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Habari da Nairobi

di fr. Damiano Mascalzoni dal Kenya

Habari da Nairobi!

di fr. Damiano Mascalzoni

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             TESTIMONI DELLA CARITA'                                                         PROVOCAZIONI DI P. ALEX

 

Nairobi, 20 ottobre ’02

Carissimi Amici,

HABARI di cuore a tutti!

    Sinceramente non so come entrare nelle vostre case; non so come riprendere con questa corrispondenza dopo così tanti mesi che non ci si sente! Chiedo scusa per questo silenzio soprattutto ai tanti amici che in un modo o in un altro si sono fatti sentire con lettere e segni di amicizia.  Vi posso assicurare comunque una cosa: non passa un giorno senza che un pensiero, un ricordo o una preghiera salga lì da voi. Spiritualmente ogni giorno parte da qui un Habari “speciale” per tutti voi, tanto sento la vostra presenza, amicizia e partecipazione in questo mio cammino missionario. Forse fa parte di me, (o comunque è parte della vocazione missionaria), ma sento sempre forte il desiderio di condividere quanto sto vivendo, così la fede, quello che siamo e facciamo con gli altri; eccomi allora ancora a camminare con voi attraverso queste lettere! In questi giorni, la presenza di alcuni amici in partenza per l’Italia mi costringe finalmente a sedermi qui e mettere per iscritto almeno dei saluti e una sintesi di questi ultimi mesi, veramente densi di tanti piccoli e grandi avvenimenti, comunque tutti ricchi e importanti da condividere. E in ogni caso, a tutte le lettere qui nel cassetto, presto arriveranno anche le risposte personali, promesso! Oggi ricorre inoltre la Giornata Missionaria Mondiale, un motivo in più per farmi vivo e sentirmi in comunione con voi.

Ecco allora un breve aggiornamento su questa mia esperienza in Kenya, che ha già passato la “boa” del primo anno!

