Speciale sugli OGM

Missionari Italiani su Seminario OGM

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Dedichiamo in questa sezione uno speciale sugli OGM.

Di questo argomento se ne parlerà lunedì e martedì prossimi a Roma in un seminario promosso dal Pontificio Consiglio ‘Justitia et Pax’.

In questa qui di seguito il parere della CIMI (Conferenza degli istituti missionari in Italia) e alcuni articoli che speriamo possano aiutare la riflessione.

 

Elenco articoli:

- MISSIONARI ITALIANI SU SEMINARIO OGM (fonte Misna)

- La Commissione pastorale della terra del Brasile sugli OGM (fonte Adista)

- MA AI POVERI SERVONO DAVVERO? I GESUITI SI INTERROGANO SUGLI OGM (fonte Adista)

- LE PERPLESSITÀ DEL MONDO MISSIONARIO SUGLI OGM

 

N.B.

Gli articoli qui presentati sono tratti dalla "pagina di Notizie Autogestite" del nostro sito. Ti invitiamo a visitarla utilizzandola come strumento di conoscenza e approfondimento.

 
 

MISSIONARI ITALIANI SU SEMINARIO OGM
ITALY 6/11/2003 16:08
(fonte www.misna.org )


L’utilizzo degli Organismi geneticamente modificati, meglio noti come ‘Ogm’, nella lotta contro la fame, ha acceso un vivace dibattito nel mondo cattolico. Se ne parlerà lunedì e martedì prossimi a Roma in un seminario promosso dal Pontificio Consiglio ‘Justitia et Pax’. A questo riguardo la preoccupazione della CIMI (Conferenza degli istituti missionari in Italia) e di numerose componenti del mondo missionario è duplice. Essa riguarda l’applicazione del principio di precauzionalità, peraltro condiviso dai governi europei. Il mondo della scienza è infatti ancora diviso in merito al giudizio sulle possibili controindicazioni, a medio e lungo termine, legate all’assunzione di questi alimenti. Ma ciò che preoccupa maggiormente è il meccanismo economico che soggiace all’utilizzo dei suddetti ‘Ogm’. Al di là del pur lecito principio cautelativo – che se applicato dovrebbe valere per tutti, ricchi e poveri - vi è la questione del ‘business’, e più precisamente del diritto di proprietà sulle sementi ‘Ogm’, che indiscutibilmente, anche alla luce dei principi dell’etica sociale della Chiesa Cattolica, non farebbe che acuire la dipendenza dei Paesi poveri dai Paesi ricchi. La distribuzione di sementi‘ Ogm’, nelle aree di emergenza, determinerebbe infatti la ‘mercificazione della solidarietà’, trattandosi di ‘prodotti brevettati’, non riproducibili. Al cardinal Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio ‘Justitia et Pax’, vanno la stima per il servizio che svolge e la certezza dei missionari e delle missionarie che saprà farsi interprete delle istanze delle Giovani Chiese e dei Popoli del Sud del Mondo. La Chiesa Cattolica ha infatti seguito con particolare interesse e sollecitudine ogni sviluppo, in campo economico, per la soluzione di un dramma che affligge così larga parte dell’umanità. Vi è pertanto la convinzione, da parte della CIMI, che nella lotta contro la fame vengano adottate le strategie politiche, peraltro già enunciate e scarsamente applicate, nel delicato campo della cooperazione allo sviluppo. Se da una parte vi è ampia documentazione sulle eccedenze alimentari dei Paesi Occidentali, dall’altra la CIMISU invoca un’equa distribuzione delle ricchezze mondiali a cui sono legati i processi di pacificazione nelle periferie affamate del villaggio globale.

