Ezechiele Ramin
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Vent' anni di Memoria e di Vita Nuova
In queste pagine potrete trovare:
- una biografia di Ezechiele (Lele) Ramin
- un'ampia serie di lettere scritte nel corso della sua vita ad amici e familiari
- una riflessione sulla sua personalità e i suoi riferimenti
- una poesia di un giovane, dedicata a p. Lele
- un articolo su Lele e il Brasile di oggi, realizzato da una classe di 1superiore
Nel sito ci sono varie veglie di preghiera ispirate alla figura di p. Lele: Provocazioni dai testimoni e dal Vangelo di Matteo
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Links su Ezechiele: - una testimonianza dal Brasile - una biografia dell'associazione Terzoincomodo Visita il Movimento Sem Terra in Brasile! |
Ezechiele (Lele) Ramin nasce a Padova nel 1953. Studia al collegio Barbarigo dove prende coscienza della miseria in cui viveva una gran parte dell’umanità. Per questo organizza, sempre a Padova, il gruppo locale di “Mani Tese” e porta a termine diversi campi di lavoro per sostenere dei microprogetti. In questo ruolo lo troviamo a Monselice e a Montagnana nel ’71 e ’72.
Alla fine di quell’anno, decide di entrare tra i missionari comboniani.
Si forma a Firenze-Venegono (Va)-Chicago e fa delle esperienze pastorali tra gli indios del Sud Dakota e un lungo periodo nella Bassa California Messicana.
Dopo l’ordinazione, deve fermarsi in Italia alcuni anni prima di raggiungere il Brasile il 20 gennaio 1984, assegnato a Cacoal in Rondonia. Qui si trova immerso nella problematica indigena della ripartizione delle terre, che prese totalmente a cuore fino al giorno del martirio il 24 luglio 1985, per difendere il diritto dei più deboli ad un fazzoletto di terra.
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Ma c'è qualcosa di più. Dalla mia esperienza personale e da quanto vivo nella città di Padova, sua città natale e luogo dove si è formato, è stato consacrato sacerdote e dove riposa il suo corpo, posso testimoniare che è punto di riferimento nella riflessione vocazionale di tanti giovani e che la sua memoria è viva in tante persone e in tante associazioni. In alcuni periodi , quotidianamente, per i motivi più svariati, il suo nome ritorna nelle nostre conversazioni. I familiari sono invitati spesso in varie parti d'Italia a parlare del loro fratello Lele sia durante celebrazioni religiose che in assemblee e gruppi di giovani. La sua tomba è visitata da vari giovani.
La personalità e i riferimenti di p. Lele:
Nel
suo modo di agire trapela un aspetto importante della personalità di
Ezechiele:
un giovane che sentiva l'urgenza e la necessità dell'azione, ma anche era affascinato dallo studio e dava priorità alla conoscenza e all'analisi per programmare e dare efficacia all'azione.
A
Cacoal Ezechiele si è trovato a navigare
tra questi scogli: una situazione sociale incandescente che richiedeva scelte
coraggiose, una comunità di confratelli che seguiva con apprensione i suoi
impeti di generosità e dedizione, una determinazione assoluta in lui di dare
tutto se stesso agli altri.
Tra le sue letture giovanili un autore lo aveva attratto: Dietrich Bonhoeffer, il teologo protestante che aveva militato nella resistenza antihitleriana e le cui lettere dalla prigione (Resistenza e resa, Bompiani 1969) aveva tenuto a lungo sul tavolino quando era studente di teologia a Firenze. La categoria bonhoefferiana dell'esistere-per-gli-altri aveva orientato fin da allora tutte le sue scelte: la prospettiva della morte violenta era inscritta tra le possibilità del suo percorso esistenziale.
In almeno tre lettere dell'ultimo anno di vita affiorano presentimenti della sua morte: "Chissà se vi rivedrò ancora", scrive a suor Giovanna e suor Liliana e ripete ai fratelli Paolo e Antonio.
