Nairobi,
31 agosto 2001
HABARI!!!
Habari è la parola usata per il
saluto in Kiswahili e significa: come va oggi, che Notizia mi
porti?
Desidero anch’io salutarvi così e
condividere con voi i miei primi giorni qui a Nairobi.
La partenza, il viaggio, e il mio
arrivo in Kenia, prima di proiettarmi completamente nella nuova
esperienza di vita, mi hanno portato a ripensare e ringraziare
ancora una volta il Signore per questo tempo che mi ha donato di
vivere, per il cammino di fede iniziato a Stelle, nel seno della
mia famiglia, (passando poi per la parrocchia, gli amici, le
tante esperienze), per giungere infine al cammino missionario
comboniano di Padova e Vengono. Il mio
grazie, elevato a Dio nella preghiera, va a Lui, per il dono
della chiamata alla vita, per la vocazione missionaria, e per le
persone, (e tante siete voi che mi state leggendo), che mi hanno
accompagnato, voluto bene, e condiviso con me i diversi tratti
di strada. Un grazie ancora a tutti, per questi mesi di giugno e
luglio appena passati, così ricchi di avvenimenti, incontri,
momenti di amicizia e scambio, per una comune crescita nei
valori della vita e della fede. grazie per chi mi ha aiutato, in
diversi modi, nei preparativi imminenti alla partenza, primi fra
tutti papà Danilo e tutta la mia famiglia, così vicina e
coinvolta in questo mio partire missionario. Spesso ho usato lo
slogan: “Andiamo insieme in Missione!”, e penso che molti
siete “entrati” nella mia valigia, (chi mi ha accompagnato
all’aeroporto, ne ricorderà le dimensioni e il peso…), per
condividere con me questo cammino.
Come avrò ripetuto centinaia di volte, non mi sento di
fare niente di speciale qui ora, ma solo cercando di condividere
con quanti incontro, soprattutto i più disperati, poveri,
abbandonati, quanto ho ricevuto e sperimentato nella vita,
riconoscendo in tutto questo la presenza di Dio e di un Dio che
ci Ama sommamente, tanto da dare tutto se stesso per noi, e per
questo la vita, la Sua, in Suo Figlio Gesù! Questo Mistero è
quanto di più bello ci possa capitare di cercare, sperimentare,
vivere e contemplare, perché quest’incontro con Dio, ha la
capacità poi di trasformare la propria vita e vedere tutto con
occhi nuovi. Come non comunicare agli altri allora questa
bellezza e pienezza di vita?!? Ecco ora, il mio essere qui a
Nairobi, a condividere con fratelli questo cammino. Non
ho niente da aggiungere alla “ricchezza” di vita, valori,
bellezza, che sperimento quotidianamente nei poveri che
incontro qui; nonostante l’inferno in cui vivono, (penso
soprattutto a chi vive nello slum di Kibera qui accanto alla
nostra casa, ai bambini e ragazzi di strada affamati, sui cumuli
di immondizia, senza niente, che vedo a decine; ai vecchi,
paralitici, storpi, malati di ogni genere, che chiedono
elemosina in città; alle tante donne stracariche di pesi sulla
testa, e col loro piccolo sulla schiena, o di quelle che
improvvisano minuscoli mercatini e per vivere vendendo
pannocchie di mais arrostite agli angoli della strada…); con
loro desidero solo condividere la speranza nella vita che ci
viene dalla fede, la solidarietà, la vicinanza umana, e il
comune impegno per cercare nuove strade per la costruzione di un
domani più dignitoso. Valori che ci porteranno a sperimentare
anche qui, per loro e con loro, quella pienezza di vita che Dio
sogna per tutti. Insieme cercheremo la strada per arrivare a
Lui, al suo Regno di Giustizia, Pace, Amore. A tutti l’invito e la possibilità di sognare con Dio, basta
“partire”e lasciarci guidare da Lui. Per incontrarLo?
Dio ci aspetta nella nostra vita, quando decidiamo di aprirci a
Lui, alla sua
Parola, così ricca, al suo Mistero, e ai fratelli e sorelle che
ci stanno accanto, (ciascuno ha il suo prossimo da prendersi
cura e così la sua missione da vivere); e tra questi guardiamo
e privilegiamo i più poveri; veri “tabernacoli” della Sua
presenza.
Ma andiamo con ordine e torniamo alla
partenza e al viaggio.
Come ho già detto a qualcuno, l’incontro
con l’Africa è iniziato già dall’aeroporto di Amsterdam,
quando con sorpresa ho scoperto che l’aereo che mi avrebbe
portato a Nairobi non sarebbe stato della KLM ma della Kenia
Airwais; già dal volo quindi ho gustato sapori, suoni e colori
tipicamente africani.
Ma l’Africa vera e propria l’ho
scoperta sulla strada dall’aeroporto alla nostra casa.
