funzionamento dei
mercati. Tuttavia, ci si deve assicurare che questi non siano oggetto di
tentativi di manipolazione.
D'altronde, è compito dei paesi importatori non conservare o
non erigere nuove barriere, che frenino l'eventuale ingresso di beni provenienti
da quei paesi in cui una parte importante della popolazione ha fame; i paesi
importatori debbono far sì che i benefici locali di tali operazioni
commerciali, vadano soprattutto a vantaggio dei più indigenti. E un problema
molto delicato che richiede un atteggiamento coraggioso e preciso.
Superare il problema del debito
42. Come già precedentemente riferito, a partire dal 1985,
la questione del debito è stata gestita dalla comunità internazionale; la sua
prima preoccupazione è di evitare lo sgretolamento del sistema finanziario che
collega fra loro tutte le istituzioni finanziarie di tutti i paesi. Questo
sistema ha consentito, nelle diverse nazioni e nel corso delle varie crisi, il
consolidamento dei crediti, con il risultato di mettere sullo stesso piano tutti
i creditori di uno stesso paese. Ciò non è conforme né al diritto né alla
giustizia sociale. Per contro, coloro che hanno concesso prestiti, sono stati
indotti a rinunciare ad una parte — variabile a seconda di ciascuno — dei
propri crediti. E necessaria molta equità e molta vigilanza per evitare che i
paesi più coraggiosi e più efficienti in materia di riforme vengano
penalizzati rispetto ad altri.
E evidente che il debito deve ancora diminuire in misura
notevole ma, pur dimenticando le circostanze che lo hanno provocato, è giusto
che tale contrazione debba accompagnarsi, in tutti i paesi, a riforme in grado
di evitare che si ricada in irregolarità quali: spesa pubblica eccessiva, spesa
pubblica non mirata, sviluppo privato locale senza riscontro economico,
eccessiva concorrenza tra paesi erogatori di prestiti e paesi esportatori, il
che favorisce vendite inutili o addirittura dannose. In ogni caso va
riconosciuto che un miglioramento delle condizioni dei paesi con difficoltà di
sviluppo, non sarà possibile senza una maggiore stabilità del quadro sociale e
politico-istituzionale.
Aumentare l'aiuto pubblico a favore dello sviluppo
43. Per il secondo decennio di sviluppo, il progetto dell'UNCTAD
prevedeva che l'aiuto ai paesi in via di sviluppo raggiungesse lo 0,7% del PIL
dei paesi industrializzati. Tale obbiettivo, raggiunto solo da alcuni paesi,65
è stato recentemente rivisto al Vertice di Copenaghen.66 In media l'aiuto ai
paesi in via di sviluppo si attesta attualmente sullo 0,33% del PIL, ovvero a
meno della metà dell'obiettivo prefissato!
Il fatto che alcuni paesi riescano a raggiungere tale
obiettivo ed altri no, evidenzia come la solidarietà sia frutto della
determinazione dei popoli e degli Stati, e non il risultato di automatismi
tecnici. E raccomandabile, inoltre, serbare una quota maggiore di questo aiuto
al finanziamento di quei progetti che vengono elaborati con la partecipazione
degli stessi poveri. Poiché in democrazia i responsabili politici dipendono
dalla loro opinione pubblica, si dovrà sostenere uno sforzo di ampio respiro
affinché l'opinione pubblica acquisti più chiara coscienza dell'importanza di
questo bilancio di aiuti per lo sviluppo. " Noi tutti siamo solidarmente
responsabili delle popolazioni sottoalimentate (...) occorre educare la
coscienza al senso di responsabilità che incombe a tutti e a ciascuno, specie
ai più favoriti ".67
L'aiuto pubblico pone numerosi problemi di natura etica, sia
ai paesi donatori che a quelli destinatari. Ovunque, la moralizzazione dei
circuiti di nuova liquidità costituisce un problema difficile, e la mancanza di
etica può risultare a vantaggio di gruppi di interesse più o meno ufficiali,
negli stessi paesi esportatori. Si " congelano " in tal modo
situazioni di potere assimilabili alle " strutture di peccato ", che
favoriscono ovunque il clientelismo.
Si tratta di potenti meccanismi inibitori delle vere riforme
e dello sviluppo del bene comune, che possono causare conseguenze nefaste quali,
per esempio, disordini locali e lotte inter-tribali specialmente nei paesi più
fragili in tal senso.
La lotta contro queste " strutture di peccato " è
portatrice di grande speranza per i paesi più svantaggiati.
Ripensare l'aiuto
44. Spetta ai paesi industrializzati non soltanto aumentare i
loro aiuti ai paesi in via di sviluppo, ma anche
ripensare la maniera in cui
tali aiuti vengono distribuiti. Gli " aiuti vincolati " sono da
criticare se concepiti in funzione del paese erogatore o donatore, e se abbinati
a condizioni che vincolano il paese ricevente tramite, ad esempio, l'acquisto di
beni prodotti nel paese donatore, l'impiego di mano d'opera specializzata
straniera, a svantaggio della mano d'opera locale, la conformità ai programmi
di aggiustamento strutturale, ecc. D'altro canto, si può considerare il fatto
che gli aiuti non vincolati sono in grado di produrre realmente i risultati
migliori, come si è verificato in numerosi casi. Tuttavia, conviene non
scartare a priori l'eventualità di aiuti vincolati, nella misura in cui questi
siano concepiti quale mezzo per distribuire in maniera equa i vantaggi derivanti
alle varie parti in causa o nella misura in cui consentano una gestione sana dei
mezzi a disposizione.
Gli aiuti di emergenza, una soluzione tampone
45. Gli aiuti alimentari di emergenza meritano alcune
osservazioni, in quanto oggetto di controversie basate sulla considerazione che
tali aiuti non sono in grado di agire sulle cause stesse del problema della
fame. Mezzi di azione umanitaria agli occhi di alcuni, sono considerati, al
contrario, da altri, quale leva di sviluppo e addirittura, da molti, come arma
commerciale. Si rimprovera loro, fra l'altro, di scoraggiare gli agricoltori
locali, di modificare le abitudini alimentari, di fungere da mezzo di pressione
politica a motivo della dipendenza che inducono, di giungere troppo tardi, di
favorire il sorgere di una mentalità assistenziale e, in ultimo, di
avvantaggiare i soli intermediari, di favorire la corruzione e anche di non
arrivare ai più indigenti. In alcuni paesi vengono protratti all'infinito, non
senza motivo, così da tramutarsi in elementi strutturali. In tal caso vengono a
costituire una forma di aiuto permanente alla bilancia dei pagamenti, in quanto
riducono il deficit nazionale. Tali aiuti possono essere concessi anche quale
forma di sostegno in periodi di aggiustamento strutturale particolarmente
difficile, nel momento in cui vengono soppresse le sovvenzioni per il consumo
dei prodotti primari.
Gli aiuti alimentari di emergenza devono rimanere una
soluzione temporanea, all'unico scopo di consentire ad una popolazione di
sopravvivere ad una situazione di crisi. In quanto aiuto umanitario, non possono
essere contestati in linea di principio. In effetti, sono unicamente le loro
deviazioni a suscitare critiche: per esempio, il loro arrivo spesso tardivo o
non confacente ai bisogni, la loro distribuzione mal organizzata o distorta
dall'intervento di fattori politici, etnici o dal clientelismo, i furti e la
corruzione, che impediscono ai viveri di giungere ai più indigenti. E piuttosto
l'aiuto strutturale prolungato ad apparire agli uni come una leva di sviluppo ed
agli altri come un'arma commerciale, un fattore di destabilizzazione della
produzione e delle abitudini alimentari, una causa di dipendenza. In realtà , può
avere effetti sia benefici che nefasti. A prescindere dal fatto che l'aiuto
consente la sopravvivenza di popolazioni intere, non bisogna passare sotto
silenzio i suoi aspetti positivi, quali la possibilità di realizzare lavori
infrastrutturali, le transazioni triangolari, la creazione di riserve negli
stessi paesi in via di sviluppo. Si tratta di un'arma a doppio taglio, di cui
tuttavia, non è possibile fare a meno.
La concertazione dell'aiuto
46. Si potrebbe ovviare ad alcune delle critiche che questi
aiuti alimentari suscitano potenziando la concertazione fra i vari partners
della catena: Stati, autorità locali, ONG, associazioni ecclesiali. Gli aiuti
potrebbero venire limitati nel tempo e meglio distribuiti alle popolazioni con
reale deficit alimentare; sarebbe anche raccomandabile che venissero costituiti
da prodotti locali ogni qual volta ciò risultasse possibile. Gli aiuti di
emergenza debbono, in primo luogo, contribuire a liberare le popolazioni dalla
loro dipendenza. A tal fine, a prescindere dall'infrastruttura soddisfacente o
meno e dalle capacità locali di distribuzione, gli aiuti debbono accompagnarsi
a progetti che mirino a premunire le popolazioni colpite da future penurie
alimentari. E in tal modo che gli aiuti di emergenza, devoluti a determinate
condizioni, potranno considerarsi alla stregua di una incisiva azione di
solidarietà internazionale. Di fatto, questo tipo di assistenza non sarà in
grado di offrire " una soluzione soddisfacente nella misura in cui si
continua a tollerare una miseria estrema, che non cessa di aggravarsi provocando
un numero sempre maggiore di vittime della malnutrizione e della fame ".68
La sicurezza alimentare: una soluzione permanente
47. Il problema della fame non potrà risolversi se non
rafforzando a livello locale i quattro elementi costitutivi della "
sicurezza alimentare ".69 " La sicurezza alimentare
esiste nel momento in cui tutti gli abitanti hanno liberamente accesso agli
alimenti necessari a condurre una vita sana ed attiva ".70 A questo scopo, è importante mettere
a punto programmi che valorizzino la produzione locale, una legislazione
efficace che protegga le terre agricole e ne assicuri l'accesso alla popolazione
rurale. La mancata realizzazione di queste misure nei paesi in via di sviluppo
è dovuta al frapporsi di numerosi ostacoli che vi si oppongono. Infatti diviene
sempre più difficile e complesso per i responsabili politici ed economici di
questi paesi mettere a punto una politica agricola. Fra le più importanti cause
del fenomeno ricordiamo la fluttuazione dei prezzi e delle valute provocata
anche dalla sovrapproduzione di prodotti agricoli. Per garantire la sicurezza
alimentare si dovrà favorire la stabilità e l'equità del commercio
internazionale.71
Priorità alla produzione locale
48. L'importanza primaria dell'agricoltura nell'ambito di
ogni processo di sviluppo, è ormai riconosciuta. Quale che sia l'evoluzione
della congiuntura commerciale internazionale, l'indipendenza economica e
politica, ma anche la situazione alimentare dei paesi in via di sviluppo,
avrebbero molto da guadagnare dalla messa a punto di sistemi agricoli in grado
di privilegiare lo sviluppo interno, pur rimanendo aperti all'esterno. Tutto ciò
richiede la creazione di un ambiente economico e sociale basato su una migliore
conoscenza ed una migliore gestione dei mercati agricoli locali, sul
rafforzamento del credito rurale e della formazione tecnica, sulla garanzia di
prezzi locali remunerativi, su migliori circuiti di trasformazione e di
commercializzazione dei prodotti locali, oltre che su un'effettiva concertazione
fra i paesi in via di sviluppo, un'organizzazione degli stessi lavoratori
agricoli e la difesa collettiva dei loro interessi. Sono questi altrettanti
obiettivi la cui realizzazione dipende dalla competenza come pure dalla volontÃ
degli uomini.