(fonte www.misna.org )
 

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La Commissione pastorale della terra del Brasile sugli OGM

IN DIFESA DELL'INTEGRITÀ DEL CREATO. IN BRASILE LA COMMISSIONE PASTORALE DELLA TERRA CHIEDE AL VATICANO DI DIRE NO AGLI OGM
DOC-1415. ROMA-ADISTA. La notizia (riportata dalla stampa all'inizio di agosto; v. Adista n. 61/03) che il Vaticano avrebbe deciso di aprire agli organismi geneticamente modificati - in quanto, come dichiarato dal presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, l'arcivescovo Renato Martino, "quando un popolo deve sconfiggere la fame ogni cibo può servire a nutrirlo" - ha destato forti perplessità in quegli ambienti della Chiesa schierati, al contrario, contro gli Ogm. Preoccupazione è stata espressa, per esempio, dalla Commissione pastorale della terra in Brasile (Cpt), impegnata da tempo a contrastare l'uso di sementi transgeniche. Già nel maggio scorso, durante l'assemblea generale della Conferenza dell'episcopato brasiliano (Cnbb), i vescovi incaricati di accompagnare la Cpt avevano rilasciato una dichiarazione in cui assumevano una posizione contraria agli Ogm (v. Adista n. 41/03).
Ma dopo i segnali di un possibile via libera del Vaticano ai transgenici, la Cpt ha deciso di presentare al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, attraverso il Consiglio episcopale di pastorale della Cnbb, le proprie riflessioni, in attesa di "una parola profetica in difesa dell'integrità della creazione e dei piccoli agricoltori" e in appoggio alla richiesta "che le sementi siano dichiarate patrimonio dell'umanità".
In un documento che ha per titolo il versetto di Genesi "Che la terra produca esseri viventi secondo la loro specie", la Cpt presenta punto per punto le proprie obiezioni alle affermazioni di quanti, minimizzando i rischi scientifici, sostengono che "questa tecnologia è necessaria per aumentare la produzione di alimenti, per combattere la fame nel mondo, aumentare il reddito per gli agricoltori, diminuire l'uso di agrotossici e facilitare il controllo di erbe infestanti e degli insetti".
Di seguito alcuni stralci del documento.
"CHE LA TERRA PRODUCA ESSERI VIVENTI SECONDO LA LORO SPECIE"
Documento della Commissione pastorale della terra in Brasile

Rischi
La valutazione dei rischi che i transgenici rappresentano per la salute umana e l'ambiente non è stata fatta adeguatamente, come dimostrano studi seri (…).
Alcuni effetti indesiderati della coltivazione e ingestione di alimenti transgenici sono stati già constatati, indicando la necessità di un'analisi seria dei rischi:
- reazioni allergiche legate all'ingestione di alimenti transgenici;
- contaminazione del patrimonio genetico di sementi locali (…);
- imprevedibilità scientifica dimostrata dalla scoperta della presenza di sequenze extra di Dna, impreviste e indesiderate, nella soia transgenica della Monsanto (…);
- studi divulgati il 10 luglio di quest'anno in Inghilterra mostrano che la coltivazione di piante olearie geneticamente modificate potrebbe colpire la fauna silvestre e dare vita a "potentissime erbe infestanti". (…)


Controllo della catena alimentare
(…) Vent'anni fa esistevano migliaia di imprese di sementi, nessuna delle quali con una percentuale significativa di mercato. Oggi 10 imprese controllano il 30% del mercato mondiale (…). Scrive Silvia Ribeiro: "le sementi sono il primo anello della catena alimentare. Chi controlla le sementi, controllerà la disponibilità di alimenti. Per questo vediamo che in anni recenti imprese come la Monsanto hanno speso più di 8.5 miliardi di dollari per comprare compagnie di sementi e di biotecnologia. (…) Il tema chiave è il controllo. I giganti della genetica stanno utilizzando le sementi transgeniche per imporre agli agricoltori cosa coltivare e in quali condizioni. Uno degli effetti più gravi per i contadini e le contadine, per i popoli indigeni e per la ricerca pubblica in genere è che stanno perdendo il loro diritto a utilizzare e sviluppare la diversità".


Brevetti
(…) Il semplice fatto di brevettare esseri viventi già offende la coscienza umana, poiché la natura è un bene di uso universale e, per i cristiani, dono gratuito di Dio. Ma quello a cui stiamo assistendo e a cui assisteremo nel caso nel caso questo modello tecnologico diventi egemonico è un arsenale di strumenti economici, legali, scientifici e tecnologici che manipolano esseri viventi in funzione di obiettivi commerciali e della sete di lucro di poche imprese. (...). Quando attualmente si mettono sul mercato o si distribuiscono inizialmente gratis agli agricoltori sementi brevettate, sbaragliando così le sementi locali liberamente disponibili, si programma intenzionalmente la dipendenza e l'indebitamento.


