Pacem in Terris

l'attualissima enciclica sulla Pace di papa Giovanni XXIII

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Fr. Joel, che abbiamo conosciuto grazie alla bellissima intervista che ha rilasciato per  Giovaniemissione, ci aiuta con una serie di schede ad approfondire la ricerca della pace attraverso lo strumento dell'enciclica "Pacem in Terris". Lasciamoci accompagnare da lui! Ecco le schede di lavoro che fr. Joel propone:

- Una voce che grida nel deserto: introduzione al lavoro e metodologia che useremo

- L'ordine dell'universo e la grandezza dell'uomo (PT 1)

- Una lettura antropologica (PT 2)

- Leggere le persone della Bibbia e non il testo (PT 3)

 

1.    Una voce che grida nel deserto

Magistero Sociale della Chiesa e “lettura sociale” della Bibbia


Non da archeologi ma da progettisti        

Questo spazio vuole essere un cammino di “scoperta” della parola, anzi del grido della Chiesa nel “deserto” sociale che sembra offrire poche alternative umane per tutti. Una voce che grida anche nel “deserto” ecclesiale, cioè nella realtà dei cristiani (soprattutto cattolici) che sembra non voler ascoltare. Infatti la richiesta è esigente:  prendere in mano con responsabilità  la costruzione della giustizia e della pace; non come una “emergenza”, ma come frutto della fede in una persona concreta: Gesù Cristo.

         La nostra avventura di scopritori dell’insegnamento sociale della Chiesa non sarà quella dagli archeologi che fanno le scoperte per poi portarle nei musei, la nostra sarà quella di scoprire da “progettisti”: abbiamo già in mente l’edificio che vogliamo costruire o restaurare, siamo “progettisti di un mondo più umano, giusto e fraterno.”

 Strumenti necessari:

1.     La Bibbia,

2.     Lettera enciclica “Pacem in terris”,

3.     Schede d’analisi dei testi biblici,

4.     Dinamiche di partecipazione.

 

“Pacem in terris(11 aprile 1963)

         Ecco il primo “oggetto archeologico” da scoprire, per trasformarlo in progetto concreto in un contesto dove la violenza ormai è diventata il modo di relazione e di “risolvere” i conflitti. Proprio perchè nell’individuo prevale una visione dell’altro come un “pericolo” o un “nemico” da evitare o distruggere, recuperiamo la lettera enciclica “Pacem in terris” di Papa Giovanni XXIII.

 Alcuni dati importanti:

         Questa lettera è molto significativa nella vita della Chiesa perché marca l’inizio di una nuova presenza ecclesiale, nel senso che si rivolge non soltanto ai cristiani cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà (cattolici, non cattolici, di qualunque ideologia, razza, cultura…).

         Con quest’enciclica la Chiesa inizia a parlare a tutti gli esseri umani, quindi il suo messaggio diventa veramente “cattolico” (universale).

         È nata in un contesto di guerra (la guerra fredda) e di corsa al riarmamento: la pace era la preoccupazione fondamentale della umanità. Giovanni XXIII trasforma questa preoccupazione in compito di tutti gli esseri umani sia come individui che come istituzioni (economiche, politiche, sociali, culturali, religiose…).

         L’enciclica è un discorso illuminato dalla Rivelazione cristiana, ma le linee “dottrinali” scaturiscono dalla natura umana, cioè dalle esigenze più intime della persona umana. È per questo che diventa un messaggio universale, perché la persona come “umanità” è la stessa ovunque. 

Metodologia:

1.      Prenderemo un piccolo testo della “Pacem in Terris” facendo una lettura continuata di tutto il testo. Questo testo ci indicherà il tema di lavoro.

2.      Faremo un breve commento del testo, evidenziando i punti chiave.

3.      Faremo una lettura sociale dei testi biblici proposti nella lettera enciclica per approfondire il messaggio e costruire una “spiritualità sociale” che sostenga il nostro agire ecclesiale oggi e qui.

Condivideremo le nostre “scoperte” e i suggerimenti concreti, in vista di una prassi ecclesiale che inizia da noi stessi.