Questi ultimi mesi, come dicevo, sono stati veramente intensi e pieni di avvenimenti: prima di tutto per noi del primo anno, infatti, questi mesi hanno segnato (finalmente!!!) la conclusione del nostro corso di inglese! Non che adesso lo parliamo “fluentemente”, come prometteva il “depliant” della scuola, (mi si rimprovera ancora perfino il mio accento veneto che emerge anche dall’inglese!), ma sicuramente adesso lo capiamo e ci da così la possibilità di comunicare nelle diverse circostanze in cui ci troviamo a vivere. Poi sono stati mesi di attività qui in comunità, di apostolato nei nostri centri e missioni qui a Nairobi o nelle diverse missioni della provincia del Kenya. Per qualcuno c’è stata anche la possibilità di un volo in Zambia per conoscere e lavorare in quella realtà, ma questo non è stato il mio caso. Il mio impegno, infatti, è stato l’inglese, fino all’ultimo giorno di luglio, con una breve pausa di pochi giorni in giugno... dove l’italiano è tornata la mia lingua... per poter così accogliere e condividere la mia esperienza con papà Danilo, che è venuto a trovarmi fin da queste parti! La sua visita, veramente è stata un grande dono per me, abbiamo trascorso dei bei momenti insieme e tutto è stato segno di quanto mi stia accompagnando e condividendo il mio cammino. Adesso so che è diventato un vero animatore missionario a casa e se volete saperne di più del Kenya, visitatelo pure che è diventato un esperto! Ma tra giugno e agosto (e possiamo dire fino ad ora vista la gradita presenza di Simona e Alberto in questi giorni), molte sono state le visite: giovani, adulti, amici e conoscenti della comunità; persone che sono passate dalla nostra casa, tutte venute con il desiderio di conoscere e condividere un po’ della nostra vita missionaria. Spero che, per chi è passato, sia rimasto l’entusiasmo di condividere le belle esperienze vissute insieme e così continuare anche a casa quell’impegno missionario che venendo da queste parti si percepisce urgente e necessario! Mai come vivendo da queste parti, comprendo, infatti, le parole del Papa che nella sua Enciclica Missionaria pone l’accento di come siamo solo all’inizio dell’esperienza Missionaria della Chiesa nel mondo. L’esperienza di Nairobi e del Kenya mi dice come il mondo sia più grande e complesso di quanto si pensa. Il pluralismo, le differenze di culture, mondi, genti, realtà e situazioni, che si sperimentano qui a Nairobi, mettono la nostra esperienza di fede Cristiana veramente in un angolo, o comunque ce la fa vivere in modo diverso. Se guardiamo l’insieme delle altre esperienze di vita e fedi, di popoli e culture presenti qui, veramente si percepisce il nostro essere minoranza! Nairobi è un miscuglio di tutto questo, un pullulare di popoli, chiese, fedi ed esperienze che fanno sentire noi cristiani veramente piccoli e deboli. È un’esperienza strana quella che sto vivendo, ma da quando sono arrivato qua, a svegliarmi la mattina non è la radiosveglia o la campana della comunità, come si potrebbe immaginare, bensì il messaggio di un muezzin diffuso con l’altoparlante a partire dalle cinque di mattina... dal minareto della moschea qui vicina; e di domenica, a ricordarmi che è il giorno del Signore, non sono le campane (inesistenti!) della nostra parrocchia vicina, ma la musica assordante che esce dal capannone di una setta chiamata Winners Chapel, (la chiesa dei vincitori). Nairobi è strapiena di sette di ogni denominazione, che non fanno altro che urlare il nome di Gesù, promettendo miracoli dalla mattina alla sera, e questo urlato a tutto volume con altoparlanti e in ogni modo facendo tanto caos. Basta fare un giro per la città, nei parchi, agli incroci delle strade e negli slums dove vive la gente, e ogni giorno trovi mille diversi modi in cui la Parola di Dio è proclamata e pregata. (La pausa pranzo dei giorni lavorativi, per esempio, è una delle ore più gettonate per i “pastori di strada”, per diffondere i loro proselitismi!) Tutto questo comunque ci dice del grande senso religioso presente nelle persone ma anche della altrettanto grande confusione di credenze in cui la gente, soprattutto la più povera, cade e si perde. E poi, nonostante tutta questa religiosità, non si vede la minima incidenza per un cambiamento sociale e politico, vero bisogno per il futuro di questa nazione.

Sicuramente, come chiesa cattolica, siamo una minoranza, e si percepisce. Ma siamo presenti! E anche questo si vede e sente! Saremo in un angolo, ma sicuramente “roccia” sulla quale si sta costruendo un vero e solido futuro per molti! La nostra presenza è senz’altro più discreta ma sicuramente siamo presenti! E ci siamo ad animare le piccole comunità cristiane negli slums o negli sperduti villaggi del Kenya, in mezzo al deserto Turkana o nella savana Pokot. Veramente c’è lo sforzo e coraggio di stare tra i più poveri ed abbandonati, come ci vuole il Comboni.  Siamo presenti con il nostro impegno di evangelizzazione e testimonianza cristiana. Non solo distribuendo aiuti ma creando una sensibilità al servizio, alla gratuità, alla giustizia e alla pace. Ma facciamo anche rumore, come il mese scorso quando la Chiesa del Kenya è scesa in piazza per chiedere luce sull’uccisione di un missionario americano che aveva denunciato politica e polizia per abusi nei confronti di povera gente. La protesta è arrivata sui giornali e TV e il rumore non si è fermato, arrivando a disturbare gli alti uffici del Presidente del Kenya. Non sto qui a raccontare infiniti esempi di corruzione, mal governo, abusi e soprusi di una politica keniana che veramente non aiutano a far uscire il paese dalla sua miseria! Vi invito magari a leggere riviste missionarie, la nostra Nigrizia o il New People che stampiamo qui per aggiornarvi sul Kenya, soprattutto ora che stiamo entrando nel pieno delle elezioni generali, comprese quelle presidenziali. L’attuale presidente è al potere dal 1978!!! E chi conosce il Kenya da anni non fa che affermare come la decadenza del paese è continua! Se il Kenya era il giardino dell’Africa, beh adesso lo sarebbe ancora ma chi lo doveva curare questo giardino, forse si è perso un po’ per strada, magari pensando più a curare i propri interessi! Vi rimando anche al sito di MISNA, l’agenzia di stampa missionaria su internet che sforna ogni giorno notizie dettagliate dal sud del mondo.