La fame nel mondo
Eliminare la fame del mondo è l'argomento morale per giustificare fini che nulla hanno a che vedere con questo obiettivo. (…) Tra le principali ragioni della fame nel mondo non c'è il dominio delle tecnologie, ma, al contrario, la distruzione delle forme contadine di produzione, la perdita dell'autonomia produttiva degli agricoltori, la mancanza di politiche pubbliche di appoggio agli agricoltori, la concentrazione del reddito e della terra e la mancanza di lavoro. (…) La tendenza fin qui espressa è quella ad un crescente monopolio del mercato delle sementi e degli alimenti, a una maggiore dipendenza della produzione dai prodotti chimici e a una maggiore dipendenza degli agricoltori dalle grandi industrie, con il conseguente indebolimento sociale e culturale delle comunità contadine, principali soggetti della sovranità alimentare dei popoli poveri. L'omogeneizzazione su larga scala delle coltivazioni transgeniche aggraverà i problemi ecologici già associati alle monocolture agricole, aumentando l'impatto sociale e ambientale a breve e medio termine. (…)


Etica cristiana e diritti vitali
(…) Quello che la natura ha costruito in miliardi di anni di storia naturale, registrato magistralmente nel simbolismo del racconto della creazione nella Genesi, con i suoi meccanismi e le sue barriere naturali di autoprotezione, può essere oggi manipolato e oltrepassato attraverso tecniche di ingegneria genetica. (…)
Come considerare, in termini di etica cristiana, la strumentalizzazione della natura a fini commerciali, senza il dovuto rispetto per le sue complesse interazioni ecologiche, oggettivando unicamente il lucro immediato? Come considerare l'appropriazione privata - attraverso i brevetti - di esseri viventi e di fonti di vita, come acqua, geni, microrganismi, principi attivi biologici, processi vitali? E come posizionarsi, dal punto di vista dei principi cristiani, di fronte all'espropriazione della conoscenza dell'agrobiodiversità agricola contadina e indigena? Queste conoscenze, generate in più di 10mila anni comunitariamente e generosamente come patrimonio dell'umanità, ora rischiano di diventare proprietà privata di una fantastica concentrazione imprenditoriale, che intende monopolizzare i mezzi di sussistenza dell'umanità.


Primato dell'etica
(…) Tra i principi etici sottolineiamo quelli della benevolenza, della giustizia sociale, della trasparenza e della precauzione.
Il principio della benevolenza. Questo principio esige che un determinato intervento sulla natura o sull'essere umano si giustifichi per il bene che può fare o per il fatto di essere l'unica possibilità di salvare vite o di combattere problemi cronici: malattie, fame, epidemie, endemie, ecc. In questi casi, se la transgenia fosse l'unico cammino, o il migliore disponibile, il suo uso potrebbe essere giustificato (…).
Il principio della giustizia sociale, nel caso di innovazioni tecnologiche di massa e di alto impatto sociale, ci porta a interrogarci su chi sarà beneficiato e su chi verrà danneggiato. Ora, nel caso concreto dei transgenici, è un piccolo gruppo di grandi imprese che sarà grandemente beneficiato, con grave danno per l'agricoltura familiare.
Il principio della trasparenza esige il massimo di informazioni alla popolazione prima dell'introduzione di massa di tecnologie ad alto impatto e meccanismi di decisione democratica rispetto ad esse. Le grandi imprese usano un altro metodo: il fatto consumato. Oltre a ciò, il consumatore ha diritto di scelta, per ragioni religiose, filosofiche, culturali, etiche o per raccomandazione medica. Questo esige l'etichettatura totale di alimenti transgenici.
Il principio della precauzione (…) acquista speciale risalto e grande autonomia nella questione dei transgenici, essendo già incorporato alla legislazione di vari Paesi e nel diritto internazionale attraverso il Protocollo di Cartagena. Questo principio implica:
- l'onere della prova spetta al proponente dell'attività, cioè spetta all'impresa che propone la liberazione del transgenico nell'ambiente garantire sulla sicurezza alimentare ed ambientale del prodotto che sta collocando sul mercato;
- la non evidenza immediata di possibili danni non deve servire come motivo per rimandare o non realizzare ricerche e test rigorosi di biosicurezza. (...);
- nella valutazione di rischio, devono essere considerate e confrontate un numero ragionevole di alternative prima di optare per l'utilizzazione di massa di tecnologie a rischio;
- la decisione deve essere democratica, trasparente, informata e cosciente con la partecipazione di tutti gli interessati. Non può esserci imposizione totalitaria di una impresa o di un unico settore della società. (…).