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2.    L’ordine dell'universo e la grandezza dell'uomo

Testo  (“Pacem in Terris” n. 1)

               La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.

I progressi delle scienze e le invenzioni della tecnica attestano come negli esseri e nelle forze che compongono l’universo, regni un ordine stupendo; e attestano pure la grandezza dell’uomo, che scopre tale ordine e crea gli strumenti idonei per impadronirsi di quelle forze e volgerle a suo servizio.”

 

È evidente che la parola che suona come un ritornello in questo testo è l’ordine. Sarà quindi questo il nostro primo tema di riflessione e condivisione.

 Commento breve su questo testo

            Il testo comincia col dire che la pace è un “anelito profondo” di tutti in tutti i tempi. Questo ci può fare pensare che:

 

- la pace non è mai esistita nella storia dell’uomo nel mondo, che non esiste realmente nella persona e nei suoi contesti concreti, e per questo rimane come un anelito profondo.

- Che nessun uomo vuole la violenza, la guerra. Cioè che tutti gli esseri umani vogliono la pace.

 

Comunque sia, è chiaro che c’è un desiderio di pace perché la pace non c’è. E la proposta perché questo desiderio si compia è “il pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio”.

Questo vuol dire che non c’è pace perché non si rispetta o si rispetta poco quest’ordine nell’universo del quale fa parte anche l’uomo.

Il testo parla anche della grandezza dell’uomo attestata dalla scienza e dalla tecnica, come scopritore dell’ordine del universo e come creatore di strumenti idonei per mettere quest’ordine al suo servizio.

 

Condivisione.

            In questo testo non ci viene suggerito nessun brano biblico, quindi passiamo subito alla condivisione dei punti che ci sembrano importanti. A me sembrano fondamentali questi aspetti per il nostro lavoro concreto di promotori di giustizia e di pace:

1.      Ogni cuore umano anela alla pace.

2.      Bisogna scoprire l’ordine stabilito da Dio nell’universo e quindi nell’uomo, rispettarlo e promuovere questo rispetto.

3.      Occorre fare un’analisi degli strumenti della scienza e della tecnica che usiamo in tutti campi e giudicare la loro “idoneità”.

 

Per te quali elementi sono importanti?

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3.  Una lettura antropologica

Testo:

                Ma i progressi scientifici e le invenzioni tecniche manifestano innanzi tutto la grandezza infinita di Dio che ha creato l’universo e l’uomo.  Ha creato l’universo, profondendo in esso tesori di sapienza e di bontà, come esclama il salmista: “O Signore, Signore nostro, quanto è ammirabile il tuo nome su tutta la terra!” “Quanto sono grandi le opere tue o Signore! Tu hai fatto ogni cosa con sapienza”; e ha creato l’uomo intelligente e libero, a sua immagine e somiglianza, costituendolo signore dell’universo; “Hai fatto l’uomo”, esclama ancora il salmista, “poco inferiore agli angeli, lo hai coronato di gloria e di onore; e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani. Hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi.” (PT n. 2)

 

 Commento breve sul testo:

            In questo testo ci troviamo davanti una antropologia teo-logica. Cioè un discorso sull’uomo, un “concetto” di uomo fatto da Dio stesso. In altre parole la Chiesa in questo testo ci mette davanti alla “logica di Dio sull’uomo”.

 

            L’uomo immagine e somiglianza di Dio, è il “concetto” di uomo che ha la Chiesa, è questo il suo punto di partenza.  Cioè l’uomo intelligente (intus – leggere = leggere interiormente, in profondità), libero, degno di gloria e onore, signore dell’universo… è questo l’uomo creato da Dio.

            In questo testo appare l’ordine: prima Dio creatore, poi la creazione di Dio: l’universo e l’uomo, ma il centro della creazione è l’umanità, tutto è in funzione della sua vita. Ed è quest’ordine che non si rispetta, per questo manca la pace.

