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Ignacio Ellacuria

Ignacio Ellacuria: Un testimone dimenticato?

Nato a Portugalete (Vizcaya, Spagna) il 9 novembre 1930, già a diciotto anni fu inviato a terminare il noviziato nella Compagnia di Gesù a Santa Tecla, in El Salvador. Da qui il suo percorso formativo lo portò in Ecuador e di nuovo in Centro America nel 1955 a insegnare filosofia e latino nel seminario di San José de la Montaña. Dopo la professione solenne nella Compagnia di Gesù, fatta a Portugalete nel 1965, studiò in Europa, terminando il dottorato in filosofia con Xavier Zubiri. Nel 1967 ritornò definitivamente in El Salvador, come insegnante dell’Università Centro Americana José Simeón Cañas (UCA) di San Salvador. Dal 1972 ne diresse il Dipartimento di Filosofia, nel 1974 fondò il Centro di Riflessione Teologica: pur non essendo la teologia la materia principale della sua formazione, a contatto con la realtà latino americana essa acquisì per Ellacuría valore centrale nell’espressione intellettuale, in quanto la riteneva più efficace per la trasformazione della realtà. Il suo primo libro fu di teologia (Teología Política, San Salvador, Ed. Secr. Social Interdiocesano, 1973) e gran parte della sua produzione è teologica. Su questo piano fu fondamentale l’incontro con Monsignor Romero, col quale collaborò intensamente fino all'uccisione dell’Arcivescovo nel 1980. Con Jon Sobrino fondò invece l'importante Rivista Latinoamericana di Teologia (RLT) e curò un notevole testo sistematico di teologia della liberazione che fu pubblicato postumo (così come gli importanti Filosofia de la Realidad Histórica, San Salvador, UCA ed., 1990; e Veinti años de historia en El Salvador, San Salvador, UCA ed., 1991).

L’impegno costante di osservatore partecipante della realtà politica del Salvador avvenne soprattutto dalle pagine della rivista Estudios Centro Americanos (ECA), che diresse dal 1976, rendendola sempre più attenta all’evolversi della realtà del paese. La sua lotta per la trasformazione dell’Università da un’ottica di sviluppo a quella della liberazione, per portarla ad essere coscienza critica della società, lo condusse ad implicarsi sempre maggiormente nella sua gestione, fino a diventarne il Rettore dal 1979. Lo stesso anno la UCA aveva preso la sua posizione forse più esplicitamente politica nell’appoggiare la Giunta rivoluzionaria di governo militare e civile che aveva dato per un breve periodo speranza di un possibile cambiamento riformista in El Salvador. In realtà da allora si sviluppò un aumento vertiginoso e incontrollabile della violenza repressiva che avrebbe portato il paese alla guerra civile. L’uccisione di Monsignor Romero e l’ondata di violenza contro la stessa chiesa cattolica obbligò Ellacuría al primo lungo esilio.

Il suo coinvolgimento nella storia recente di El Salvador aumentò irreversibilmente dalla morte dell’Arcivescovo e lo condusse a implicarsi sempre maggiormente per una soluzione negoziata e nonviolenta del conflitto che insanguinò il paese per tutti gli anni Ottanta. Nonostante minacce continue e sempre più credibili, il suo impegno continuò, nella convinzione che non avrebbero potuto nuocergli, perché la sua morte sarebbe stata sconveniente per il governo degli Stati Uniti, principale artefice dei tristi destini del Centro America. Ma durante l'offensiva guerrigliera dell’11 novembre 1989, quando le classi dominanti di El Salvador temettero realisticamente una vittoria del Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Martí, avvenne l'improbabile. In una riunione con lo stesso presidente della repubblica Alfredo Cristiani, l'oligarchia salvadoregna decise la sorte dei padri gesuiti della UCA e principalmente di Ellacuría, ritenuto contro ogni evidenza responsabile della guerriglia. Uno squadrone del reparto speciale Atonal dell’esercito governativo, al comando del Colonnello Benavides, tuttora impunito, entrò nella residenza universitaria della UCA per eliminarne i dirigenti: insieme ai padri Ignacio Ellacuría, Ignacio Martín Baró, Segundo Montes, Juán Ramón Moreno, Amando López e Joaquín López y López, furono uccise Elba e Celina Ramos, rifugiatesi nella residenza dei gesuiti per sentirsi più protette. Olindo, marito e padre sopravvissuto, ha coltivato da allora il bel roseto del giardino dell’università dove avvenne la strage. Da qui il cervello brutalmente asportato dal cranio del padre Ellacuría potrebbe ancora insegnare e parlare alla ragione umana, se non prevalesse il silenzio dell’oblio e la forza del compromesso codardo. La stessa UCA è oggi dominata da tutt’altre logiche ed El Salvador, che ha raggiunto la pace con gli Accordi del 1992, non rappresenta che l'esempio cinico di una “Pax americana”, compiacendo per gli apprezzabili risultati il governo degli Stati Uniti: Flores, già presidente della repubblica e rappresentante del partito ARENA di estrema destra, che non ha smesso di dominare i destini del paese dal 1989 ad oggi, fu ricevuto con onore al vertice dei G8 per glorificare i risultati economici e politici di El Salvador, esempio di democratizzazione e uscita dal sottosviluppo gradito ai potenti.

