Il
Concilio, con la teologia della Gaudium
et spes, ha fatto uscire la
Chiesa da quattro secoli di visione
privatistica della salvezza (la salvezza
eterna di ogni singola anima) e dal
conseguente orientamento restrittivo
dell’ecclesiologia e della teologia. Vi è
una salvezza, un traguardo escatologico per
la famiglia umana e la sua storia (Gaudium
et spes, n. 45). Indirizzare e
accompagnare la famiglia umana verso tale
traguardo è preciso compito della Chiesa:
compito non esclusivo (lo Spirito soffia
dove vuole), ma ineludibile, in quanto
continuazione dellÂ’opera salvifica di
Cristo.
Non vi sono due
storie: quella della salvezza e quella
dell’umanità . "La storia è storia di
salvezza", è il lento e doloroso
cammino della famiglia umana verso la
pienezza del Regno, verso la sua
trasformazione in "famiglia di Dio" (Gaudium
et spes, n. 40). E il traguardo è la
Pace, la città di Dio in cui «tutti si
servono vicendevolmente nella carità »
(Agostino, De civitate Dei, XIV,28).
Si tratta dunque di un cammino verso una
logica globale di convivenza della famiglia
umana intera, una logica che rispecchi
lÂ’Assoluto della vita trinitaria. Come il
Figlio dell’Uomo è venuto per servire e non
per essere servito, così nessun essere umano
«plene seipsum invenire non posse nisi
per sincerum sui ipsius donum (non può
pienamente realizzarsi, se non attraverso un
dono sincero di sé)» (Gaudium et spes,
n. 24).
Così il
"sociale" – la complessa rete di strutture
in cui si deve configurare la vita di
relazione di ogni singolo – diviene campo di
impegno e di prima-ria responsabilità morale
per ogni cristiano (come per ogni uomo di
buona volontà ). La lotta per fare del mondo
un «luogo di autentica fraternità » (Gaudium
et spes, n. 37) durerà quanto dura la
storia, e in essa il cristiano è
inevitabilmente inserito: «in questa lotta
inserito» (ivi).
Così
l'economia, e lÂ’inserimento del cristiano
nello studio e nell’attività economica
divengono inevitabilmente riflessione
teologica ed etica. Per comprendere dunque
la nostra chiamata occorre capire che cosa
sia oggi "economia" su un doppio versante:
quello delle strutture essenziali entro cui
ogni attività economica (produzione,
distribuzione, finanza) si svolge; quello
delle condizioni di vita della famiglia
umana, generate o mantenute dalle dette
strutture. È chiaro che l’interesse
teologico primario è per il secondo
versante, ma quello che in esso avviene è
determinato primariamente dal versante
strutturale. Uno studio serio della
situazione in cui versa la famiglia umana
deve perciò partire dallo studio delle
strutture fondamentali della vita economica
sul pianeta Terra. Qui posso solo accennare
ad alcuni elementi essenziali.
Nessuna forma
di vita economica, anche primitiva, può
pensarsi senza un supporto strutturale, sia
a livello di villaggio sia di Stato sovrano.
Ma oggi vi è un unico sistema di strutture
che governa la vita economica dellÂ’intera
famiglia umana. Questa "globalizzazione"
è per il cristiano qualcosa di auspicabile:
ormai lo sguardo del cristiano si deve
estendere alla famiglia umana considerata
come un unico corpo sociale. La stessa idea
tradizionale di "bene comune" deve
intendersi come bene comune della famiglia
umana.
Ma è dal tipo
di strutture della globalizzazione che
dipende il perseguimento di tale bene
comune: la domanda è se le attuali strutture
consentano il miglioramento della qualitÃ
della vita di ogni essere umano ovunque
sulla terra (cfr. Gaudium et spes, n.
77), per lÂ’oggi e anche per il domani della
storia umana (è qui la gravità del
problema ecologico).
Oggi le
strutture tradizionali dell’economia –
produzione e distribuzione (mercato) – sono
irreversibilmente globali. Oggi si produce
per componenti: sia le 4-5 parti di una
videocassetta sia le 172.000 parti di un
Airbus possono essere prodotte ciascuna in
un luogo diverso della Terra, assemblate in
un altro, commercializzate in un altro
ancora. In molti casi si produce dove si ha
il minor costo del lavoro (circa 30 dollari
lÂ’ora in Germania, 20 negli altri Paesi
industrializzati, da 0,5 a 2 nei Paesi più
poveri). In altri casi si produce dove
esiste manodopera altamente specializzata.
In altri casi ancora alcune componenti sono
prodotte solo da pochissimi centri
specializzati (una nuova molecola per le
bioingegnerie o un motore per grandi aerei
di linea solo General Electrics, Pritt &
Whitney, Rolls Roice possono produrli).
Lo stesso
avviene per il commercio e la distribuzione:
si compra e si vende dove conviene.
Qualsiasi operatore può comprare
allÂ’ingrosso a Hong Kong e vendere a Milano,
per distribuire poi al dettaglio in Usa o in
Thailandia. Nessun Governo, pur potente che
sia, può realmente governare produzione e
mercato, se non con pochi strumenti (dazi,
incentivi o disincentivi) deboli e destinati
a sparire.