Aveva espresso più volte il desiderio di dare la vita per i poveri, per i fratelli a cui il Signore lo mandava: sia perché, evangelicamente, perdere la vita per gli altri significa ritrovarla, sia perché era convinto che tutto quello che la semente patisce, lo patisce anche chi semina. Oltre che scriverlo lo aveva proclamato nella sua prima omelia a Cacoal: bramava avventurarsi in una missione senza rete di protezione o calcolo di prudenza: è estremamente difficile stabilire dove finisce la prudenza e iniziano l'arrendevolezza e la viltà.
Ezechiele era fiero di servire una Chiesa che aveva fatto la scelta preferenziale per i poveri, che promuoveva le comunità di base e si riconosceva nella teologia della liberazione. Il mondo latinoamericano lo affascinava da sempre: "Mi sento in sintonia con le sue angustie e le sue grandi speranze".
Quando finalmente vi si inserì, si schierò a fianco di quelle realtà che caratterizzavano la Chiesa brasiliana come "tutta un' altra cosa" a confronto con la Chiesa italiana: le comunità di base che promuovevano la crescita integrale della persona, i senza terra che lottavano per il riconoscimento dei propri diritti, gli indios che resistevano all'invasione del loro habitat indispensabile a sopravvivere
Aveva
fatto sue le parole di Bonhoffer: "Solo chi grida per gli ebrei può
cantare il gregoriano". Solo chi alza la sua voce contro l'ingiustizia, può
annunciare il Vangelo. Denunciando l'ingiustizia era però consapevole di rischiare
la vita: sapeva bene che "non si può difendere i poveri e salvarsi",
ma sapeva anche che non poteva non difenderli senza tradire la propria
vocazione, il patto che aveva stipulato con loro.
Ezechiele era consumato dall'ansia per la giustizia, dalla propria impotenza di fronte all'ingiustizia: "Fa male al cuore vedere tanta ingiustizia e sapere di poter fare così poco". La giustizia era per lui una ragione sufficiente e necessaria per vivere e per morire. Perdere la vita per la giustizia era la più alta testimonianza della propria fede, della "sequela" di Cristo morto su un patibolo per salvare gli altri, e del proprio amore per gli oppressi. Nell'ultimo secolo la maggior parte dei martiri è morta non per testimoniare la fede, ma per difendere e testimoniare i valori della libertà e della giustizia con loro.
1. Ezechiele Ramin, "Testimone della speranza", lettere dal 1971 al 1985, ed. Rete Radiè Resch
2. "Lele, Creare Primavera", di Ezio Sorio, ed. EMI
3. "Lele martire per la nonviolenza", di Vinicio Russo,ed.CTM
Esiste inoltre un film RAI, 'La casa bruciata', bella biografia del tempo brasiliano di p. Lele.
"Testimone della speranza" è il titolo del libro curato da Ercole Ongaro e Fabio Ramin, pubblicato dalla Rete Radié Resch di Quarrata (PT). L'autore è p. Ezechiele Ramin stesso. Il libro infatti, introdotto da un profilo biografico di Ercole Ongaro, raccoglie sue Lettere e Scritti dal 1971 al 1985. Sono 98 testi indirizzati ai Genitori, familiari, Superiori, confratelli, amici e associazioni. Sono presentati divisi in tre sezioni: 7-80 In cammino verso il sacerdozio; 80-83 Missione in Italia; 84-85 Missione in Brasile.
E' l'uomo Ezechiele, che si presenta in tutta la sua normalità e che avanzando nella realizzazione della chiamata missionaria, entra dentro il mistero dell'umanità povera, sfruttata e si sente inviato proprio a questa umanità per farle dono della propria vita. Un 'normale' testimone della speranza; forse proprio per questo amato, ricercato come modello imitabile.
