dom
Tomàs Balduino
Dom Tomàs Balduino è un Vescovo
brasiliano ed è presidente della Commissione Pastorale per la
terra Sorelle
e fratelli è una gioia immensa per me questa giornata. E’ un
onore per tutte le comunità dove sono passato che hanno dato una
risposta bellissima di tante persone che sono in ricerca della
Parola del Signore. Questa Parola è il Giubileo, è il battesimo.
E’ la persona di Gesù di Nazareth che ha proclamato il Giubileo
come unto del Signore per liberare, per annunziare un giorno
nuovo, un nuovo tempo. E questo arriva fino a noi, per questo
stiamo costruendo il Giubileo, celebrandolo non come una vecchia
storia, bella però passata. Si costruisce nella forma della
lotta. Il Giubileo è legato essenzialmente al testimone del
popolo di Dio, alla sua proposta, alla sua vita. Nel primo
capitolo del Libro di Giosuè la parola di Dio è sempre:
Coraggio, non andare indietro, né a destra, né a sinistra,
cammina, starò con voi.
La
prima cosa che vorrei sottolineare è il conflitto. Il 22 aprile
di quest’anno è stato il giorno in cui si commemoravano i
cinquecento anni dall’arrivo dei portoghesi in Brasile e la
conquista in nome del re. Gli indios di tutto il Brasile,
rappresentanti di tutte le tribù, per la prima volta nella storia
del Brasile si riuniscono nello stato di Bahia per commemorare non
questi cinquecento anni di trionfo, ma
per la resistenza. Resistenza non solo degli indios, ma
resistenza indigena, nera e popolare. Il contenuto di questa
assemblea era soprattutto la rivendicazione delle terre perché
fino a oggi sono gli indios i primi senza terra in Brasile, perché
non hanno la demarcazione ufficiale prevista dalla legge
ordinaria. E’ passato del tempo ma la terra non è mai stata
demarcata, poi la Costituzione del 1988 ha dato cinque anni per la
demarcazione di tutte le terre del Brasile. Passato il tempo,
ancora niente. Hanno fatto quest’assemblea con una forza loro,
con le loro organizzazioni e alla fine una marcia di 18 chilometri
fino a Porto Seguro sempre con una memoria storica degli antenati.
C’ero anch’io con insieme con Franco
Marsserdotti, vescovo comboniano e un altro vescovo
benedettino. Ad un certo punto si è chiuso l’orizzonte da tropo
shock: polizia, cavalli, elicotteri, bombe, getti d’acqua.
Distrutta la marcia, un’umiliazione per tutta questa folla che
per la prima volta poteva unirsi. Qual è il motivo che sta
dietro? Perché hanno i capelli lisci, gli occhi a mandorla? No,
la terra. Il governo risponde a questa rivendicazione. E’ la
realtà del 22 aprile di quest’anno. Contadini senza terra,
tante repressioni lungo la storia, sappiamo che il colpo militare
del 1964 è stato fatto soprattutto per combattere i contadini,
perché i militari pensavano che attraverso i contadini poveri
sarebbe potuto entrare il comunismo. Ricordo come emblema di
questa violenza Eldorado del Carajas: famiglie che domandavano al
governatore un bus per andare a discutere con le autorità del
governo statale dello stato del Parà. Invece di un bus per i
contadini , arriva un bus della polizia e cominciano a sparare: 19
morti soprattutto giovani. E’ la risposta di un governo legato
al latifondo ed è per questo che non vuole dividere la terra per
queste famiglie affamate. L’anno scorso sono stato al processo
di questo crimine, c’è stata l’assoluzione dei comandanti
degli altri 150 soldati. Dunque i colpevoli sono i contadini che
cercavano la terra. Un’impunità di cui bisogna dare un numero.
La Commissione Pastorale ha fatto un’inchiesta dal 1985 al 1996:
976 assassinati, 56 processi dei killer, dei mandanti solamente
sette condannati e di questi sette solo cinque rinchiusi in
prigione, mentre due hanno avuto il privilegio della fuga. Di
quasi mille assassinati, cinque condannati in prigione. Il
latifondo è un grande ostacolo alla riforma agraria: non si
tocca il latifondo e la Costituzione del 1988 che era per noi una
speranza di cambiare questa struttura che impedisce la riforma
agraria perché il primo passo che è l’espropriazione non si
fa. C’è un articolo che dice che la terra produttiva non può
essere espropriata, ma tutte le terre sono produttive anche quelle
che hanno solo sabbia, perché si possono fare dighe o strade, ma
non c’è possibilità per la riforma agraria. L’1% dei
proprietari detiene il 44% delle terre e di queste il 60% sono
incolte, improduttive, sono eccellenti, ma non destinate alla
produzione, ma al mercato come stock di terra per la speculazione.
