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At 6, 1-15: LA RICCHEZZA DEI DIVERSI MINISTERI

GIM Padova - Dicembre 2007

     LA RICCHEZZA DEI DIVERSI MINISTERI      

At 6, 1-15

   
Facciamo un breve riassunto di quanto stiamo riflettendo a proposito del libro degli Atti.

Abbiamo visto come lo Spirito di Pentecoste, la presenza di Gesù Risorto e vivo nella comunità crea un popolo nuovo. E’ una comunità formata da tre gruppi: gli Apostoli, le donne con Maria e i “fratelli”, familiari di Gesù (At 1,13-14). Quando lo Spirito scende, c’è un INVIO: essi escono nelle strade e nelle piazze e fanno l’annuncio più pericoloso: colui che voi avete ucciso, Dio l’ha resuscitato e lo ha costituito Signore (2,22-24.36).
Per loro il Signore è Gesù di Nazareth, che i sacerdoti hanno ucciso come bestemmiatore e i romani condannato a morte come  sovversivo. Per loro è il KYRIOS, il Signore. È colui che ha la vita, è colui al quale Dio ha mostrato il suo potere di vita, restando al fianco della persona che il tempio e il palazzo romano condannarono a morte.
Questo gruppo di persone dicono di Gesù le stesse cose che dicevano di Jahvè: è il Signore!
Dicono di Gesù le stesse cose che dicevano di Cesare imperatore: è il Signore!
Diventano così bestemmiatori e sovversivi, come il Maestro.
Annunciare il Signore è rompere con la logica del tempio e del palazzo, è optare per un modo differente di convivere. È l’opzione per un progetto di fraternità: “avevano tutto in comune... spartivano il pane nelle case... Nessuno considerava sue le cose che possedeva... vivevano con gioia e semplicità” (At 2,42-47).
Per il resto, Pietro, Giacomo e Giovanni erano ebrei che vivevano come gli altri ebrei, secondo i loro costumi e riti. La novità del gruppo era questa: oltre al nome di Jahvè avevano il nome di Gesù e tentavano una convivenza e uno stile di vita fraterna. È a causa della fedeltà a questo Nome e a questa convivenza che il gruppo si distanzia a poco a poco dai più. Nel momento del conflitto, cercheranno di restare fedeli a questa memoria e a questo progetto. Così, poco a poco, crescerà la coscienza della loro specifica identità, che li porterà, più tardi, a chiamarsi “chiesa”, “cristiani” (At 11,26).

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Sorge ora un problema all’interno della comunità, un problema che parla di convivenza, fraternità, solidarietà. Leggiamo il testo: At. 6,1-15.

• “In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli”: le prime comunità cristiane hanno un’attrattiva molto grande, cresce il numero di chi si riconosce nel progetto di Gesù.
     Le nostre comunità oggi sono attraenti? Se no, perché?
• “sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana”: non sono quindi comunità così perfette, anzi!!! Qui appare un problema serio: dentro della stessa comunità continua il pensiero antico che considera il giudeo di nascita di prima categoria, mentre il giudeo che è nato da genitori pagani, anche se convertito al giudaismo, continua ad essere in un certo modo impuro e quindi considerato inferiore. Perciò, dentro della sinagoga, i proseliti non potevano avere nessuna funzione ufficiale.
     Quali divisioni vedi all’interno della tua comunità?
• “Allora i Dodici”: è il gruppo dei responsabili, gli Apostoli; il numero 12 ricorda l’AT, le tribù d’Israele, ma ora si riconoscono come nuovo popolo di Dio;
• “convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: "Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense" ”; ricordiamoci uno dei pilastri della comunità: è nel NOME di Gesù Cristo che compiamo questa pazzia di credere nella comunità, perché da lui l’abbiamo imparato e con lui continuiamo a camminare, con il suo Spirito. Vale anche per noi: il servizio non deve trascurare la Parola. Ma c’è un rischio: la Parola può diventare strumento di autoritarismo e discriminazione, se non è rivolta a Dio e all’altro, e se non porta a dar la vita perché altri vivano.
     Quanto spazio stiamo dedicando alla Parola nelle nostre giornate?
• “Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola”. Tre sono le caratteristiche delle persone scelte per questo ministero:

- “buona reputazione”, stimati dalla comunità in quanto trasparenti, sinceri, persone di pace e dialogo; 
- “pieni di Spirito Santo”, la cui presenza cioè parla di Dio, le cui azioni portano dentro la grinta e la passione di Gesù; 
- “pieni di saggezza”, è un dono dello Spirito, ma anche frutto di un lavoro personale di riflessione, confronto, dialogo, ascolto, accoglienza del proprio limite e della propria ricchezza.