L'importanza della riforma agraria
49. La produzione alimentare locale è spesso ostacolata da
una cattiva distribuzione delle terre e dall'utilizzo irrazionale dei terreni.
Oltre la metà della popolazione dei paesi in via di sviluppo non possiede terra
e tale proporzione è in aumento.72 Anche se quasi tutti questi paesi hanno
elaborato politiche di riforma agraria, pochi sono quelli che le hanno tradotte
in pratica. Inoltre, gli spazi agricoli utilizzati dalle società alimentari
multinazionali, sono destinati a nutrire quasi esclusivamente le popolazioni
dell'emisfero Nord ed i sistemi di coltivazione adottati tendono ad impoverire i
terreni. Si fa urgente una " riforma coraggiosa delle strutture e di nuovi
modelli di rapporti fra gli Stati e le popolazioni ".73
Ruolo della ricerca e dell'educazione
50. I doveri che incombono sui responsabili politici e
finanziari sono di primaria importanza. Tuttavia, per raccogliere la grande
sfida della fame, della malnutrizione e della povertà , ciascun uomo è chiamato
ad interrogarsi su ciò che fa e su ciò che potrebbe fare.
Sarebbero necessari a tale scopo:
– l'apporto della scienza: gli intellettuali sono invitati
anch'essi a mobilitare le loro conoscenze e la loro influenza per cercare una
soluzione al problema. Le ricerche nel settore della biotecnologia, per esempio,
possono contribuire a migliorare — sia nell'emisfero Nord che in quello Sud
— la sicurezza alimentare mondiale, le cure sanitarie o anche
l'approvvigionamento di energia. Da parte loro, le scienze umane, tramite una
migliore lettura ed una più esatta interpretazione dell'organizzazione sociale,
possono meglio mettere in luce, allo scopo di correggerli, gli squilibri dei
sistemi vigenti e le nefaste conseguenze che questi ingenerano. Possono pure
contribuire alla definizione ed alla messa a punto di nuove vie per la
solidarietà fra i popoli;
– la sensibilizzazione degli individui e dei popoli:
l'amore per il prossimo è un compito affidato ai genitori, agli educatori, ai
responsabili politici, a qualsiasi livello essi operino, come pure agli
specialisti dei mezzi di comunicazione di massa che hanno una responsabilitÃ
maggiore per far maturare la coscienza dell'umanità ;
– uno sviluppo autentico in ogni paese: è necessario dare
una importanza prioritaria a quell'educazione che non si limita alla mera
trasmissione degli elementi necessari per la comunicazione o per un lavoro di
utilità personale o pubblica, ma che offre le basi per una coscienza morale.
Dovrà venire
eliminata qualsiasi dicotomia fra educazione e sviluppo, due
obiettivi talmente interdipendenti, così strettamente interconnessi l'uno
all'altra, che è necessario perseguirli congiuntamente, se si vogliono ottenere
risultati durevoli. E un dovere di solidarietà quello di consentire ad ogni
uomo di beneficiare " di un'educazione che corrisponda alla sua vocazione
".74
Gli Organismi Internazionali:
Associazioni Internazionali Cattoliche,
Organizzazioni Internazionali Cattoliche (OIC),
Organizzazioni Non Governative (ONG) e reti da loro
costituite
51. Affiancandosi ad altre iniziative precedenti, alcuni
organismi, fondati anche da volontari, si sono messi da qualche decennio al
servizio degli individui e delle popolazioni in difficoltà . Questi Organismi
Internazionali spesso conosciuti con il nome di: Associazioni Internazionali
Cattoliche, Organizzazioni Internazionali Cattoliche (OIC) ed Organizzazioni Non
Governative (ONG), sono ben noti per il loro dinamismo; il loro banco di prova
sono stati la promozione dello sviluppo integrale dei poveri e la risposta a
situazioni di emergenza (carestie o penurie). Sanno attirare l'attenzione su
situazioni disperate, mobilitando fondi privati e pubblici ed organizzando
soccorsi sul posto. La maggior parte di questi hanno perfezionato nel corso
degli anni la loro lotta contro la fame, abbinandola ad una azione di più ampio
respiro a favore dello sviluppo. Fra le loro realizzazioni più conosciute ci
sono progetti in favore di nuove iniziative adottate in loco in maniera
autonoma, o progetti tesi a rafforzare le istituzioni e le collettività locali.
Da parte sua, la Chiesa cattolica, da sempre (e dunque ben
prima che le ONG esistessero come tali) incoraggia, ispira e coordina queste
forze e questi mezzi, tramite innumerevoli associazioni parrocchiali, diocesane,
nazionali ed internazionali e tramite grandi reti.75
Intendiamo qui esprimere il nostro apprezzamento per il
lavoro degli Organismi Internazionali nel loro insieme, siano essi di
ispirazione direttamente cristiana,76 di ispirazione religiosa o di ispirazione
laica.
La duplice missione degli Organismi Internazionali
52. La missione degli Organismi Internazionali è duplice:
sensibilizzazione ed azione. Se la seconda è evidente, la prima è spesso
ignorata, anche se entrambe sono indissociabili l'una dall'altra: la
sensibilizzazione di tutti alle realtà ed alle cause del cattivo sviluppo è
fondamentale e primaria.
Da essa dipende direttamente l'indispensabile raccolta di
fondi privati da una parte, e dall'altra la presa di coscienza di un maggior
numero di persone. La costituzione di questa base popolare è necessaria per
ottenere un aumento dell'aiuto pubblico allo sviluppo e la trasformazione delle
" strutture di peccato ".
Una solidarietà fraterna
53. Gli Organismi Internazionali debbono considerare i gruppi
ai quali vengono in aiuto, quali effettivi interlocutori paritetici. E così che
nasce una solidarietà dal volto fraterno, nel dialogo, nella reciproca fiducia,
nell'ascolto rispettoso dell'altro.
In questo settore così delicato, il Papa Giovanni Paolo II
ha voluto offrire un segno del suo particolare interesse: si tratta della
Fondazione " Giovanni Paolo II per il Sahel ", il cui scopo è la
lotta contro la desertificazione nei paesi del sud del Sahara, e della
Fondazione " Populorum Progressio " a favore dei più diseredati
dell'America Latina, entrambe con amministrazione autogestita dalle Chiese
locali delle rispettive regioni.77
IV
IL GIUBILEO DELL'ANNO 2000
UNA TAPPA NELLA LOTTA CONTRO LA FAME
I Giubilei: dare a Dio ciò che è di Dio
54. Nella lettera Apostolica Tertio millennio adveniente, in
vista della celebrazione del secondo millennio della nascita di Cristo, il Papa
Giovanni Paolo II ricorda l'antichissima pratica dei giubilei nel vecchio
Testamento, radicata nel concetto di anno sabbatico. L'anno sabbatico era un
tempo specificamente consacrato a Dio; secondo la legge di Mosè veniva
celebrato ogni sette anni. Prevedeva che si facesse riposare la terra, si
liberassero gli schiavi e anche si condonassero i debiti. L'anno giubilare, che
ricorreva, invece, ogni cinquanta anni, ampliava le prescrizioni precedenti: lo
schiavo israelita, in particolare, non solo era liberato, ma rientrava in
possesso della terra dei suoi avi: " Dichiarerete santo il cinquantesimo
anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. SarÃ
per voi un giubileo: ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua
famiglia " (Lv 25, 10).
Il fondamento teologico di questa ridistribuzione era il
seguente: " Non si poteva essere privati in modo definitivo della terra,
poiché essa apparteneva a Dio, né gli israeliti potevano rimanere per sempre
in una situazione di schiavitù, dato che Dio li aveva " riscattati "
per sé, come proprietà esclusiva, liberandoli dalla schiavitù in Egitto
".78
Ritroviamo qui l'esigenza della destinazione universale dei
beni. L'ipoteca sociale legata al diritto alla proprietà privata, si traduceva
così, periodicamente, in leggi di diritto pubblico, per ovviare alle
trasgressioni dei singoli rispetto a tale esigenza: desiderio smodato di
guadagno, profitti di dubbia provenienza e modi ben diversi di utilizzo della
proprietà , del possesso e del sapere, in aperta violazione del fatto che i beni
creati debbono servire a tutti in maniera equa.
Questo quadro giuridico, associato al giubileo ed all'anno
giubilare, preannunziava a grandi linee l'insegnamento sociale della Chiesa,
strutturatosi, in seguito, sulla base del Nuovo Testamento. Indubbiamente, poche
furono le realizzazioni concrete che accompagnarono l'ideale di società legato
all'anno giubilare. Sarebbe stato necessario un governo equo, in grado di
imporre i precetti sopra menzionati, volti a ristabilire una certa giustizia
sociale. Il magistero sociale della Chiesa, sviluppatosi specie a partire dal
XIX secolo, ha in certo modo trasformato questi precetti in principio di
eccezione, essenzialmente di competenza dello Stato e destinato a ridare ad ogni
persona la possibilità di godere di parte dei beni della creazione. Questo
principio è costantemente ricordato e proposto a chi vuole intenderlo.
Diventare " provvidenza " per i propri fratelli
55. Fondamentalmente, la pratica dei giubilei trova il suo
riferimento nella Divina Provvidenza e nella storia della salvezza.79 Se si
prende avvio da tale origine, le realtà della fame e della malnutrizione
possono essere comprese quale conseguenza del peccato dell'uomo, come rivelato
già dai primi versetti del libro della Genesi: " Yahvè dice a Caino:
"Dove è Abele, tuo fratello?" Egli rispose "Non lo so. Sono
forse il guardiano di mio fratello?". Yahvè riprese "Che hai fatto?
La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi
da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello.
Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e
fuggiasco sarai sulla terra" " (Gen 4, 9-12).
L'immagine qui evocata esprime con perfetta chiarezza il
rapporto che intercorre fra il rispetto per la dignità della persona umana e la
fecondità dell'ambiente ecologico, ormai macchiato e ferito. Tale rapporto
ritorna come una eco nel corso di tutta la storia umana fino a costituire,
verosimilmente, lo sfondo teologico dei rapporti di causalità , precedentemente
analizzati a proposito della fame e della malnutrizione. Le alee naturali, a
volte così sfavorevoli, appaiono amplificate dalle conseguenze della smisurata
sete di potere e di profitto e dalle " strutture di peccato " che ne
derivano. L'uomo, voltando le spalle all'intenzione di Dio espressa nella
creazione, non riesce più a vedere se stesso, i suoi fratelli ed il suo futuro,
se non attraverso una miopia che lo condanna all'esperienza dell'erranza che
segna il genere umano: " ... che hai fatto di tuo fratello? ".
Dignità dell'uomo e fecondità del suo lavoro
56. Dio, tuttavia, non cessa di voler restituire la creazione
agli uomini e di volerli aiutare, tramite Cristo Redentore, a coltivare ed a
custodire il giardino, (cf. Gen 2, 15-17) evitando che si tramuti in fango ed
escluda qualcuno. In questa situazione, l'intero sforzo teso a restituire la
dignità della persona umana e l'armonia fra l'uomo e la creazione è iscritto,
per la Chiesa, nel mistero della Redenzione operata dal Cristo, rappresentato
simbolicamente dall'albero della vita nel giardino dell'Eden (cf. Gen 2, 9).
