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Tu non uccidere! - Aviano 2009

 Via Crucis

Pordenone - Base Usaf Aviano 2009

TU NON UCCIDERE

(don Primo Mazzolari)


domenica 29 marzo 2009


 


 


  

"TU NON UCCIDERE!"

"La pace, nostra ostinazione!"
(don Primo Mazzolari)

Un motivo comune ci unisce a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti di ogni nazione, razza, popolo e lingua:

 

la Dignità di ogni persona e il dovere di difenderla sempre.

Questi valori sono presenti nelle radici culturali di tutti i popoli:

 

  • “L'uomo non vive soltanto del pane necessario alla sopravvivenza. Vuole vivere da uomo. E vivere da uomo vuol dire sapersi accolti con calore, come colui che si sente dire: è bello che tu esista fratello”. (L. Boff)
  • Dio disse ad Adamo: “guarda le mie opere come sono splendide. Io ho creato ogni cosa e l'ho creata per te. Abbi cura perciò di non distruggere il mio mondo, perché se lo farai, non ci sarà più nessuno che lo ripari dopo di te” (Ecclesiastes Rabbah 7)
  • “Quando Dio ha creato l'uomo, lo Spirito è entrato in ogni uomo, donna e bambino . Quando ho creato l'uomo, ho soffiato il mio spirito in lui. Mettetevi in ginocchio davanti a lui” (Corano nella sura XV.9)
  • “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” ( dal vangelo di Giovanni 15,12).


Non possiamo restare indifferenti alle grida dell'umanità!


VOGLIAMO RICORDARE la nostra Costituzione che all'art. 11 dice: “L'Italia ripudia la guerra come

Non possiamo chiudere gli occhi sulla situazione economica italiana che vede molte famiglie, persone sole, anziani, disoccupati, malati cronici, immigrati regolari non arrivare a fine mese, e tanti altri venir privati della loro dignità e dei loro bisogni fondamentali a causa dell'orientamento sbagliato di capitali, di cui la corsa all'armamento è una grande componente.

NON VOGLIAMO COLLABORARE con il male che continua a persistere nella produzione e commercio di armi leggere e accoglienza di armi nucleari nel nostro territorio,di cui la Base Usaf di Aviano ne è il sito principale in tutta l'Europa. Ribadiamo che le armi e le basi militari sono strumenti di morte e il loro scopo è mantenere situazioni di povertà e ingiustizia nel mondo.

AUSPICHIAMO che chi ha responsabilità politiche trovi sempre le sue aspirazioni e la misura delle sue scelte nei diritti umani e nel Bene comune.
Invitiamo i politici a rinunciare agli idoli del denaro e della violenza, a trovare le vie della sicurezza sociale nell'incontro e nella corresponsabilità tra tutti gli abitanti della nostra Nazione.
Crediamo nella fraternità che è possibile solo poggiando sui valori positivi presenti in ogni persona, qualunque sia il suo colore, la sua cultura , la sua fede.
Esprimiamo grave preoccupazione per il crescente clima di ostilità nei confronti degli stranieri; denunciamo il razzismo di determinati provvedimenti; siamo convinti che solo leggi giuste possono costruire giustizia e convivenza pacifica; rinnoviamo il nostro impegno per una cultura dell'accoglienza e e per concrete esperienze di convivenza pacifica fra le differenze.


INVITIAMO TUTTI a prepararsi a questo momento di preghiera informandosi maggiormente sulla produzione delle armi (www.controlarms.org), sulla situazione delle Banche armate (www.banchearmate.it) e sul Disarmo nucleare (www. unfuturosenzatomiche.org).