D’altra parte il 53% dei piccoli proprietari hanno solo il 3%
delle terre. E’ questo il grande ostacolo alla riforma agraria.
L’altro ostacolo è importante anche perché interessa a questo
Giubileo: si tratta di questa società, il modello che noi abbiamo
non è creato da noi, è imposto dal FMI, dal mercato che è
basato sull’importazione delle stesse cose che produciamo. In
Brasile per esempio si piantano mais, fagioli, riso, ma tutti sono
importati da Monsanto, una multinazionale che vuole entrare in
Brasile, ma questo ha fatto resistenza fino ad adesso. Così le
compagnie di prodotti
transgenici vogliono entrare con il pretesto di lottare contro
la fame che colpisce 30 milioni di persone, però si sa che questo
tipo di rivoluzione verde è una bugia, perché è una forma di
uccidere l’agricoltura familiare e alternativa. I senza terra
cercano di lavorare insieme per creare un nuovo modello dove
l’educazione è un principio fondamentale per le famiglie
insediate nelle terre cercando di fare la circolazione delle
risorse e non la concentrazione che per noi è distruttiva delle
possibilità di camminare. I poveri non possono comprare le enormi
quantità di prodotti che arrivano dalle multinazionali che hanno
il monopolio. Il governo appoggia queste importazioni a scapito
della possibilità dei poveri di fare la loro lotta. E’ questa
situazione internazionale che per noi deve cambiare, essa impone
l’apertura al mercato, impone la riduzione dello stato, perché
non sia di ostacolo con la promozione del sociale: educazione,
salute, che tutto diventi privatizzato.
L’altro
ieri era il giorno della patria, il giorno del plebiscito
informale per la questione del debito estero, una consulta per
tutta la popolazione promosso anche dalla Conferenza Episcopale.
Penso che sia un momento interessante, perché vedo anche qui
promozione per la cancellazione del debito
estero. La Chiesa è presente in questa realtà in un modo che
è importante analizzare. Dopo il Concilio Vaticano II questa
apertura con l’enciclica Gaudium et spes, noi l’abbiamo
interpretata come apertura agli ultimi, a quelli che sono esclusi,
gli indios, i senza terra, negri, donne, bambini. Però la
missione è cambiata, l’ispiratore di questo cambio è Monsignor
Leonidas Proaño. Dopo il sollevamento degli indios
dell’Ecuador, l’Ecuador è cambiato. Dopo la marcia zapatista
il Messico è cambiato. Il Brasile cambia con il movimento
fortissimo dei senza terra dopo 15 anni di resistenza
lottando sempre contro il potere, cercando di entrare nelle
terre e cercando di instaurare un’altra relazione con la terra
appoggiato dalla Chiesa come soggetto e destinatario della loro
storia. E’ questo il cambiamento importante e penso che questa
è la speranza che loro avranno un futuro in Brasile, perché i
senza terra sono soggetti. La Chiesa è dietro come appoggio,
appoggiamo anche le occupazioni di terre. C’è un documento del Pontificio
Consiglio di Giustizia e Pace che non condanna l’occupazione
delle terre, non canonizza, ma non condanna e questo è importante
per noi.
Io
sono qui come partecipante di questo Giubileo e allo stesso tempo
come missionario vostro. Pensiamo che senza un cambiamento
internazionale non ci sarà liberazione nel Terzo Mondo. Non ci
sarà né riforma agraria, né liberazione degli indios, perché
sono qui le strutture di dominio come continuazione del
colonialismo oggi in una forma durissima. Queste organizzazioni
del FMI finiscono per distruggere la natura (distruzione della
foresta, degli allevamenti, fiumi trasformati in fango, grandi
crateri per l’estrazione dell’oro). E’ una vergogna, un
crimine terribile. E’ in questo senso che sto dirigendo un SOS
per riflettere, perché è importante la pressione dell’opinione
pubblica su questi problemi globali. Quando si parla del problema
dei baraccati è la stessa cosa: è un’imposizione venuta dal
colonialismo, prima dal colonialismo britannico, ora dal
colonialismo interno dagli altri ricchi. Bisogna cambiare e
cambiare nel senso del Giubileo. Per questo è veramente un
battesimo: è difficile, crea conflitto, non è accettato da
tutti, però penso che l’opinione pubblica europea è
importante. Non pensiamo agli USA per fare una propaganda come
questa. Voi siete legati a noi, c’è un cordone ombelicale
importante tra Europa e America Latina. Dall’Europa
è venuta la conquista, la cultura, la missione, c’è la
solidarietà con tanti progetti, però bisogna fare un passo in più.
Non bastano le adozioni a distanza, questo denaro che arriva:
bisogna cambiare le strutture inique di questo mondo, il disordine
internazionale che genera la fame, la morte la distruzione
della natura.
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