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At 18,1-6 e 1Cor 1,10-31: Fratelli e sorelle nella debolezza

Catechesi GIM Padova, maggio

FRATELLI E SORELLE
NELLA DEBOLEZZA


 

 Leggiamo insieme i testi: At 18,1-6 e 1Cor 1,10-31

 

 

Scrive David Maria Turoldo:

“Il sangue non conta niente da solo. La linea del sangue può essere una trincea di scuri istinti, di interessi a volte mortali. Solo l’amicizia ha il divino potere di superare il sangue, il censo, la classe, la razza, e fare che due esseri veramente si amino, confortati dalla stima dell’uno per l’altro (e ho scritto che anche la Chiesa, se vuole essere vera, non può essere che una chiesa di amici; così la città, se vuole essere umana. Invece…).
Invece desolate selve di sassi sono le case. Attendiamo di emigrare di pianeta in pianeta, ma siamo ancora più soli e sempre più freddo ha il cuore. Tempi grami viviamo. Tempi senza amicizia. Mondo senza fanciulli. Siamo tutti dentro a un sistema nel quale l’uomo non conta più nulla. E’ il sistema più disumano e ateo che si possa immaginare. Per questo crescono la solitudine, e le desolazioni, e la disperazione.
Oh, i giovani! Come sono eroici quei giovani che riescono ancora a coltivare delle amicizie. I molti che soccombono non si contano più. Queste non sono città, sono termitai, deserti cintati da cemento e da invisibili (ma non sempre invisibili) cavalli di Frisia!”.

Le prime comunità cristiane hanno nel cuore l’esperienza di avere conosciuto Gesù, il suo stile, il suo Spirito. È per lui che esse esistono. Riconoscono che Dio, quel Dio conosciuto un po’ alla volta nel cammino di liberazione del popolo di Israele ha affidato a Gesù di Nazareth una missione: insegnare all’umanità a riconoscersi tutta figlia dello stesso “Abbà”, papi, papà/mamma al contempo.
Il progetto di Gesù è un progetto di fraternità universale!!! Seguendolo, continuiamo come comunità la sua missione.
Compito missionario della Chiesa è continuare la missione che il Padre ha affidato al Figlio, Gesù, animata dal Suo Spirito: insegnare a vivere l’utopia della fraternità universale.
Gesù aveva una relazione di intimità profonda con il Papi, che chiamava Abbà: era il motore della sua azione, in lui trovava la forza di portare avanti la sua missione fino alle ultime conseguenze.
Una suora di clausura diceva: “Più sappiamo stare il ginocchio davanti a Dio, più sappiamo stare in piedi di fronte all’umanità”. Qui il segreto della forza e della tenerezza di Gesù.

Questa unione con il Padre lo porta a cercare con forza rapporti di intimità con chi gli sta accanto: Gesù è un uomo di relazione, un uomo di amicizia, prima a Nazareth con quelli del suo paese, nella vita di tutti i giorni dove niente è banale agli occhi di Dio. Poi sulle strade, con chi incontra, con i poveri, gli esclusi, gli “impuri”, che accolgono il suo annuncio e capiscono l’offerta che è fatta a loro: ma, ed è importante, da Nazareno, da povero, facendosi uno di loro, con i piccoli, i messi da parte. L’amicizia, come ci suggerisce Segundo Galilea, è possibile solo nell’uguaglianza, nel camminare insieme. Gesù offre la sua amicizia a tutti, considera ogni persona unica e speciale, va oltre i pregiudizi della cultura, entra in relazione con ognuno come unico. Ha certo delle amicizie più forti, più intense (il discepolo che Gesù amava, Lazzaro Marta, Maria, …), ha bisogno di amicizia, soprattutto nei momenti critici, difficili (Mt 26,40; Gv 6,67).
È veramente un uomo per gli altri.

La Chiesa delle origini aveva capito molto bene lo stile di Gesù.
È una chiesa che si sente invitata ad essere contempl-attiva, soprattutto a cominciare da quella Galilea la cui gente è ritenuta “popolino, gentaglia, non affidabile” dal punto di vista della fede perché impura. È lì, in questa Galilea di quotidianità condivisa con i più lontani che il Risorto l’ha preceduta ed è lì che lo vedrà.
Non una chiesa di puri che ha paura di contaminarsi a contatto con il mondo ma, come oggi cercano di essere numerose piccole comunità che sono segni di speranza, una Chiesa presente al mondo, amica e sorella, una chiesa che si preoccupa sì di annunciare ma soprattutto di contemplare quel Cristo Risorto che nel mondo l’ha preceduta e in esso si sta generando.

