Lima 24
ottobre 2006
L’unico cammino
é scendere
"Gesú
spoglió se stesso assumendo la condizione di
servo e divenendo simile agli uomini; apparso
in forma umana umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e alla morte di
croce" Flp 2,7-8
"É l’unico
camino, non ce n’è un altro" dice
Paci, amico, fratello e direttore spirituale,
con la passione di sempre, all’uscita
della lezione.
Stiamo commentando l’inno di Filippesi
al capitolo 2, inno dell’umanità di Gesù
che si spoglia, si svuota e si umilia per
avvicinarsi all’uomo.
L’unico cammino é
scendere, incarnarsi nella vita dei più
poveri per farsi piccolo fratello, hermanito,
solidale con la loro situazione, la loro
causa, per la liberazione.
E per me scendere è
lasciare ricchezze, comodità, privilegi...e
sono ancora tanti!
È vendere tutto sé stesso, come dice Gesù
al giovane ricco.
Fino a che i miei
fratelli e sorelle più poveri e abbandonati
vivono nella povertà io non posso vivere
ricco. Come faccio se sono i miei fratelli,
le mie sorelle?
Dice Charles de
Foucauld: "Gesù è fratello e
Signore, modello unico, il maestro. Il
maestro fu disprezzato, il servo non può
essere onorato. Il maestro fu povero, il
servo non può essere ricco. Il maestro visse
con il suo lavoro manuale, il servo non può
vivere di rendita". Come facciamo
noi religiosi a vivere come i ricchi?
Sì...l’unico cammino è scendere. Per
incontrare davvero gli ultimi.
Per lasciare ricchezza
e onore che per José María Castillo sono i
due ostacoli più grandi per entrare nel
regno di Dio e i due punti nei quali si mette
in discussione radicalmente il sistema
dominante (Mc 10,24-25; Mt 18,3): "La
nostra povertà deve essere reale, non
semplicemente teologica, né spirituale, né
meramente concettuale. Si tratta
semplicemente del fatto che noi religiosi
viviamo del nostro lavoro e ci guadagniamo la
vita come fa tutto il mondo. E che siamo
soggetti pertanto alle insicurezze che porta
con sé la vita di qualsiasi persona".
E fratello Carlos
aggiunge: "Dobbiamo vivere come Gesù
questa povertà che consiste nel vivere come
i poveri, non avendo che il necessario come i
poveri!
Dobbiamo vivere una povertà non
convenzionale, bensì la povertà dei poveri!"
Parole forti, chiare e
franche.
È una esigenza di
solidarietà con i poveri, esigenza di vita e
di amore.
Perché è molto facile
e comodo scendere al servizio dei più poveri
per alcuni giorni e poi tornarsene alle
comodità di sempre, in mezzo alla vita
borghese e facile, alla tranquillità di una
vita sicura e rilassata. Io non posso vivere
così, né amare così.
Dice fratello Carlos:
"Non posso concepire l’amore
senza una necessità, una necessità
imperiosa di configurazione, di somiglianza e
soprattutto di partecipazione in tutte le
pene...difficoltà e durezze della vita.
Essere ricco, vivere dolcemente dei miei beni
quando Tu fosti povero, bisognoso, vivesti di
un duro lavoro, é qualcosa che io non posso,
Dio mio...non posso amare così..."
Se il dolore del
fratello, la sua vita calpestata non ti entra
dentro il cuore allora sì sarà facile
scordarti quando andrai a letto stasera che
lui il materasso non ce l’ha.
Scendere é scendere e basta, come ha fatto
Gesù.
E per incontrarlo oggi,
in questo mondo globalizzato, bisogna
scendere per riconoscerlo nei più poveri e
umiliati, negli esclusi e oppressi della
società: "Avevo fame e mi hai dato
da mangiare..." Mt 25,31-46
Non si tratta solo di
riconoscere Gesù nei volti dei fratelli e
sorelle, si tratta di difenderlo, aiutarlo a
scendere dalla croce! Questo é il Vangelo:
essere buona notizia è schiodare i
crocifissi dalle croci!
Schiodare oggi Gesù dalla croce: la croce
della fame, sete, carcere, aids, esclusione,
sfruttamento, prostituzione, ecc.
Gesù in croce non é
sceso quando i soldati romani si facevano
beffe di lui, però sì, sperava che fossimo
noi a farlo quel giorno come tutti i giorni
della vita. Per liberare dalla croce i
crocifissi.
Si tratta di difendere
e liberare Dio come ha sentito con forza Etty Hillesum nel campo di Auschwitz: "Ogni
volta mi risulta più chiaro, in ogni battito
del mio cuore, che tu non puoi aiutarci,
perché siamo noi che dobbiamo aiutarti e
difendere fino in fondo la dimora che ti
ospita e ti da calore in noi"
L’unico cammino é
scendere.
In un mondo dove tutti
cercano di salire, nei privilegi, nell’avere
successo, onore, ricchezza é una necessità
evangelica scendere all’ultimo posto per
poi salire con i fratelli e sorelle alla vita
fraterna e degna, che conserva la cultura
della fraternità, uguaglianza, giustizia.
Dio non vuole povertà
né morte: ha mandato suo figlio perché
tutti abbiano vita e vita in abbondanza ( Gv
10,10). E l’abbondanza si riferisce all’amore,
alla solidarietà, alla semplicità del
cuore, non ai soldi, all’onore, al
successo.