Quando entra liberamente in comunione con questo mistero, l'uomo trasforma
l'erranza alla quale è condannato in un pellegrinaggio, con luoghi e tappe
della fede, ove apprende nuovamente ad instaurare un giusto rapporto con Dio,
con i suoi simili e con tutta la creazione. Sa bene allora che tale
giustificazione nasce e si nutre della fede, della fiducia in Dio, e che spesso
si attua nell'uomo dal cuore povero. Costui diventa allora di nuovo pienamente
partecipe del compimento della creazione, resa caduca dal peccato originale:
" la creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di
Dio... per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio " (Rm 8, 19
e 21).
Il significato dell'economia umana si dispiega così nella
sua pienezza: possibilità per l'uomo e per tutti gli uomini di coltivare la
terra, di vivere " della terra... (dove cresce) quel corpo della nuova
famiglia umana, che già riesce ad offrire una certa prefigurazione del mondo a
venire ".80 La dinamica di questa economia in cammino proviene dalla nostra
adesione a questo pellegrinaggio, così che essa si " faccia carne "
nelle nostre persone. Abbandonarvisi in una progressiva incondizionalità ci
ricongiunge alla Chiesa, questo popolo di pellegrini in cammino, e la fa
procedere tutta intera verso il Regno di Dio. Spetta dunque a ciascuno di noi,
battezzato in Cristo, mostrare questa fecondità di cui la Chiesa è depositaria
e la cui missione è di restaurare la fecondità di tutta la creazione. Di
fronte alla logica delle " strutture di peccato " che debilitano
l'economia umana, siamo chiamati ad essere persone che si lasciano interrogare
intimamente da Dio ed in tal modo assumono un atteggiamento critico nei
confronti dei modelli dominanti.
In tale prospettiva, la Chiesa invita tutti gli uomini a
sviluppare le proprie conoscenze, le proprie competenze e le proprie esperienze,
ciascuno a seconda dei doni ricevuti e a seconda della propria vocazione. Questi
doni, queste vocazioni, proprie di ogni singola persona, sono d'altronde
ammirevolmente illustrate dalle tre parabole (dell'amministratore, delle dieci
vergini e dei talenti) che precedono quella del Giudizio finale (cf. Mt 24,
45-51 e 25, 1-46) di cui si è trattato precedentemente: la complementarità e
la diversità delle vocazioni e dei carismi orientano la risposta d'amore
dell'uomo, chiamato a divenire " provvidenza " per i suoi fratelli,
" una provvidenza saggia ed intelligente, che guida lo sviluppo dell'uomo e
lo sviluppo del mondo, in armonia con la volontà del Creatore, per il benessere
della famiglia umana ed il compimento della vocazione trascendente di ciascun
individuo ".81
L'economia degradata dalla mancanza di giustizia
57. La Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente,
propone alcune iniziative molto concrete per promuovere attivamente la giustizia
sociale,82 ed in tal senso essa incoraggia a ricercare altre forme di risposta
al problema della fame e della malnutrizione, che il Giubileo potrebbe fare
proprie.
La pratica giubilare è particolarmente necessaria
nell'ambito dell'economia che, lasciata a se stessa, diventa di fatto anemica,
in quanto non attua più la giustizia. Ogni crisi economica, il cui effetto
estremo è la penuria alimentare, si configura fondamentalmente quale crisi di
giustizia, che non viene più realizzata.83
Il popolo eletto del Vecchio Testamento lo aveva già capito
ed ora sta a noi attualizzarlo. Questa crisi va analizzata oggi nel contesto del
libero mercato: all'interno di ogni singolo paese, come pure nei rapporti
internazionali, il libero mercato può costituire uno strumento appropriato per
la distribuzione delle risorse e per un'efficace risposta ai bisogni.84 La
realizzazione della giustizia sociale stabilizza lo scambio commerciale:
ciascuno ha diritto di parteciparvi, pur correndo il rischio di cadere in un neo
maltusianismo economico, che si limiterebbe ad una visione stereotipa della
solvibilità e dell'efficacia.
Stabilito ciò, si deve constatare che la giustizia ed il
mercato sono spesso analizzati come due realtà antinomiche, il che implica che
la persona umana si sente libera da qualsiasi responsabilità in ordine alla
giustizia sociale. L'esigenza di equità , di conseguenza, non è più di
competenza dell'individuo, che soggiace con rassegnazione alle leggi del
mercato: essa viene trasferita allo Stato e, più precisamente, allo
Stato-provvidenza.
In linea di massima, le filosofie morali diffuse oggi sono
ampiamente responsabili dello spostamento d'accento nella riflessione: si è
passati dal campo del comportamento giusto, a quello della giustizia delle
strutture e delle procedure, una costruzione teorica praticamente
irrealizzabile. D'altronde, questa provvidenza dello Stato, ad intra ed ad
extra, risulta oggi ben logora, sempre meno garante di una vera giustizia
distributiva, essa stessa nociva all'efficienza delle economie nazionali. Non
costituisce tutto ciò argomento di riflessione in merito al rapporto fra
carenza di contributi individuali alla realizzazione di una giustizia sociale e
di una sobrietà dei nostri comportamenti economici da un lato e, dall'altro,
crescente inefficacia dei meccanismi di ridistribuzione, che si ripercuote a sua
volta sull'efficacia globale della nostra economia?
Equità e giustizia nell'economia
58. Per poter offrire una risposta a questa antinomia fra
mercato e giustizia, l'insegnamento sociale della Chiesa cerca di approfondire
la nozione di prezzo equo, ripresa dal pensiero scolastico, riferendola non
soltanto al criterio di giustizia commutativa, ma ampliandola a quello di
giustizia sociale, ovvero all'insieme dei diritti e dei doveri della persona
umana. La realizzazione di tale giustizia sociale, basata sulla equità dei
prezzi, presuppone una duplice conformità : conformità del contesto giuridico,
che delimita il mercato con la legge morale; conformità dei molteplici atti
economici individuali, che stabiliscono il prezzo del mercato e la stessa legge
morale.
Una responsabilità personale che si limiti alla sola legge
civile è insufficiente, in quanto questa implica, in svariati casi, "
l'abdicazione della sua coscienza morale ".85 Come il prezzo sul mercato
deriva dalla molteplicità dei valori d'uso attribuitigli dai consumatori, così
sarà la nostra condotta morale, arbitro dei valori d'uso attribuiti, che farÃ
convergere o meno il prezzo del mercato verso il prezzo equo. Nel momento in cui
gli agenti economici non integrano le loro scelte economiche con il dovere di
giustizia sociale, il meccanismo di mercato dissocierà il prezzo concorrenziale
dal prezzo equo.
Nella preparazione al Giubileo dell'anno 2000, siamo tutti
invitati a incarnare la legge morale nella quotidianità dei nostri " atti
economici ".86 Ne deriva che il carattere equo o non equo del prezzo è in
qualche modo " nelle nostre mani ", in quelle del produttore e
dell'investitore, in quelle dei consumatori, come in quelle di coloro che
gestiscono il potere pubblico a livello decisionale.
Ciò non comporta che lo Stato e la comunità degli Stati
siano dispensati dall'esercitare una tutela in grado, fra l'altro, di sopperire,
se pur in maniera imperfetta, alla carenza del dovere individuale di giustizia
sociale, a questa assenza di conformità alla legge morale che incombe a
ciascuno. Il bene comune, che costituisce un obiettivo politico, prevale sulla
mera giustizia commutativa degli scambi.
Ispirare nuove proposte giubilari
59. L'appello di Dio trasmesso dalla sua Chiesa, è
chiaramente un appello alla condivisione, alla carità attiva e fattiva, rivolto
non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà ed a
tutti gli
uomini capaci di buona volontà , ovvero a tutti gli uomini, senza eccezione
alcuna. La Chiesa si pone in tal modo alla guida di quei movimenti che, avendo a
cuore la persona umana in generale e ogni uomo in particolare, promuovono
l'amore solidale. Presente ed attiva a fianco di tutti coloro che si adoperano
nell'azione umanitaria per rispondere ai bisogni ed ai diritti più fondamentali
dei loro fratelli, la Chiesa ricorda costantemente che la " soluzione
" della questione sociale necessita della collaborazione di tutte le
forze.87
Ogni persona di buona volontà , in effetti, può percepire i
risvolti etici connessi al divenire dell'economia mondiale: combattere la fame e
la malnutrizione, contribuire alla sicurezza alimentare e ad uno sviluppo
agricolo endogeno dei paesi in via di sviluppo, valorizzarne le loro potenzialitÃ
di esportazione, preservare le risorse naturali d'interesse planetario...
L'insegnamento sociale della Chiesa vi scorge altrettanti elementi costitutivi
del bene comune universale, che le nazioni industrializzate debbono riconoscere
e promuovere. Parimenti, questi dovrebbero costituire l'obiettivo essenziale
delle organizzazioni economiche internazionali e l'effettiva posta in gioco per
la mondializzazione degli scambi. Questo bene comune universale — una volta
riconosciuto — dovrebbe ispirare un rafforzamento del quadro giuridico
istituzionale e politico che regoli gli scambi commerciali internazionali, e
contemporaneamente ispirare nuove proposte giubilari. Ciò richiederà coraggio
da parte dei responsabili delle istituzioni sociali, governative, sindacali,
tanto difficile è divenuto oggigiorno inserire gli interessi di ciascuno
all'interno di una visione coerente del bene comune.
In merito, la Chiesa non ha per sua missione quella di
proporre soluzioni tecniche, ma coglie l'occasione di questa preparazione al
grande Giubileo per lanciare un vasto appello per proposte e suggerimenti capaci
di accelerare lo sradicamento della fame e della malnutrizione.
Fra queste proposte, due sono particolarmente importanti:
a) La costituzione di scorte alimentari di sicurezza —
sull'esempio di Giuseppe in Egitto (cf. Gen 41, 35) — che consentano di
offrire in caso di crisi momentanea, un'assistenza concreta alle popolazioni
colpite da calamità . I meccanismi per la costituzione e la gestione di queste
scorte dovrebbero essere concepiti in maniera tale da evitare qualsiasi
tentazione burocratica, atta a prestare il fianco a lotte di influenza politica
o economica da una parte, o alla corruzione dall'altra, e in grado di evitare
una qualsiasi manipolazione diretta o indiretta dei mercati.
b) La promozione di orti familiari, specie in quelle regioni
in cui la povertà priva le persone, in particolar modo i capi famiglia ed i
loro cari, del pur minimo accesso all'utilizzo della terra come pure
all'alimentazione di base, sulla scia di quanto il Papa Leone XIII invocava, per
le stesse ragioni, a favore degli operai del XIX secolo: " (l'uomo) giunge
a mettere tutto il suo cuore nella terra che lui stesso ha coltivato, che
promette, a lui ed ai suoi, non soltanto lo stretto necessario, ma anche una
certa agiatezza.... ".88
Nella maggior parte delle aree del mondo, è necessario
prevedere ed adottare iniziative atte a fornire ai più poveri la disponibilitÃ
di un angolo di terra, le nozioni necessarie e anche un minimo di attrezzi
agricoli strumenti, consentendo in tal modo di compiere passi rilevanti per
uscire da situazioni di miseria estrema.
