E’
da un mese che sono ritornato in Perù e
ringrazio il Dio della Vita per questo tempo
che mi sta dando per rinascere di nuovo.
Oggi più che mai c’è bisogno di saper
ascoltare con maggior attenzione le sfide
quotidianamente che ci circondano. In questo
primo mese di vita, ho avuto modo di
ritrovarmi con le tante persone che lasciai
qualche anno fa ed è bello vedere come i
segni di speranza hanno alimentato il
cammino di molte famiglie e comunità. La
mia destinazione definitiva avverrà in
marzo e per il momento ho l’occasione di
conoscere più da vicino il lavoro di alcune
delle nostre comunità. Voglio condividere
con voi, in sintesi, i volti, le storie e i
contenuti che mi hanno accompagnato in
questo reinserimento progressivo nella
storia peruviana.
“Alzati e mettiti al centro” (Mc 3,1-6)
Prima settimana
E’
l’invito che Gesù fa all’uomo dalla
mano paralizzata e con questo brano del
vangelo preso dalla liturgia del giorno,
inizia la mia prima settimana caratterizzata
dalla riflessione dell’assemblea
provinciale intitolata: “La missione ci
rinnova”. Il laboratorio sulla missione
svolto come tema di formazione permanente ha
ripreso il concetto fondamentale del cammino
di Gesù. Tutta la vita di Gesù è un
cammino: da Betlemme a Gerusalemme. Dal Suo
cammino percepiamo otto caratteristiche
essenziali per una missione efficace: essere
uomini di Dio, lettura e meditazione della
Parola di Dio, apostoli ispirati al Buon
Pastore, comunità come dono di Dio,
evangelizzatori che formano comunità
evangelizzatrici, evangelizzatori che
formano evangelizzatori, animati per azioni
di giustizia e pace in difesa
dell’integrità del creato, opzione
radicale per i giovani. Con questa
prospettiva e con il metodo vedere, giudica
e agire si è rivisto il lavoro delle
comunità e la prospettiva del prossimo
sessennio. La presenza dei 55 confratelli mi
ha aiutato a comprendere la potenza della
fedeltà della nostra missione… niente
male come inizio.
“Perché un popolo disorganizzato è una massa con la quale si può
giocare, però un popolo che si organizza e
difende i suoi valori, la sua giustizia, è
un popolo che si fa rispettare”
(Mons.
Romero – omelia del 2 marzo 1980)
La
seconda
settimana è stata caratterizzata da
5 serate organizzate da ADEP (associazione
che lavora per la dissuasione di una cultura
di pace) sulla Commissione della Verità e
della Riconciliazione proponendo cammini per
un impegno cristiano. A questo proposito
vorrei indicare il libro pubblicato dall’EMI
(Gianni Di Bella – Perù:
verità e riconciliazione. Dal tempo della
vergogna al patto tra società e stato).
Con la fine della guerra fredda, gli Stati
Uniti smisero di sostenere i regimi
autoritari in Sudamerica. A livello
continentale gli effetti devastanti prodotti
dalla grave crisi economica degli anni ’80
e l’incapacità dei militari di elaborare
una adeguata politica economica anticrisi,
convinsero i vertici delle forze armate ad
abbandonare il ruolo politico e a rientrare
nelle caserme.
Un caso unico e sotto molti aspetti
'anomalo' è rappresentato dal Perù. Qui il
ritorno alla democrazia significò di fatto
l'inizio di quella devastante e terribile
stagione politica che il presidente della
“Comision de la Verdad y Reconciliacion”,
Salomon Lerner Febres, ha definito "il
tempo della vergogna". Nel complesso e
non sempre agevole passaggio dai regimi
autoritari alla democrazia, le nuove classi
dirigenti, democraticamente elette, hanno
dovuto spesso fare i conti con pesanti e a
volte ingombranti eredità storiche. Nella
non facile transizione verso stabili sistemi
democratici la società civile e la classe
politica hanno sentito l'esigenza di un
forte e immediato recupero della memoria
storica, onde evitare che il naturale
processo di normalizzazione relegasse
nell'oblio il passato cancellandone la
memoria e in un certo senso autorizzando una
rimozione dalla coscienza collettiva di
quanto accaduto.
Anche nel caso peruviano, la
costruzione di una memoria, è stata assunta
come elemento costitutivo dell'identità del
nuovo stato democratico. Il bisogno di
ricordare non ha soltanto significato
riconoscere la dignità e i diritti delle
vittime, ma ha rappresentato la conditio
sine qua non per superare la pura logica
della "punizione" e per
intraprendere l'arduo cammino della
"riconciliazione".
