LÂ’articolo
riporta una conversazione di don Bruno
Maggioni agli animatori
missionari della sua diocesi di Como. Diamo per intero la seconda parte,
che parla della missionarietà , tratto essenziale dell'originalitÃ
cristiana, e la terza parte, dedicata alla forma per eccellenza della
missione come la chiama l'autore, la missione ad gentes.
Della prima parte riportiamo lo schema e i brani fondamentali.
SOMMARIO:
- I tratti dell'originalità cristiana:
Il primato di Dio; Il dono di sè; Il rapporto con il mondo; Fedeltà alla Chiesa.
- La missionarietà ;
- Le strutture fondamentali della missione ad
gentes;
- Dobbiamo riscoprire l'importanza del primo
annuncio;
- Il perché del tono di urgenza.
I
TRATTI DELL'ORIGINALITA' CRISTIANA
I
tratti dell'originalità cristiana sono certamente molti e si tratta di
fare una scelta, in base anche al nostro cammino.
Il
primato
di Dio
Non
c'è dubbio che l'originalità cristiana, pone alla base il “primato di
Dio”.
EÂ’
fuori discussione. Però
parlare del primato di Dio non è ancora tutto per noi, perché dovremmo
dire il “primato del Dio di Gesù Cristo”.
Ma come si esprime questo primato? Quali sono i tests obiettivi,
che mostrano che veramente il primato di Dio è alla base della nostra
ricerca? Ne ho identificati tre: il primo è
la gratuità .
Il primo modo per riconoscere concretamente il primato di Dio
è il sentire che sei una gratuità , le cose che hai sono una gratuità ,
cioè un dono: non conquista tua, ma dono.
Ne deriva una vita spesa nella gratuità .
Il
secondo test è l'obbedienza: sai che Dio ha un
disegno e a questo disegno tu vuoi obbedire; l'obbedienza può anche
essere faticosa e contrastata, dentro di te.
Generalmente dovrebbe essere gioiosa e liberante (obbedisci a un
Dio che ti comanda
cose che fanno bene a te, che sviluppano la tua umanità ), ma comprende
anche momenti in cui non cogli questo aspetto liberante: ti può
sembrare una rinuncia, una mortificazione; ma nel primato di Dio c'è
posto anche per queste cose.
Terzo
test per riconoscere il primato di Dio è la
nostalgia di Dio. Ti accorgi che tutto ciò che nella vita riesci a fare,
ad avere, a godere è
troppo poco e che desideri
una
pienezza che nulla qui può darti.
Allora sei con lo sguardo avanti, godi delle cose, ma non
pretendi troppo da esse e dalle persone; hai capito che sei fatto per
Dio... Il primato di Dio si esprime nel desiderio.
Il
dono di sé
Il
secondo tratto dell'originalità cristiana (questi tratti sono una
specie di interpretazione del primo) è
“il dono di sé”.
Si
può vedere in tanti modi e ho cercato di vederlo nella figura per
eccellenza di cristiano che è Gesù Cristo.
Più invecchio e più mi pare che valga la pena di parlare di Gesù
Cristo e basta! Se guardate
Gesù Cristo, vi accorgerete che vive di una disponibilità ad oltranza,
il dono di sé fino in fondo.
Però
con qualche precisazione: il dono di sé che ha guidato la sua intera
esistenza è innanzitutto “per tutti”.
Secondo, nasceva non semplicemente dal bisogno dell'uomo, ma da
un amore che Lui aveva dentro; tanto è vero che lo scopo primo del dono
di sé di Cristo non era salvare l'uomo, ma far vedere agli uomini come
ragiona Dio, far vedere agli uomini chi è Dio.
Ecco
una dimensione importante del primato di Dio: la “trasparenza”. La
tua grande ansia non è solo aiutare gli altri; certo li devi aiutare!
Ma la tua grande ansia è questa: in un mondo opaco, che sembra
cancellare le tracce di Dio, costruire delle tracce di Dio.
Le costruisci nella misura in cui mostri con la tua esistenza il
dono di sé, gratuito, senza pretendere il ricambio.
Il dono di sé: la sequela si qualifica in fondo nel dono di sé.