Sollecitiamo la vostra partecipazione per vivere una solidarietà pratica con le vittime, uscendo dall'anonimato, dall'indifferenza e vivendo atteggiamenti d'incontro con chi vi cammina a fianco, oltre il gruppo a cui appartenete.
Il cammino di riflessione e di preghiera da Pordenone alla base Usaf di Aviano è insieme a tutte le persone, le comunità impoverite oppresse colpite vittime del sistema di dominio e di guerra sparse nella Terra e a tutti i Crocifissi di oggi, per condividere la loro condizione di sofferenza e nello stesso tempo la loro forza di resistenza, di denuncia, di progettazione, di dedizione fino al martirio; animate da profonda spiritualità, dalla presenza di Gesù di Nazaret Vivente oltre la morte, o da altri riferimenti che comunicano luce, coraggio, sostegno nel cammino.


Beati i costruttori di pace - Associazione E. Balducci di Zugliano- Comunità Arcobaleno di Gorizia - Comunità di S. Martino al Campo di Trieste - Emergency - SUAM Nord Est (segreteria unitaria di Animazione Missionaria: missionari e laici della Consolata, Famiglia Comboniana, SMA e NSA)


Ricorda e approfondisci le passate edizioni delle Via Crucis Pordenone Aviano!!!!

 

Via le Bombe! - La Cassazione dopo il ricorso dei pacivisti italiani e del Comitato Via le Bombe dice che per i giudici italiano non è possibile "entrare" nella basi militari in Italia. Clicca qui per leggere la news.  

 


 

 

 

Riflessione di fronte alla base Usaf di Aviano

 

 

Care amiche e cari amici,

 

 

