Segnato ed insegnato da tanti volti
p.Giorgio, 25° di consacrazione missionaria
“Ti è stato detto, uomo
ciò che è bene, ciò che il Signore vuole da
te,
nient’altro che fare la giustizia,
amare con tenerezza,
camminare umilmente con il tuo Dio.” (Michea 6,8)
E dopo 25 anni di consacrazione religiosa e missionaria avrei molte
cose da dire, da scrivere, da raccontare e ricordare. Alcune immagini e parole
mi aiutano a fare sintesi, a ri-cor-dare (portare dentro al
cuore) questo cammino.
Ho iniziato la lettera con una Parola, una Parola di Dio, il versetto
del profeta Michea che mi ha accompagnato in questi anni. Dio, attraverso il
profeta, chiede tre cose a chi si mette al suo servizio e discepolato:
- fare
la giustizia: non è un semplice fare la carità o l’elemosina, ma far si che
tutti possono avere la dignità di uomini e donne, di figli e figlie di Dio
Padre. E allora sarà pace !
- amare con tenerezza: amare con il
cuore di Dio, con la sua misericordia. Lasciarsi coinvolgere e capovolgere
dall’amore e dai poveri. Un lasciarsi amare.
- camminare umilmente con il tuo Dio: coltivare la fede e la fiducia nella presenza e azione di Dio nella
storia e nel mondo. Entrare nella logica del seme, che si lascia coprire per
dar frutto. E’ un essere “pietre nascoste” come ci ricorda S. Daniele
Comboni.
Una immagine che racconta questi anni: il cammino.
La vita è davvero un cammino. Alcuni verbi che lo caratterizzano:
incontrare, partire, abbracciare, cadere, alzarsi, continuare… “Ricordati di
tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi
anni..” è l’invito del Deuteronomio. È un riconoscere che in questo tempo
il Dio della Vita e dell’Amore mi è stato sempre accanto, ha camminato con me,
davanti a me!
- Ricordo il primo periodo di 4 anni, dopo
l’ordinazione, a Venegono con il GIM (Giovani Impegno Missionario). I tanti
giovani incontrati, che ho accompagnato, voluto bene e dove mi sono sentito
accompagnato da loro fino ad oggi.
- Poi la partenza per il Brasile, per Ouro
Preto, in una grande parrocchia immersa tra la gente e la foresta dell’Amazzonia.
Lì ho sperimentato la bellezza ed il gusto di essere prete. Ho imparato con le
numerose comunità cristiane e con la gente povera ad essere missionario, e da
loro venivo battezzato, accolto e voluto bene. Quando mi incontravano
ripetevano spesso: “Sei uno di noi, sei dei nostri!” E’ un bel
complimento per un missionario.
- In seguito 5 anni a Curitiba, nel sud del
Brasile, incaricato della formazione dei giovani seminaristi di filosofia. E’
stato un tempo per educare, accompagnare, formare i giovani facendolo prima e
soprattutto con me stesso.
- Nel 1994 il consiglio generale mi chiede di
andare a Sao Paulo per accompagnare e seminaristi di teologia e la gente più
povera delle favelas, per 6 anni. E’ il luogo dove di più ho imparato ad essere
“rezeiro e rueiro”, che significa essere un uomo di Dio, della preghiera
e una persona della strada, tra la gente. Chi ci incontra deve accorgersi
subito che siamo di Dio e dei poveri, che la nostra vita appartiene a loro.
- E adesso quest’ultimo periodo di 6 anni a Padova
in una comunità giovane e missionaria, in cui mi è chiesto di essere
coordinatore e formatore. E’ un lavoro esigente e missionario. Non mi sento
meno missionario perché sono nella formazione e in Italia. Ogni paese, chiesa,
situazione è un luogo di missione; un posto dove annunciare che siamo figli e
figlie di Dio, fratelli e sorelle, salvati dall’amore gratuito di Dio.
Chiaro, il Brasile mi manca e tanto! E non lo dimentico. Infatti mi
dicono che “parlo in italiano con l’accento brasiliano!”
Facendo memoria di questo cammino, tre parole sgorgano dal mio cuore:
- Gratuità:
tutto è Grazia, gratis,
iniziativa e opera Sua. La gratuità della vita, di quello che sono, della
vocazione, della missione, della famiglia missionaria comboniana, del lungo
periodo trascorso in Brasile. La Gratuità è un sostantivo divino, cioè di Dio e
non umano.
- Gratitudine:
come risposta alla
gratuità-amore di Dio. Sono grato per quanto Lui ha compiuto e operato in me.
Lo devo a Lui e a quanti mi hanno sostenuto in questi anni: genitori, familiari, amici, comboniani,
poveri …
- Grazie:
è la parola che più risuona
nel mio cuore in questo momento. Grazie a Dio per la sua fedeltà, misericordia,
amicizia e iniziativa. Grazie a voi amici, parenti, compagni di viaggio per la
vicinanza, condivisione e bene. Grazie ai tanti volti incontrati, in Brasile e
in Italia, vera icona e dono di Dio per me. Volti che mi hanno segnato ed
insegnato.
Concludo questa lettera con una preghiera
e ancora una volta la prendo dalla Parola di Dio: è la preghiera del Magnificat.
Maria (figura dei poveri, dei discepoli, delle comunità) non dice nulla
di sé ma solo ciò che il Salvatore ha operato in lei e nel popolo. Maria dà
grazie a Dio per ciò che Lui ha fatto e operato.
Il soggetto dei verbi è sempre e solo Dio (ha guardato, ha fatto, ha
rovesciato, ha soccorso…).
Pregando il Magnificat confessiamo a Dio, ai fratelli e sorelle, il
dono della salvezza.
E testimoniamo che la salvezza altro non è che il piegarsi grazioso di
Dio verso la nostra povertà. Non solo, ma che Dio continuamente opera nella
storia, nel mondo e nelle persone, che la sua fedeltà non viene mai meno.
Con questi sentimenti e atteggiamenti vi abbraccio con tenerezza e
forza.
Uniti nella preghiera, missione e amicizia
p. Giorgio P.