Sono numerose oggi le piccole comunità e le famiglie che si propongono una vita più povera, più semplice, più essenziale e vivono in modo alternativo, senza diventare schiave della moda, convinte che questa essenzialità dona loro più spazio per una amicizia e una relazione vera e profonda con Dio, con l’umanità, con il creato e con se stessi.


Considerate infatti la vostra chiamata fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1Cor 1,26-28).

 

La debolezza di Dio
(ascoltiamo le parole di padre Alex, nella Carovana del 2002: CD2, Utopia della Pace, n.3)

 

 II Dio debole di Gesù

II Dio del Presepe è un Dio debole, piccolo, indifeso. Ha una stalla come reggia, una mangiatoia come trono. Nasce in viaggio, straniero, fuori dalla città, perché per Lui non c'è posto in albergo. Pastori rudi ed emarginati sono i suoi primi adoratori. Poi degli stranieri, dei lontani, gente che viene «da fuori».
Un Dio debole come il Dio di Gesù di Nazareth: «Può forse uscire qualche cosa di buono da Nazareth?» (Gv 1,46).
Un Dio debole come il Cristo della passione e della croce: «Ha preso a tal punto l’ultimo posto che più nessun glielo potrà mai più togliere». (Charles de Foucauld)
Un Dio debole come il Dio dell'Eucaristia: “Pane spezzato” che si offre silenziosamente, umilmente, discretamente.
Un Dio debole come il Dio della prima chiesa degli apostoli: «Non ho né oro né argento ma quello che ho te lo do: in nome di Gesù Nazareno alzati e cammina» (At 3,6).


Il Dio debole del Popolo di Israele

Già nel Vecchio Testamento il popolo di Israele aveva intuito che il vero Dio non poteva che essere un Dio debole.
«Ma il Signore non era nel vento impetuoso... Ma il Signore non era nel terremoto... Ma il Signore non era nel fuoco... Ci fu un mormorio di vento leggero. Come l'udì Elia si coprì il volto con il mantello» (1Re 19,11-13).
Un Dio debole che per rivelarsi e per rendere operosa la sua salvezza:
Ha bisogno di un piccolo popolo;
Ha bisogno di un piccolo esercito (Gdc 7);
Ha bisogno di un piccolo Mosè (Es 3);
Ha bisogno di un piccolo Davide (1Sam l6,17);
Ha bisogno di un piccolo germoglio (Ger 23,5);
Ha bisogno di un piccolo virgulto, di una piccola «radice in terra arida che non ha apparenza ne bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore... disprezzato, reietto dagli uomini» (Is 53,2-3).
Un Dio debole che opera di preferenza attraverso i deboli ed è vicino soprattutto ai più deboli.

 

Un Dio debole perché Amore

Perché Dio, il Signore del cielo e della terra si rivela debole?

La risposta ce l'ha data Gesù con le sue parole, le sue azioni e con tutta la sua vita. Risposta che Giovanni nella sua prima lettera sintetizza in modo splendido gridando: «DIO È AMORE» (1Gv 4, 8.16)
Ecco perché Dio è debole: perché è AMORE, Comunione d'Amore, Comunione di Persone, Trinità.
«È ai piedi del Presepe, ai piedi della croce, ci dice Moltmann, che noi conosciamo il cuore di Dio... un Dio che è Amore».
Ed è nella natura di ogni vero e autentico amore farsi debole, piccolo, disarmato, vulnerabile e vicino in modo particolare ai più deboli.
"Teniamo ben presente che se Dio si rivela come Amore che si fa debole verso di noi è proprio perché questo Amore e questa Debolezza costituiscono la sua natura stessa e la natura di ognuna delle tre Persone che proprio perché si amano di un amore infinito si ritrovano ad essere infinitamente deboli, disarmate, vulnerabili l'una nei confronti dell'altra." (Bruno Forte)

E questa una verità importantissima da tenere presente perché ci rivela che non solo l’amare e il donarsi ma anche il lasciarsi amare e il ricevere è divinoLasciarsi amare e ricevere, che si attua facendosi deboli, piccoli, accoglienti.
Ecco perché i mistici ci insegnano che in fondo è nell'aridità che si esercita la preghiera più vera e più profonda e il più alto grado di fecondità.
Fratel Carlo Carretto diceva che la preghiera è come la goccia d'acqua che deve lasciarsi assorbire dal sole per essere poi restituita per fecondare la terra.