In ultimo, ed in una prospettiva più ampia, si
raccoglieranno testimonianze e studi basati sull'esperienza e sull'osservazione
in contesti specifici, per tentare di costituire una banca dati che illustri in
termini pratici, da tutte le angolazioni, le reali situazioni di "
strutture di peccato " e di " strutture di bene comune ".89
V
LA FAME: UN APPELLO ALL'AMORE
Il povero ci chiama all'amore
60. In tutti i paesi del mondo, l'esperienza della vita
quotidiana ci sollecita — se non chiudiamo gli occhi — a incrociare lo
sguardo di coloro che hanno fame. In questo sguardo, è " la voce del
sangue di tuo fratello che grida a me dal suolo " (Gen 4, 10).
Sappiamo che è Dio stesso che ci chiama in colui che ha
fame. La sentenza del Giudice universale condanna senza alcuna clemenza: "
... Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il Diavolo ed
il suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare... "
(Mt 25, 41 ss).
Queste parole che salgono dal cuore di Dio fattosi uomo, ci
fanno comprendere il significato profondo del soddisfacimento dei bisogni
elementari di ogni uomo agli occhi del suo Creatore: non abbandonate colui che
è fatto ad immagine di Dio, voi abbandonereste il Signore stesso. E Dio stesso
che ha fame e che ci chiama nel gemito di colui che ha fame. Discepolo del Dio
che si rivela, il cristiano è sollecitato ad ascoltare, se così si può dire,
l'appello del povero. E infatti un appello all'amore.
La povertà di Dio
61. Secondo gli autori dei salmi, i canti del Vecchio
Testamento, " i poveri " si identificano con i " giusti ",
con coloro " che cercano Dio ", " che lo temono ", che
" hanno fiducia in lui ", che " sono benedetti ", che "
sono i suoi servitori " e " conoscono il suo nome ".
Come riflessa in uno specchio concavo, tutta la luce degli
" ANAWIM ", i poveri della prima Alleanza, converge verso la donna che
costituisce la cerniera fra i due Testamenti: in
Maria riluce tutta la dedizione
a Yahvè e tutta l'esperienza che guida il popolo di Israele, e si incarna nella
persona di Gesù Cristo. Il " Magnificat " è la lode che gli rende
testimonianza: l'inno dei poveri la cui ricchezza è tutta in Dio (cf. Lc 1, 46
ss).
Questo canto si apre con un'esplosione di gioia che esprime
un'immensa gratitudine: " L'anima mia magnifica il Signore ed il mio
spirito esulta in Dio mio salvatore ". Ma non sono le ricchezze o il potere
che fanno esultare Maria: infatti, ella si vede piuttosto " piccola,
insignificante e umile ". Questa idea di base ispira tutta la sua lode e si
oppone radicalmente a coloro che mirano a soddisfare la loro sete d'orgoglio, di
potere e di ricchezza. Chi si atteggia in tal modo sarà " disperso ",
" rovesciato dal suo trono ", " rinviato a mani vuote ".
Gesù stesso riprende questo insegnamento di sua Madre nel
suo discorso evangelico sulle Beatitudini, che iniziano — e non a caso — con
l'espressione " beati i poveri ". Le sue parole indicano in cosa
consista l'uomo nuovo, in opposizione alle " ricchezze " che
costituiscono l'oggetto delle sue critiche.
E ai poveri che si indirizza la sua Buona Novella (cf. Lc 4,
18). L'" inganno delle ricchezze ", al contrario, allontana dalla
sequela di Cristo (cf. Mc 4, 19). Non si possono servire due padroni, Dio e
Mammona (cf. Mt 6, 24). La preoccupazione per il domani è indice di mentalitÃ
pagana (cf. Mt 6, 32). Per il Signore non si tratta di belle parole; infatti ne
dà testimonianza con la propria vita: " Ma il figlio dell'uomo, lui, non
ha ove posare il capo " (Mt 8, 20).
La Chiesa è con i poveri
62. Il precetto biblico non va né falsato né taciuto: è in
controtendenza con lo spirito del mondo e con la nostra sensibilità naturale.
La nostra natura e la nostra cultura sono turbate davanti alla povertà .
La povertà evangelica è a volte oggetto di commenti cinici
da parte degli indigenti, come pure da parte dei benestanti. I cristiani sono
accusati di voler perpetuare la povertà . Un tale disprezzo della povertÃ
sarebbe propriamente diabolico. Il segno di Satana (cf. Mt 4) è quello di
opporsi alla volontà di Dio facendo riferimento alla sua Parola.
Un discorso del Papa Giovanni Paolo II può aiutarci ad
evitare di giungere a tale conclusione, che ci permetterebbe di giustificare il
nostro egoismo. In occasione della sua visita alla favela del Lixão de São
Pedro, in Brasile, il 19 ottobre 1991, il Santo Padre, riflettendo sulla prima
beatitudine del Vangelo di San Matteo, illustrò il nesso fra povertà e fiducia
in Dio, fra beatitudine ed abbandono totale al Creatore. E dichiarava: " Ma
esiste un'altra povertà , molto diversa da quella che Cristo proclamava beata, e
che colpisce una moltitudine di nostri fratelli, impedendone lo sviluppo
integrale in quanto persone. Di fronte a questa povertà , che è carenza e
privazione dei beni materiali necessari, la Chiesa fa sentire la sua voce... E
per ciò che la Chiesa sa che ogni trasformazione sociale deve necessariamente
passare per una conversione dei cuori e prega a tal fine. Questa è la prima e
la principale missione della Chiesa ".90
Come già affermato, l'appello di Dio, di cui la sua Chiesa
si fa eco, evidentemente è un richiamo alla condivisione, alla carità attiva e
concreta che si indirizza non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini. Come
sempre, e oggi più che mai, la Chiesa è vicina a tutti coloro che svolgono
un'azione umanitaria a servizio dei loro fratelli, per la soddisfazione dei loro
bisogni e per la difesa dei loro diritti fondamentali.
Il contributo della Chiesa allo sviluppo della persona e dei
popoli, non si limita unicamente alla lotta contro la miseria e il
sottosviluppo. Esiste una povertà provocata dal convincimento che basti
proseguire sulla via del progresso tecnico ed economico per rendere ogni uomo più
degno di tale nome. Ma all'uomo non può bastare uno sviluppo senz'anima, e
l'eccesso di opulenza risulta a suo danno, al pari dell'eccesso di povertà . E
il " modello di sviluppo " creato dall'emisfero settentrionale e che
questo diffonde nell'emisfero meridionale, ove il senso religioso ed i valori
umani ivi presenti, rischiano di essere spazzati via dall'invasione di un
consumismo fine a se stesso.
Il povero ed il ricco sono entrambi chiamati alla libertÃ
63. Dio non vuole la povertà del suo popolo, cioè di tutti
gli uomini, poiché Egli nel grido di ciascuno di essi rivolge a noi una
chiamata. Ci dice semplicemente che il povero, al pari del ricco accecato dalla
sua ricchezza, sono entrambi uomini mutilati: il primo, per circostanze che lo
oltrepassano suo malgrado, il secondo, a motivo delle sue stesse mani, troppo
piene, e con la sua stessa complicità . Così ambedue si trovano ostacolati ad
accedere alla libertà interiore alla quale Dio non cessa di chiamare tutti gli
uomini.
Il povero " colmo di ricchezze " non troverà in
questo un'egoistica rivalsa sulla cattiva sorte, bensì una condizione che gli
consentirà infine di non vedere limitate le sue capacità fondamentali. Il
ricco, " rimandato a mani vuote ", non è punito per essere ricco, ma
è liberato dalla pesantezza e dall'opacità inerenti al suo attaccamento troppo
esclusivo ai beni, di qualsiasi natura essi siano. Il canto del Magnificat non
è una condanna, ma un appello alla libertà e all'amore.
In questo processo di duplice guarigione, il povero è
chiamato a sanare il suo cuore ferito da un'ingiustizia che può condurlo fino
all'odio per se stesso e per gli altri. Il ricco è chiamato ad abbandonare il
suo fardello di paccottiglie, lui che si tappa gli occhi e le orecchie e
nasconde le profondità del suo cuore sotto le coltri delle sue povere
ricchezze: denaro, potere, immagine e piaceri di ogni tipo, che riducono la
percezione che ha nei confronti di se stesso e degli altri, e che, nel mentre
aumentano i suoi beni, fanno crescere i suoi desideri.
La necessaria conversione del cuore dell'uomo
64. La fame nel mondo fa toccare con mano le debolezze degli
uomini, a tutti i livelli: la logica del peccato evidenzia come il peccato
stesso, questo male del cuore dell'uomo, è all'origine delle miserie della
società , attraverso il meccanismo, se così si può dire, delle "
strutture di peccato ". Per la Chiesa, sono l'egoismo colpevole, la ricerca
ad ogni costo del denaro, del potere e della gloria, che rimettono in questione
lo stesso valore del progresso in quanto tale. " Infatti, sconvolto
l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui ed i gruppi
guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo
cessa di essere il campo di una genuina fraternità , mentre invece l'aumento
della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano
".91, legata alla nozione di "progresso", dalle connotazioni
filosofiche di tipo illuministico... Ad un ingenuo ottimismo meccanicistico, è
subentrata una fondata inquietudine per il destino dell'umanità ... Oggi si
comprende meglio che la pura accumulazione di beni e servizi, anche a favore
della maggioranza, non basta a realizzare la felicità degli uomini ", l.
c., pp. 547-550.]
Per contro, l'amore che si instaura nel cuore dell'uomo, gli
consente di superare i propri limiti e di agire nel mondo, creando "
strutture del bene comune ": queste favoriscono il cammino verso la "
civiltà dell'amore "92 per coloro che sono ad esse più sensibili, i quali
vi trascinano anche gli altri.
L'uomo è così chiamato a riformare il suo agire; la
posta
in gioco è di vitale importanza per il mondo. Egli è condotto a riformare il
suo cuore, con un movimento del suo essere teso all'unificazione di sé e della
comunità umana nell'amore. Questa riforma dell'uomo nella sua totalità , è
radicale per profondità e conseguenze, in quanto l'amore è radicale per la sua
stessa essenza; non accetta divisioni, abbraccia tutti gli impulsi della
persona, le sue azioni al pari della sua preghiera, i suoi mezzi materiali al
pari delle sue ricchezze spirituali.
La conversione del cuore degli uomini, di ciascuno e di tutti
insieme, è la proposta di Dio che può cambiare profondamente la faccia della
terra, cancellarne gli orrendi tratti della fame che sfigurano parte del suo
volto. " ... Convertitevi e credete al Vangelo " (Mc 1, 15) è
l'imperativo che accompagna l'annuncio del Regno di Dio e che realizza la sua
venuta. La Chiesa sa che questo mutamento intimo e profondo, spingerà l'uomo
nella sua vita di tutti i giorni a guardare oltre il suo immediato interesse, a
mutare man mano la sua maniera di pensare, di lavorare, di vivere, per
apprendere in tal modo, nel quotidiano, ad amare nel pieno esercizio delle sue
facoltà , nel mondo così come è.
Per quanto poco ci prestiamo a ciò, Dio stesso se ne prenderÃ
cura.