Ma le novità più fresche, a livello personale e comunitario, sono sicuramente collegate all’inizio di un nuovo anno sociale e scolastico, che con la metà d’agosto ne ha segnato l’inizio ufficiale. Anche la comunità in cui vivo ha visto recenti cambiamenti, con due fratelli partiti per la missione (uno per il Malawi e l’altro per la Polonia), qualcun altro che si è “perso” per strada (... o diciamo che ne ha trovate altre!), e altri quattro invece si sono aggiunti al cammino. Infatti, sono arrivati Mario e Sergio dal Messico, (ora sono loro alle prese con l’inglese...), e poi Richard dall’Uganda e Peter dal Malawi. Questi ultimi con l’inglese sono già ok e quindi con loro, più Felisberto e Alfred, (i miei compagni di cammino arrivati con me l’anno scorso), abbiamo iniziato a frequentare il Tangaza, questo dipartimento dell’Università Cattolica dell’est Africa (CUEA) che ha la sede principale qui a Nairobi, e dove sono svolti quattro diversi corsi di formazione. Oltre alla Teologia, al corso di Educazione, di Comunicazione Sociale e Spiritualità, c’è il famoso corso di SOCIAL MINISTRY, unico nel suo genere. E da circa un mese e mezzo che abbiamo tagliato il nastro di questa scuola che ci vede impegnati tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Parlare del Social Ministry richiederebbe un capitolo a parte tanto è denso il programma, ma provo a delinearne solo alcuni aspetti, lasciando magari alla prossima volta una presentazione più dettagliata.

Il corso di Social Ministry nasce da una intuizione e riflessione della Chiesa Africana, come risposta di alcuni vescovi e missionari, al tempo del Sinodo Africano, celebrato a Roma nel 1994. Durante quelle giornate romane si è parlato di tutti gli aspetti riguardanti l’Africa e ci si è chiesti come fosse possibile, dopo anni di cristianità e con una grande ricchezza spirituale della gente, che questo continente fosse ancora schiacciato sotto il peso di tante ingiustizie, dove fame, miseria, guerre e sfruttamento continuano ad esserne il suo “pane quotidiano”. È nata così una riflessione che ha portato alla nascita di questo corso, con lo scopo di creare Ministri, (che dall’origine del termine significa “servitori”, e il modello per questo rimane Cristo), specializzati e formati ad operare nel campo sociale per la promozione globale delle persone. Ecco allora il corso di Social Ministry, che dopo tre anni porta lo studente a conseguire un diploma universitario... non per stare in un ufficio ma per scendere e insieme alla gente essere soggetti di trasformazione, e pensare a programmi di sviluppo, capaci di promuovere onestamente la vita delle persone in tutti i suoi aspetti. Il corso prevede diverse materie che spaziano dalla teologia all’area umanistica (con principi di psico/sociologia), da materie di management fino ad approfondimenti nel campo antropologico, della comunicazione, della gestione delle risorse, ecologia, alimentazione, salute ed educazione. Altri corsi prevedono nello specifico tutto l’aspetto dell’interrelazione con ONG, (Organismi non governativi di sviluppo), chiese di diverse denominazioni e Servizi Sociali dello Stato perchè è prerogativa del Social Ministry la capacità di collaborare con altri enti o istituzioni. Tutti questi corsi hanno come sfondo nello specifico il contesto africano e questo lo rendono veramente unico. La figura del Social Ministry era assente nella nostra chiesa. Alcuni servizi sociali di sviluppo non possono essere lasciati solo ai gruppi Caritas o San Vincenzo. Si sente l’esigenza di persone specializzate in questo, capaci di analizzare le cause della povertà, ingiustizia etc; veri Social Ministry, che, attuando la ricca dottrina sociale della Chiesa, diventino creativi nel trovare risposte ai bisogni dell’Africa nel mondo d’oggi. Ho condiviso un po’ come si è presentato il corso ma certamente comincio a percepire come Social Ministry non è solo una professione ma veramente una “vocazione”, da scoprire e farla propria un po’ alla volta. L’altro esperienza collegata alla scuola è certamente l’interculturalità che si sperimenta in classe: basta dire che siamo in 42, di tre continenti e di una ventina di paesi diversi. Come europei siamo solo due e questo mi fa capire che piccoli che siamo nei confronti dell’Africa e del mondo! Essere bianco ed europeo in una maggioranza africana mi aiuta a rivedere la storia passata e presente di colonizzazione, con occhi diversi. Veramente le lezioni e discussioni in classe mi sono di grande arricchimento per questo. Chiedo comunque la vostra preghiera per comprendere pienamente l’importanza del corso che sto facendo, per sentirlo e viverlo come vera vocazione missionaria. Non è facile tornare ancora a studiare ed ad entrare in questa nuova dimensione della missione!