 Lettura “sociale” dei testi proposti dall’enciclica:

Testo base: Genesi 1, 26 – 2,1-25

Testi ausiliari: Salmo 8 e 103

 Tramite questi testi biblici tenteremo di entrare nella logica antropologica di Dio, cioè nella essenza che Dio ha dato l’uomo.

            A questo punto bisogna fare un lavoro di ricerca e raccolta di dati usando in un principio soltanto il testo della Genesi che abbiamo selezionato. Quindi adesso non saremmo lettori “pietosi” della Bibbia, ma lettori “intelligenti”, cioè persone capaci di leggere in profondità il testo: ci avviciniamo al testo come ricercatori, niente di più.

            Il nostro scopo è tentare di conoscere un po’ l’antropologia di Dio. Io suggerisco di chiamare questa lettura che faremo “lettura antropo-logica”.

In questo tipo di lettura si tratta di “leggere in profondità” le persone che ci troviamo nel testo:

1.      Il Signore Iddio,

2.      L’uomo-Adamo,

3.      La donna.

 

Riguardo a ciascuno di essi, dobbiamo analizzare molto attentamente:

  1. cosa dice ognuno di loro e perché.

  2. cosa si dice di ognuno di loro e perché.

  3. cosa fa ognuno di loro e perché.

 

Posso prendere un foglio per ogni aspetto: tre fogli per personaggio. E’ molto importante scrivere i dati così come appaiono nel testo. Poi nella condivisione comunitaria mettiamo in comune le nostre interpretazioni o punti di vista.

Io soltanto lascio questa domanda:

 

-Perché credi che è necessario iniziare un discorso sulla pace a partire dalla conoscenza della persona o delle persone?

-Perché iniziare da una antropologia teo-logica e non direttamente dalla sociologia?

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4. Leggere le persone della Bibbia e non il testo

 

I primi numeri della Pacem in Terris ci mettono davanti ad una lettura antropologica della Pace a partire della Parola di Dio. Ci mettono cioè davanti una “teologia della Pace”. In altre parole, mettono ognuno di noi davanti alla necessità di comprendere il cammino della Pace come un cammino teologico (che nasce dalla riflessione della nostra fede a partire della realtà della pace come anelito profondo nel cuore degli uomini) e non sociologico. Lavorare per la Pace non soltanto perché è necessario e urgente ma perché Dio non è creatore della violenza, ma creatore di un essere umano quale sua immagine e somiglianza.

Ognuno di noi, che lavoriamo per e nella Pace, ha bisogno di riflettere - a partire dalla nostra fede cristiana - la realtà di violenza che ci avvolge come una coperta nella nostra quotidianità. E deve farlo in modo che questa riflessione diventi sostegno del nostro agire. Per questo, quando leggiamo una lettera enciclica, non possiamo limitarci ad una lettura critica o in funzione del solo nostro contesto, ma dobbiamo soprattutto chiederci a quali punti fondamentali della nostra fede questa si riferisce, per assumerli poi come fonte per la nostra azione a vantaggio della Pace.

La Pacem in Terris ci suggerisce il testo della Genesi 1, 26 e i Salmi 8,1-6 e 103,24. Ora, per un maggior approfondimento in questa prima parte, suggerisco di prendere tutto il primo racconto della creazione, a partire dal testo che Papa Giovanni XXIII ci suggerisce: Gn 1,26-2, 1-4.

a). Elementi-chiave per una lettura antropologica di un testo:

1.      Ogni scritto parla implicitamente dalla persona che scrive: ci da alcuni elementi che permettono di capire il suo stato d’animo, i suoi sentimenti,  gli ideali, le convinzioni… il suo modo di essere.

2.      Ogni persona che scrive ha in mente un lettore reale o ideale con determinate caratteristiche o problematiche.

 

Con questi due primi elementi voglio dire che il nostro testo ha un autore implicito (colui che scrive il testo) e un lettore implicito (il destinatario del testo). Ovviamente dobbiamo collocare queste persone - che normalmente non si vedono nel testo, ma che eppure si fanno sentire - nella dimensione del passato, perché lo scritto è molto antico.  Ma c’è una persona che si colloca nella dimensione del presente e del futuro, perché è quella che legge oggi il testo per vivere oggi ed orientarsi per il domani. E noi chiameremo questa persona lettore contestuale, perché legge il testo oggi, nella e a partire dalla sua realtà locale.