il saluto qui davanti alla base è di reciproco riconoscimento, e di reciproca gratitudine  per essere stati compagni di viaggio in questo cammino, concretezza e simbolo degli itinerari della vita e della storia. Il nostro saluto così cordiale, cioè che viene dal profondo del cuore, e amichevole è rivolto a tutte le persone e comunità che abitano il nostro Pianeta in particolare a coloro che sono coinvolti nei difficili percorsi della liberazione dall’ingiustizia, dall’oppressione, dalla violenza, dalla guerra, dal razzismo, con la straordinaria ricchezza di resistenze, sogni, progetti, dedizione. E anche agli oppressori, ai violenti, e a noi quando siamo complici di queste situazioni perché siano dispersi i pensieri della prepotenza e del dominio, dell’arroganza e della violenza. Siamo qui di fronte alla base Usaf di Aviano, come avviene da 13 anni, come avviene anche in altri momenti, ad esempio il 6 e il 9 agosto per vivere la memoria delle vittime di Hiroshima e Nagasaki; o, facendo vibrare, la breve, ma intensa, memoria storica, ora, dopo 10 anni, con la presenza della tenda della pace in tutti i giorni della partenza dei cacciabombardieri per colpire i territori della ex-Jugoslavia; con la celebrazione dell’eucarestia il giorno di Pasqua di quell’anno 1999. Viviamo ancora la commozione della celebrazione con i rappresentanti del Pianeta domenica 28 settembre scorso, quando si sono mescolate in una straordinaria pregnanza di significati dolori immensi e dedizioni straordinarie: dalle Madri de Plaza de Mayo a donne dell’Iraq, Afghanistan, India, Colombia e di altri luoghi ancora. Proprio sul prato poco più avanti dove ora ci troviamo, in modo creativo si è costituito il movimento alle vittime, scrivendo i loro nomi sui sassi collocati poi a formare una figura. Riprendendoli in mano con attenzione, timore e tenerezza abbiamo scoperto che Mirta, una delle fondatrici delle Madres de Plaza de Mayo non ha scritto il nome di sua figlia sequestrata e uccisa, ma un numero: 30 mila; lei una madre, come tutte le altre madri; sua figlia come tutti gli altri figli: un dolore comune, un legame comune, un impegno comune per la verità e la giustizia, contro il crimine e l’impunità che pretende di nascondere i colpevoli. Segni di morte e segni di vita, di risurrezione. Gesù di Nazaret dopo la Via Crucis è stato ucciso, giustiziato con lo strumento di supplizio della croce, perché insopportabile dal sistema, nell’intreccio fra potere culturale,  giuridico, politico, religioso, militare. Insopportabile perché le sue parole ed i suoi gesti provocano in continuazione ad un radicale cambiamento dei cuori, delle coscienze, delle relazioni fra le persone, del rapporto con il denaro, il potere, la violenza, le armi, la religione che li protegge e li sostiene. L’attenzione ad ogni persona; il superamento di discriminazioni e di separazioni; la comprensione per chi è ammalato, colpito, abbandonato; la condivisione e non l’accumulo; il potere come servizio e non come arroccamento, prepotenza e dominio; la non violenza attiva e non l’inimicizia che chiede le armi; la fede che coinvolge la profondità dell’essere e delle scelte e non la religione della formalità del culto, sono prospettive esigenti, chiedono cambiamento, scelte, coerenza.  Alla fine è preferibile eliminare chi le propone in modo così diretto, luminoso, inequivocabile. Vivere la memoria della vittima, di Gesù di Nazaret, significa riconoscere l’iniquità  degli intrecci dei poteri che lo hanno ucciso e nello stesso tempo l’amore incondizionato che ha sostenuto non senza paure, timori e tremori, la sua fedeltà e coerenza, la sua dedizione totale. Anche oggi l’iniquità del potere economico, politico, militare, più di qualche volta con la copertura della religione (non della fede che è altro, è profezia, è denuncia, prospettiva, coinvolgimento, fedeltà, impegno per la vita…) colpisce e uccide: per fame, sete, malattie endemiche e curabili, violenze, varie forme di terrorismo, guerre, violazione dei diritti umani, uccide anche tante sepcie di esseri viventi e deturpa l’ambiente vitale. La crocifissione di Cristo continua in milioni di esseri umani, in migliaia di comunità, nelle vittime colpite, anche in modo inconsapevole, dagli ingranaggi mortali di questo sistema. Ci sono i crocifissi più consapevoli, le persone che scelgono e vanno coscientemente incontro alla morte perché i percorsi della vita continuino, si rafforzino, si diffondano, si stringano e si sorreggano e si alimentino nella loro reciprocità. Sono le donne, gli uomini, le comunità di profeti e martiri, una moltitudine immensa che nessuno riesce a contare di ogni popolo, tribù, lingua, fede religiosa. È il paradosso della vita, della storia, della fede: dare la vita affrontando la morte fisica perché la vita si affermi e continui; paradosso appunto, svelamento del mistero e della concretezza del male e del bene. Nominare Gesù, e con lui tutte le vittime, ad esempio don Giuseppe Diana nel 15° anniversario, il 19 marzo, del suo martirio e mons. Romero, il 24 marzo, nel 29° anniversario del suo martirio, vivere la compassione, la commozione per loro significa coinvolgersi con la loro forza di vita, significa esprimere parole e gesti di vita, di risurrezione dalle situazioni di morte. La forza dell’amore e della energia vitale di Gesù, delle sue parole e dei suoi gesti non poteva restare chiusa in un sepolcro: per la sua fede è stato accolto dal Padre e risuscitato dalla morte. Una vita donata alimenta la vita: donata nella disponibilità quotidiana a rendere più giusto e umano questo mondo. Gesù di Nazaret  Vivente oltre la morte, i profeti, i martiri, i testimoni sono con noi; li sentiamo presenti, vivi; ci spronano e ci incoraggiano a scegliere senza timori, senza prudenze, senza tatticismi: la giustizia, la non violenza attiva, la pace, l’accoglienza, la relazione di premura e di cura con tutti gli esseri viventi, con l’intero ecosistema. Scorgiamo insieme a tante atrocità e a tanti drammi, i segni della vita e della speranza: nelle presenze, nella resistenza, nella dedizione di tante persone e comunità; nelle esperienze in atto di giustizia, pace, accoglienza. Di fronte a questa base che è una struttura di morte per quello che contiene, per le azioni di morte che da qui sono partite,  per il furto organizzato ai poveri nel fagocitare immense risorse alla loro vita, per quello che può preparare, noi rinnoviamo la nostra scelta della non violenza attiva, con le parole di don Primo Mazzolari che ricordiamo nel 50° anniversario della sua morte. “Dobbiamo rendere visibile la verità perché i nostri silenzi diventano pietre di inciampo”. “La pace è una parola che non sopporta aggiunte: tu non uccidere, per quanto ci arzigogoli sopra, vuol dire “Tu non uccidere”. “La guerra è sempre “criminale” in sé e per sé: è sempre sproporzionata; è sempre una trappola per la povera gente; è sempre antiumana e anticristiana, è sempre inutile strage”. “La non violenza non va confusa con la non –resistenza. Non violenza è come dire, NO alla violenza. È un rifiuto attivo del male, non un’accetazione passiva. La pigrizia, l’indifferenza, la neutralità non trovano posto nella non violenza dato che alla violenza non dicono ne sì ne no. La non-violenza si manifesta nell’impegnarsi a fondo”; “Il senso della pace è il riconoscimento che c’è un prossimo, cui dobbiamo voler bene e che se non gli vogliamo bene l’abbiamo già ucciso dentro di noi”; “Chi non ama è nella morte. Chiunque odia il suo fratello è omicida”. Così, don Primo Mazzolari. Di fronte a questa base militare denunciamo l’assurdità di accogliere e di accettare armi, basi militari, di costruirne di nuove come a Vicenza e di rifiutare le persone in particolare i deboli, gli affaticati ed esclusi, i carcerati, gli stranieri.  La contrarietà, che in gran parte questa società e questa politica esprimono, non è alle armi, alle basi militari, alle guerre, ma alle persone. E per quanto riguarda i pronunciamenti della Chiesa se la vita è sacra lo è sempre e le armi e le basi militari disprezzano la sacralità della vita. Ma questo lo si dice raramente e in modo tenue, non certo con la passione e la forza della profezia. Il clima di violenza culturale e simbolica e di ostilità che si alimenta giustifica le parole e i gesti violenti; le armi e le guerre sono rivolte ai nemici individuati e costruiti diffondendo ostilità. Il riarmo mentale accetta il riarmo e la violenza reali nei confronti delle persone. Ci impegnamo a liberarci dalla logica di morte che ci sta davanti; a rinnovare le dinamiche della vita, del sogno, della creatività, dell’utopia calda e coinvolgente, della profezia esigente e luminosa che ci detta le scelte, le parole e i gesti di ogni giorno.

