Dott.
Corrado Passera
Amministratore
Delegato e CEO
Banca
Intesa
Via
Monte di Pietà, 8
20121 Milano
e
per conoscenza:
Dott.
Giovanni Bazoli
Presidente
Banca
Intesa
18
dicembre 2003
Oggetto:
coinvolgimento di Banca Intesa nell’oleodotto BTC
Gentile
Dott. Passera,
Le
scrivo per manifestarLe la mia più profonda preoccupazione
circa un eventuale coinvolgimento del gruppo Banca Intesa nel
finanziamento dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC).
Credo che il progetto rischi seriamente di acuire le tensioni
internazionali in tutta l’area del Caspio e possa essere
foriero di nuovi conflitti sulle risorse petrolifere, cosa di
cui il tormentato ed unico mondo che abbiamo non ha bisogno.
Lavorare per la pace,
come modestamente il sottoscritto
e tanti altri milioni di persone comuni fanno nella vita di
tutti i giorni, ci spinge a chiedere anche a Lei un segnale
personale concreto ed a rinunciare al finanziamento del
progetto. Crediamo che una tale decisione non passerà
inosservata e sarebbe finalmente un segnale di impegno e
sensibilità da parte del settore bancario, così oscuro ai più
e molto criticato proprio negli ultimi mesi per le sue
operazioni controverse e non a vantaggio dell’economia reale
e del vero benessere di tutti.
Malgrado
le dichiarazioni e le assicurazioni del consorzio BTC in
merito alle problematiche socio-ambientali legate alla
realizzazione dell’oleodotto, un’analisi più approfondita
rivela come in merito a tali questioni la condotta adottata
sia stata assolutamente insoddisfacente. Dettagliate analisi
delle ONG
internazionali dei documenti del progetto hanno
riscontrato che anche nella sua progettazione l’oleodotto è
ben lontano dai criteri della best practice
internazionale in materia ambientale e sociale. Due missioni
sul campo condotte da organizzazioni promotrici delle Rete di
Lilliput lungo il percorso dell’oleodotto hanno riscontrato
delle divergenze sostanziali tra quello che è stato riportato
nei documenti relativi al progetto e quanto promesso alle
comunità locali e la realtà dei fatti.
Come
ammesso recentemente dall’autorevole Amnesty
International, le promesse che il progetto avrebbe creato
posti di lavoro per la popolazione locale sono totalmente
infondate. Le conseguenze sociali potrebbero rivelarsi ancora
peggiori, espropriando la terra a 30.000 contadini che se la
trasmettono da secoli senza essere in possesso di un titolo di
proprietà riconosciuto, e che non avrebbero quindi nessun
rimborso, o nel migliore dei casi un rimborso del tutto
insufficiente per garantire la loro stessa sopravvivenza.
Così intere famiglie potrebbero essere costrette a
migrare, magari approdando in preda alla disperazione sulle
nostre coste in maniera illegale.
Inoltre,
andando sul campo la società civile organizzata ha scoperto
che:
-
la
maggior parte delle persone impattate non è stata
significativamente consultata in merito al progetto;
-
i
pagamenti delle compensazioni per i proprietari terrieri
che sono stati espropriati delle loro terre
sono stati ben al di sotto dei costi dovuti;
-
i
sondaggi minimi sulle risorse
ambientali e culturali sono stati quanto meno
affrettati: la maggioranza dei siti non è stata
inventariata, e quelli che sono stati visitati lo sono
stati per un solo giorno.
E’
di particolare preoccupazione il fatto che il Consorzio BTC
non sia assolutamente riuscito a considerare gli impatti del
progetto sulle minoranze etniche. C’è un cospicuo gruppo di
minoranze etniche sul percorso dell’oleodotto, specialmente
in Georgia (per esempio armeni, greci, abkazi, russi e nativi
dell’Ossezia) che saranno negativamente impattati.
Non
figura una sola volta la parola “curdo” nella valutazione
di impatto sociale del progetto.
Infatti, il Consorzio BTC si è rifiutato di applicare la
Direttiva Operativa 4.20 della Banca Mondiale sulle
popolazioni indigene, l’unica direttiva studiata
specificamente per salvaguardare gli interessi delle
minoranze, nonostante il fatto che i curdi rientrino in tutti
i criteri di applicazione della Direttiva Operativa 4.20. La
decisione di non applicare questa normativa fa sì che i curdi
e le altre minoranze etniche siano così ingiustificatamente
ed inutilmente vulnerabili.
Purtroppo
le mie preoccupazioni non finiscono qui. Amnesty
International ha dichiarato che gli investimenti nel BTC
probabilmente avranno un “effetto di diminuzione della
capacità di migliorare la situazione dei diritti umani in
Turchia”.