Come dicevo all’inizio di queste lettere, anche se il mio fondo schiena appoggia su delle sedie per la maggioranza delle giornate, non mi sento solo scolaro ma comunque e anche adesso già missionario, in missione e veramente contento per questo dono! Non sto facendo grandi cose, anzi, non sono mai stato così semplice nello svolgere il mio apostolato, (che sta continuando nei fine settimana). Veramente quello che faccio è solo un andare per essere presente con la gente comune e anche questo mi arricchisce molto. È un andare per ascoltare, per condividere, visitare delle persone; un entrare nelle case per visitare i malati, giocare con bambini, stare con i giovani, essere aperto ed in dialogo con queste realtà che mi circondano; questo è quello che vivo come apostolato qui nella comunità, accogliendo e incontrando persone, e fuori, quando esco per l’apostolato, (e non è sempre così semplice e scontato partire per l’apostolato, pensando allo studio che ti aspetta al ritorno!). Anche quest’anno sto continuando con l’apostolato a Korogocho, focalizzandomi nell’impegno di presenza nel gruppo giovani. Purtroppo ho dovuto lasciare il mio impegno mattutino nel dispensario, ma spero di recuperare durante le lunghe vacanze, soprattutto per tenermi in allenamento nel mio campo professionale. I giovani di Korogocho, (questo slum dove sono ammassate più di 100.000 persone, alle porte di Nairobi), non sono volati in Canada per la GMG con il Papa (...avrebbero voluto...), ma la ricchezza della loro fede, l’impegno e capacità di testimoniarla, mi sorprende ogni volta che vado e veramente si sta facendo un bel cammino insieme. Non sono solo in quest’impegno ma oltre ad un altro fratello comboniano, si lavora in team con due studenti salesiani, un gesuita, e una suora comboniana, ciascuno condividendo i propri doni.  Quest’esperienza di squadra, con la supervisione di padre Daniele, è un bell’aiuto a comprendere il valore del collaborare; veramente importante per affrontare le sfide del luogo. Alla domenica poi non è solo padre Daniele a fare la predica durante la messa. Spesso è fatta da loro, i giovani, magari attraverso delle scenette, e la gente sembra apprezzare molto questo, per la semplicità e concretezza del messaggio. Altre domeniche, questo spazio è dato ai diversi leaders delle Piccole Comunità Cristiane, che a turno si preparano per animare la messa, veramente nel segno della comunione e partecipazione. Oramai non ci faccio più caso alle 2 o 3 ore di messa che mi aspettano ogni domenica. La domenica è domenica e la celebrazione della messa è il suo centro, quindi non si sente la fretta di correre da altre parti. Quello che invece sta preoccupando tutti a Korogocho è l’aumento della violenza, e questo per l’avvicinarsi delle elezioni, che amplifica il già presente problema di convivenza tra le diverse etnie. Non c’è sabato che vado in cui non mi si racconti di fatti terribili di violenza tra i diversi gruppi. È una violenza gratuita che non risparmia nessuno e vista la latitanza della polizia, ad ogni attacco, si risponde rivendicando. Oggi, dopo la messa, sono stati piantati 4 alberi come segno di pace e di vita che per crescere ha bisogno della nostra cura e attenzione di tutti. Le parole del Papa per la Giornata Missionaria: “Missione è proclamazione di Perdono”, veramente sono sembrate profetiche anche per la quotidianità di Korogocho. Adesso, per questa violenza indiscriminata e gratuita, non si esce più per la messa serale nelle baracche dei malati. C’è paura, e dopo le sette non si trova più nessuno in giro! C’è come un “coprifuoco” che fa tenere la gente a casa. E questo è un peccato perché veramente quell’Eucaristia serale era un momento importante per la gente; tra mille progetti che si portano avanti, il momento della messa era sentito come sorgente di trasformazione e motivo di speranza per quanti partecipavano. Preghiera che curava le “ferite” di questi amici. Adesso questa preghiera continua a livello spirituale, dalla baracca di padre Daniele, dove prima di andare a dormire, attorno ad un lume di candela ci si riunisce come comunità e si intercede per tutti, chiedendo il dono della Pace, Giustizia, Unità e Perdono. A questo momento di preghiera del sabato sera siete tutti “invitati”, un momento per sentirci uniti anche con voi.