Quest'opera di recupero della memoria
storica è stata in più contesti possibile
grazie all'istituzione di cosiddetti
"Tribunali morali" o di
"Commissioni per il recupero della
memoria storica" che ricostruissero,
attraverso indagini, documenti e
testimonianze, quanto accaduto nelle vicende
dei loro rispettivi Paesi. E’ iniziata così
una nuova era per il Perù: la richiesta e
l’impegno di un nuovo patto fondante per
non dimenticare le 70.000 vittime della
violenza. L’invito è esplicito: iniziare
a far si che la nostra presenza sia
missionaria che pastorale sia capace e
pronta a coinvolgersi in azioni di
risoluzione di conflitti e processi di
riconciliazione capaci di ridare umanità
alle migliaia di situazioni
che chiedono e urlano una risposta di
accoglienza e di speranza. “Oggi è il
tempo che costruisce il domani” (Victor
Jara).
Con gli occhi di Raul
Terza settimana
Raul
è uno dei tanti taxista che riempiono le
strade di Lima per guadagnarsi la giornata.
Mi ha raccontato i suoi sogni, le sue
speranze e la felicità di avere dei figli e
una famiglia unita. Le strade di Lima
brulicano di gente “che cammina”.
Sembrano tante formiche indaffarate ad
arrivare a sera. Raul mi ha accompagnato in
un quartiere marginale di Lima conosciuto e
temuto. Non mi ha portato a destinazione
perché non se la sentiva… e l’ho
capito. La persona che visitai, che da più
di 40 anni lavora in Perù, mi disse:
“Benvenuto nella mia terra promessa,
questo è un mondo babelico che esige di
essere considerato”. Secondo il programma
di sviluppo delle Nazioni Unite, se il Perù
dovesse mantenere la tendenza di questi
ultimi 40 anni, nel 2015 vi saranno lo
stesso numero di poveri che vi sono oggi: 200
mila bambini denutriti; 680 mila bambine
senza accesso alla scuola elementare e 42
mila donne potrebbero morire per non avere
accesso ai servizi sanitari adeguati al
momento del parto… cifre, numeri che mi
rimbalzano in testa mentre cammino per il
“mondo babelico” e che si confrontano
con il testo del vangelo del giorno della
presentazione del Signore… “e il bambino
sarà un segno di contraddizione”. Niente
da aggiungere: il buon Dio conferma il suo
essere segno di contraddizione e di
missione: da Babele
alla Pentecoste…
Esperanza y Libertad
Quarta settimana
La
provvidenza è grande e non poteva che farmi
uno dei più bei regali in così poco tempo.
Oltre a rincontrare i volti di famiglia, ho
potuto condividere 4 giornate di spiritualità
con p.Gustavo
G. e gli amici del centro di formazione
del “Bartolomé De Las Casas”. Che cosa
significa fondare e ricostruire il Perù?
Come camminare in un paese devastato dalla
violenza? Confrontandoci con la Parola di
Dio scopriamo che anche questo conflitto è
parte della Buona Notizia: dar speranza oggi
è esporsi, è mettere in pratica la Buona
Notizia. Questo è il prezzo che c’è da
pagare quando non si scappa dalla storia.
Con due versetti di San Paolo, ripresi dalla
lettera ai Romani, p. Gustavo ha riletto la
storia del profeta Geremia sintetizzato in 5
parole il cammino spirituale di ogni
cristiano: PROVA, RESISTENZA, CARATTERE,
SPERANZA e AGAPE: “…La sofferenza
produce la costanza; la costanza il
carattere (la fermezza – discernimento) e
il carattere la Speranza e la Speranza non
inganna perché l’amore di Dio si è
riversato nei vostri cuori” (Rm 5,3b-5).
Da speranza rileggere la vita con gli occhi
della Parola e sappiamo che la Parola è una
spada a doppio taglio: non può essere
proclamata senza provocare un cambio
esistenziale, non può creare senza generare
nuovi semi nella nostra vita e nei contesti
che viviamo. Per questo, dopo la rilettura
dell’Apocalisse come ricostruzione della
speranza, attraverso un bellissimo lavoro di
scrittura e memoria collettiva, abbiamo
ripercorso la storia della chiesa in america
latina dopo il Concilio Vaticano II° per
riconfermare, come venne detto in Medellin,
che: “Si presenti sempre più chiaramente
in Latinoamerica il volto di una
Chiesa autenticamente povera, missionaria e
pasquale, slegata da ogni potere
temporale e audacemente impegnata nella
liberazione di ogni uomo e di tutti gli
uomini…” (Promozione Umana, 5, Giovani,
15a).