La pace è un inganno: l’ingiustizia strutturale è sempre più grave e la distanza tra ricchi e poveri incolmabile. Ma sono proprio tantissimi poveri a sostenere il governo fascista di El Salvador: esso basa il proprio consenso su campagne mediatiche che fanno riflettere molto e drammaticamente sull’Italia di oggi.

Il pensiero teologico di padre Ignacio Ellacuría.

Il progetto intellettuale di Ignacio Ellacuría si caratterizza per l’attenzione alla realtà politico sociale economico culturale nella quale si sviluppa: un pensiero filosofico, prima di tutto, che fondi quello teologico e quello socio politico; un pensiero latino americano, perché nato nella realtà dell’America Latina; un pensiero per la liberazione, infine, perché incarnato in un processo storico che deve essere di liberazione. L’azione morale acquista un carattere decisamente storico, l’intelligenza umana una valenza etica in quanto la sua funzione è quella di apprendere la realtà e confrontarsi con essa, concetto che il gesuita esprime bene nelle tre dimensioni: “farsi carico della realtà, caricarsi e patire della realtà, incaricarsi della realtà” (Etica Fundamental, ciclostilato, Archivio UCA, p.4)

Il contributo teologico dei gesuiti di San Salvador si inserisce nell’ambito della cristologia della teologia della liberazione sudamericana (sulla scia di Leonardo Boff, che qualificò Cristo come “il liberatore”).

Padre Ignacio Ellacuría definisce la teologia della liberazione una ricerca sulla realtà di Dio nella storia: parte così dalla realtà storica, considerata indissolubile dall’azione di Dio, per cui l'azione di Dio va ricercata nella storia, domandandosi: “Come si realizza la salvezza dell’umanità a partire da Gesù?” (Conversione della chiesa al Regno di Dio, per annunciarlo e realizzarlo nella storia, UCA edizioni, San Salvador 1985, p.26. In italiano ed. Queriniana, Brescia, 1992). Di qui emerge il concetto di popolo di Dio, che storicamente si configura come popolo crocifisso e servo di Jahvé, nella prospettiva di una soteriologia storica (ibidem, p.43). S'intende per soteriologia storica "ciò che si riferisce alla salvezza, così come è presentata nella rivelazione. Ma se ne accentua il carattere storico, nel doppio significato di realizzazione della salvezza nella storia unica dell’uomo e come partecipazione attiva in essa dell’umanità, in questo caso dell’umanità oppressa" (ibidem p.26). S'avverte pertanto la necessità di una cristologia che storicizzi l'opera salvifica di Gesù. Se l'umanità di Gesù è il segno della comunicazione con Dio, "la salvezza dell’uomo sociale nella storia è il vero cammino affinché Dio deifichi definitivamente l'uomo. Perciò non è vero solamente che la storia della salvezza trae con sé una salvezza nella storia, ma in più che la salvezza dell’uomo nella storia è la forma in cui si realizza completamente la storia" (Teologia Politica, p. 10).

Si tratta di una prospettiva per cui il Gesù della fede è accessibile soltanto attraverso il Gesù storico: l’accesso alla trascendenza di Cristo fu possibile a Gesù solo attraverso la vita che condusse e all’uomo è accessibile seguendo nei Vangeli la storia materiale di Gesù, incluso il suo carattere politico (Aporte de la TdL a las religiones abrahamicas en la superaciòn del individualismo y del positivismo, in RLT, San Salvador, n.10, IV, 1987, p.10).