" Diffidate degli idoli "
65. Ecco la promessa che ci fa il Signore : " Vi
aspergerò con acqua pura e sarete purificati: io vi purificherò da tutte le
vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo e metterò
dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò
un cuore di carne " (Ez 36, 25-27).
Che questo magnifico linguaggio biblico non ci tragga in
errore! Non si tratta qui di un appello ai buoni sentimenti, per arrivare ad una
semplice condivisione materiale, per quanto valida ed efficace possa essere. Si
tratta della proposta più impegnativa che ci possa essere, quella di Dio
stesso, che viene ad offrire a ciascuno di noi un cammino di liberazione dai
nostri idoli ed ad insegnarci ad amare. Questo impegna tutto il nostro essere,
che si trova così riunificato. Allora, potremo vincere le nostre paure ed i
nostri egoismi per essere attenti ai nostri fratelli e servirli.
I nostri idoli ci insidiano da molto vicino; sono la nostra
ricerca, individuale e comunitaria, di ricchi o di poveri, dei beni materiali,
del potere, della reputazione, del piacere, considerati come fini a se stessi.
Servire questi idoli rende schiavo l'uomo e povero il pianeta (cf. n. 25).
L'ingiustizia profonda subita da colui che non dispone del necessario, risiede
precisamente nel fatto che egli è obbligato, spinto dalla necessità , a
ricercare innanzitutto questi beni materiali.
Il cuore del povero Lazzaro è più libero di quello del
ricco malvagio e Dio, attraverso la voce di Abramo, non chiede soltanto al ricco
di condividere la mensa con Lazzaro, ma gli chiede di cambiare il suo cuore, di
accettare la legge dell'amore per diventare suo fratello (cf. Lc 16, 19 ss.).
E liberandoci dai nostri idoli che Dio consentirà non solo
che il nostro lavoro trasformi il mondo, accrescendo i diversi tipi di
ricchezza, ma soprattutto farà in modo che il lavoro stesso venga inteso come
servizio a tutti gli uomini. Il mondo, allora, potrà ritrovare la sua bellezza
originale, che non è unicamente quella della natura il giorno della Creazione,
ma quella del giardino mirabilmente lavorato e reso fertile dall'uomo, al
servizio dei suoi fratelli, alla presenza amorevole di Dio e per amore suo.
"Contro la fame cambia la vita", è il motto
nato in ambienti ecclesiali e che indica ai popoli ricchi la via per diventare
fratelli dei poveri... "93
L'attenzione al povero...
66. Il cristiano, là dove Dio lo ha posto nel mondo,
risponderà all'appello di colui che ha fame ponendosi seriamente delle domande
circa la propria stessa vita. L'appello di colui che ha fame spinge l'uomo a
interrogarsi sul senso e sul valore della sua attività quotidiana. Cercherà di
vedere le conseguenze, prossime ed a volte più remote, del suo lavoro
professionale, volontario, artigianale, domestico. Misurerà la ricaduta, molto
più concreta e più ampia di quanto potesse ritenerla, dei suoi atti, anche di
quelli più ordinari, e dunque della sua effettiva responsabilità . EsaminerÃ
la gestione del suo tempo, che nel mondo attuale, per difetto o per eccesso,
provoca tante sofferenze; per esempio, nel caso della disoccupazione, può
diventare un fattore altamente distruttivo. Aprirà gli occhi della mente e del
cuore e, se saprà cogliere l'invito rivolto da Dio a tutti gli uomini, si porrÃ
con regolarità , discrezione ed umiltà all'ascolto e al servizio di chi è nel
bisogno. E questo un richiamo rivolto in particolar modo a coloro che il
linguaggio corrente definisce " i responsabili ".
San Paolo ribadisce, e non a caso, che " Gesù
Cristo..... da ricco che era si è fatto povero per voi " (2 Cor 8, 9). In
effetti, Egli voleva renderci ricchi con la sua povertà e con l'amore che noi
dobbiamo avere nei confronti del povero.
... nell'ascolto di Dio
67. L'ascolto di Dio presente nel povero, aprirà il cuore
dell'uomo e lo solleciterà a cercare un incontro personale sempre nuovo con
Dio. Questo incontro che Dio stesso vuole, Lui che non cessa di cercare ogni
uomo e tutto l'uomo, proseguirà nel cammino quotidiano che trasforma
progressivamente la vita di colui che accetta " di aprire la porta " a
Dio medesimo che umilmente bussa (cf. Ap 3, 20).
L'ascolto di Dio richiede del tempo, con Dio e per Dio. E la
preghiera personale: essa sola consente all'uomo di mutare il proprio cuore e,
di conseguenza, il proprio agire. Il tempo dedicato a Dio non è tolto ai
poveri. Una vita spirituale forte ed equilibrata non ha mai distolto alcuno dal
servizio dei suoi fratelli. E se San Vincenzo de' Paoli (, 1660), famoso per il
suo impegno in favore dei diseredati, diceva: " Lascia la tua preghiera se
tuo fratello ti chiede una tazza di tisana ", non bisogna scordarsi che il
santo pregava circa sette ore al giorno e trovava nella preghiera il sostegno al
suo agire.
Cambiare vita...
68. L'uomo che è all'ascolto di suo fratello e che si apre
alla presenza ed all'azione di Dio, rimetterà progressivamente in discussione
le sue abitudini di vita. La corsa all'abbondanza, alla quale partecipa un
numero sempre crescente di individui, spesso in mezzo ad una crescente miseria,
cederà progressivamente il passo ad una maggiore semplicità di vita che in
molti paesi è già dimenticata, ma che ridiventerà possibile ed anche
auspicabile, nel momento in cui il consumatore nelle sue scelte cesserà di
preoccuparsi dell'apparire.
Infine, l'uomo, che così accetta di mutare il suo modo di
vivere per cercare di conformarsi a quello che Dio stesso ci ha mostrato nelle
parole di Cristo, e che riflette sulle conseguenze della sua attività — quale
che essa in apparenza sia, importante o insignificante — si metterà in tal
modo al servizio del bene comune, della promozione integrale di tutti gli uomini
e di ogni singolo uomo.
...per cambiare la vita
69. Liberato progressivamente delle sue paure e delle sue
ambizioni puramente materiali, illuminato sulle possibili conseguenze dei suoi
propri atti, quale che sia il suo ruolo, l'uomo, che così accoglie la presenza
di Dio in tutti gli aspetti della sua vita, diventerà un operatore della civiltÃ
dell'amore. Discretamente, in profondità , il suo lavoro assumerà il carattere
di una missione, nella quale si farà obbligo di esercitare e sviluppare i suoi
talenti, di contribuire alla riforma delle strutture e delle istituzioni, di
avere un comportamento esemplare, che inciterà il suo prossimo ad agire
parimenti, e di porsi al servizio della dignità dell'uomo e del bene comune.
Le circostanze della vita fanno sì che un tale approccio al
lavoro venga considerato impossibile. Ma l'esperienza dimostra che anche in
situazioni apparentemente senza via d'uscita, ciascuno ha sempre un seppur
piccolo margine di manovra, e che le sue scelte hanno un'importanza concreta,
sia per i suoi simili sul posto di lavoro, come pure per il bene comune.
Ciascuno, in un certo senso, è responsabile degli altri.94 E uno dei segnali
dell'appello all'amore che Dio non cessa di far riecheggiare. In circostanze a
volte difficili, che possono addirittura provocare sofferenze prossime alla
testimonianza-martirio, ciascuno deve trovare sostegno nella forza di Dio, che
ci promette il suo aiuto se noi lo poniamo al centro della nostra vita, compresa
quella attiva.
" Coraggio, popolo tutto del paese, al lavoro, perché
io sono con voi... ed il mio Spirito sarà con voi, non temete " (Ag 2,
4-5). Il cristiano lotta contro le " strutture di peccato " e si fa
addirittura strumento della loro distruzione. Pratiche tanto deleterie sul piano
dello sviluppo economico e sociale saranno allora meno diffuse. Nelle regioni
ove i cristiani, con coraggio e determinazione, coinvolgeranno uomini di buona
volontà , la miseria potrà cessare di progredire, le abitudini di consumo
potranno mutare, potranno realizzarsi riforme, la solidarietà svilupparsi e la
fame arretrare.
Sostenere le iniziative
70. In prima fila tra questi cristiani figurano i religiosi e
i ministri ordinati, chiamati a dare la loro vita per Dio e per i propri
fratelli.
Per tutto il corso della storia della Chiesa, dai diaconi
degli Atti degli Apostoli (cf. At 6, 1 ss), fino ad oggi, vi sono stati uomini e
donne straordinari,95 ordini religiosi e missionari, associazioni di cristiani
laici, istituzioni ed iniziative ecclesiali, che hanno cercato di aiutare i
poveri e gli affamati. Hanno combattuto la sofferenza e la miseria sotto tutte
le loro forme, in obbedienza a Cristo.
La Chiesa ringrazia tutti coloro che attualmente prestano
questi servizi sotto forma di azioni concrete in favore del prossimo, nelle
diocesi, nelle parrocchie, presso le organizzazioni missionarie, le
organizzazioni caritatevoli e le altre ONG. Essi trasmettono l'amore di Dio e
mostrano l'autenticità del Vangelo.
La Chiesa cattolica è presente in tutti i continenti con
circa 2700 diocesi o circoscrizioni molto diverse fra loro,96 molte delle quali
impegnate già da tempo nell'azione contro la fame e la povertà . Le diocesi e
le parrocchie sono luoghi privilegiati di discernimento in ordine a ciò che i
cristiani possono fare. In tali contesti, facilitano l'organizzazione di gruppi
a livello popolare, di gruppi locali e di comunità . Comunità di accoglienza a
misura d'uomo possono ridare fiducia, aiutare ad organizzarsi, a meglio vivere,
ad uscire dalla rassegnazione e dall'annientamento. Il Vangelo ridiventa così
speranza per i poveri, in un crogiuolo ove la forza di Cristo si coniuga con
quella dei diseredati.
Ciascuno è chiamato a partecipare a questa azione. Ciascuno,
a seconda delle sue condizioni di vita, della sua posizione nel mondo e nel suo
ambiente circostante, deve tradurre in azioni questo appello all'amore che Dio
ci trasmette tramite la presenza dei nostri fratelli che hanno fame. La
meravigliosa varietà umana, nella diversità delle culture, comporta una
molteplicità di impegni e missioni.
E il caso, dunque, che ogni cristiano favorisca le diverse
iniziative locali. La Chiesa cattolica è consapevole di condividere questo
impegno con le altre chiese cristiane e con le altre comunità religiose, come
pure con tutti gli uomini di buona volontà . Le azioni a carattere umanitario
sono un importante campo di azione per il cristiano, che dovrà tuttavia
contribuirvi in maniera particolare affinché gli scopi dell'associazione e
della sua azione rimangano centrati al servizio integrale dell'uomo, senza
escludere la sua dimensione spirituale. In tal modo egli sarà un baluardo
contro coloro che potrebbero tentare di sviare il dinamismo dell'associazione
verso obiettivi politici ispirati al materialismo e ad ideologie che, in ultima
analisi, sono sempre distruttive dell'uomo.