Il rapporto con il mondo
Un
altro punto che qualifica l'originalità cristiana è il rapporto con il
mondo.
Siamo nel mondo, siamo dentro strutture, dentro una
società , sei dentro una professione.
Il rapporto col mondo può essere in
tanti modi: quello di Gesù com'è stato?
Certamente ha avuto una certa distanza, non si è confuso col
mondo, non si è appiattito sulla mentalità comune. Nella lettura del mondo aveva un suo punto di
vista, che nasceva
dal primato di Dio, il tuo modo di guardare il mondo è diverso.
Però piena solidarietà col
mondo, con qualsiasi tipo di mondo. Secondo modo di stare nel mondo:
proprio perché stai nel mondo con un punto di vista diverso, che è il
primato di Dio e dunque con una distanza nei confronti del mondo (il
mondo non è il tuo tutto!), proprio per questo devi dimostrare che più
di altri sei capace di godere del mondo, perché per godere del mondo
non devi farne un idolo; devi
goderlo nelle sue vere proporzioni per quello che è, senza
pretendere più di quanto può dare.
Inoltre il modo cristiano di stare nel
mondo, qualsiasi tipo di mondo, sta nel non
perdere mai la speranza. Il cristiano, proprio perché crede nel
primato di Dio, dovrebbe essere l'ultimo a rassegnarsi, a gettare la
spugna. Ancora: il primato di Dio ci rende lucidi
nello scoprire l'idolatria del
mondo, anche là dove questa idolatria si nasconde e assume
tratti ingannevoli; però ci rende altrettanto
lucidi nello scoprire il
bene, anche dove è nascosto. Cristiani
che vedono tutto male, che sono
in grado solo di denunciare, non hanno capito il primato di Dio:
hanno gli occhi accecati, non credeteci troppo.
FedeltÃ
alla Chiesa
L'originalitÃ
cristiana comprende anche la “fedeltà alla Chiesa”.
L'originalitÃ
cristiana non è senza la percezione di un forte legame con la Chiesa.
Perché sembra di incontrare dei cristiani che hanno con la Chiesa un
rapporto selettivo, parziale: in alcune cose sto con la Chiesa, in altre
no, sto con la mia coscienza indipendentemente dalla Chiesa.
Bisogna
stare interamente con la Chiesa, con il diritto di agitarla, col diritto
di dire anche una parola in qualche modo critica, di dissenso, ma dentro
la Chiesa, in una totale appartenenza. Solo vivendo una totale
appartenenza hai anche il diritto di esprimere il tuo parere diverso
alle volte le persone che esprimono un dissenso lo fanno perché amano
quella Chiesa, quella situazione...
LA
MISSIONARIETA'
Il secondo e
terzo punto della nostra conversazione riguardano la missionarietà e la
missione "ad gentes". Avrei
potuto mettere la missionarietà come un punto dell'originalitÃ
cristiana, ma preferisco considerarla a parte per evidenziarla.
Per
entrare nell'anima missionaria, nella radice della dimensione
missionaria, possiamo rifarci a due grandi affermazioni del Vangelo di
Giovanni.
La
prima: "Come
il Padre ha mandato me,
così io mando voi".
E una frase interessante, perché Gesù e il discepolo sono
accomunati nello stesso invio. Non è che Gesù sia stato mandato in un modo e il discepolo
in un'altro.
Il
verbo “mandare” dice la gratuità : tu non hai fatto qualcosa per
essere mandato, l'iniziativa è di Dio.
Dice anche la dipendenza nella missione: tu vai a nome di
un'altro. Andare a nome di
un altro è bello ed è brutto; è bello perché vai a nome di Dio e
Dio ha un progetto immensamente più grande del tuo (e poi che diritto
avresti di andare in giro per il mondo a presentare un tuo progetto? E perché il progetto è di Dio che hai il coraggio di andare
a presentarlo); però la dipendenza richiede anche molta umiltà e alle
volte molta fatica, anchè perché si passa attraverso la mediazione di
una comunità .
L'altra
affermazione: “Come
il Padre ha amato me, così io ho amato voi".
