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Carovana Nord Est

Base USAF Aviano - Vajont monte Toc, 28 settembre



Bello incontrare tante persone mosse dalla voglia di ricordare, di raccontare e liberare parole di pace, ma anche di denuncia. E’ una grande possibilità quella che abbiamo praticato e respirato, per rafforzare le nostre convinzioni e continuare a resistere nella lotta, che ancora una volta ci accomuna… La lotta per la vita. Ecco che persone partite da diversi luoghi della nostra amata terra, luoghi, lontani e vicini, si sono incontrate, abbattendo le differenze, le appartenenze culturali, le religioni professate. Tutte queste cose sono diventate esclusivamente un presupposto per riconoscersi nella speranza e nella spiritualità che ama la vita.

Oggi abbiamo sperimentato concretamente lo stare insieme e non a caso questo è avvenuto in luoghi non solo simbolici, incarnanti questioni di grande importanza.
Di fronte ai cancelli della Base USAF ad
Aviano e poi, su, nella valle del Vajont, fra stupendi e stupefatti monti, sulla terra migrata della frana staccatasi dal Monte Toc  la notte del 9 ottobre del 1963. COSA ACCOMUNA QUESTI DUE LUOGHI?
Di certo la presenza dell’essere umano che per qualche progetto di interesse e di potere ha voluto pensare ed agire solo in modo egoistico e idolatrico, andando a dimenticare i confini comuni senza perimetro, della vita spesa per la vita. Andando ad interferire con la vita stessa e con quello che la contiene: la terra, le acque, i corpi delle persone. Guerra e disastro provocato, atomiche e grandi dighe (come sostiene Arundhati Roy “le grandi dighe stanno alla terra come le atomiche stanno all’arsenale che le contiene”… “presagio di follia”)… il parallelismo non è forzato. Tutte le
guerre nascondono delle resistenze come anche lo sfruttamento sconsiderato dell’ambiente invoca resistenza.
Nel Vajont è successo proprio questo, le persone che abitavano la valle si sono viste sottrarre la propria terra, sbarrare i propri fiumi, e nonostante le voci delle genti locali preannunciassero il disastro, si è arrivati all’omicidio plurimo premeditato di 2000 persone. Poi ancora nello sviluppo delle dinamiche della ricostruzione, altri soprusi, per anni. E la gente ha saputo resistere, riorganizzarsi, ritornare ad abitare nelle proprie terre, dopo uno sfollamento forzato, dopo la disgregazione strumentale delle comunità e dei territori. Le comunità del Vajont hanno in questi giorni dimostrato di saper incontrare e farsi incontrare. Gli abitanti di questi luoghi hanno potuto stringere le mani e ricevere in dono semplici simboli (un po’ di terra, semi di mais e altre piante tropicali, foglie di coca sacre per alcuni di questi popoli). Questi doni contengono il respiro di milioni di persone che lottano per la determinazione dei diritti vitali, e i loro sogni di giustizia e pace. Gli occhi degli ertani e dei longaronesi presenti erano rigati dalla commozione, come anche quelli indios del sud del mondo presenti e raccolti sul corpo della frana; acqua salata che esce dagli occhi di uomini e donne che sanno cos’è la sofferenza, acqua liberata che si va a sommare, purificandola, all’acqua privata e sempre più mercificata, trattenuta e intubata; esclusa dalle bocche di chi non può pagarla per averla.

Molti dei rappresentanti dei popoli in resistenza che hanno deciso di partecipare al convegno di Zugliano “Territorio e Vita” hanno rischiato la vita per uscire e rientrare nel loro paese. Ma non hanno rinunciato, di cuore sono venuti per testimoniare la sacralità della vita e della Madre Terra. Esempio di coraggio e di passione che deve scrollarci dalle nostre inezie e indecisioni.  

Nelle attività di conclusione delle nodo di Zugliano della Carovana Missionaria della Pace 2008 “Libera la Parola” abbiamo potuto incontrare sguardi, mani abbracci, parole speranze che ci hanno toccato il cuore contenendo le resistenze di altri popoli contro l’ingiustizia e il sopruso. Come battiti, come respiri, ci siamo sentiti consonanti e ringraziamo i rappresentanti di questi popoli indios della America Latina e dell’Africa che hanno saputo rendere grazie a loro volta al popolo del Vajont per la loro resistenza. Unione di r-esistenze, unione di esseri umani. Passaggi non scontati in questa nostra stanca società così individualista e costruttiva solo in relazione a grandi opere o a dinamiche di esclusione.  
Proprio di questo si è vissuto nella valle del Vajont, forse per la prima volta nella storia del dopo Vajont. Oramai col venire della sera, al freddo, ma contenti in questa celebrazione che ci ha visto uniti al sole che tramontava, nel mettere una mano a terra e una verso il cielo in segno di benedizione, si sono uditi  i rombi dei caccia militari di Aviano che nelle ardite morfologie di queste stupende valli si esercitano alla guerra. Ma i nostri cuori rispondevano con pace e molti di noi, per questo, non li hanno considerati, non li hanno uditi. Partiamo ora per Vicenza dove vogliamo farci sentire affinché in molti si coinvolgano per la lotta alla vita sostenendo la pace.

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