 

La forza della debolezza

Siamo però profondamente consapevoli che se la debolezza è la veste in cui si presenta l'Amore, in realtà questa debolezza è la vera forza perché è la forza dell'Amore... la forza di Dio.
«Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati è potenza e sapienza di Dio» (1Cor 1,23).

Prova ne è il fatto che nessuno come colui che diventa debole per amore e assume la sua debolezza con amore, acquista forza e autorità.
È in quel bambino piccolo e indifeso del Presepe che i Magi riconoscono una regalità ancora più grande di quella conosciuta nel firmamento o nei libri di filosofia.
È in quel Gesù crocifisso che muore con amore che il centurione romano riconosce il Figlio di Dio.
È quel Gesù umiliato, deriso, incoronato di spine nel Sinedrio che scioglie in lacrime Pietro convertendolo come mai avevano potuto farlo i bei discorsi e i grandi miracoli di Gesù.

De Foucauld che cercava di fare di tutto per aiutare i suoi Tuareg mai si sentì amato così profondamente da loro come quel giorno che, ammalato gravemente e quasi vicino alla morte fu soccorso e salvato da loro.
Bonhoeffer afferma con forza che solo, quando una comunità esperimenta la propria fragilità diventa veramente forte della stessa forza di Dio.
È facendoti debole, accogliendo la tua debolezza che ti metti nella condizione di essere accettato ed amato.

 

La debolezza è temuta

E d'altra parte niente come la debolezza dell'amore fa paura ai potenti.
Il bambino inerme del Presepe incute più paura che un esercito.
Nessuno come Giovanni Battista spoglio di tutto ma ricco di libertà, di verità e di profezia dà fastidio ai grandi che lo fanno decapitare.
Bastano pochi apostoli senza autorità che predicano liberamente la Buona Novella per mettere un grande scompiglio tra le autorità giudaiche (At 4).
Gandhi, Luther King, Romero e tanti altri martiri non conosciuti dell'America Latina proprio per la loro debolezza che li rendeva integri e liberi, furono pietra di inciampo per i potenti e vennero uccisi.

«I violenti dell'amore - diceva don Mazzolari - sono un pericolo sociale, l'unico pericolo subito avvertito. Rare volte gli uomini sono riusciti a colpire gli operatori di iniquità, hanno però sempre saputo colpire con pugno duro i loro veri benefattori».
Tu puoi resistere in faccia ad un potente che ti si presenta con arroganza ma mai potrai resistere ad un mendicante spoglio di tutto che ti si rivolge con amore.

Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.

 

Deboli della sua debolezza

In conclusione.
Non disprezzare e non vergognarti mai della tua debolezza. Ammettila, accettala, assumila con amore sapendo che Dio stesso l'ha fatta Sua. «La tua miseria ammessa e confessata diventa lo spazio libero in cui Dio può continuare a creare» (P. Leclerq). È a partire dal tuo punto debole che Dio ti può salvare.

Il debole, il piccolo, l'emarginato, il lontano, sia la pupilla ed il cuore della tua comunità. Essendo egli il figlio prediletto del Padre, è infatti il vero sacramento attraverso il quale e a partire dal quale si esercita la salvezza tua e di tutta la comunità.
Non dire che i problemi della Birmania, della Somalia, della Colombia, del Darfur e del Tibet non ti concernono; è a partire dalla soluzione comune dei problemi di questi Paesi in difficoltà che tutto il mondo potrà salvarsi.

Comunità, Chiesa cristiana, non cercare di divenire forte, ben protetta e sicura secondo i parametri del mondo.
È mantenendoti debole, umile, piccola, povera, vicina ai poveri, non compromessa, più ricca di Presenza e di profezia che di cose, di alleanza e di mezzi, che testimonierai senza neanche tante parole il volto d'Amore del Padre.

Sii piccolo, debole, per amare veramente, autenticamente e lasciarti amare. Piccolo per diventare fratello. Anche se ti porterà ad andare continuamente contro corrente, sia quella della debolezza la tua «politica».
Piccolo e debole tra i piccoli e i deboli per «gridare il Vangelo con la vita». Come lo sta gridando il bambino Gesù nel Presepe.