Avrete notato che è parallela alla prima.
Qui il verbo è "amare".
Se Cristo è stato mandato, è perché è amato dal Padre.
E se noi siamo mandati, è perché siamo amati da Gesù Cristo.
È dall’amore che nasce l'invio.
Quindi la
missione discende da un comando del Padre e nemmeno è il frutto di una
decisione di Gesù, ma è il prolungamento e se volete la copia di un
amore che precede: "Come il Padre ha mandato me".
La radice della missione è una comunità d'amore, è un sentirsi
amati. E lo stile della missione è di far vedere, di incarnare, di
visibilizzare questo amore. Se
ti fai missionario è perché non vuoi tenere per te questo amore, ma
dirlo a tutti.
La
ragione della missione è chiara nella frase che andiamo ripetendo:
"Gesù è il Cristo: ditelo a tutti".
Il problema è la prima parte: Gesù è o no il Cristo? Se è il Cristo, è ovvio, devo dirlo a tutti.
Non posso certo tenere per me una notizia del genere, né posso
pensare che il Figlio di Dio si sia fatto uomo solo per me o per noi.
Il "ditelo a tutti" nasce da una convinzione
precedente, da un fatto: Gesù è il Cristo. Per cui tutto il discorso
deve essere incentrato in questo.
Credo
che i cristiani non devono continuare a riflettere su "come"
si fa a dirlo a tutti, "quando" devo dirlo a tutti, “che
cosa" devo dire a tutti... sono questioni secondarie!
Noi stiamo a studiare com'è la gente, che cosa pensa, di che
cosa ha bisogno: dopo che abbiamo fotografato la gente, non sappiamo che
cosa darle. Dobbiamo sapere
che cosa abbiamo, dobbiamo riflettere senza soste sulla prima parte,
sull’indicativo "Gesù è il Cristo",
sul gesto di Dio, e dopo il resto viene.
Sono convinto che non è questione di tecniche.
Se una cosa è dentro,
bene o male uscirà ; e
comunque se esce in modo sbagliato, studierai per ricostruirla e dirla
in modo giusto.
LE
STRUTTURE FONDAMENTALI DELLA MISSIONE AD GENTES
Sono convinto
che la missione “ad gentes” sia “il luogo principe” dove
possiamo cogliere l'idea di missione.
Da essa possiamo ricavare indicazioni per tutte le varie forme di
missione richieste dalle diverse situazioni. È importante, quindi,
cogliere le strutture fondamentali della missione "ad gentes",
le indicazioni verranno di conseguenza.
Senza
fissarci in troppo rigidi schematismi, le caratteristiche della missione
"ad gentes" sembrano essere queste:
1° -
Innanzitutto la missione "ad gentes”evidenzia la “partenza”.
È
un tratto necessario della missione.
La missione "ad gentes" è per lo più una partenza per
Paesi di differente cultura: evidenzia quindi la partenza come distacco dal tuo mondo, ma anche come sforzo di solidarietÃ
verso un'altro mondo; evidenzia anche la convinzione che il
cristianesimo va sì bene per la tua cultura, ma va bene anche per altre
culture.
La
partenza, che in superficie è geografica, in profondità è culturale:
abbandoni la tua cultura e ti sforzi di entrare in un'altra. Mostrando in tal modo la
cattolicità del Vangelo. Certo
che se uno non fa che portarsi dietro l'albero della sua cultura e lo
pianta in un'altro terreno, non è missionario 'ad gentes". È
partito, ma è partito solo geograficamente, non è partito con
la testa.
2°-
C'è un'altra struttura
importante: la "comunione tra le Chiese”.
Parto
dall'esempio di Paolo, il quale andava, fondava una comunità , poi
passava altrove. Il
missionario "ad gentes" è
itinerante; quando una comunità si
regge da sola, va da unÂ’altra parte. Paolo poi ritornava per fare
comunione tra le Chiese.
La
missione non è solo annunciare Cristo là , in una nuova cultura, ma
fare in modo che il Cristo annunciato là e il Cristo annunciato qui
appaia come un unico annuncio e le due Chiese un'unica Chiesa.