Tutto ciò è
oggi possibile per lÂ’avvento di nuove
tecnologie. Due in particolare: la
rivoluzione del silicio, e cioè elettronica
e informatica, che consente trasmissione di
dati, ordinativi, trasferimenti di denaro
eccetera; una radicale trasformazione dei
sistemi di trasporto merci, con navi che
possono contenere 8.000 containers e con
treni merci per lunghe distanze (Usa,
Australia, Sudafrica, Russia) che
trasportano 10/20 mila tonnellate (in Europa
il limite è di norma 2 mila). In tal modo
lÂ’incidenza del costo del trasporto per
unità di prodotto è irrisoria. Queste due
realtà tecniche sono irreversibili, e sono
molto recenti (non più di vent’anni), e così
spiazzano tutte le teorie e le logiche
economiche attualmente disponibili.
Ma dopo la
rivoluzione del silicio si hanno due
fenomeni altrettanto nuovi. Il primo
fenomeno è l’inserimento massivo nella
produzione del momento di ricerca e sviluppo
("R&D": research and development). I
nuovi treni veloci europei hanno richiesto
10-12 anni dalla prima ideazione alla
produzione di serie; nuovi aerei militari
sono già in progetto da anni e saranno
pronti verso il 2010. Ciò richiede un enorme
incremento del capitale necessario, e perciò
una sempre maggiore concentrazione del
capitale disponibile sulla faccia della
Terra e della sua gestione, al di sopra
delle teste di qualsiasi Governo o Stato.
Il secondo
fenomeno: oggi non esiste più il
capitalista-padrone. Tutto il denaro,
comunque raccolto ovunque nel mondo, è
gestito da società finanziarie, che a loro
volta sono controllate da finanziarie di
ordine superiore. In tal modo
il mondo della finanza è completamente
separato dal mondo della produzione. Una
finanziaria trae profitto esclusivamente dal
movimento del capitale (finanziario), e così
il capitale si muove freneticamente da un
capo allÂ’altro della Terra, in tempo reale e
non controllabile da nessun Governo, sempre
e solo in cerca del massimo profitto
finanziario. Se, cosa, per chi e come si
produca non ha alcun interesse per i veri
manovratori del capitale mondiale. Molte
migliaia di miliardi di dollari si spostano
ogni 24 ore, e sempre in cerca di
massimizzazione del profitto privato, da cui
è, per principio, esclusa ogni
preoccupazione per il bene comune, per i
reali bisogni dellÂ’uomo.
Le condizioni
di vita della famiglia umana si desumono
agevolmente dalla tabella che pubblichiamo
sopra. In sintesi i Paesi ricchi hanno un
Pnl pro capite (Prodotto nazionale lordo: la
somma di tutte le ricchezze comunque
prodotte in un Paese, espressa in dollari e
divisa per il numero degli abitanti, valore
sommariamente indicativo della ricchezza
disponibile; la sua distribuzione dipende in
parte dai singoli governi, ma sempre entro
il limite del Pnl) di 20/30 mila dollari.
In America
latina il Pnl si colloca fra 1.000 e 4.000
dollari, e cioè a un decimo dei Paesi
ricchi: ma lÂ’America latina gode di
unÂ’iniqua distribuzione delle ricchezze che
non ha eguali nel mondo. In Brasile vi sono
circa 30 milioni di ricchi e 130 milioni di
poveri. In Africa, escluso il Sudafrica, il
Pnl oscilla fra 100 e 700 dollari, ma
nellÂ’Africa subsahariana difficilmente
supera i 200: siamo perciò a un centesimo
della ricchezza disponibile da noi. In Asia,
salvo le note eccezioni, il Pnl oscilla fra
260 dollari (Cambogia) e 500 dollari (Cina).
India e Cina messe insieme – oltre un terzo
dell’umanità – hanno una media di un dollaro
e mezzo al giorno per abitante, ivi comprese
le spese pubbliche di ogni genere.
Due importanti
indicatori della qualità umana della vita
sono lÂ’attesa media di vita e la mortalitÃ
infantile: qui si rispecchia la
disponibilità di cibo, di acqua potabile, di
assistenza sanitaria, di educazione di base,
e la presenza di violenze e drammi sociali
inevitabilmente connessi alla miseria. Per
Paesi ricchi l’attesa media di vita è 75/80
anni; in America latina è di 55/65 anni
(salvo Cuba che è su livelli europei);
nellÂ’Africa subsahariana raramente arriva a
50 anni; nell’immensa Asia povera è fra 55 e
70 anni. La mortalità infantile, calcolata
sui morti nel primo anno di vita su mille
nati vivi, nei Paesi ricchi è di circa il
6/7 per mille (media Unione europea 5,6, Usa
8). In America latina oscilla fra 20 e 65
(salvo Cuba che è a livelli europei e
migliori di quelli Usa); nellÂ’Africa
subsahariana è generalmente sopra a 100; in
Asia oscilla fra 35 e 100.