La chiamata alla missione nella quotidianità di ogni
cristiano
71. Il cristiano è al servizio dei suoi fratelli, in tutti i
campi della sua attività e della sua vita. L'amore operoso è un appello
rivolto a tutti i cristiani nel loro lavoro quotidiano, come pure nelle loro
iniziative personali. L'impegno del cristiano, al pari delle sue azioni
umanitarie e caritative, proviene dalla stessa chiamata alla missione.
Nella loro attività professionale, come pure in quella di
volontariato o nel lavoro domestico, spesso notevole, l'uomo e la donna sono
chiamati a vivere la stessa missione, quella di
annunciare e servire la Buona
Novella nelle gioie e nelle sofferenze quotidiane e in ogni situazione. La
qualità del proprio lavoro, la partecipazione a riforme giuste, l'esempio umile
nel comportamento, l'attenzione agli altri, sempre presente anche al di là dei
legittimi obiettivi personali ed istituzionali, tutto ciò è un bagaglio
quotidiano per l'uomo e la donna che cercano di offrire a Dio, in tutti gli
aspetti della loro vita, la possibilità di avvicinarsi loro e di far crescere
il mondo intero nel Suo amore. Saranno allora vieppiù capaci di lottare contro
gli sprechi e le ingiustizie e di offrire le loro sofferenze e le loro gioie a
Cristo Salvatore, che dà loro il suo Spirito nella vita di ogni giorno.
Il cristiano cercherà di affidare tutte le proprie azioni
nelle mani di Colui che parla direttamente al nostro cuore per bocca di ogni
povero. Il cristiano, trascinatore di uomini di buona volontà , con i quali
condivide i valori umani fondamentali, dovrà vigilare a che il suo agire
personale e quello dei suoi fratelli cristiani, rimanga ispirato alla Parola di
Dio e radicato nella vita divina, in unione con la Chiesa e con i suoi pastori.
La comunione nell'azione deve essere comunione con il Signore, che veglierÃ
egli stesso affinché tale azione sia pensata e realizzata nello Spirito Santo e
non perda la sua qualità di missione dalla radice divina, missione nella quale
il Servo dell'Uomo è cercato in modo personale quale fonte, forza e fine dello
stesso agire.
Il cristiano troverà il suo continuo sostegno nella
preghiera alla beata Vergine Maria, orante ed agente in uno stesso movimento di
servizio incondizionato a Dio ed agli uomini. La Madre di Dio supplicherà lo
Spirito Santo di effondersi nell'intelligenza e nel cuore del cristiano, che
diventerà in tal modo, nel suo agire, un collaboratore libero, responsabile e
fiducioso, in una azione che testimonierà l'amore di Dio e avrà fin d'ora il
suo peso di eternità .
Città del Vaticano, Palazzo San Calisto, 4 ottobre 1996,
Festa di San Francesco d'Assisi.
+ Paul Josef Cordes
Arcivescovo titolare di Naisso
Presidente
Pontificio Consiglio " Cor Unum "
Mons. Iván MarIn
Segretario
Pontificio Consiglio " Cor Unum "
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INDICE
Presentazione
Introduzione [nn. 1-3]
I
LA REALTA DELLA FAME
La sfida della fame [n. 4]
Uno scandalo durato troppo a lungo: la fame distrugge la vita
[n. 5]
La malnutrizione compromette il presente ed il futuro di un
popolo [n. 6]
Le principali vittime: le popolazioni più vulnerabili [n. 7]
La fame genera la fame [n. 8]
Cause individuabili [n. 9]
A) Cause economiche
Le cause profonde [n. 10]
Il debito dei paesi con difficoltà di sviluppo [n. 11]
I programmi di aggiustamento strutturale [n. 12]
B) Le cause socio-culturali
Le realtà sociali [n. 13]
La demografia [n. 14]
Le sue implicazioni [n. 15]
C) Le cause politiche
L'influenza della politica [n. 16]
La concentrazione dei mezzi [n. 17]
Le destrutturazioni economiche e sociali [n. 18]
D) La terra può nutrire i suoi abitanti
I notevoli progressi dell'umanità [n. 19]
I mercati agro-alimentari [n. 20]
L'agricoltura moderna [n. 21]
II
SFIDE DI NATURA ETICA DA AFFRONTARE INSIEME
La dimensione etica del fenomeno [n. 22]
L'amore del prossimo per raggiungere lo sviluppo [n. 23]
La giustizia sociale e la destinazione universale dei beni
[n. 24]
Le costose deviazioni dal bene comune: le " strutture di
peccato "[n. 25]
All'ascolto preferenziale dei poveri ed al loro servizio: la
condivisione [n. 26]
Una società integrata [n. 27]
La pace, un equilibrio di diritti [n. 28]
Il disarmo, un'urgenza da cogliere [n. 29]
Rispetto dell'ambiente [n. 30]
Ecologia e sviluppo equo [n. 31]
Cogliere insieme la sfida [n. 32]
Riconoscere il contributo dei poveri alla democrazia [n. 33]
Le iniziative comunitarie [n. 34]
L'accesso al credito [n. 35]
Il ruolo fondamentale delle donne [n. 36]
Integrità e senso sociale [n. 37]
III
VERSO UN'ECONOMIA PIU SOLIDALE
Per meglio servire l'uomo e tutti gli uomini [n. 38]
Far convergere l'azione di tutti [n. 39]
La volontà politica dei paesi industrializzati [n. 40]
Stabilire equamente le condizioni di scambio [n. 41]
Superare il problema del debito [n. 42]
Aumentare l'aiuto pubblico a favore dello sviluppo [n. 43]
Ripensare l'aiuto [n. 44]
Gli aiuti di emergenza, una soluzione tampone [n. 45]
La concertazione dell'aiuto [n. 46]
La sicurezza alimentare: una soluzione permanente [n. 47]
Priorità alla produzione locale [n. 48]
L'importanza della riforma agraria [n. 49]
Ruolo della ricerca e dell'educazione [n. 50]
Gli organismi internazionali: Associazioni Internazionali
Cattoliche, Organizzazioni Internazionali Cattoliche (OIC), Organizzazioni non
governative(ONG) e reti da loro costituite [n. 51]
La duplice missione degli Organismi Internazionali [n. 52]
Una solidarietà fraterna [n. 53]
IV
IL GIUBILEO DELL'ANNO 2000
UNA TAPPA NELLA LOTTA CONTRO LA FAME
I Giubilei: dare a Dio ciò che è di Dio [n. 54]
Diventare " provvidenza " per i propri fratelli [n.
55]
Dignità dell'uomo e fecondità del suo lavoro [n. 56]
L'economia degradata dalla mancanza di giustizia [n. 57]
Equità e giustizia nell'economia [n. 58]
Ispirare nuove proposte giubilari [n. 59]
V
LA FAME: UN APPELLO ALL'AMORE
Il povero ci chiama all'amore [n. 60]
La povertà di Dio [n. 61]
La Chiesa è con i poveri [n. 62]
Il povero ed il ricco sono entrambi chiamati alla libertÃ
[n. 63]
La necessaria conversione del cuore dell'uomo [n. 64]
" Diffidate degli idoli! " [n. 65]
L'attenzione al povero... [n. 66]
... nell'ascolto di Dio [n. 67]
Cambiare vita... [n. 68]
... per cambiare la vita [n. 69]
Sostenere le iniziative [n. 70]
La chiamata alla missione nella quotidianità di ogni
cristiano [n. 71]
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(1) Nell'elaborazione del presente documento, il cui
originale è in lingua francese, particolare cura è stata posta nel tener conto
degli studi più diversi e recenti; purtuttavia, il fatto che vengano citati nel
testo non ne implica un'approvazione integrale e senza riserve.
(2) Cf. ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), Déclaration
universelle des droits de l'homme (Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo), adottata e proclamata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite
nella sua risoluzione 217 A (III) del 10 dicembre 1948, art. 25.1.
(3) ONU, Déclaration sur le progrès et le développement
dans le domaine social (Dichiarazione sul progresso e lo sviluppo nel settore
sociale), proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua
risoluzione 2542 (XXIV) dell'11 dicembre 1969, parte II, art. 10b.
(4) ONU, Déclaration universelle pour l'éliminataion définitive
de al faim et de la malnutrition (Dichiarazione universale per l'eliminazione
definitiva della fame e della malnutrizione), Conférence Mondiale de
l'Alimentation (Conferenza Mondiale sull'Alimentazione) Roma, 16 novembre 1974,
n. 1.
(5) FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per
l'alimentazione e l'agricoltura) ed OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ),
Conférence Internationale sur la Nutrition, Déclaration mondiale sur la
nutrition (Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, Dichiarazione mondiale
sulla nutrizione), Rapporto finale della Conferenza, n. 1, Roma 1992.
(6) 3 Cf. ibid., n. 1. Cf. anche FAO, Necessità e risorse,
Atlante dell'alimentazione e dell'agricoltura, Roma 1995, p. 16: " In media
nel mondo sono disponibili circa 2700 calorie alimentari a testa al giorno,
abbastanza da soddisfare il fabbisogno energetico di tutti. Ma non esiste
uniformità nella produzione, né nella distribuzione alimentare. Alcuni paesi
producono più di altri, ma sono i sistemi di distribuzione e il reddito
familiare a determinare l'accesso agli alimenti ".
(7) Cf. FAO, Agriculture: Horizon 2010 (Agricoltura:
Orizzonte 2010), Doc. C 9324, Roma 1993, p. 1.
(8) Cf. Conc. Oecum. Vat. II, Costituzione Pastorale Gaudium
et spes (1965), n. 40: " La Chiesa, che è insieme società visibile e
comunione spirituale, cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme
al mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l'anima
destinata a rinnovarsi in Cristo e trasformarsi in famiglia di Dio. Tale
compenetrazione di città terrena e città celeste non può certo essere
percepita se non con la fede... ".
(9) Conc. Oecum. Vat. II, Costituzione pastorale Gaudium et
spes (1965), n. 69.
(10) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei
socialis (1987), n. 41, AAS (1988), p. 570.
(11) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei
socialis (1987), n. 33, l. c., p. 558; cf. anche Paolo VI, Lettera Enciclica Populorum progressio (1967), n. 47, AAS (1967), p. 280.
(12) Cf. FAO, Necessità e risorse. Atlante
dell'alimentazione e dell'agricoltura, Roma 1995, p. 16. Cf. anche nota n. 4.
(13) Cf. Alan Berg, Malnutrition: What can be done? Lessons
from World Bank Experience, The John Hopkins University Press for World Bank,
Baltimore, Maryland, 1987.
(14) Alcuni studi condotti dalla FAO e dall'OMS hanno
stabilito che il minimo giornaliero necessario è di circa 2100 calorie e la
disponibilità quotidiana necessaria di alimenti deve essere pari a 1,55 volte
il metabolismo di base; al di sotto di questi parametri un individuo può essere
considerato sofferente di sotto alimentazione cronica (cf. FAO ed OMS, Conférence
Internationale sur la Nutrition. Nutrition et développement. Une évaluation
d'ensemble [Conferenza Internazionale sulla Nutrizione. Nutrizione e sviluppo.
Una valutazione d'insieme], Roma 1992). Attualmente, esistono ancora nel mondo
800 milioni di individui sotto alimentati, il fabbisogno medio di un adulto è
di 2500 calorie al giorno. Gli abitanti dei paesi industrializzati assimilano
circa 800 calorie in eccesso al giorno, mentre gli abitanti dei paesi in via di
sviluppo debbono accontentarsi di un apporto di due terzi di tale razione (cf.