E allora il missionario "ad gentes", proprio perché
tale, ha ogni tanto il dovere di ritornare, perché la comunione tra le
Chiese è importante come l'annuncio agli altri.
3°
Il missionario “ad gentes"
ha come specializzazione la capacità del cosiddetto "primo
annuncio”.
LÂ’importante
è capire che il primo annuncio è un fatto qualitativo, non
cronologico.
Non
è semplicemente l’annuncio del Vangelo che avviene per la prima volta
perché sei in un posto dove non è ancora giunto nessuno ad annunciare
Gesù Cristo. Il primo
annuncio è un fatto qualitativo: vuol dire che annunci, prima dei
particolari e prima delle conseguenze, il nucleo centrale da cui tutto
deriva.
Per
cui se un missionario va in Nuova Zelanda e annuncia per prima cosa
l'Estrema Unzione, non fa primo annuncio. Deve
annunciare il nucleo centrale: il
Signore Gesù Cristo, che ha rivelato un'idea di Dio, che è vissuto
così e così, che è morto- e risorto… Non è mica facile, sapete!
Intanto devi sapere qual è! E, d'altra parte, a convertire è questo
nucleo centrale, non sono i particolari e le conseguenze: questi sono
convincenti se c'è il nucleo centrale.
DOBBIAMO RISCOPRIRE
L'IMPORTANZA DEL PRIMO ANNUNCIO
Su questo punto, che è davvero un punto
grosso della missione "ad gentes", devo dire che il Signore si
è divertito a scombinare un po' le geometrie.
Perché il primo annuncio che devi fare là dove ancora non
conoscono Cristo, t'accorgi che devi farlo anche qui, perché molti non
conoscono Cristo.
Ma
non solo: comprendi che il primo
annuncio deve continuamente essere fatto anche ai credenti, perché
non è una cosa fatta una volta per sempre, devi continuamente
ripeterlo. Di qualunque
cosa parli, devi partire dal primo annuncio. Le altre cose non stanno in
piedi senza la forza del primo annuncio.
Viviamo invece in una comunità cristiana che ha smarrito il
primo annuncio. Il documento dei Vescovi "Evangelizzazione e
testimonianza della carità " sottolinea questo aspetto e mi ha
fatto molto piacere.
4° - Come caratteristica del
missionario "ad gentes” vedo anche la definitività : al primo
annuncio ti dai totalmente.
Non
parlo di definitività superficiale, cioè di stare a lungo nello stesso
posto, ma di definitività come vita, come capacità di annuncio: magari
stai appena due anni là , ma quando torni sei come eri là .
Cioè hai capito che ad entusiasmare è il nucleo del Vangelo che
hai colto: sei qui, ma annunci il nucleo del Vangelo; sei diventato
tutto concentrato sullÂ’essenza del Vangelo.
Hai
visto il mondo in un certo modo; continui a vederlo in un certo modo;
hai visto che i valori si gerarchizzano in un certo modo, continui a
gerarchizzarli in un certo modo.
La
cosa peggiore è una missione "parentesi": la mia vita è
mondana, per tre anni ho aperto una parentesi, poi
l'ho chiusa e vivo come prima.
5°
Potrà sembrare una contraddizione, ma accanto alla definitività il
missionario "ad gentes” è chiamato a vivere la mobilità .
La
missione "ad gentes" è andare sempre
oltre. Ho sempre ammirato certi vecchi missionari, pur con i loro
difetti: li hanno cacciati dalla Cina, sono andati in Indonesia, a 40-45
anni, sono andati in America Latina, hanno imparato una nuova lingua...
Sono un missionario per i popoli: non posso star lì?
Vado altrove.
Ne
ho conosciuti invece altri che facevano un ragionamento diverso: io sono
un missionario per la Nuova Zelanda, la mia solidarietà è con i
neozelandesi: mi mandano via e io non voglio andare più da nessuna
parte, o là o niente.
Il
missionario solidarizza col mondo, non con una parte di esso. È
l’universalità della solidarietà .
IL PERCHEÂ’ DEL TONO DI
URGENZA
6°
A proposito della missione "ad gentes" lasciatemi dire
ancora due cose, che ricavo dalla Redemptoris
Missio.