Veramente un altro mondo!!! Sono arrivato all’alba e ho capito
che per me sarebbe iniziata una nuova “giornata” tutta da
scoprire. Insieme alle bellezze di una natura rigogliosa,
(Nairobi sorge su un altipiano a 1700m circa slm, ma molto verde
e relativamente fresca come clima), balzano agli occhi i
contrastasti tra una società che viaggia ai nostri ritmi e
guarda ai nostri modelli, e chi è ancora radicato nel proprio
mondo, tra ricchezza di pochi e l’estrema povertà della
maggioranza degli abitanti; un’Africa quindi a due velocità e
livelli.
Ho trascorso i primi giorni, guardandomi
attorno, facendo un sacco di domande, come un
bambino quando scopre una cosa nuova, ma anche
contemplando il mistero della vita, che nonostante i segni di
sofferenza, qui esplode in ogni cosa!
Noi ci troviamo
all’estrema periferia ovest di Nairobi, a circa 5Km dal
centro, in una zona relativamente tranquilla. Questo ci permette
di concentrarci bene per lo studio che dovremo affrontare, ma
nello stessa tempo, in pochi minuti a piedi possiamo raggiungere
l’immensa baraccopoli di Kibera, la più grande di Nairobi,
dove non si sa di preciso quante persone ci abitino. Si parla di
500.000, ma è difficile fare una stima essendo agglomerati che
ogni giorno cambiano di fisionomia con molte persone che
arrivano e altre che emigrano.
La parrocchia a cui
facciamo di riferimento, tenuta da padri messicani, collabora
con noi per alcun progetti che sono stati intrapresi per dare
risposte concrete alle diverse necessità della gente: piccoli
dispensari, il servizio Caritas (anche qui c’è il gruppo S.
Vincenzo!), l’attività con i giovani, e la nuova realtà di
una piccola banca che fornisce microcrediti a coloro che
intendono intraprendere mini attività economico/commerciali.
Sono circa 200 i beneficiari di questi microcrediti e il tutto
è seguito dalle piccole comunità cristiane (realtà molto
vive), che sorgono in mezzo allo slum. Piccole risposte a grandi
problemi, ma si cerca in questo modo di rendere loro stessi
protagonisti del loro sviluppo. Ad occuparsi di questo progetto,
(chiamato “Bidii Kma Maendeleo” ovvero sforzo per lo
Sviluppo), e fr. Philippe, forse ve lo ricorderete perché è
stato con me a Padova e vengono per la formazione. È appena
tornato da un’esperienza di due mesi in Bangladesh per
studiare il funzionamento della Greeming Bank, la cosiddetta
“Banca dei Poveri” che dalla fine degli anni ’70 opera nei
paesi più poveri del mondo. Ora cerca di impostare qui lo
stesso metodo, ma tenendo conto degli slum di Nairobi. In
comunità siamo in 13, compresi i due formatori. Con me al primo
anno c’è Felisberto di 28 anni proveniente dal Portogallo,
che ha girato in lungo e in largo per anni come camionista: sa
fare un po’ di tutto ed è molto utile in comunità; e poi
Alfred di 30 anni dal Ciad, meccanico che piano piano sta
rimettendo in sesto le nostre macchine (bisognerebbe vedere che
strade ci sono!!!). Io ho rifornito e riorganizzato
l’infermeria e dovrò ora occuparmi della biblioteca. Nessuno
di noi parla bene l’inglese, quindi ci si arrangia facendo un
mix di italiano, francese e portoghese; un po’ alla volta
aggiungeremo appunto l’inglese, la lingua parlata dal resto
della comunità. L’aspetto della lingua
si sta rivelando veramente il maggior ostacolo alla
comunicazione, ma con settembre inizieremo in città il corso di
inglese che ci impegnerà tutte le mattine per il primo mese, e
poi tre mattine la settimana per il resto dell’anno. Per ora
perciò niente Social Ministry, il corso parauniversitario che
è di prassi per i fratelli qui a Nairobi, poiché per poterci
accedere bisogna essere ok con la lingua scritta e parlata e noi
non siamo assolutamente pronti! Il resto della comunità è
composto da altri fratelli in formazione. Oltre a Philippe,
francese, ci sono quattro togolesi, un mozambicano, un cileno e
un altro italiano di Varese. Da poco si è aggiunta alla comunità
suor Italina, comboniana di Milano, che per motivi di studio ha
scelta di stare con noi. una bella “macedonia” di colori,
lingue e culture, ma la comune fede e vocazione comboniana ci
porta ogni giorno a fare comunità e camminare assieme
nell’unica missione.