• “Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani”. I 7 nomi, meno uno, sono greci. Sono i DIACONI, chiamati al ministero del servizio. E’ importante sottolineare che i ministeri sono servizi che si svolgono nella comunità a partire dalle molteplici NECESSITA’ che soffre il popolo, la chiesa o la stessa comunità. I ministeri si svolgono come un regalo di Dio, perché è lo Spirito che li anima (“imposero loro le mani”), li rafforza con il dono della perseveranza, della testardaggine, della passione, come RISPOSTA alle necessità, al CLAMORE del popolo. E’ importante poi dire che non solo importa quello che si fa o si dà, ma anche la maniera di svolgere il ministero. Le comunità ci insegnano a vivere “comunitariamente” con gioia e gratuità.
• “Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo”. Il vero miracolo è costruire fraternità, e la fraternità parte dalla Parola e dal servizio gratuito. Stefano, uomo di Dio, uomo del popolo, in grado di ascoltare il grido di Dio nel grido dell’umanità, è un testimone della bellezza di essere creature nuove, conciliando in sé GRAZIA e FORZA, tenerezza e fermezza, compassione e tensione verso la giustizia.
• “Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei «liberti» comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell'Asia, a disputare con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava”. Vari giudei per questioni politiche o economiche erano caduti in schiavitù, loro o i loro genitori, e finalmente liberati: erano chiamati “liberti”, cioè ‘affrancati’ dalla schiavitù.
• “Perciò sobillarono alcuni che dissero: «Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio»”. È chiaro il parallelo con il processo che fecero a Gesù: cfr. Mt 26,61; Mc 14,58; Gv 2,19.
     Conosci altri casi dove oggi, in nome di Dio, si nascondono chiari giochi politici e si calpestano persone ed idee per scalare luoghi di potere?
• “E così sollevarono il popolo […] Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: «Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè»”. Uno dei ministeri della comunità è la profezia. Il PROFETA è una persona che è ponte tra Dio e il popolo. È un portavoce che parla annunciando e denunciando nel nome di Dio. Il profeta conosce, vive la sua realtà, incarna e assume le lotte e pene del suo popolo; ugualmente, il profeta conosce Dio, ne fa esperienza nella sua vita e con la sua vita ne propone e promuove il progetto.

Tre sono le caratteristiche del profeta:
1. la protesta, di fronte alla realtà strutturata ingiustamente;
2. la proposta, perché il profeta non è un distruttore ma un costruttore, non ama la critica, ma critica proponendo un progetto costruttivo, è un amante della vita piena;
3. la batosta, che non si lascia aspettare! Non è facile trasformare la realtà secondo il progetto di Dio. Altri poteri, vere e proprie divinità (potere, denaro, affermazione personale, carriera, sicurezza,...) si organizzano per schiacciarti.

• “E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo”. Il volto di chi camminando con Dio si gioca per lui, non cede di fronte alla paura: caratteristica della comunità cristiana è essere un popolo “a testa alta”, “in piedi”; il cristiano vive nel conflitto con il cuore riconciliato.

PER LA RIFLESSIONE:

- Ripassiamo i PILASTRI del GIM in questo testo:

• la PAROLA, non possiamo trascurarla
• il SERVIZIO, in risposta al clamore del povero
• l’ACCOMPAGNAMENTO, cioè il servizio dell’imposizione delle mani: la vita riceve chiarezza ed orientamento
• l’INFORMAZIONE critica, cioè la Profezia di chi legge la realtà schierandosi dalla parte di Dio.

- Come sto camminando? Sto prestando fede all’impegno che mi sono preso lo scorso mese?

- Quale ministero senti che DIO ti sta affidando? Nel rispondere a questa domanda ti trovi più concentrato su quello che a te piace, o sul clamore del povero?

- Le divisioni nelle comunità che conosci, ti scoraggiano o ti spronano a lottare e resistere?

- Quanto radichi la tua azione nella Parola e quanto ti lasci coinvolgere dalla forza dello Spirito?

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