Con ragionevole speranza, trovandovi il senso stesso della nostra vita, il cammino continua.

 

Pierluigi Di Piazza

 


  

Lettera aperta a Barack Obama 

 

  "E così, per tutti i popoli e i governi che ci guardano oggi dalle più grandi capitali al piccolo villaggio dove è nato mio padre: sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità." 

 

Con grande emozione, come la maggioranza degli statunitensi, abbiamo ascoltato il 20 gennaio scorso queste tue parole, che riaprono le porte alla partecipazione popolare, al rispetto dei diritti di tutti, all'obbligo di perseguire il bene comune e a nuove relazioni di dialogo e di amicizia fra i popoli. In queste prime settimane hai già intrapreso iniziative concrete contro la tortura e per l'affermazione della legalità, la distribuzione delle risorse ai più poveri, il rientro dalla guerra in Iraq, l'uso della diplomazia e non della forza per affrontare i conflitti più ad alta tensione.

Nel tuo programma elettorale abbiamo letto che vuoi arrivare ad un mondo libero da armi nucleari. Ne siamo felici e per questo ti chiediamo di arrivare con rapidità alla ratifica del trattato per la messa al bando delle sperimentazioni nucleari, a cancellare i piani per lo scudo in Europa, alla revisione della dottrina nucleare della Nato. Hai affermato che fintanto nel mondo ci saranno armi nucleari, gli Stati Uniti dovranno mantenere una loro deterrenza nucleare. Nel mondo nuovo multipolare che ci hai annunciato la deterrenza non ha più senso; impedirebbe i rapporti da una posizione di pari dignità con gli altri popoli e Stati. Ormai l'esistenza stessa e la proliferazione delle armi nucleari rappresentano più una minaccia alla sicurezza, che una soluzione.