Spero di iniziare presto anche il
mio apostolato e sto vedendo di farlo in contesto
sanitario, magari nella nostra parrocchia di Kariobanghi, appena
fuori Nairobi, che comprende lo slum di Korokocho, dove le suore
comboniane gestiscono un dispensario e dove il lavoro non manca,
(parlano di circa 300 visite al giorno).
Questo mi permetterebbe di recuperare un
po’ del mio lavoro e soprattutto contestualizzarlo
con la realtà del posto. La nostra vita
comunitaria si svolge tra le attività interne:
preghiera, lavoro (oltre alla pulizia e manutenzione di casa e
giardino, abbiamo un pollaio, conigli, orto e una piccola
falegnameria che da lavoro a tre persone) e studio; appena
possiamo ci dedichiamo all’apostolato che ciascuno conduce
nelle diverse realtà sociali e pastorali della città. Nel
frattempo, prima di definire il mio apostolato, appena posso,
cerco di andare allo slum vicino per conoscere un po’ di
questo mondo. È incredibile come si fa presto ad entrare in
relazione con la gente, i bambini soprattutto. Sono loro a
salutarti per primi, prenderti per mano, condurti per le
stradine, e introdurti nelle loro “case”. Per descrivere la
realtà delle baraccopoli ci vorrebbe un capitolo a parte.
Sono riuscito ad entrare nel mondo di Kibera
grazie all’invito di Peter, il falegname che lavora da noi; è
nato lo stesso giorno e anno con la differenza che vive in una
baracca di 3m x 3m, ha quattro bambini e in attesa del quinto.
Spesso, finito il lavoro vado trovarlo, sono diventato amico
della sua famiglia, dei bambini e delle persone che gli vivono
accanto. Mi insegna inglese, lo parla bene, e qualche parola di
swahili.
È sorprendente vedere come
la vita è organizzata nella baraccopoli.
La baracca non è sua ma paga l’affitto. Non c’è
energia elettrica ma solo una lampada ad olio per la sera. Per
cucinare quel poco di riso e fagioli, usano carbone che si
compra nei piccoli mercati. L’ acqua si recupera con delle
piccole taniche presso delle cisterne collettive dislocate nella
zona e si paga un tanto al litro. Per chi vive nello slum,
farcela, è davvero dura! Inoltre scuola e sanità si paga
completamente e solo pochi abitanti degli slum ne usufruiscono.
La moglie di Peter, Veronica, per fare i controlli della
gravidanza deve camminare più di 40 minuti per raggiungere il
più vicino dispensario. Una volta sono andato con lei per
vedere. Si cammina per un sentiero tutto in salita, avevo paura
che partorisse per strada! Alla sera Peter fa scuola ai suoi
figli e ad altri 15 bambini delle baracche vicine. È
animatore poi di una piccola comunità cristiana che si ritrova
alla domenica pomeriggio. Spiega la Parola di Dio del giorno, si
prega insieme e alla fine si raccoglie una piccola colletta
per aiutare chi è più nella necessità. Sono stato tra
loro una domenica. La gente parla kiswuahili, la lingua
ufficiale del Kenia; solo chi è andato a scuola sa l’inglese,
comunque mi sono sentito accolto e hanno chiesto anche a me una
piccola condivisione: ho donato loro dei rosari missionari che
ho portato dall’Italia e sono stati felici di conoscere
questa dimensione della preghiera.
Che separa la baraccopoli dal resto del quartiere è la linea
ferroviaria, che dalla periferia di Nairobi porta al centro. È
stata realizzata per i pendolari; ci sono solo due corse al
giorno, una al mattino alle 7.00 verso la città e l’altra
alla sera di ritorno alle 6.00. Lo chiamano “Treno
Matatu”. I “matatu” sono i mezzi di trasporto più diffuso. Consistono in
piccoli furgoncini, di fabbricazione giapponese, come i nostri
nove posti, ma qui sono attrezzati per farci stare più persone
possibile. Sono sempre stracolmi e anche noi li usiamo spesso
per spostarci e andare in città. Mi capita di contare fino a
20-25 persone a viaggio e se fosse per l’autista,
continuerebbe a fermarsi per prendere altre persone!!! Capita di
condividere il viaggio schiacciati tra sacchi di merce, galline
comprate al mercato, e l’impiegato con la sua ventiquattrore e
telefonino! Ma in dieci minuti si è in città e poi è
possibile girarla a piedi. Guardandola da lontano Nairobi sembra
una moderna città occidentale con palazzi, “grattacieli” da
20 e più piani, viali e parchi. Ma camminandoci in mezzo scopri
lo stesso contesto: immondizie, bancarelle, mercatini ovunque,
carretti carichi di tutto trainati da persone, bambini che
dormono e vivono sulla strada (è impressionante al mattino
vederne decine e decine dormire per terra sui marciapiedi):
chiedono elemosina e respirano colla per non sentire la fame, e
tutto questo insieme alla Nairobi ricca, degli uomini d’affari
e turisti in partenza per i safari. Non mi dilungo sulle
statistiche, i dati e commenti. Questa è l’Africa che si
vede, piena di contrasti, ma che ogni mattina si risveglia piena
di vita! Vi assicuro, io sto bene e sono
veramente felice di essere qui oggi a condividere questo tempo
con i keniani che sto conoscendo! Mi manca un po’ il
collegamento con le notizie dall’Italia e il resto del mondo.