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MA AI POVERI SERVONO DAVVERO? I GESUITI SI INTERROGANO SUGLI OGM


DOC-1416. ROMA-ADISTA. Prima ancora che l'arcivescovo Renato Martino sottolineasse nel giugno scorso, durante la Conferenza ministeriale su "Scienza e tecnologia in agricoltura" a Sacramento, in California, l'interesse del Vaticano per la questione Ogm, annunciando per il prossimo novembre un convegno di studi sulla materia (al termine del quale, ha detto, "il dicastero trarrà le opportune conclusioni"), in alcuni settori della Chiesa cattolica il dibattito era già partito da tempo. Lo testimonia l'ampio dossier pubblicato da "Promotio Iustitiae", la rivista del Segretariato per la Giustizia Sociale della Curia Generalizia della Compagnia di Gesù (numero 79), che, sotto il titolo "Organismi geneticamente modificati: un dibattito", tocca, attraverso interventi basati sulle esperienze personali dei gesuiti in diverse parti del mondo, tutti i fattori del "complesso fenomeno": "agricoli, giuridici, commerciali, politici, ambientali, nonché etici e spirituali". Gli interrogativi che attendono una risposta sono parecchi, e di enorme importanza : gli Ogm aiuteranno a eliminare la fame? Sono pericolosi per la salute? Saranno un vantaggio per i poveri o aumenteranno solamente la loro dipendenza dai ricchi? Quale impatto avranno sui delicati equilibri della natura? Interrogativi su cui si confrontano posizioni anche molto diverse tra loro: un segnale - commenta nell'introduzione il gesuita Sergio Sala del Segretariato per la Giustizia Sociale -, di "pluralità in un periodo storico in cui i centri di potere vorrebbero inglobare, 'globalizzare' tutti nel proprio modo di concepire lo sviluppo".
Di sicuro, anche gli interventi che mostrano maggiore apertura alle "nuove possibilità" offerte dalla biotecnologia sottolineano la necessità di fornire un'informazione imparziale sugli eventuali vantaggi e sui possibili danni inferti agli esseri umani e agli ecosistemi, di intensificare gli studi prima di utilizzare gli Ogm su scala commerciale, di rispettare il diritto di ogni consumatore ad essere informato, in modo chiaro e preciso, sulla composizione degli alimenti. Così, per esempio, il gesuita Leo D'Souza, del Laboratorio di Biologia applicata di Mangalore, in India, pur ritenendo che la modificazione genetica non solo "aiuterà a prevenire perdite di prodotto dovute agli attacchi degli insetti, ma minimizzerà anche l'uso dei pesticidi, rendendo perciò l'ambiente più sano", sottolinea la necessità di "adottare le giuste precauzioni ed esercitare i corretti controlli prima della commercializzazione".
Ad evidenziare i vantaggi ecologici legati alle piante geneticamente modificate è, in particolare un altro gesuita, Savarimuthu Ignacimuthu, direttore dell'Entomology Research Institute di Chennai, in India. "Le applicazioni della biotecnologia - scrive - offrono un enorme potenziale per scopi agricoli, farmaceutici e ambientali. Le sementi geneticamente modificate possono essere usate per far crescere piante che abbiano caratteristiche diverse da quelle trovate in natura. Le nuove caratteristiche aiutano i contadini a ridurre i fertilizzanti chimici, gli insetticidi e gli erbicidi. Questo porta ad un ambiente senza inquinamento". Inoltre, se si usano le colture resistenti agli erbicidi, "la terra viene lavorata meno", il che significa che "la possibilità di impoverire il terreno e le sostanze nutritive sono ridotte e la tutela ecologica aumentata". A giudizio di Ignacimuthu, gli Ogm "sono probabilmente la migliore alternativa per le nazioni povere di mezzi come le nostre se vogliamo aumentare la nostra base di materie prime", soprattutto considerando che "a causa di parassiti e malattie stiamo perdendo un 30% della produzione nei campi e un 10-20% nello stoccaggio".
Altri gesuiti però - e sono la maggioranza - la pensa molto diversamente, come appare dagli stralci che qui di seguito riportiamo.

