Lokori - Turkana 28. 06. 04
Carissima/o,
manca
circa un mese prima che ritorni in modo definitivo a Chiuduno.
Come
mi sento? Io mi sento: spesso quando passo per strada, parlo con
una persona, prego
con i malati, gioco con i bambini, guardo lo splendore della
natura, fisso la Croce del Sud, mi dico: "Gustatelo, perché
tra un po' non
l'avrai più!".
È
un modo per prepararmi al rientro, per distaccarmi un po' alla
volta, per non
arrivare impreparata all'ultimo giorno, salire sull'aereo stordita
e rimanerlo per i prossimi 5 anni!
Quello
che sento di aver voglia di fare è di reinventarmi ancora, di
essere nuova e aperta a
cambiamenti. Senza dubbio, in termini
personali sento il bisogno di una vita meno violenta e violentata,
una vita dove il domani si vede oggi, dove non si comincia alle 7
del mattino a sentire storie di vita rubata, dove i bambini
non siano costretti a cercare il cibo nella spazzatura, dove ad
ogni angolo non tema più di essere
assaltata.
Certo
che questo bisogno non è solo mio: è il sogno delle 120.000
persone che abitano a Korogocho!
Ed il sogno grande è che si possa realizzare per tutti!
Che tutti i bambini di Korogocho e del mondo possano vedere il
loro domani, vivere,
crescere, diventare adulti e poi vecchi.
Come
lascio Korogocho?
Forse peggio di come l'ho travato. Non si vedono cambiamenti di
qualità della vita. Qualche esempio:
i giovani sono stati pressoché decimati dalla polizia che per
tutto l'anno scorso sparava a vista ai sospetti; nel solo mese di
giugno ho visto ben quattro bambini morti
trasportati dall'acqua del Nairobi River,
che in realtà è una fogna. La società
continua a produrre bambini di strada,
costretti a lavorare per campare, a sniffare colla per
dimenticare: infanzia rubata alla
vita, vita stessa sottratta e non concessa ai Figli dell'Uomo!
Se
penso alle loro storie e a quello che sono, posso solo dire che
sono un miracolo! Un miracolo
di cocciutaggine alla vita e una bontà infinita nei loro
occhi: occhi di Peter, Jack,Mwangi, John Kongo, dolci occhi di
Paul.
Mi
passano davanti agli occhi i volti di tutti i bambini con cui
tanto abbiamo condiviso,
quelli vivi e quelli morti: Gitau la lucciola che si è fatto
ponte per noi con gli altri ragazzi della discarica, ammazzata con
un ferro, Akinyi la bambina con
bambino ammazzata dall'Aids, Mwangi che perdendo
l'equilibrio è stato travolto dal camion che lo seguiva, Moses
Taabu il tremendo
appassionato di biscotti che una volta avuti li regalava.
Bambini,
ragazzi e ragazze dagli occhi
splendenti, capaci di sopravvivenza a
fronte di tanta ingiustizia!
E
ancora nulla di migliorato nella violenza quotidiana a cui donne e
bambini e tutti gli abitanti di
Korogocho sono sottoposti: violenza che si respira
assieme ai fumi della discarica!
Per
quanto riguarda le case, o meglio, le baracche, si è scansato
fino ad ora il
pericolo demolizioni: 2.500 persone a Korogocho rischiano di
rimanere prive
anche delle quattro lamiere di cui pagano l'affitto! E tutto
questo per i buoni propositi del governo di allinearsi agli
standard del resto
del
mondo: non più case sotto l'alta tensione o a fianco della
ferrovia (Kibera, 800.000
abitanti) o sul tracciato del vecchio progetto di una strada a
scorrimento veloce per evitare il centro della città. Totale
80.000
persone da sbattere fuori!
Esempio brillante di come presunte buone intenzioni possono
produrre le peggiori conseguenze. Ma a quanto pare il governo, che
aveva già annunciato tempi, luoghi e modi, non ha agito come
minacciato, molto probabilmente perché ha sentito la pressione
della comunità internazionale e della campagna "Viva!