Nonostante i potenti mezzi di comunicazione che oggi la tecnica
dispone, i giornali, i tele e radiogiornali trasmettono solo
notizie locali. Il nostro accesso a internet è limitato
essendoci un solo computer abilitato, e spesso la linea
telefonica è interrotta (come in questi giorni!!!), e poi
spesso tolgono la corrente e quindi le connessioni sono
difficili. Lo usiamo soprattutto per la posta elettronica quindi
approfittatene ma portate pazienza se non posso rispondervi
subito. Meglio usare l’indirizzo comunitario cbcnairobi@yahoo.com
perché ha la connessione diretta. Meglio ancora la posta
normale; ho visto che in alcuni giorni arriva dall’Italia.
Scrivetemi come va lì da voi così mantengo i contatti anche
con la vostra realtà! In questa ultima settimana, oramai
pratici di “matatu”, insieme ad un giovane di Padova, ospite
tra noi per qualche giorno, ho approfittato per andare assieme
alla scoperta di altre realtà significative dei comboniani e
della città. Siamo stati nella comunità comboniana che segue
le missioni del Sud Sudan, a conoscere il difficile lavoro che
svolgono questi missionari dentro e fuori dal Sudan per portare
aiuti alle popolazioni; poi alla nostra parrocchia di Kariobangi,
nella periferia della città, che porta avanti molteplici
attività pastorali e sociali, infine a trovare Massimo, un
amico con il quale avevo condiviso il cammino Gim a Padova;
Massimo, fresco di laurea in Scienze Forestali, da un paio
d’anni è membro della Comunità “Papa Giovanni XXIII”, e
ora vive in una baracca nello slum di Soweto, a Kuhawa, una
quindicina di Km fuori Nairobi, condividendo la sua vita tra i
più poveri. Siamo stati una giornata assieme e ci siamo chiesti
cosa si può fare in queste realtà.
Anche lui è alla ricerca di risposte; per ora, con la
sua comunità, ha fatto la scelta evangelica di camminare con i
poveri, di vivere in mezzo a loro, della condivisione e gratuità.
Domenica scorsa poi abbiamo partecipato alla messa della comunità
cristiana di Korokocho, la baraccopoli che sorge accanto alla
discarica di Nairobi, dove da 11 anni vive p. Alex Zanotelli. Vi
rimando ai suoi libri e provocazioni per cercare di conoscere e
comprendere quanto si vive a Korokocho. Anzi, tra poco sarà in
Italia e sarà possibile incontrarlo. Vi dico solo che le due
ore e mezzo di eucaristia (tanto è durata la messa!!!), con la
ricchezza di segni, canti e preghiere della comunità, veramente
diventa un momento forte e sentito da tutti, che da senso e
dignità al loro vivere. Per il momento le visite sono terminate
perché il corso di inglese è iniziato con una settimana di
anticipo e ora, se voglia comunicare e lavorare con la gente, mi
devo impegnare a imparare la lingua; quindi mattina scuola e
pomeriggio studio (considerando che ci vuole un’ora abbondante
per andare e tornare tra bus e un pezzo che dobbiamo fare a
piedi e le attività comunitarie, il tempo che mi rimane per lo
studio non è molto; vedremo di organizzarci al meglio). In
classe siamo in 14: l’insegnante è inglese, i nostri compagni di scuola sono
indonesiani, senegalesi, sudanesi, spagnoli e cinesi. Sono tutti
a Nairobi o per studio o per lavoro. Le lezioni sono molto
interessanti perché imparando l’inglese ci conosciamo. Sono
ad un mese dal mio arrivo a Nairobi e questa è una panoramica
di quanto sto vedendo e vivendo. Mi piacerebbe avere una
macchina fotografica incorporata negli occhi per poter
riprendere tutto ma forse è meglio così, altrimenti vi
inonderei di foto!!! Nei ritagli di tempo ho scritto
frettolosamente queste righe, quindi perdonate gli errori,
ripetizioni e accavallamenti di discorsi. A voi, se volete,
provare a decifrare questi pensieri. Scrivere, è anche un mio
desiderio per non perdere quanto vivo. E se vi fa piacere,
queste righe africane, ogni tanto, con un clic, ve le mando!
Grazie per questo Cammino Missionario fatto Assieme, in nome di
Gesù;
statemi bene veramente,
vostro fratello Damiano.
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