P. Thibaud d'Oultremont, Dipartimento di politica e gestione ambientale dell'Università di Berkeley:
"Nelle loro strategie a breve termine, le industrie tendono a formare geni che producono tossine contro cui gli insetti sicuramente creeranno resistenza. La situazione potrebbe diventare incontrollabile. Si immagini che cosa accadrebbe se la popolazione umana dovesse assumere in continuazione una grande varietà di antibiotici: i batteri creerebbero immediatamente resistenze contro questi antibiotici, questi cesserebbero di essere efficaci e la gente morirebbe per malattie un tempo praticamente innocue".
"Alcuni scienziati ritengono che, aumentando la produzione di vegetali, la biotecnologia crei un insostenibile carico produttivo sulla struttura del terreno".
"Si verifica una dipendenza ancor maggiore dai prodotti importati. Ad esempio, le nuove sementi della Monsanto e della AgrEvo sono prodotti di ingegneria genetica che funzionano solo con specifici erbicidi e un agricoltore deve comprare l'intero pacchetto. I contadini poveri di solito provano il prodotto per il rendimento promesso e si indebitano rapidamente a causa degli erbicidi e altri fertilizzanti necessari per migliorare la tecnologia".


P. Paul Desmarais, Kasisi Agricultural Training Centre:
"I prodotti GM porteranno a una maggiore insicurezza alimentare. I prodotti geneticamente modificati sono brevettati ai sensi delle leggi sui "Diritti di proprietà intellettuale". I contadini dovranno comprare sementi ogni anno e sarà reato ripiantarle. Ma per secoli i contadini hanno tradizionalmente conservato le proprie sementi per riseminarle e commerciarle con i vicini. Perché gli agricoltori zambiani dovrebbero ora perdere questo diritto fondamentale come conseguenza delle azioni delle compagnie a fini di lucro?".
"I prodotti GM distruggeranno l'agricoltura organica. Quando i prodotti GM vengono piantati, contaminano subito altre piante non GM attraverso l'impollinazione incrociata. (…). Dato il suo impatto sulla futura agricoltura sostenibile in Zambia, questa contaminazione può essere permessa?".
"I prodotti GM favoriranno un'agricoltura industrializzata, la quale favorirà a sua volta le grandi aziende agricole e la meccanizzazione a spese delle fattorie più piccole a conduzione familiare. Questo inoltre aumenterà la disoccupazione in Zambia e renderà ancor più profondo il problema già serio della povertà generalizzata".
"Gli Ogm sono incompatibili con l'agricoltura organica. Gli agricoltori organici possono coltivare i loro raccolti con minimi interventi esterni, non hanno bisogno dei grandi prestiti bancari che l'agricoltura convenzionale richiede, non necessitano di pesticidi, e sono in genere più indipendenti dalle compagnie multinazionali. L'agricoltura organica è un sistema socialmente equo, economicamente perseguibile e sostenibile a livello ambientale: l'agricoltura organica nutrirà il mondo, conserverà l'ambiente e aiuterà i poveri".


P. Roland Lesseps, Kasisi Catholic Church, Lusaka, Zambia:
"Un principio guida fondamentale nella nostra riflessione sugli Ogm è: tutto ciò che è creato da Dio ha un valore intrinseco, in sé e per sé. A noi uomini, la natura non è solo utile, ma ha valore ed è amata in sé, per sé, da Dio in Cristo".
"Se vogliamo passare da una visione antropocentrica di altre creature e riconoscere che le altre creature hanno un valore intrinseco, allora saremo capaci di accettare che queste creature abbiano anche dei diritti, incluso il diritto di ogni specie a conservare la propria integrità genetica".