Le sud dans votre assiette. L'interdépendance alimentaire mondiale, CRDI,
Ottawa 1992, p.26).
(15) 3 Cf. Documento preparatorio dell'UNCTAD (Conferenza
delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo) alla seconda Conférence des
Nations Unies sur les Pays Moins Avancés (Conferenza delle Nazioni Unite sui
Paesi meno sviluppati), Parigi 1990.
(16) FAO ed OMS, Conférence Internationale sur la Nutrition.
Déclaration mondiale sur la nutrition, (Conferenza Internazionale sulla
Nutrizione. Dichiarazione mondiale sulla nutrizione) Rapporto finale della
Conferenza Roma 1992, n. 2.
(17) Cf. Banca Mondiale, Poverty and Hunger, 1986. Questo
documento descrive i livelli di insicurezza alimentare (transitori o cronici),
le cause economiche di tali situazioni ed i mezzi per porvi rimedio a medio ed a
lungo termine. Tale distinzione, pur se utile, presenta l'inconveniente di non
evidenziare direttamente le correlazioni fra le diverse cause, il che metterebbe
più chiaramente in luce il loro ordine di importanza, in quanto alcune cause
sono allo stesso tempo effetto di cause più profonde. Il concetto di durevole
associato allo sviluppo aveva in origine il senso di un processo compatibile con
il rispetto dell'ambiente, mentre ora tale nozione comprende anche quella della
permanenza dello sviluppo.
(18) Cf. Banca Mondiale, Poverty and Hunger, 1986.
(19) Il termine italiano traduce l'espressione francese
" pays en mal de développement ", la quale esula dal campo della mera
economia, e si applica ai paesi la cui evoluzione economica e sociale è
eccessivamente onerosa in termini di sofferenze umane, di mezzi finanziari e, in
ugual misura, di abbandono di conoscenze e pratiche usuali e di perdita di un
patrimonio acquisito nel corso dei secoli.
(20) L'Asia ha fatto registrare globalmente una performance
molto più efficace, dovuta, in complesso a migliori politiche e a migliori
realizzazioni, senza che tuttavia la qualità dei rapporti interpersonali possa
essere considerata migliore, né i livelli di corruzione più bassi.
(21) In alcuni paesi si sono dovuti effettuare dei tagli nel
settore dell'educazione. Da notare che in molti dei paesi con difficoltà di
sviluppo, una certa propensione a favorire l'insegnamento superiore a spese
dell'istruzione primaria, costituisce un problema ricorrente che le istituzioni
internazionali debbono affrontare nel loro dialogo con questi paesi.
(22) Cf. UNFPA (United Nations Populations Fund – Fondo
delle Nazioni Unite per la Popolazione), The State of World Population 1993, New
York 1993; United Nations, World Population Prospects; the 1992 Revision, New
York 1993. Cf. anche FNUAP (Fonds des Nations Unies pur la Population), Etat de
la population mondiale 1994. Choix et responsabilités.
(23) PNUD (Programme des Nations Unies pour le Developpement
– Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), Rapport mondial sur le
developpement humain, 1990. Economica, Parigi 1990. Cf. ibidem, p. 94: nei paesi
in via di sviluppo, laddove vive la maggior parte delle persone che soffrono la
fame, la popolazione rurale è più che raddoppiata e la popolazione urbana è
triplicata o quadruplicata in 30 anni (dal 1950 al 1980).
(24) Cf. Franz Böckle u.a., Armut und Bevölkerungs-Entwicklung
in der Dritten Welt (Povertà e sviluppo demografico nel terzo mondo) edita dal
Gruppo di lavoro scientifico sui problemi della Chiesa universale della
Conferenza Episcopale tedesca, Bonn 1991.
(25) Cf. Pontificia Accademia delle Scienze, Popolazione e
Risorse. Rapporto. Città del Vaticano 1993 (i dati statistici forniti hanno giÃ
subito delle modifiche).
(26) Cf. Pontificio Consiglio per la Famiglia, Evoluzioni
demografiche. Dimensioni etiche e pastorali, Città del Vaticano 1994. Cf. Le
contrôle des naissances dans les pays du Sud: promotion des droits des femmes
ou des intérêts du Nord, in " Inter-mondes ", vol. 7, n. 1, ottobre
1991, p. 7: recentemente, numerose ricerche hanno dimostrato che altri tre
fattori, oltre al controllo delle nascite, contribuiscono parimenti al
rallentamento della crescita della popolazione mondiale. Si tratta dello
sviluppo economico e sociale, del miglioramento delle condizioni di vita delle
donne, e, paradossalmente, della riduzione della mortalità infantile. Cf. anche
UNICEF (United Nations Children's Fund – Fondo delle Nazioni Unite per
l'Infanzia), La situation des enfants dans le monde, Ginevra 1991.
(27) Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla
Settimana di Studi su " Risorse e Popolazione " organizzata dalla
Accademia Pontificia delle Scienze (22 novembre 1991), nn. 4 e 6: " La
Chiesa è consapevole della complessità del problema... Ma al momento di
adottare misure di emergenza, non bisogna essere indotti in errore;
l'applicazione di metodi che non risultano in armonia con la vera natura
dell'uomo, finisce di fatto per causare danni drammatici... che colpiscono in
particolare gli strati più poveri e deboli della popolazione, aggiungendo
ingiustizia ad ingiustizia ", AAS (1992), pp. 1120-1122. Cf. anche Cardinal
Angelo Sodano, Intervento alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo
sviluppo (CNUED), di Rio de Janeiro (13 giugno 1992), L'Osservatore Romano,
15-16 giugno 1992.
(28) FAO e OMS, Conférence Internationale sur la Nutrition.
Déclaration mondiale sur la nutrition (Conferenza Internazionale sulla
Nutrizione. Dichiarazione mondiale sulla nutrizione), Rapporto finale della
Conferenza, Roma 1992, n. 15.
(29) Cf. FAO, Agriculture: Horizon 2010, Doc. C 9324, Roma
1993, n. 2.13.
(30) Cf. PNUD Rapport Mondial sur le Dévloppement humain
1990 (Rapporto Mondiale sullo Sviluppo umano 1990), Economica Paris 1990, p. 18.
(31) FAO ed OMS, Conférence Internationale sur la Nutrition.
Déclaration mondiale sur la Nutrition, (Conferenza Internazionale sulla
Nutrizione. Dichiarazione mondiale sulla nutrizione.) Rapporto finale della
Conferenza, Roma 1992, n. 1.
(32) Ibidem.
(33) L'Argentina risulta fra i massimi esportatori di grano e
di carne bovina: Questa nazione, dunque, non è da annoverarsi fra i paesi con
difficoltà di sviluppo; è un paese industrializzato il cui andamento economico
sul lungo periodo era insoddisfacente per ragioni essenzialmente imputabili alle
debolezze dei suoi sistemi politici. Tale situazione è profondamente mutata
negli ultimi anni e le conseguenze economiche sono già evidenti.
(34) Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice
Vaticana 1992, § 1906 ove si trova la definizione di " bene comune ",
ripresa da Gaudium et spes, n. 26, § 1: " l'insieme di quelle condizioni
della vita sociale che permettono ai gruppi come ai singoli membri di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente ".
(35) Giovanni Paolo II, Discorso al Palazzo della CEAO
(Comunità Economica dell'Africa Occidentale), Ouagadougou, 29 gennaio 1990, AAS
(1990), p. 818.
(36) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus annus
(1991), n. 31, AAS (1991), p. 831.
(37) Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica
Reconciliatio et pænitentia (1984), n. 16, AAS (1985), pp. 213-217 (in termini
di peccato sociale che produce mali sociali), Lettera Enciclica Sollicitudo rei
socialis (1987), nn. 36-37, l. c., pp. 561-564 e Lettera Enciclica Centesimus
annus (1991), n. 38, l. c., p. 841. Questi documenti utilizzano anche
espressioni quali " situazioni di peccato " o anche " peccati
sociali ", facendo sempre risalire la causa di questi peccati all'egoismo,
alla ricerca del profitto ed al desiderio di potere.
(38) La realizzazione dell'arma chimica, senza "
ricadute ", che serve solo ad attaccare o a difendersi, ne è
testimonianza. A mero titolo di esempio, le 500.000 tonnellate di prodotti
mortali, in grado di distruggere 60 miliardi di uomini, di cui dispone l'ex
Unione Sovietica, hanno avuto un costo di produzione di 200 miliardi di dollari
USA, ed altrettanto costerà distruggerle. Si tratta di risorse reali, e dunque
di una perdita secca per il pianeta. Questa avventura perversa si traduce in un
abbassamento del tenore di vita degli uomini (principalmente, ma non solo,
nell'ex URSS) e addirittura in fame per numerose famiglie che altrimenti non
l'avrebbero conosciuta.
(39) Cf. Paolo VI, Omelia del Natale 1975 a conclusione
dell'Anno Santo, AAS (1976), p. 145. Questo concetto è stato utilizzato per la
prima volta dal Papa Paolo VI.
(40) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus annus
(1991), n. 28, l. c., p. 828.
(41) Cf. Larry Salmen, Listen to the People,
Participant-Observer Evaluation of Development Projects, The World Bank and
Oxford University Press 1987. A tale proposito si può ricordare il metodo
dell'osservatore partecipante, praticato da un consulente della Banca Mondiale.
Profondamente motivato dall'amore per gli uomini, non ha esitato a trascorrere
periodi da tre a sei mesi, nelle " favelas " dell'America del Sud
(specie Quinto e La Paz), per condurre la stessa vita della popolazione. Ogni
volta è stato così in grado di consigliare gli architetti che lavoravano al
rinnovamento urbano, per evitare che le nuove costruzioni venissero
sistematicamente danneggiate dai nuovi abitanti, usciti dalle loro misere
catapecchie. E l'ascolto preferenziale del povero che, nel caso specifico è
anche beneficiario, come lo stesso buon senso, che richiede eroismo. In un
secondo momento, il consulente ha diffuso questo metodo in Thailandia,
coinvolgendo l'autorità mondiale della Banca per convincere i funzionari di
Bangkok ad andare a vivere loro stessi per un certo periodo con i loro
concittadini svantaggiati per garantire in tal modo il successo dei programmi di
nuovi alloggi urbani.
Da segnalare ugualmente lo straordinario intervento di un
pastore inglese, Stephen Carr, che ha vissuto per 20 anni in due villaggi
africani, servendosi unicamente delle risorse e delle tecniche tradizionali. Era
divenuto molto influente in quei luoghi e, di passaggio a Washington, è stato
intervistato dalla Banca Mondiale nell'anno 1985/86. La sua testimonianza ha
illuminato gli specialisti della Banca, che accusavano un insuccesso dopo
l'altro nei progetti agricoli dell'Organismo in Africa. Esiste una simbiosi fra
il contadino e la terra. La bella terra d'Africa è buona ma molto fragile. I
cambiamenti di abitudini indotti nei contadini dall'economia moderna e la
perdita dei valori ancestrali ha comportato la distruzione della terra. I
missionari cattolici, e forse anche altri, lo avevano perfettamente capito. Le
vecchie missioni erano rispettose dei talenti e specie dell'esperienza
tradizionale. Questi valori sono stati riscoperti da alcune ONG, fra le quali la
FIDESCO, con sede in Francia e presente in alcuni altri paesi europei.