Penso che per questa volta può bastare, sono stato in silenzio per alcuni mesi ma come vedete ci sono ancora... e con queste pagine spero di aver recuperato! Ci sarebbero molte altre cose da raccontare ma cercherò di rifarmi vivo magari più di frequente, con notizie più brevi, parlandovi magari anche dei diversi progetti che stiamo sostenendo come comunità e altri in connessione con la scuola. In particolare vi ricordo e ringrazio ancora per le offerte che arrivano. Quasi tutto viene usato per contribuire alla formazione nostra e di altri giovani che altrimenti non potrebbero permettersi di andare a scuola. Crediamo molto nel valore della formazione, come aiuto alla crescita del paese. Aiutiamo inoltre altri piccoli progetti di sviluppo presenti nello slum, e gli oggetti di artigianato africano che ogni tanto mando a casa provengono da lì e vi assicuro come questi piccoli “traffici”, aiutano molti giovani e donne a “tirare avanti” con dignità, che deriva dal frutto del loro lavoro. Con queste cose pratiche termino anche le mie riflessioni, e nell’attesa di risentirvi, (e non lo dico tanto per dire, veramente ci tengo a sentire anche di voi!), vi auguro di cuore ogni bene per tutto quanto state vivendo.

Allora Buona continuazione dell’Ottobre Missionario a tutti, nel segno dell’impegno e condivisione e, sempre avanti!

 

Uniti nella preghiera e Amicizia,

Un abbraccio forte,

 Vostro fratel Damiano.   

 

 

 

 

Damiano fratello comboniano infermiere, vive a Nairobi dove svolge la sua attività di missionario consacrato.

scrivi
a fr. Damiano
all’indirizzo comunitario cbcnairobi@yahoo.com
Personale frateldamiano@libero.it
oppure presso
Comboni Missionaries, Brothers’centre,
P.O. Box 21681,
Nairobi 0 0505 - Kenia

Leggi le altre lettere di Damiano:
Jambo, hujambo? 

Ciao, come stai?

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