Nairobi Viva!" Centinaia di e-mail da tutto il mondo
arrivano ogni giorni sui tavoli dei politici e di Habitat: abbiamo
sperimentato il potere dell'organizzazione dei popoli di tutto il
mondo!
Ed è una grossa responsabilità per tutti noi. Il risvolto
positivo dell'annunciato
sgombero da parte del governo è stato comunque notevole: per
la prima volta si è aperto un dibattito pubblico sulle 199
baraccopoli di Nairobi
(Habitat 2003), finora sottaciute e negate, fondamentalmente
mai legalmente
esistite assieme ai loro abitanti.
Un'altra
grande sfida è ora alle porte di Korogocho. Si tratta del passaggio
della gestione della discarica ad
una ditta italiana, la Jacorossi, che dovrebbe
assumersi la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti per tutta la
città, come già fa in alcune
città italiane e al Cairo. Che cose succederà ai
raccoglitori del Mukuru? Verranno assunti dalla Jacorossi come
promesso loro? È una grande
scommessa che segnerà il futuro di molte persone.
Per
quanto riguarda i progetti dei bambini di strada, devo ringraziare
il Signore di molte cose. Per
il Boma Rescue Center devo essere grata per l'impegno e la
responsabilità a John Ochieng, il coordinatore, a Martha Mumbi,
operatrice, e a Geremiah, il watchman diurno che in realtà
è il vero social worker
della situazione, perché, dopo essere stato in discarica per
anni, si è guadagnato il
rispetto di tutti, ma proprio di tutti!
Peter
Mbugwa, nonno
perfetto e giardiniere capace di far amare la vita delle piante ai
bambini e di coltivare tutto al meglio
perché "così i bambini mangiano". E
per il Korogocho Street Children Programme, che finalmente ha
ricominciato
ad
operare, devo assolutamente ringraziare p.
Daniele, che ha tenuto duro a fronte
delle migliaia di problemi incontrati; infine ringrazio due
operatori splendidi, Antony (il
coordinatore) e Virginia, mamma meravigliosa di Korogocho.
Non
hanno ancora propriamente un ufficio (che anche in futuro
consisterà in quattro lamiere), ma non demordono, sotto il sole
dell'equatore camminano da base a base
(punti di ritrovo dei bambini di strada), incontrando i
bambini, le loro madri o nonne,
gruppi e gruppuscoli, di giorno e di notte per
visitare i bambini nei loro nascondigli notturni.
Un
altro grande motivo per ringraziare il Signore è il regalo del Gruppo
Abele
e dei Missionari
Comboniani: insieme per una comunità di riabilitazione
per i bambini sniffatori di colla di Korogocho, per coloro che
finora non sono riusciti a trovare la strada giusta per una vita
senza colla, senza veleno
inalato che brucia il cervello e le ore di vita.
È
uno spiraglio di futuro, una grande speranza di terra, di cielo,
una nuova strada da
percorrere.
E
per questo grazie a p.
Alex che dall'Italia ha sostenuto l'idea, ancora a
p.
Daniele che ha combattuto per dargli
corpo, alla comunità dei Comboniani
di Kariobangi (p. Mario e Br. Hans che hanno contribuito attivamente)
e a p. Umberto, provinciale dei Comboniani, per averci creduto.
A don Luigi Ciotti per il suo
entusiasmo, a Guido, Cristina e Lucia perché hanno
accettato praticamente al buio, e Pino e Leopoldo perché hanno
capito
e ascoltato!
A
questo punto non mi resta che tornare in quel di Chiuduno,
presentarmi il
1 di settembre a Mezzolombardo per la scuola. e ricominciare una
vita normale!
...Ma
che cosa è normale?
Un
abbraccio a tutti, e grazie per la vostra preziosa vicinanza.
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