Noi oggi siamo qui, davanti alla Base di Aviano, dove sono custodite circa cinquanta B61. Non sono bombe che hanno uno scopo militare; rappresentano piuttosto un simbolo politico, ma di un'era che non esiste più. "Il mondo è cambiato": l'hai detto tu. Annunciare che tutte le B61 ancora presenti in Europa (Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia) verranno tolte dagli Stati Uniti per essere smantellate, sarebbe un segnale straordinario. Con un'unica azione confermeresti la tua volontà di dare inizio a un periodo storico nuovo nel quale i rapporti fra popoli e Stati si fondano sulla relazione di accordo, o anche di disaccordo, ma non più sul ricatto della forza distruttrice più apocalittica inventata dall'uomo.

Non dirci che siamo sognatori. E' la tredicesima volta che in tanti piedi percorriamo il tratto dalla città di Pordenone alla base militare di Aviano, prendendo coscienza e collegandoci alle sofferenze di quanti devono soccombere per le nostre scelte di potenza e di privilegio, ma anche pregando perché rimanga tenace la speranza che il diritto alla giustizia e alla pace dei popoli trovi risposte concrete e adeguate. Con grande sincerità dobbiamo confessarti che questo tipo di strutture militari, assieme alla montagna di risorse gettate via per la produzione di armi, per noi rimangono una ferita inferta ai popoli e al pianeta, segno e strumento di ingiustizia e di prepotenza. Sappiamo che sarà un percorso durissimo e pericoloso e sarà ostacolato da gruppi potenti, che vogliono imporre i loro interessi. Trovando l'energia nei figli che crescono e aspettano da noi un futuro diverso e rispondendo alle attese pressanti della maggioranza dell'umanità, pensiamo sia possibile rivedere la nostra posizione complessiva di gendarmi del mondo.

Ti siamo molto riconoscenti per i segni di speranza che già ci hai offerto e continuiamo a pregare perché ti rimangano forti il coraggio e la determinazione nel percorrere la strada promessa e intrapresa.

 

Aviano, 29 marzo 2009 

 


 

 

La Via Crucis raccontata da alcuni giovani del Gim

 

 

 

 

Cari tutti,

 

vi raccontiamo di questa 13ma Via Crucis Pordenone-Aviano con un profondo, umile e unico Spirito di condivisione. In realtà partiamo con un passo indietro, e vi portiamo alla sera di sabato 28 marzo, quando presso il Centro di Accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano (Ud) eravamo una cinquantina di giovani - Gim comboniano di Padova, Missionari e laici della Consolata, e altri gruppi da Bologna – insieme per condividere e confrontarci con la realtà e le testimonianze degli immigrati richiedenti asilo. Dopo la convivialità dei lavori di gruppo e della cena, abbiamo vegliato in preghiera e fatto memoria dei passi di don Primo Mazzolari e di Oscar Arnulfo Romero, riprendendo dal testo “Tu non uccidere” di Mazzolari e dall’omelia del 23 marzo 1980 del vescovo di San Salvador “Cessi la repressione!”. La domenica mattina la celebrazione della Messa per la terra senza mali, fianco a fianco con la comunità cristiana di Zugliano e con don Pierluigi Di Piazza, ci ha condotti alla Via Crucis Pordenone-Aviano.

Ci viene da pensare, da meditare, da fermarci su tutto ciò.

Qual è il filo rosso che unisce tutti questi testimoni e testimonianze?

Cosa ci convoca? Cosa ci ha convocati?

Qual è la distanza - e chi la copre, se mai ce ne fosse – tra i ragazzi etiopi e sudanesi, che hanno raccontato il loro viaggio di Speranza per la Vita, tra quelli che continuano a morire nel Mediterraneo anche per la politica di una società che ne rimane sorda, e quei due testimoni di fede e carità che sono don Primo Mazzolari e Oscar Romero?

Cosa passa tra il “Tu non uccidere” e il “Cessi la repressione! In nome di Dio: non ammazzare”? Quanti morti e quante guerre, qui anche in questo momento mentre leggi; dobbiamo fare memoria!