 

No alla logica del dinosauro

Alessandro Pranzato nel suo libro “Stanchi di non camminare” ha una pagina che ci indica in modo profondo ed incisivo quale dovrebbe essere lo spirito che anima le nostre comunità per essere comunità del Dio di Gesù Cristo che è il Dio debole per amore:
«Facciamo attenzione a non entrare nella logica del dinosauro. Conosciamo i dinosauri solo dalle loro ossa. Gli animali più grossi e più potenti che abbiano mai abitato la terra sono estinti. La loro "arroganza del potere" non è servita a nulla».
C'è dell'ironia in tutto questo. Se fossimo vissuti al tempo del dinosauro non avremmo certo sospettato una fine così meschina e ingloriosa. Di solito si pensa che chi è più forte riesca vincitore nella lotta per la vita e che la specie più robusta sia anche quella con le maggiori probabilità di sopravvivenza. Ma questa affermazione non si è dimostrata vera.
Sono rimasti in vita animali con una struttura molto più fragile, con un corpo senza dubbio molto più debole e minuto. I dinosauri non sono invece niente altro che i resti di un esperimento fallito.
I dinosauri sono scomparsi non perché molto, troppo deboli, ma perché troppo forti. La loro eccezionale forza derivava da una struttura biologica assurda, per questo non sono stati in grado di resistere...
La loro «arroganza di potere» li ha intrappolati proprio nell'assurdo della loro struttura organica. Per conseguenza essi erano nell'impossibilità di rispondere in maniere diverse alle nuove sfide che l'ambiente poneva.
Il dinosauro ha soltanto un passato. Non ha avuto un avvenire. Si potrebbe dire, paradossalmente, che ha un avvenire dietro le spalle...

La Chiesa non può illudersi di rispondere alle situazioni nuove e adattarsi a condizioni imprevedibili aumentando la propria forza, il potere, il prestigio, il numero, il possesso. Crescere in questa direzione può anzi rivelarsi un handicap gravissimo.
Quelli sono ingombri che complicano il cammino, invece di facilitarlo. Appesantiscono il passo. Ritardano la marcia. Creano problemi complicati di «sistemazione». Soltanto se si ha il coraggio di «farsi piccoli» si può acquistare agilità nel passo, disinvoltura nei movimenti, rapidità di intervento.

È la povertà che consente di arrivare lontano senza troppe preoccupazioni per i bagagli.
- Quando non si conta niente, si diventa autorevoli.
- Quando non si passa attraverso i sentieri della diplomazia, si ritrova la strada della profezia.
- Quando non si è importanti, si conquista la credibilità.
- Quando si viene considerati trascurabili, si è pietra d'inciampo. Quando si è ingenui, non ci si lascia ingannare.
- Quando non si viene presi in considerazione, ci si rende inquietanti. Quando si perde il peso politico, si guadagna in «segno».

La salvezza, per noi e per gli altri, non è data dalla crescita esteriore, ma dalla diminuzione.
La trasparenza non si ottiene aggiungendo, ma togliendo. Riesce difficile seguire un dinosauro.
E poi il Vangelo è esplicito al riguardo. Nel Regno c'è posto per tutti, e gli esclusi ne sono i clienti privilegiati.
Ma la porta di accesso risulta decisamente stretta. Il dinosauro come il cammello, non ha alcuna possibilità di passare. E finisce perfino per ostacolare l'ingresso degli altri. E dire che il bambino «riesce» così bene...

Si tratta dunque di crescere in perdita.
Maturare in piccolezza.
Contare in inutilità.
Assicurare la perdita di appoggi.
Garantirsi l'assenza di protezione.
Lottare per non avere diritti e privilegi.
…. E celebrare gioiosamente qualche sconfitta.

 

PER LA RIFLESSIONE:

- Quanto la “logica della forza” fa parte delle tue scelte, dei tuoi atteggiamenti? Nel lavoro, nelle relazioni, nella gestione del tuo corpo e dei tuoi affetti?
- “La trasparenza non si ottiene aggiungendo, ma togliendo”: cosa c’è da togliere nella tua vita perché tu possa essere più “SINCERO” (“senza cera”: quando il clown alla fin dello spettacolo si toglieva la maschera di cera, diventava “Sin-cero”, se stesso….)?
- Temi la debolezza? Come ti senti quando ti danno del “perdente”? Come reagisci?

 

Ascolta anche l'intervento di Moni Ovadia: Glorificare la fragilità.


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