É per questo che Gesù vive e proclama la
Beatitudine dell’amore e della povertà:
i poveri già vivono nel mondo di Dio, non
perché siano buoni, ma perché sono le
vittime del sistema ingiusto, di dominio e
morte.
E il regno di Dio é il
luogo delle vittime, degli ultimi, degli
impoveriti, crocifissi, insignificanti della
storia. I veri evangelizzatori, perché in
loro c’è Gesù e se ti lasci prendere
ti mettono spalle al muro, non ti lasciano
dormire e ti cambiano la vita...in meglio!
Come dice Gustavo Gutierrez: "La preferenza per i
semplici e i poveri non si deve alle loro
disposizioni morali, né spirituali, bensì
alla loro fragilità umana e al disprezzo di
cui sono oggetto".
É per questo che Gesù si é identificato
con loro.
Di fronte alla pagina straordinaria di Mt 25
il cardinal Martini afferma: "Devo
riconoscere che questo passaggio mi
perseguita da molto tempo. Tento di
difendermi da lui però vedo che esige
decisioni che forse non sono capace di fare.
Però la sua lettura mi interroga e mi mette
in crisi!"
È quello che sta
succedendo anche a me da parecchio tempo: il
Vangelo che mi perseguita e io che resisto.
Oggi é arrivato il
momento di non difendermi, di non resistere
alla crisi che suscitano il Vangelo e il
grido dei poveri della terra. Oggi è tempo
di lasciarmi invadere dalla forza della Buona
Notizia e di decidere.
Io scelgo e mi prendo tutte le conseguenze:
scendo.
Ho
chiesto un anno di tempo ai Comboniani per
andare a vivere tra i più poveri in Bolivia,
alla periferia di Cochabamba con i piccoli
fratelli del Vangelo, sulle tracce di Charles
de Foucauld. È un esigenza di vita e di
ascolto. Poi si vedrà, lasciamo fare a Dio.
Come dice Paci le
grandi decisioni le prendiamo solo se
ascoltiamo con attenzione e in profondità.
Il vero obbediente é l’orante, colui
che ascolta e prega. Ascolta e fa la volontà
di Dio. Come ha fatto Gesù di Nazaret:
obbediente fino alla morte di croce (Flp 2).
L’apertura mistica
di Mt 25 é per me liberatrice: é questo
quello che interessa. Costruire il regno di
Dio facendosi solidale con i più piccoli,
con gli ultimi.
Al centro non c’è più una religione,
la messa, o il sacramento tradizionale: al
centro c’è il sacramento del fratello,
dell’altro, dell’escluso.
Sono loro che ci giudicano tutti i giorni a
seconda del passo che facciamo per
incontrarli e camminare con loro. O in altre
parole: sono loro che ci giudicano se
scendiamo davvero o no.
Batolomé de las Casas
lesse la situazione degli indios delle
Americhe alla luce di questa pagina del
Vangelo: parla degli indios come di "Cristi
mille volte flagellati e percossi".
Così fece l’indio Guaman Poma tra gli
indios "in cerca dei poveri di Gesù
Cristo".
"Dove c’è
il povero, c’è Gesù Cristo":
sembra come il criterio di discernimento e,
incluso, di giudizio, circa le realtà
storiche quotidiane.
Sono i poveri che ci giudicano, le vittime
della storia che determinano la nostra
liberazione o no a seconda della solidarietà
che avremo dimostrato con loro.
Come dice Giovanni Paolo II: "Alla luce delle
parole di Cristo, questo sud povero giudicherà
l’opulento nord. E i popoli poveri e le
nazioni povere cui manca il pane, la libertà
e i più semplici diritti umani,
giudicheranno quelli che gli tolgono questi
beni accumulandoli per il loro monopolio
imperialista del predominio economico e
politico a spese degli altri".
Per questo non mi resta
un’altra strada, un altro cammino: l’unico
é scendere.
E pagare tutte le conseguenze, il prezzo alto
che mi aspetta, la croce di ogni giorno.
Non esiste un vero
perdere (Mc 8,35), un vero vendere (Lc 18,22),
un vero scendere senza un prezzo da pagare.
Come dice Fernando, amico e fratello: "C’è
da pagare il prezzo della solitudine, della
incomprensione, dell’isolamento". Ricorda
qualcuno. Siamo sulla strada giusta.
Adesso sì sono pronto
a pagarlo questo prezzo e rischiare per il
Dio della vita, il Vangelo, i poveri.
Non c’è un altro
cammino: l’unico é scendere!
E
così cari amici si apre un nuovo cammino...in
gennaio partirò per la Bolivia.
È vero che in tanti amici e familiari mi
dicono che cambio sempre, sono troppo
idealista, non mi fermo mai. Lo dicono perché
mi vogliono bene e hanno anche la loro parte
di ragione.
Può darsi che mi stia sbagliando.. però lo
sto facendo per il Vangelo e l’unica
sicurezza é che Dio non mi lascerà solo.
Questo mi basta.
E poi forse Gesù stesso non
era idealista? Non lo hanno forse
ammazzato perché era un idealista che non si
accontentava?
Cercare di seguirlo è dura come le
conseguenze di andarci fino in fondo.
Non
preoccupatevi che siamo in buone mani.
Vi ricordo e vi porto sempre con me,
Su con la vita y adelante,
Hasta
el amor,
Filo