Innanzitutto il "tono
di urgenza”.
È
urgente annunciare in
tutto il mondo Gesù Cristo; è urgente, subito.
Però, attenzione, non lasciamoci ingannare: l’urgenza non
nasce da unÂ’emergenza (i cristiani sono minoranza, gli altri aumentano
... ). L'urgenza nasce dalla natura del Vangelo: se il Vangelo è la
rivelazione del Figlio di Dio, è urgente dirlo a tutto il mondo; devo
lasciar morire meno uomini possibile senza che sappiano questa notizia.
Questa urgenza non sempre mi pare di ritrovarla.
Il
Papa ha poi il coraggio di dire che è particolarmente urgente nel mondo
moderno: è una sfida perché si direbbe nel mondo moderno bisogna stare
attenti ad annunciare Gesù Cristo; per il Papa il mondo di oggi ha più
bisogno di ieri di Gesù Cristo, di conoscerlo.
Davvero, se vogliamo ottenere il consenso dobbiamo smetterla di
parlare di cose secondarie e parlare invece e sempre più di Gesù
Cristo.
7° Accanto a questo tono di urgenza c'è un tono di
"ottimismo”.
Secondo
il Papa le possibilità oggi sono più grandi di ieri, non tanto per le
migliori tecniche, ma perché il Vangelo nel mondo di oggi è una carta
vincente. Forse non ha mai
avuto una "chance" come quella di oggi.
Dobbiamo
smetterla di dire che oggi l'annuncio di Cristo è più difficile perché
annunci qualche cosa che è contrario alla mentalità comune, al modo
comune di fare. Per gli specialisti la difficoltà starebbe nel fatto
che annunci Gesù Cristo a un mondo che è disomogeneo alla fede: pensa
in un modo e tu gli dici una cosa che è il contrario.
A me pare, invece, che alla fine questa sia una carta favorevole;
perché se io dico al mondo quello che sa già , non mi ascolta; il mondo
ha bisogno di una parola diversa. Quella
che dobbiamo dire, siamo sicuri che è diversa, a meno che la roviniamo.
Abbiamo
una carta che è diversa dalle altre, giochiamola. Scommettiamo su questa carta!
Senza appiattirla, senza nasconderla.
Forse è perché diciamo cose comuni, banali, che tutti sanno,
che le orecchie non si aprono.
L'ottimismo
ha una radice ancora più profonda: in fondo è il Vangelo.
La Parola di Gesù Cristo non valeva solo per ieri, anzi vale
molto più per l'oggi. Gesù
dice: "Alzate i vostri occhi e guardate i campi che giÃ
biondeggiano per la mietitura".
Per accorgerti che i campi biondeggiano, devi alzare gli occhi. Se guardi la tua piastrella o te stesso, cosa vuoi vedere?
Il
mondo è già pronto: non vuol dire che tutti si convertano: è che hai una parola che ha la sua efficacia.
Il Papa ha la convinzione (se manca scade anche la missione!) che
accettare Cristo non è perdere nulla dell'uomo. È la prima frase detta
dal Papa: "Aprite le porte a Cristo".
Voleva dire questo: Gesù Cristo non vi ruba niente, anzi allarga
gli orizzonti, libera lo sguardo.
L'accoglienza
piena di Cristo non impedisce di vedere i valori che sono altrove, anzi
dà gli occhi chiari per vederli. Ti
fa scoprire valori che magari non avresti visto da solo.
Cristo non ti fa vedere solo il male che c'è nel mondo.
In genere chi vede solo il male nel mondo è perché lo confronta
con il suo personale schema e più lo schema è personale e più il male
è grande, perché sempre meno trova persone che realizzano il suo
schema; se invece lo schema non è tuo, ma è quello del Vangelo, allora
ti accorgi subito che il bene in circolazione è grande.
Il
missionario denuncia le idolatrie del
mondo, ma esalta anche la quantitÃ
di cose di Cristo, già presenti ma bisognose di essere scoperte.
tratto da ATTUALITA' DELLA MISSIONE a cura di MISSIONE OGGI
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