Visita alla comunità di Santiago de Chile
Quinta settimana
Tra
le varie possibili destinazioni c’è anche
il Chile. Insieme a p.Oscar, comboniano
messicano arrivato da alcuni mesi, siamo
andati a visitare la parrocchia di Renca
(zona alla periferia di Santiago che la
diocesi vorrebbe affidare ai comboniani). Si
tratta di una parrocchia di 40.000 persone
distribuite in uno spazio di 2km per 1km. Un
ammasso umano impressionante.
Sociologicamente l’ambiente è molto
diverso dal mondo babelico del caro amico
che vive in una zona marginale di Lima, ma
sostanzialmente i problemi sono comuni. La
presenza della parrocchia, aperta 9 anni fa,
ha permesso di creare una rete di base con
diverse realtà positive. In questi ultimi
anni la diffusione della droga è aumentata;
le strutture educative si fermano alle
scuole elementari; i movimenti e sette
protestanti hanno invaso gli spazi e le
piccole comunità cristiane sono presenti
principalmente negli spazi sacramentali
(alle 4 messe domenicali partecipano un
migliaio di persone e i sacramenti si
possono contare sulle dita di 4 mani) e lo
spazio è aperto. Come sempre il lavoro non
manca e uno dei vangeli di quei giorni, ci
ricordava che “chi vuole salvare la
propria vita la perderà e chi vuole perdere
la propria vita per Me – dice il Signore
– la salverà”. Attendiamo il tempo del
discernimento del consiglio provinciale.
Pianificazione pastorale e nuova evangelizzazione
Sesta settimana
Qui siamo in estate. Questi mesi
coincidono con le vacanze e si organizzano
settimane di teologia e di approfondimento
teologico e biblico… penso sarebbe
difficile organizzare qualcosa di simile in
Italia: vi immaginate chiedere ai nostri
catechisti di mettersi a tavolino per un
mese e seguire alcuni corsi di teologia
appropriata per catechisti? Credo che i
partecipanti sarebbero veramente pochi. Ma
siamo in un altro contesto e… ne son
felice.
In
questa settimana sto concludendo un
ulteriore percorso propostomi che riguarda
un aspetto fondamentale della pastorale: la
pianificazione nella logica della nuova
evangelizzazione. Esiste una nuova
evangelizzazione nella misura in cui
desideriamo aprirci al nuovo e cambiare la
nostra vita. Una nuova evangelizzazione
richiede una
riflessione teologica nuova (=
l’immagine di Dio che abbiamo e la
conseguente esperienza, risponde
all’esperienza di Gesù di Nazaret? E se
lo è, perché la nostra Chiesa e i
cristiani sono considerati, da molti, come
gente che annoia e che è poco
misericordiosa? La nostra esperienza di
parrocchia riflette lo spirito di popolo di
Dio in cammino? Siamo disposti a cambiare
logica? Qual è il costo che siamo
disponibile a pagare per questo
rinnovamento?) che porta con se nuove
modalità d’azione e nuovi
stili di vita comunitari e di formazione.
L’invito
di questi giorni è quello di avere il
coraggio di porci una domanda: che ha fatto
e che cosa aveva il cristianesimo delle
origini che in pochi decenni riuscì a
estendersi nel modo con cui si estese? Cosa
manca a noi? Sono uscite varie proposte e in
particolare anche il coraggio di utilizzare
una metodologia che aiuti a far revisione di
vita e di cammino: dove vogliamo arrivare?
(missione e visione); conoscere le persone
che serviamo partendo dalle vere necessità
del posto (e non inventarle in base ai
nostri criteri o capacità); conoscere la
propria organizzazione (non bastano la buona
volontà o i pii desideri o sogni); saper
analizzare i co-attori (quali altri gruppi
agiscono sul territorio); integrare gli
elementi e proporre un cammino d’insieme.
A queste proposte strutturali, è urgente
agire con lo spirito evangelico del servizio
e della correzione fraterna comune per
duplicare i doni che abbiamo e dimezzare i
difetti, far esplodere le opportunità della
Buona Notizia e prevenire i rischi.
Le
ricchezze e la gioia dei volti, le storie
ricondivise e i sogni annunciati, sono stati
tanti in queste prime settimane. Ho cercato
di condividere il nocciolo del “caminando”
personale e comunitario, per aiutarci a
celebrare la vita dal di dentro, dal piano
terra di coloro che da anni stanno
costruendo un presente nuovo per un futuro
migliore. Che questa quaresima ci aiuti a
rispolverare la potenza della resurrezione
per aprirci al nuovo parto di Dio. Uniti
perché possa saper ascoltare la Sua
presenza e con molta disponibilità,
semplicità e generosità possa mettermi al
servizio dei più poveri e abbandonati.
Un
forte abbraccione -
p.mosè
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