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LA FAME SI COMBATTE IN ALTRI MODI. LE PERPLESSITÀ DEL MONDO MISSIONARIO SUGLI OGM
(fonte www.adista.it)


Se il Vaticano darà il via libera agli organismi geneticamente modificati lo farà contro il parere di buona parte, o almeno di una parte significativa, del mondo missionario. Perché i missionari che lavorano sul campo nei Paesi poveri, spesso a fianco dei contadini, o comunque testimoni della voracità delle multinazionali, alla tesi degli Ogm come mezzo per risolvere il problema della fame del mondo sembrano credere assai poco. È questo, perlomeno, che emerge dalle dichiarazioni dei missionari che abbiamo interrogato sulla questione: il missionario della Consolata p. Francesco Bernardi, ex direttore della rivista "Missioni Consolata", il saveriano p. Marcello Storgato; il comboniano p. Alex Zanotelli, la responsabile dell'ufficio Giustizia e Pace della congregazione della Consolata suor Patrizia Pasini. Non prende invece esplicitamente posizione sull'argomento p. Piero Gheddo del Pime, la cui visione del problema della povertà si distanzia nettamente da quella degli altri. Di seguito le interviste.


Le recenti dichiarazioni dell'arcivescovo Renato Martino secondo cui il Vaticano starebbe esaminando attentamente la questione degli alimenti geneticamente modificati sono state accolte un po' ovunque come un segnale di apertura agli Ogm. Qual è la vostra posizione al riguardo?

BERNARDI: Il problema deve essere impostato con serietà, nel senso che non bisogna demonizzarlo. Detto questo, occorre però essere molto chiari e lucidi nel valutare gli interessi in gioco nella questione degli Ogm. E tenere presenti tutti i problemi: per esempio il fatto che questi semi sono sterili o il fatto che sono coperti da brevetto. Non è sufficiente dire che questi prodotti possono servire per combattere la fame nel mondo. Bisogna valutare anche i rischi. Anche perché, se il Vaticano è sempre stato molto prudente riguardo alle manipolazioni genetiche, non si capisce perché non lo sia altrettanto in questo ambito.

GHEDDO: Alla questione degli Ogm non mi sono mai interessato in modo preciso. Però so, per quello che ho visto per esempio in Indonesia ultimamente, quanto è difficile, in questi Paesi, la situazione nelle campagne, con un'agricoltura primitiva, arretrata, che andava benissimo in passato, ma che oggi, con la crescita demografica, il contatto con la globalizzazione, l'invasione dei prodotti occidentali, non è più adeguata. La gente guarda al mondo occidentale e vorrebbe avere i nostri stessi beni, ma con quel che produce non ce la fa. E da qui nasce la rabbia antioccidentale. Il problema di questi popoli è l'educazione. Bisogna educarli a migliorare la produttività.

PASINI: Inizialmente sono rimasta perplessa. Poi, riflettendo e rileggendo meglio le dichiarazioni di Martino, ho avuto l'impressione che quel che volesse dire è questo: viviamo in un mondo con dei bisogni tremendi, e allora cerchiamo di approfondire bene questa materia, di vedere se essa non contenga una qualche soluzione al problema immediato della fame. Non è che io lo condivida. Assolutamente. Però credo che il Vaticano non abbia voluto dire che questa è la soluzione, ma solo che è una strada che vale la pena considerare. Penso che Martino abbia inteso dire questo, anche se è vero che le parole bisognerebbe pesarle meglio, anche perché è un argomento molto scottante e di un'attualità straordinaria. La mia posizione, così come quella di quasi tutti i missionari, è che la ricerca va bene, ma solo se è veramente ricerca in laboratorio, senza prove sul terreno.