Cosa ci convoca, cosa ci chiama a rimetterci dietro alla croce?

Qual è quel potere subdolo, che occultamente ci porta - noi uomini, cittadini, cristiani – ad aderire accondiscendenti alla corsa al riarmo (gli F35 dell’Europa e di Camerino, scudi spaziali, stanziamenti faraonici per la difesa-offesa) e a politiche economiche di accumulo e depredazione di natura, territori e popolazioni?

Qual è la nostra risposta? cosa proviamo a fare?

Domenica è stato il ripercorrere la via scelta da Dio Padre e assunta da Gesù Cristo uomo e fratello, verso la Resurrezione! E dove farlo se non là dove la terra è scossa, violentata e privata, davanti a una base militare dove tanti altri fratelli non sembrano capire che collaborano ad aumentare il numero dei crocefissi della storia.

Da 13 anni la fedeltà del Dio della Vita, e la fede in Lui di molti altri uomini cristiani ci dà appuntamento alla Via Crucis Pordenone-Aviano per vivere in prima persona la resistenza e la nonviolenza. Don Primo Mazzolari in “Tu non uccidere” ci ricorda cosa è la nonviolenza:

"Non va confusa con la non-resistenza, è un rifiuto attivo del male, ma è, ancora di più, un atto di fiducia dell’uomo e di fede in Dio, una testimonianza resa alla verità fino alla conversione del nemico. La nonviolenza assume un valore umano inestimabile solo quando diventa resistenza al male sul piano spirituale e allora la resistenza assume immediatamente questi aspetti incomprensibili: dichiarazione di condanna del male, opposizione al male e non agli uomini che lo commettono, disposizione a pagare e  non a far pagare la nostra condanna e la nostra opposizione al male. Tale comportamento fa cadere la maschera idealistica dell’egoismo, che è il vero movente di ogni violenza. Una volta caduta la maschera, la vittoria dello spirito albeggia: spirito di pace, verità e giustizia. Siamo in gioco in prima persona, l’impegno lo si gioca su questo campo, prima di abbracciare l’altro, la pace comincia in noi, in me e in te, da ciascuno, come la guerra".

Osiamo dunque il coraggio del confronto e del dialogo ripartiamo dal nostro territorio, dalle nostre case; accogliamo e gustiamo, gioendone, i piccoli segni di speranza e di pace, di apertura e di nonviolenza, di cambiamento così come lo è la lettera, che i partecipanti alla Via Crucis hanno consegnato al sindaco di Aviano, indirizzata al comandante della base e al nuovo presidente Obama.

E per concludere buona memoria, buona resistenza e buon impegno!

 

Domenico 

 

 

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Fratelli in cammino,

Sono molti i sentimenti che hanno accompagnato la Via Crucis Pordenone – Aviano 2009. Quest’anno è stata caratterizzata da una pioggia quasi simbolica, una pioggia che ti obbligava a camminare guardando in basso contando i passi per arrivare fino all’ultima tappa, quella della base. Ti accorgi in questi momenti quanti passi si fanno per camminare e per raggiungere il luogo finale e pensi se sono come gli stessi passi di Gesù che mentre si trascinava la croce guardava in basso pensando al poco tempo che gli rimaneva da vivere.

I pensieri poi vanno alle parole dei nostri amici immigrati e alla loro testimonianza al centro Balducci. Le loro storie di fuga dalle loro terre oppresse risuonano nella testa, i loro passi lenti nel deserto e lungo i confini africani si intrecciano con quelli del Nazzareno deriso e messo in croce dai Giudei, con i nostri passi pesanti sotto la pioggia ad Aviano. Tutto questo cammino è il richiamo alla liberazione, è l’arrivo che ci convoca e ci obbliga ad alzare la testa e fissare la croce.

Come quando Gesù dopo aver trascinato la sua croce è stato innalzato, in quel momento chissà quanti occhi stupiti seguivano la croce che veniva alzata in verticale.