(42) Cf. l'opera del P. Joseph Wrejinsky e di ATD -
Quart-Monde.
(43) Cf. Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in terris
(1963), cap. III, AAS (1963), pp. 279-291.
(44) Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza della FAO in
occasione della celebrazione del 50.esimo anniversario dell'Organizzazione (23
ottobre 1995), n. 2, L'Osservatore Romano, 23-24 ottobre 1995.
(45) Banca Mondiale, Rapport sur le développpement dans le
monde 1990 (Rapporto sullo sviluppo nel mondo), 1990, Washington 1990, p. 19.
(46) Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica, Città del
Vaticano 1994.
(47) Cf. FAO, Développement durable et invironnement, les
politiques et activités de la FAO (Sviluppo duraturo ed ambiente, politiche ed
attività della FAO), Roma 1992.
(48) 3 Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alla venticinquesima
sessione della Conferenza della FAO (16 novembre 1989), n. 8, AAS (1990), pp.
672-673.
(49) Cf. Chirografi d'istituzione delle Fondazioni Pontificie
" Giovanni Paolo II per il Sahel ", fondata il 22 febbraio 1984 e
" Populorum Progressio ", fondata il 13 febbraio 1992. La sede legale
delle due Fondazioni è presso il Pontificio Consiglio " Cor Unum ",
Stato della Città del Vaticano; la sede del Consiglio di Amministrazione della
Fondazione " Giovanni Paolo II per il Sahel " è a Ouagadougou
(Burkina Faso) e quella della Fondazione " Populorum Progressio " a
Santafé di Bogotà (Colombia).
(50) Cf. Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea generale
delle Nazioni Unite in occasione del 50o anniversario dell'Organizzazione (5
ottobre 1995), nn. 12 e 13, L'Osservatore Romano, 6 ottobre 1995.
(51) Citiamo alcune di queste iniziative: Economia di
Comunione Opera di Maria, Movimento del Focolare (Grottaferrata, Roma) AVSI
Comunione e Liberazione (Milano), FIDESCO Communauté Emmanuel (Parigi); "
Famiglia in Missione " Cammino Neocatecumenale (Roma), Opera sociale "
Kolping International " (Colonia).
(52) PNUD, op. cit., p. 31 (cf. nota n. 29).
(53) Cf. IFAD (International Fund for Agricultural
Development – Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo), The Role of
Rural Credit Projects in Reaching the Poor, Rome-Oxford 1985.
(54) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera alle donne (29 giugno
1995), n. 4, AAS (1995), pp. 805-806.
(55) Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Mulieris
dignitatem (1988), nn. 6-7, AAS (1988), pp. 1662-1667. Cf. anche Esortazione
Apostolica post-sinodale Christifideles laici (1988), AAS (1989), pp. 489, 492.
(56) Si può trarre una valutazione dell'ordine di grandezza
della corruzione, dalle stime dei servizi competenti di repressione delle frodi
(specie in Francia, TRACFIN) sull'entità del riciclaggio del denaro.
(57) 3 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo
rei socialis (1987), n. 44, l. c., pp. 576-577.
(58) Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in terris (1963)
cap. III, AAS (1963), p. 290.
(59) Cf. Leone XIII, Lettera Enciclica Rerum novarum (15
maggio 1891), Leonis XIII P.M. Acta, XI, Romae 1892, pp. 97-144.
(60) Cf. FAO, " Charte des paysans " (Carta dei
lavoratori agricoli): Dichiarazione di principio e programma d'azione nel
Rapporto della Conférence Mondiale sur la Réforme agraire et le Développement
rural (Conferenza Mondiale sulla Riforma agraria e lo Sviluppo rurale), Roma
1979.
(61) Cf. FAO, Rapporto della Conferenza della FAO, 23a
sessione, C85REP, p. 46; Roma, 9-28 novembre 1985.
(62) Cf. nota n. 4.
(63) Cf. Banca Mondiale, Rapport sur le développement dans
le monde, 1990, avant-propos, Washington 1990.
(64) Giovanni Paolo II, Discorso in occasione del 50o
anniversario della FAO, n 4, L'Osservatore Romano, 23-24 ottobre 1995.
(65) Cf. PNUD, Rapport mondial sur le développement humain
1992, Economica, Parigi 1992, p. 49; cf. anche ONU, Rapport de la Conférence
des Nations Unies sur l'environnement et le développement (Rapporto della
Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo), Rio de Janeiro
1992, par. 33.13: " I paesi industrializzati reiterano il loro impegno a
devolvere lo 0,7% del loro PIL all'APD [Aide Publique au Développement]-
percentuale stabilita dall'ONU e da loro convenuta- e, se non già realizzato,
accettano di rivedere i loro programmi di aiuto per raggiungere tale livello
prima possibile...Alcuni paesi si sono impegnati a raggiungere tale livello
prima dell'anno 2000...I paesi che lo hanno già fatto debbono essere lodati ed
incoraggiati a continuare a contribuire all'azione comune tesa a mettere a
disposizione le importanti risorse supplementari necessarie".
(66) Cf. ONU, Rapport du Sommet Mondial pour le Développement
Social (Rapporto del Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sociale), Copenaghen, 6-12
marzo 1995, Déclaration et Programme d'action (Dichiarazione e programma
d'azione), par. 88b.
(67) Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Mater et magistra
(1961), cap. III, AAS (1961), p. 440.
(68) Giovanni Paolo II, Discorso in occasione del 50o
anniversario della FAO, n. 3, L'Osservatore Romano, 23-24 ottobre 1995.
(69) Cf. PNUD, op. cit., pp. 164-165 (cf. nota n. 64).
(70) FAO, Necessità e risorse... (cf. nota n. 11), p. 35. La
sicurezza alimentare dipende generalmente da quattro elementi: la disponibilitÃ
di approvvigionamenti alimentari, l'accessibilità ad una alimentazione
sufficiente, la stabilità degli approvvigionamenti, l'accettabilità culturale
degli alimenti o di determinate associazioni di alimenti.
(71) Cf. anche Pacte mondial de sécurité alimentaire (Patto
mondiale di sicurezza alimentare) (1985), già menzionato al n. 40.
(72) FAO, Landlessness. A growing problem, " Economic
and Social Development Series ", 2, n. 28, Roma 1984; versione francese: Le
paysannat sans terre. Un problème toujours plus aigu, in " Collection FAO:
développement économique et social ", n. 28, Roma 1985.
(73) Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della Giornata
Mondiale per la Pace del 1o gennaio 1990, " La pace con Dio Creatore, la
pace con tutta la creazione ", n. 11, AAS (1990), p. 153.
(74) Conc. Oecum. Vat. II, Dichiarazione Gravissimum
educationis, n. 1, che rinvia a Pio XI, Lettera Enciclica Divini illius magistri
(1929), AAS (1930), pp. 50 ss.
(75) Cf. anche Pontificio Consiglio " Cor Unum ",
Catholic Aid Directory, 4a ed., Città del Vaticano 1988 (prossimamente sarÃ
pubblicata la 5a edizione). Si considerino, ad esempio, gli Organismi Membri di
" Cor Unum ": Association internationale des Charités de St. Vincent
de Paul (AIC), Caritas Internationalis, Unione Internazionale Superiore Generali
(U.I.S.G.), Unione Superiori Generali (U.S.G.), Australian Catholic Relief,
Caritas Italiana, Caritas Liban, Catholic Relief Services U.S.C.C., Deutscher
Caritasverband, Manos Unidas, Organisation Catholique Canadienne pour le Développement
et la Paix, Secours Catholique, Kirche in Not, Société de Saint Vincent de
Paul, Secrétariat des Caritas de l'Afrique francophone, Caritas Aotearoa (Nuova
Zelanda), Caritas Bolivia, Caritas Española, Caritas Moçambicana, Misereor, Österreichische
Caritaszentrale, Ordine di Malta.
(76) Molto importante è l'Unità IV del Consiglio Mondiale
delle Chiese a Ginevra; da menzionare altresì l'opera della Croce Rossa nel
mondo.
(77) Cf. nota n. 48.
(78) Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Tertio millennio
adveniente (1994), n. 12, AAS (1995), p. 13.
(79) Cf. ibid., n. 13, l.c., pp. 13-14.
(80) Conc. Oecum. Vat. II, Costituzione Pastorale Gaudium et
spes (1965), n. 39.
(81) Giovanni Paolo II, Meditazione in occasione della veglia
di preghiera al Cherry Creek State Park, nell'ambito della celebrazione della
VIII Giornata mondiale della gioventù, 14.8.1993, AAS (1994), p. 416.
(82) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Tertio
millennio adveniente (1994), n. 51: " ... proponendo il Giubileo come un
tempo opportuno per pensare, tra l'altro, ad una consistente riduzione — se
non proprio al totale condono — del debito internazionale che pesa sul destino
di molte Nazioni ", l. c., p. 36.
(83) Cf. a tale proposito H. Hude, Ethique et Politique,
capitolo XIII: " La justice sur le marché ", Ed. Universitaires,
Parigi 1992.
(84) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus
annus (1991), n. 34, l. c., pp. 835-836.
(85) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae
(1995), n. 69, AAS (1995), p. 481.
(86) La Lettera Enciclica Centesimus annus (1991) del Papa
Giovanni Paolo II offre delle indicazioni in tal senso al n. 36: "
Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è
necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo, che rispetti
tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali ed istintive a
quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi
istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e
libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente
illeciti. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che
consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di
soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la
formazione di una matura personalità . E perciò necessaria ed urgente una
grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l'educazione dei
consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di
un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei
professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento
delle pubbliche autorità ... alludo al fatto che anche la scelta di investire in
un luogo piuttosto che in un altro è sempre una scelta morale e culturale
", l. c., pp. 838-840.
(87) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Centesimus
annus (1991), n. 60, l. c., pp. 865-866.
(88) Leone XIII, Lettera Enciclica Rerum novarum (1891), n.
35.
(89) Cor Unum cercherà di favorire la realizzazione di
questo progetto.
(90) Giovanni Paolo II, Secondo viaggio in Brasile (12-21
ottobre 1991), Discorso nella favela del Lixão de São Pedro, Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, XIV2 (1991), p. 941.
(91) Conc. Oecum. Vat. II, Costituzione Pastorale Gaudium et
spes (1965), n. 37. Cf. anche Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo
rei socialis (1987), nn. 27-28: " una simile concezione [di sviluppo],
legata alla nozione di "progresso", dalle connotazioni+++
(92) 3 Cf. nota n. 38.
(93) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris missio
(1990), n. 59, AAS (1991), pp. 307-308.
(94) Questa convinzione non è soltanto diffusa presso i
cristiani. E alla base di un movimento recentemente costituito negli Stati
Uniti, il " comunitarismo ". Il sociologo A. Etzioni presenta il
movimento che auspica la promozione del bene comune di ogni uomo nel suo studio
The Spirit of Community. Rights, Responsabilities and the Communitarian
Agenda,Crown Publishers, inc. New York 1993.
(95) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Sollicitudo rei
socialis (1987), n. 40, l. c., p. 569.
(96) Cf. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiae,
Annuarium statisticum Ecclesiae, Typis Vaticanis (1994), p. 41.
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