Le
ricerche condotte dalla società civile organizzata sulla
sezione turca dell’oleodotto hanno mostrato che:
-
potenzialmente
il progetto infrange la legge turca sull’esproprio in
almeno due punti;
-
il
progetto è in parziale o totale violazione degli standard
internazionali in 171 punti, che secondo gli accordi del
progetto sono richiesti dalla legge turca;
-
vi
è una significativa incertezza legale intorno agli
accordi del progetto, e ci sono preoccupazioni riguardo a
conflitti tra gli accordi stessi e gli impegni della
Turchia a livello internazionale in merito all’ambiente
ed ai diritti umani.
Ma
nel lungo periodo le conseguenze peggiori potrebbero però
essere quelle legali, visto che i contratti tra il consorzio e
gli stati interessati – i cosiddetti Host Government
Agreements firmati dal consorzio BTC con i governi che
ospitano il progetto – sollevano le compagnie petrolifere da
qualunque responsabilità legale. Questi accordi, con valore
superiore alle leggi nazionali, permettono al Consorzio BTC di
rifiutarsi di adeguare le normative sociali o ambientali nella
zona dell’oleodotto ad ogni legge che i paesi attraversati
dovessero approvare nei prossimi 40 anni.
Questi accordi potrebbero addirittura violare le
normative internazionali firmate dai paesi, ed ostacolare
l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.
Sempre
gli accordi tra il consorzio BTC e la Turchia danno la
possibilità alla Gendarmeria turca, una forza militare che si
è macchiata delle peggiori atrocità a danno delle minoranze
curde negli ultimi 15 anni ed il cui scioglimento è stato
addirittura richiesto dal Consiglio d’Europa nel luglio
2002, di intervenire, tra l’altro, in caso di “sabotaggio,
vandalismo, disturbo civile, estorsione commerciale, etc.”.
La vaghezza di una definizione come “disturbo civile” è
fortemente preoccupante in relazione alla situazione in cui
versa attualmente la parte orientale del paese.
Più
in generale, al di là dei rischi specifici, suscita forti
preoccupazioni il contesto politico e di ordine pubblico nei
paesi che dovrebbero essere attraversati dall’oleodotto. In
una zona purtroppo già scossa da ben 7 conflitti etnici e da
forti instabilità politiche, come gli eventi delle ultime
settimane nei tre paesi lo dimostrano, la costruzione
dell’oleodotto sotto queste condizioni potrebbe
rappresentare un ulteriore ed importante fattore di tensione,
se non di conflitto militare.
Infine,
sarebbe da chiedersi per chi si fa tutto questo e chi avrà
alla fine il nuovo petrolio del Caspio. Le ricordo che il
petrolio trasportato dal BTC sarà destinato soltanto
all’export verso i mercati occidentali e passerà sotto la
terra di villaggi che oggi hanno bisogno di energia,
specialmente nei freddi inverni del Caucaso. Il petrolio
ancora una volta è destinato soltanto all’opulente
occidente ed una volta bruciato contribuirà ad aumentare
l’effetto serra, nonostante l’urgenza di porre un
freno al surriscaldamento del pianeta ed ai cambiamenti
climatici.
Sono
convinto che Banca Intesa, come primo gruppo bancario
italiano, debba non solo assumersi le responsabilità dei
finanziamenti concessi da un punto di vista ambientale e
sociale prima ancora che economico e finanziario, ma sia anche
tenuta a dare l’esempio agli altri gruppi bancari nel nostro
paese, essendo Banca Intesa, a mia conoscenza, l’unica banca
italiana coinvolta nel finanziamento del progetto. Oggi
finanziare il BTC per interessi economici a breve termine
esporrebbe a critiche e ad un elevato rischio di reputazione
nel lungo periodo il gruppo bancario che Lei dirige, ignorando
che la finanza storicamente è nata con una funzione
di servizio sociale che non può continuare ad essere
disconosciuta dalle stesse banche quando si parla di questioni
cruciali per la vita quali la sostenibilità ambientale e
l’accesso al credito per i più poveri. Per questo Le
chiedo di non approvare prestiti o finanziamenti in alcuna
forma per l’oleodotto BTC.
Sono
fiducioso che Lei condivida la mia profonda preoccupazione, e
che Lei voglia difendere un’etica degli affari, rifiutando
un prestito a questo progetto che è in aperto conflitto con
le leggi nazionali e le best practice internazionali e
soprattutto potrà essere foriero di nuovi conflitti e nuove
guerre. Recentemente Banca Intesa ha sponsorizzato
l’iniziativa di solidarietà la “Banca del Sorriso” in
Italia. In questi giorni di vigilia del santo Natale io
continuo a pensare ai volti senza sorriso dei bambini che
vivono lungo il percorso dell’oleodotto BTC, i quali motivi
di sorridere non ne riceveranno da tale ingiusto progetto.
In
attesa di una Sua cortese risposta, i miei più cordiali
saluti ed auguri per un Natale ed un 2004 di pace.
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