Anche noi di fronte alla base militare ci siamo fermati e ci siamo sentiti chiamati a guardare e a convertirci. Ci siamo sentiti chiamati a non scegliere la pace come opzione ma come fondamento della nostra vita di uomini. Ci siamo sentiti chiamati a guardare e denunciare con forza che non crediamo nella guerra, nelle armi, nè ad un progetto per il quale la sola logica è quella del più forte!

Noi uomini di fede siamo chiamati alla vita, vita piena con i fratelli, in sintonia con gli oppressi del Pianeta, con i poveri della terra e con tutti coloro che lottano.

 

 

Luca

 

 


                                                         

 

Davanti alla croce

 

Nel vangelo di oggi - 29 marzo 2009, Va domenica di Quaresima – (Giovanni 12,20-33) Gesù ci dice: “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me”. Il Contesto è quello della preparazione alla Pasqua e quindi è facile pensare che l’innalzamento di cui parla Gesù sia quello sulla croce; il momento culminante del dono totale della sua vita per noi. Penso sia un invito rivoltoci per fermarci a contemplare il Crocefisso e chiederci, come fece il nostro fondatore, San Daniele Comboni, “cosa vuol dire un Dio morto in croce per la salvezza delle anime” (Scritti 2721). E, infatti, stamani, entrato nella nostra cappella, mi son trovato davanti il Crocefisso e a fianco la frase di Comboni che ancora una volta invitava a “tenere gli occhi fissi in Gesù Cristo, amandolo teneramente” (Scritti 2721).

Poi scendo al pian terreno e, vedendo la tv accesa che trasmetteva la messa su Rai 1, rimango bloccato: anche lì c’è una croce, c’è un altare, un sacerdote che dall’ambone legge il Vangelo, … ma quello che non riesco a capire è lo sfondo: non si tratta di qualche pala che adorna una chiesa e nemmeno il tabernacolo. Bensì svettano verso l’alto i cannoni di due carri armati dell’ONU. Stavano celebrando la messa da un campo del contingente Italiano Forze UNIFIL a Shama, in Libano.

Già altre volte avevo condiviso il forte rammarico di fronte a questi abbinamenti tra religione e militarismo (cfr. www.giovaniemissione.it/misc/calendario.htm, sul calendario delle Pontificie Opere Missionarie, adottato dall’ordinariato militare italiano) e ancora assisto a queste scene. Il Cristo che attira a sé tutte le genti, non lo fa di certo con la forza, anzi ci fa conoscere un Dio che con la sua debolezza si fa vicino ad ogni uomo e donna e dando loro la mano li accompagna camminando insieme.

Qualcuno potrebbe dire che in certe situazioni la forza è necessaria, la prevede anche la Chiesa stessa; sarà anche vero, non dico di no, ma cerchiamo di essere sinceri con noi stessi: quante volte quella della forza necessaria è stata la migliore scusa presentata per commettere grandi ingiustizie (massacri, rapine, …).

Mentre scrivo queste cose penso a tutte quelle persone che oggi parteciperanno alla Via Crucis Pordenone Aviano, un cammino di preghiera per ricordare che il Dio nel quale crediamo è il Dio della Vita, che ancora oggi ci dice, meglio ci comanda: TU NON UCCIDERE. Un cammino che li porterà davanti ad una delle basi militari in Italia da cui spesso partirono i caccia per bombardare strade, ponti, case, scuole, … Anche questi amici hanno davanti ai loro occhi una croce che li guida, che indica loro una strada da percorrere, la strada del Servizio, dell’Amore, della Nonviolenza, della Pace.

Che la Chiesa tutta, cioè che tutti noi battezzati, possiamo sempre più riscoprire la nostra vocazione profetica di Uomini e Donne di Buona volontà a cui ancora oggi è annunciata la Buona Novella del Dio che ci dona la sua vita; uomini e donne oggi più che mai inviati ad annunciare Vita.

p. Manuel Ceola

Missionario Comboniano, Limone sul Garda

 

 


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