STORGATO: Ci troviamo di fronte ad un diverso approccio alle modificazioni genetiche. Nel caso della modificazione genetica a livello umano la condanna della Chiesa è assoluta. Ma il livello animale e vegetale ha un'altra connotazione: è al servizio dell'uomo, del suo benessere. C'è una differenza qualitativamente etica tra ciò che riguarda l'intervento genetico sull'essere umano e quello su animali e vegetali. In questo secondo caso la Chiesa è più possibilista.

ZANOTELLI: Quando ho letto quelle dichiarazioni sono rimasto di stucco. Ho pensato: non è possibile! Io mi rifaccio a un documento dei vescovi del Sud Africa, in cui si mostra chiaramente come non siano certo gli Ogm a risolvere il problema della fame nel mondo. Il pericolo, anzi, è che poche multinazionali assumano il controllo della produzione di cibo, costringendo i contadini poveri ad andare a comperare le sementi geneticamente modificate. È interessante quanto diceva Susan George riguardo al rifiuto dello Zambia di ricevere mais geneticamente modificato: che, cioè, il governo non lo ha rifiutato in sé, ma ha detto che sarebbe stato disposto a prenderlo se fosse stato macinato. E questo per impedire che i contadini potessero riusarlo, diventandone dipendenti. Non riesco a capacitarmi di questa apertura del Vaticano, perché di solito in questi ambiti è molto duro. Magari Martino ha voluto soltanto sondare il terreno per vedere le reazioni. In realtà non si può mai giudicare prima di leggere il testo.


Secondo Martino, l'interesse del Vaticano per tale questione sarebbe motivato dalla ricerca di soluzioni al problema della fame nel mondo. Ma gli Ogm possono davvero servire a questo scopo? Il fatto che siano controllati da un piccolo gruppo di transnazionali non basta a svuotare completamente tale argomento? La fame non è piuttosto un problema di concentrazione di reddito e di terra?


BERNARDI: Già questo fatto compromette seriamente il discorso della lotta alla fame nel mondo. Il problema delle sette sorelle che detengono il monopolio di tutte le granaglie a livello mondiale è di una gravità enorme. E non mancano le pressioni e i ricatti. È noto il caso dello Zambia, che si è ribellato dicendo: noi rischiamo di morire di fame, ma almeno non moriremo avvelenati e, soprattutto, moriremo liberi.

GHEDDO: È vero che la fame dipende anche dalla concentrazione di terra e di reddito, ma il punto è quello del modo di produzione. Per arrivare al benessere bisogna produrre. Finché la produttività dei Paesi poveri è così scarsa non si può pensare che arrivino a un certo benessere. Io vengo dalla provincia di Vercelli: qui produciamo 75 quintali di riso all'ettaro. In Africa producono 4-5 quintali di riso all'ettaro. E questo avviene non perché non siano capaci o perché non lavorino, anzi, lavorano più di noi, ma perché non sono preparati. Il problema sta tutto nell'educazione.

PASINI: Sono convinta che sotto la questione degli Ogm non ci sia assolutamente l'interesse per la fame ma vi siano in gioco enormi interessi economici. Del resto, se ci fosse giustizia sociale non avremmo bisogno di ricorrere a certe cose. Le pressioni degli Stati Uniti sui Paesi che stanno morendo di fame affinché si aprano agli alimenti geneticamente modificati è terrorismo vero e proprio. I capi di Stato di questi Paesi si trovano nell'alternativa di vedere la propria gente morire di fame o di accettare questo cibo. Ed è molto difficile dire di no, vedendo la gente morire e sapendo che lì c'è del cibo che la può sfamare. Oggi con il livello di conoscenza che abbiamo raggiunto in questo momento, non dobbiamo usare questi prodotti, perché non abbiamo nessuna sicurezza sul loro impatto.

