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“Vivere é molto bello”: un augurio di Buona Pasqua!

fr. Alberto Degan

 

“Vivere é molto bello”:

un augurio di Buona Pasqua!

Quando il Sinedrio fece fustigare Pietro e i suoi compagni, la reazione degli apostoli fu sorprendente: “Gli apostoli uscirono dal Sinedrio felici di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù (Atti 5,41).

Come si può sentirsi felici dopo essere stati fustigati? Si tratta forse di masochismo? Certamente no! Il fatto è che, quando siamo innamorati, siamo disposti a soffrire qualsiasi tipo di prova pur di rimanere uniti alla persona amata.

Come afferma Carlos Mesters, nelle carte paoline l’Apostolo non ci dà quasi nessun dettaglio storico sulle apparizioni del Risorto, perché per i cristiani di Efeso, Roma e Tessalonica non c’era bisogno di risalire a dettagli e apparizioni di venti o trent’anni prima, poiché la resurrezione era qualcosa che essi vivevano e sperimentavano ogni giorno. In questo senso, la resurrezione non era soltanto un avvenimento del passato, ma soprattutto un’esperienza del presente: l’esperienza quotidiana della comunità che si sentiva avvolta dalla grazia – cioè dalla carezza - dell’Amato, e godeva di questa carezza. Insomma, dietro l’incredibile capacità di resistenza dei primi discepoli di Cristo, c’è questa esperienza fortissima di Dio.

Durante i suoi tre anni di vita pubblica, Gesù aveva fatto intuire ai suoi discepoli le enormi potenzialità che si sviluppano nell’uomo quando decide di seguire il cammino di Dio: un uomo che sente nelle sue viscere il dolore del fratello, un uomo capace di impegnarsi per la giustizia sino a dare la propria vita, un uomo capace di amare i suoi nemici. E cosi, vivendo con Gesù, il futuro appariva come un orizzonte aperto, in cui finalmente si sarebbe potuto realizzare il Regno di pace, giustizia e fraternità. Ma poi, bruscamente, con la morte del Maestro, tutte queste speranze vennero meno e l’orizzonte si chiuse un’altra volta, e stavolta rischiava di chiudersi per sempre. Come dissero i discepoli di Emmaus: Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele, però...” (Lc 24,41).Il pessimismo e la disperazione cominciarono ad impossessarsi del cuore degli apostoli. E di fatto, la realtà sembrava giustificare questo pessimismo, perché, come commenta Mesters, “le forze della morte erano più ‘vive‘ che mai: l’Impero romano che aveva ratificato la condanna a morte di Gesù; i soldati che avevano eseguito la condanna; gli scribi che avevano gioito della morte di Cristo; la mentalità fluttuante del popolo che si lasciava facilmente manipolare, ecc”.

Sono tutti elementi che, in qualche modo, sono ancora ben vivi e presenti nel mondo d’oggi. Di fronte a questa superiorità apparentemente schiacciante delle forze del male, gli apostoli si lasciarono andare alla depressione, alla disperazione e alla paura. La fede in un futuro diverso scomparve; si può dire che lo spirito degli apostoli si era spento, e che gli apostoli erano più morti di Gesù.

Ma poi, al terzo giorno, quando Gesù risorse, gli apostoli risorsero con Lui: il futuro tornò a fare capolino in mezzo a un cielo che voleva ancora colorarsi di azzurro, e l’orizzonte chiuso tornò ad aprirsi alla speranza.

E tutto questo aveva davvero dell’incredibile: era forse caduto l’Impero romano? Era forse terminata la persecuzione del sacerdoti del Tempio? Era forse finita l’oppressione politica e militare? Nulla di tutto ciò, sennonché - in mezzo a tutte queste difficoltà - gli apostoli sperimentarono “con quale straordinaria potenza attua Dio con i credenti, cioé con quella stessa forza che attuò in Gesù quando fu resuscitato dai morti” (Ef 1,19-20).

Quando questa forza straordinaria agisce in noi, siamo capaci di affrontare con coraggio e con gioia qualsiasi tipo di difficoltà: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?... Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8,35-39).

Siamo inequivocabilmente di fronte a un mistero: come può convivere la gioia con la sofferenza e la tribolazione? Scrive a questo proposito un poeta mozambicano, Mia Couto: “Nel mondo che combatto muoio, ma nel mondo per cui lotto rinasco a nuova vita”.

É un’esperienza che molti di noi facciamo. Ad esempio, é l’esperienza di Black, che a Natale mi disse: “É il primo Natale che festeggio in prigione. Prima ero libero, avevo tutta la libertà di festeggiare il Natale, ma non lo facevo: Natale, per me, era un giorno come tutti gli altri, o soltanto un giorno in cui divertirsi e spendere un po’ di più. Non lo sentivo come festa di Dio, non mi sentivo parte della festa di Dio. Adesso sono in prigione, ma per la prima volta sento davvero la gioia del Natale: sento il Natale come un banchetto, come una festa a cui Dio invita anche me, perché Dio vuole sedersi al mio fianco. E questo mi rende felice”.

Sempre Black, pochi giorni fa, mi ha detto: “É da dieci mesi che sono in carcere. Quando sono venuto qui, volevo vendicarmi contro quelli che hanno sparato a mio fratello e che, in qualche modo, mi hanno costretto a cercare soldi con metodi leciti e illeciti. Era la mia ossessione: pensavo che la prima cosa che avrei fatto, una volta uscito da qui, sarebbe stato cercarli e vendicarmi. Ma adesso Cristo mi ha aperto gli occhi: rinuncio alla vendetta, e la lascio nelle mani di Dio. E mi sento sereno in questa decisione”.

É anche l’esperienza di un mio caro amico italiano, che nel suo ultimo messaggio mi parla delle fatiche dei suoi impegni familiari, ma anche delle grandi gioie indissolubilmente legate a queste fatiche, e conclude: “É un momento faticoso, ma sereno della mia vita. Vivere è molto bello…”.

Ecco, a tutti voi auguro una Buona Pasqua, auguro cioé di sperimentare la “potenza straordinaria” dell’amore di Cristo, che ci dà la forza di lottare e di amare pur in mezzo a tante difficoltà, e ci dà la gioia di sentirci uniti a lui, felici, anche quando siamo stanchi e affaticati. E così dal nostro cuore uscirà un canto di ringraziamento, perché sentiremo che Dio vuole sedersi al nostro fianco, e che con Lui al nostro fianco “vivere é molto bello”.

Vi abbraccio tutti con affetto fraterno,

Alberto.

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di: corrado

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