In questo senso, nel testo che leggiamo insieme:

a). L’autore implicito è colui che ci racconta come è stato creato l’uomo e tutta la creazione.

b). Il lettore implicito è la persona o la comunità per la quale è stato scritto questo racconto.

c). Il lettore contestuale è ognuno di noi, che ci avviciniamo al testo a partire dal nostro contesto di violenza e con una intenzione concreta: lavorare per la Pace.

            La Pacem in Terris vuole che ognuno di noi abbia come punto di partenza per il suo lavoro per la Pace e come idea originale il progetto originale dell’uomo che Dio ha creato. Ci chiede, cioè, di partire dall’identità più profonda dell’essere umano, dall’essenza stessa dell’uomo.

            Nella lettura antropologica, è fondamentale avvicinarsi al testo biblico non come ad un testo del passato o come ad uno scritto “sacro” e archeologico, ma come a persone che raccontano la loro esperienza ad ognuno di noi che leggiamo il testo oggi. Si tratta di leggere le persone che raccontano, le persone a chi è indirizzato il racconto e le persone che troviamo nel racconto.

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5. Leggendo l’autore implicito del primo racconto della creazione

 

            Sicuramente di una persona possiamo capire qualcosa tramite quello che fa, quello che dice e quello che di lei si dice. In questo senso, del nostro autore implicito possiamo trovare soltanto cosa fa e cosa dice.

            Se prendiamo tutto il racconto della creazione (Gn 1,1-2,1-4), possiamo trovare questo:

 

Cosa fa

Cosa dice

 

- Racconta le origini di tutto, il principio di tutto quello che esiste.

 

-          “In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.” (1, 1-2)

-          Dio disse…(almeno 10 volte)

-          Dio vide… (almeno 7 volte)

-          Fu sera e fu mattina ( 6 volte)

-          Cosi avviene… (almeno 6 volte)

-          Dio creò… (almeno 5 volte)

-          Dio fece… (almeno  3 volte)

-          Dio benedisse… (almeno 3 volte)

-          Primo, secondo, terzo…settimo giorno…

-         Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. (2,1-4)

 

 

Di questa prima persona del nostro testo da quello che fa possiamo concludere che è:

 

-          Una persona che conosce le origini: conosce cioè la realtà a fondo, sa come era prima e come è adesso.

-          Una persona che si preoccupa che altri conoscano la realtà dalle sue radici.

-          Una persona che vede come un pericolo la perdita della memoria del principio e del fine di tutto quello che esiste.

-          Una persona che crede nel racconto delle origini per salvaguardare l’ordine creato e voluto da Dio.

 

Invece, da quello che dice possiamo dire che:

 

-          È una persona che ha una esperienza contemplativa di Dio nella realtà e che sente la Parola e lo sguardo di Dio, che crea e benedice nella quotidianità, cioè ogni giorno.

-          È una persona che sa vedere nel deserto, nelle tenebre, in tutto quello che sembra non avere forma né senso… sa percepire lo Spirito di Dio che si muove in questa realtà.

-          È una persona realista che sa di avere “sera” e “mattina” ogni giorno della sua vita, cioè momenti di luce e di buio.

-          È una persona che sa dell’importanza di lavorare, ma anche di riposare, perché il riposo fa che il buio non arrivi alla quotidianità dell’uomo (il settimo giorno non finisce con “fu sera e mattina”).

-          È una persona che sa la sua origine, la sua dignità, il suo compito; vede le risorse che Dio stesso gli ha messo nelle mani per affrontare la realtà.

-          È una persona che conosce a fondo l’ordine stabilito da Dio e di questo parla.

 

Per condividere: Come agisce in un contesto violento una persona così? Quali idee il nostro autore implicito ci da per il nostro lavoro per la Pace? Quali atteggiamenti può avere una persona con queste caratteristiche?

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