STORGATO: A mio avviso, si tratta di una grande balla. Prima di tutto perché c'è già sovrapproduzione nei Paesi ricchi e una nuova sovrapproduzione causata dagli Ogm non so a cosa potrebbe servire. Per sostenere i Paesi poveri, bisogna soprattutto aiutarli a sviluppare il loro futuro in piena autonomia e nel rispetto della loro cultura e del loro stile di vita. Noi sappiamo quanta ricchezza di semi, anche se non è brevettata, vi sia nei Paesi in via di sviluppo, basti pensare alle varietà di riso in Bangladesh. Ma se vengono introdotti Ogm in questi Paesi per incrementare la produzione, essi contamineranno e uccideranno le varietà locali. E non c'è solo una cultura umana da preservare e rispettare, ma una cultura ecologica che è una ricchezza per tutta l'umanità. Per lottare contro la fame sappiamo benissimo quali sono gli strumenti, i metodi e gli approcci. Con gli Ogm brevettati si creerebbe invece una nuova dipendenza, chiamiamola pure schiavitù. Non è poi solo la quantità che risolve il problema della nutrizione. In Bangladesh vi è un riso piccolo che è di una delizia spettacolare: certo, produce di meno di quello grosso, ma è molto più nutritivo. Non si tratta solo di riempire lo stomaco ma di assicurare un'alimentazione di qualità.
 

ZANOTELLI: Io penso che la cosa fondamentale non sia la mancanza di cibo. Perché di cibo ce n'è anche troppo. Quello che manca è il cibo prodotto localmente. Il cibo delle multinazionali lo buttiamo via talmente è tanto, ma è la produzione locale che è fondamentale. A Cancun la reazione dei Paesi poveri è andata proprio in questa direzione. E se l'accordo non fosse saltato, ci sarebbe stata una battaglia anche su questo punto: non penso che i Paesi poveri avrebbero facilmente accettato l'introduzione degli Ogm. Può darsi che non ci sia nulla di nocivo in questi alimenti: gli scienziati sono piuttosto divisi al riguardo. Ma il problema è un altro: è il grande rischio di dare a poche multinazionali il controllo sull'elemento fondamentale per l'uomo che è il cibo. Diventeremmo tutti dei prigionieri.


La vostra Congregazione religiosa ha preso posizione al riguardo? Intende farlo?


BERNARDI: Come missionari della Consolata, attraverso la nostra rivista, abbiamo sempre manifestato grandi dubbi di fronte a questo problema.

GHEDDO: Della questione si occupano i missionari sul campo, il Pime in generale no. Non vedo il perché. È vero che si sono pronunciati anche dei vescovi, ma essi si trovano di fronte a un panorama molto preciso, mentre il Pime lavora dall'Amazzonia all'Oceania, dalle Filippine all'India, dal Giappone al Camerun.

PASINI: Bisognerebbe avere la possibilità di aprire un dibattito. Il nostro gruppo di promotori di giustizia e pace incontra due volte all'anno il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, per confrontarsi su alcune questioni. Il mio suggerimento è di mettere in agenda, nella prossima riunione, un confronto sulle posizioni di Martino e del Pontificio Consiglio. Perché le dichiarazioni dell'arcivescovo sono un campanello d'allarme e noi vogliamo poterle chiarire direttamente con lui. Noi abbiamo il diritto di chiedere e semmai di esprimere le nostre obiezioni. Ed è un bene che ci sia questa dialettica nella Chiesa. Purtroppo nella Chiesa è ancora dominante il pensiero a livello maschile. Il confronto con il pensiero femminile, più capace di andare in profondità, oltre l'interesse economico, per raggiungere il bene in se stesso, forse manca ancora. Non è colpa di Martino, ma della struttura. Noi però dobbiamo imparare a presentare le nostre proposte, a chiedere con rispetto ma anche con fermezza. Nell'ostilità, nel muro contro muro, non si crea niente. Il dialogo nella Chiesa deve diventare molto più forte, perché questa è la strada della pace, della nonviolenza, della giustizia.

STORGATO: Non abbiamo preso posizione come saveriani, ma potremmo forse prenderla, unitariamente, come missionari italiani. Lancerò l'idea a p. Rigon, della Cimi (Conferenza Istituti Missionari in Italia), affinché venga messa in agenda tale questione.

ZANOTELLI: La Congregazione non si è espressa. Ma Nigrizia ha preso varie volte posizione in merito, pronunciandosi sempre in maniera molto negativa. Penso che gli Istituti missionari potrebbero riunirsi e fare una dichiarazione, per fare presenti certe cose.
 

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