Il libro (176 pagine, 5 euro) è reperibile presso i Missionari Comboniani di Padova - tel. 049 - 875 15 06 E-mail: gimpadova@giovaniemissione.it - e presso Fabiano Ramin - tel. 049 - 62 31 31 -
"La
vita è bella e sono contento di donarla". La memoria viva di un modello imitabile. Sono trascorsi ben più di quindici anni
dalla sua uccisione in Brasile, e il ricordo di p. Ezechiele (Lele) Ramin è
stupendamente vivo. E' stato ricordato a Padova con una commovente celebrazione
Eucaristica, nella sua Chiesa di S. Giuseppe e con la presentazione del libro: Ezechiele
Ramin. Testimone della speranza Lettere
e scritti dal 1971 al 1985. Curato ad Ercole Ongaro e da Fabiano Ramin, questo
nuovo lavoro attorno alla figura di p. Lele ci permette di cogliere nella sua
normalità di giovane, la lucidità per leggere dentro la propria vita e dentro
la situazione dell'umanità e per decidere di essere dalla parte dei poveri,
degli oppressi, ad ogni costo. Il costo è stato la vita. La citazioni di alcune
sue frasi ci permette di sentirne la forte tempra, la coraggiosa decisione e la
grande fede. "Qui molta gente aveva terra, è stata venduta. Aveva casa è stata
distrutta. Aveva figli, sono stati uccisi. Aveva aperto strade, sono state
chiuse. A queste persone io ho già dato la mia risposta: un abbraccio". "Ho la passione di chi segue un sogno Questa parola ha un tale
accoramento che se la raccolgo nel mio animo, sento che c'è una liberazione che
mi sanguina dentro.. Non mi vergogno di assumere questa fratellanza. Uomini
buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono fedeli. Noi siamo nel
linguaggio del Signore". "Amo molto tutti voi e amo la giustizia. Non approviamo la
violenza, malgrado riceviamo violenza. Il padre che vi sta parlando ha ricevuto
minacce di morte. Caro fratello, se la mia vita ti appartiene, ti apparterrà
pure la mia morte". "Dopo che Cristo è morto vittima di ingiustizia, ogni ingiustizia
sfida il cristiano". "Sto camminando con una fede che crea, come l'inverno, la
primavera. Attorno a me la gente muore, i latifondisti aumentano, i poveri sono
umiliati, la polizia uccide i contadini, tutte le riserve degli Indios sono
invase. Con l'inverno vado creando primavera. I miei occhi con fatica leggono la
storia di Dio quaggiù". La croce è la solidarietà di Dio che assume il
cammino e il dolore umano, non per renderlo eterno, ma per sopprimerlo. La
maniera con cui vuole sopprimerlo non è attraverso la forza né col dominio, ma
per la via dell'amore. Cristo predicò e visse questa nuova dimensione. La paura
della morte non lo fece desistere dal suo progetto di amore. L'amore è più
forte della morte". "La vita è bella e sono contento
di donarla.". BRASILE:
LA TERRA DEI SENZA TERRA Vent’anni
fa moriva in Brasile padre Ezechiele Ramin, (Lele), un giovane missionario
padovano, che aveva preso le difese degli Indios
e dei contadini minacciati e cacciati dalle loro terre. Era il 24
luglio 1985 e mentre tornava da una ricca fazenda, dove si era recato per
dissuadere i contadini dall’impugnare le armi, veniva assassinato dai
pistoleiros, mandati dai latifondisti. Sono
passati 20 anni d’allora ma il ricordo di Padre Lele è ancora vivo, e
ne parliamo con un altro missionario comboniano, Dario Bossi, che come
Padre Ramin è vissuto in Brasile, anche se, come ci tiene a precisare, ha
operato in una realtà completamente diversa, non tra i contadini senza
terra, bensì tra i meninos
de rua e in un carcere
minorile a San Paolo. -
E’ cambiata la situazione in Brasile da quando ha operato Padre
Ezechiele Ramin? No,
e dal punto di vista ambientale è addirittura peggiorata. I latifondisti
che sono l’1% della popolazione detengono il 44% delle terre
coltivabili, e il 62% di questi grandi ranches sono improduttivi. Nello
stesso tempo 4,8 milioni di contadini non hanno accesso alle terre. I
latifondisti spesso non hanno convenienza a coltivarle e le lasciano
improduttive oppure le utilizzano solo come pascolo. Il Mato Grosso,
termine che significa “grande foresta” è ora pascolo. Per due giorni
e mezzo di viaggio, da San Paolo a Porto Velho, capitale della Rondonia,
lo stato dove è vissuto padre Lele, non vediamo altro che pascoli,
pascoli e pascoli, tutti delimitati da filo spinato per evitare che i
contadini vi accedano. Per questo c’è un continuo conflitto tra
latifondisti e contadini, ma anche tra Indios e contadini, perché i
contadini, non avendo terre dove stanziarsi, sono costretti a spostarsi
verso la foresta disboscandola, e danno così origine a una vera e propria
guerra fra poveri. -
Ma quindi come si può risolvere questo problema? Non c’è nessuna via
di uscita? Certo
nelle leggi della Costituzione c’è scritto che le terre non utilizzate
possono essere espropriate. Ma questa legge non è mai stata messa in
atto, perché lì è il latifondista, cioè il ricco, ad avere il potere.