In questa linea risulta irrinunciabile l’opzione preferenziale per i poveri, dove sono i poveri stessi che si pongono come liberatori e salvatori. Una liberazione dal peccato, innanzitutto materiale, per cui a livello personale si tratta di conversione, a livello storico di trasformazione quando non di rivoluzione.

V’è un’indicazione chiara di Chiesa dei poveri, che sono definiti poveri di spirito in termini innovativi: “a traduzione reale di poveri di spirito è di poveri con spirito, poveri che assumono la propria povertà reale in tutta la sua immensa potenzialità umana e cristiana nella prospettiva del Regno” (Conversiòn de la iglesia al Reino de Dios, p.151). I poveri acquistano allora oltre alla valenza teologica ed ecclesiologica (Chiesa dei poveri) anche quella cristologica (il problema dei poveri è il problema di Gesù, “Pobres”, in Conceptos fundamentales de Pastoral, Madrid, 1983, p.793) e soteriologica (i poveri prendono su se stessi il peccato del mondo e rivelano nella propria lotta la speranza di salvezza e liberazione). Una teologia evidentemente troppo affine alle teorie marxiste, che procurò condanne e accuse da parte della chiesa ufficiale, fino all’attuale significativo silenzio. Ma se si vuole stigmatizzare l’assunzione della lotta di classe da parte dell’analisi sociologica fatta propria dalla Teologia della liberazione, non si deve dimenticare, ricordò Ellacuría, che è lotta di classe innanzitutto quella che nel contesto storico attuale con estrema determinazione e violenza viene attuata di fatto dalle classi dominanti (La TdL frente al cambio socio histórico de América Latina, in RLT, San Salvador, n.12, IV, 1987 p.246).

Emanuele Maspoli

Tratto da: Comunità di Base di Chieri

 

 

Chi è Jon Sobrino?

Jon Sobrino è un teologo gesuita  sopravvissuto - perché si trovava in Thailandia - al massacro della Uca (Università centroamericana dei gesuiti a San Salvador), avvenuto il 16 novembre del 1989. Furono assassinati, quel giorno, il rettore Ignacio Ellacuría, spagnolo, uno dei più grandi teologi della liberazione, i suoi confratellii Segundo Montes, Ignacio Martín Baró, Amando López, Juan Ramón Moreno, spagnoli, e Joaquín López-López, salvadoregno. Insieme a loro morirono, perché non restassero testimoni, la cuoca Julia Elba Ramos e sua figlia Celina.

una foto di Juan Sorino

 

Una foto di Ignacio Ellacuria

 

 

Per approfondire:

- Intervista a Jon Sobrino tratta da Jesus
- Lettera di Sobrino ad Ellacurìa
- La strage del 16 novembre
- La Chiesa dei Poveri

 

 

Altri link suggeriti:

Amo la chiesa che ama i poveri (intervista al teologo Gustavo Gutiérrez, tratta da Jesus)
La voce degli esclusi (intervista al teologo Clodovis Boff, tratta da Jesus)
Teologia della liberazione, latino americana, nera (tratto da Nigrizia)
Puebla: la scelta preferenziale per "gli altri" (articolo di Segundo Galilea)
Testi di riflessione sulle CEBs, le comunità ecclesiali di base (con riflessioni di Casaldaliga, Comblin, Balduino)

 

 

Informazioni sul Salvador:

Il Salvador è stato tormentato da guerre interne sin da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Spagna, nel 1821. Il Paese ha una superficie di 21.041 chilometri quadrati, con una popolazione di circa sei milioni di abitanti, per lo più cattolici. La minoranza creola mantiene un ruolo socio-economico dominante sulla maggioranza meticcia.

Il 31 dicembre 1991, per iniziativa dell’Onu, a Città del Messico vengono firmati gli accordi di pace tra la guerriglia e l’esercito. Dopo dodici anni termina la guerra civile che ha provocato 7 mila desaparecidos, un milione di profughi e 76 mila morti, tra i quali centinaia di donne e uomini di Chiesa, come padre Ellacuría (nella foto, mentre celebra messa), ucciso dai militari nel 1989.
Il terremoto che ha colpito il Salvador il 13 gennaio ha provocato 701 morti, 3.883 feriti e 54 mila senzatetto.

 

 

Visita la pagina dedicata a Mons. Oscar Romero

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