(questa risposta sarebbe da approfondire un po’…) -
E di quali strumenti si avvalgono i contadini per far valere il loro
diritto alla terra? Hanno
fondato verso i primi anni ’80 l’MST,
il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra, di cui fanno parte
150mila famiglie, che cercano di far conoscere attraverso un loro canale
radio (è più giusto: attraverso molti strumenti popolari, come emittenti
radio locali gestite dalle comunità rurali),
le loro rivendicazioni e manifestano contro i latifondisti perché
vengano rispettati i loro diritti. I Sem Terra si battono per
l’applicazione della riforma agraria attraverso l’esproprio delle
terre. Ma in molti casi i latifondisti e la polizia militare usano la
violenza per espellere le famiglie dalle terre occupate. Negli ultimi 10
anni sono state uccise in questo modo più di 1000 persone, e gli
assassini sono rimasti nella maggior parte dei casi impuniti. L’anno
scorso sono state uccise 32 persone. -
Quello della terra è il problema più grave di cui soffre il Brasile a
suo parere? Non
so se sia il più grave, ma la mancata riforma agraria è all’origine di
un altro grosso problema: i contadini senza terra negli ultimi decenni si
sono riversati a milioni nelle periferie delle megalopoli come San Paolo,
con 18milioni di abitanti, dove sopravvivono in condizioni di degrado e di
disperazione che non è possibile immaginare. -
Padre, lei ha conosciuto Ezechiele Ramin? No,
ma in Brasile tutti sanno chi è, perché la sua storia è raccontata
attraverso canzoni popolari, ricordata dalle comunità cristiane di base
(intitolate a lui), divulgata da tutti i testimoni che l’hanno
incontrato di persona: in questo modo tutti sanno quello che ha fatto per
la causa dei più poveri e la sua morte ingiusta. -
Ritornando al discorso di prima, ora che c’è Lula al governo è
cambiato qualcosa? Sembra
ovvio dire di sì: in effetti quando Lula, un presidente operaio, è stato
eletto in tutto il paese c’è stata una gran festa. Ma, paradossalmente,
per quanto riguarda la riforma agraria, finora ha fatto quasi di più il
governo precedente quello del presidente Cardoso. Il fatto è che Lula si
muove tra mille difficoltà (meglio: è vincolato da interessi di gruppi
molto potenti) e deve cercare di non scontentare troppo i ricchi
latifondisti, le multinazionali e gli investitori stranieri. Così la
riforma agraria procede molto, troppo lentamente. -
Padre Dario, lei è pessimista riguardo al futuro? No,
nonostante la grande povertà e la disperazione delle favelas, in Brasile
si sente anche una forte carica utopica. I Sem Terra sono un movimento
forte, pieno di speranza e di entusiasmo, che per riuscire a realizzare i
suoi giusti obiettivi, ha bisogno anche di tutto il nostro sostegno. Elaborato
della classe IC, I..I.S. “E.U.Ruzza” Insegnante
Adriana Ferrarini