Si tratta di un
quadro spaventoso di una famiglia umana
spaccata in due, in cui meno di un quinto
assorbe più di quattro quinti delle risorse
disponibili. Deve esser ben chiaro che ogni
area di miseria ha caratteristiche diverse,
e che ogni Governo ha una parte di
responsabilità . Ma deve esser soprattutto
ben chiaro che si tratta di una realtÃ
strutturale, stabile, causata o mantenuta
dalle strutture economiche globali che ho
descritto. Ci siamo commossi vedendo i
bambini nei campi di raccolta per un
terremoto o per una guerra. Ma non
riflettiamo che quelle condizioni miserabili
derivano da fatti ben precisi, sono
congiunturali e transitorie. E sono molto
migliori delle condizioni di normalità in
cui la maggior parte dei bambini del mondo
vive e vivrà senza speranze e senza
prospettive. Non esiste
agenzia o progetto con sufficiente
autorità per cambiare la tragedia che
incombe sulla famiglia umana: chi potrebbe
non ha nessun interesse a farlo, e chi
vorrebbe non ha potere per farlo.
Dietro a tutto
questo vi è la logica di massimizzazione del
profitto finanziario privato che va
perseguito a ogni costo, e naturalmente al
costo della qualità della vita della grande
maggioranza degli esseri umani. Non si
investe per soddisfare bisogni essenziali
dellÂ’uomo: investire per i poveri della
Terra non dà tanto profitto quanto investire
per i non-bisogni dei ricchi. Grandi
corporations medicali rifiutano di
investire in ricerca per le urgenze
sanitarie dei poveri (malaria, tubercolosi,
Aids), dichiarando esplicitamente che la
ricerca non darebbe sufficiente ritorno
finanziario (The Economist 14.8.99:
Helping the worldÂ’s poorest). Meglio
investire in armi, droga, alte tecnologie.
Non si investe per creare occupazione, ma
disoccupazione: con nuove macchine si
riducono i costi del lavoro. Di norma nelle
grandi Borse la notizia dellÂ’aumento
dellÂ’occupazione crea crolli di azioni. Ogni
cautela ecologica incide inevitabilmente sui
profitti, e non offre sufficiente rapporto
costi/benefici in tempi brevi. La tragedia
della famiglia umana si andrà sempre più
approfondendo. Solo da pochi anni alcuni
liberisti più illuminati insistono su sanitÃ
e educazione per i poveri, ma la maggior
parte degli economisti e la totalità degli
operatori economici non ci pensano neppure.
Gravi sono le
colpe della teologia cristiana, cattolica e
protestante
(soprattutto riformata nordamericana). Colpe
della teologia sistematica, che si è
occupata solo della salvezza delle singole
anime dimenticando totalmente il cammino
dell’umanità verso la pienezza del Regno.
Colpe della teologia morale che si è
fermata, a partire dal Catechismo Romano
dopo il Concilio di Trento, al tema del
"non rubare": il vero tema della morale
economica nel Vangelo è invece quello del
significato che i beni terreni hanno
nellÂ’orizzonte di fede del cristiano.
Invece si è
annunciato che le ricchezze, una volta
legittimamente acquistate, sono strumento di
esercizio della libertà personale col solo
limite di fare ogni tanto qualche elemosina.
Ma per i Padri e per Tommaso chi non dà del
suo al bisognoso commette ingiustizia: è
tanto ladro chi non soccorre il povero
quanto chi ruba i beni altrui. Ancora oggi
vi sono scuole di pensiero cattolico che
sostengono essere il liberismo capitalistico
attuale la miglior forma di attuazione del
Vangelo, in quanto garante del personalismo
e della libertà . E anche documenti pontifici
parlano di
capitalismo selvaggio: è una visione
vecchia, da "padrone delle ferriere".
Oggi, nella
situazione sopra illustrata, il capitalismo
è inesorabilmente "selvaggio": nessuna idea
di bene comunque può governarlo. La
dottrina, anchÂ’essa vecchia di oltre un
secolo, della "mano invisibile" del libero
mercato è solo un paravento morale che copre
una iniquità sostanziale: il libero mercato
di dimensioni planetarie fra aree povere e
aree ricche serve solo a arricchire i ricchi
e impoverire i poveri. Se il povero vuole
anche solo sopravvivere deve sottostare alle
condizioni imposte dai ricchi: ed è appunto
questa, fino ad oggi, la politica costante
del
Fondo monetario internazionale. Ma molti
poveri, come nellÂ’Africa
subsahariana, hanno urgenti bisogni che
non possono neppure "diventare domanda sul
mercato": semplicemente non hanno soldi per
stare sul mercato.
Occorre dunque
ripensare nelle sue radici lÂ’annuncio morale
cristiano sulla storia e sullÂ’economia: il
Concilio ha indicato con chiarezza la via,
ma finora sembra che pochi se ne siano
accorti o siano disposti a seguirla senza
compromessi. La logica della massimizzazione
del profitto, quali che siano i costi umani
che essa esige, unita allo pseudo-dogma del
liberismo economico, sta ormai prevalendo a
tutti i livelli. Dal livello finanziario è
entrata al livello aziendale, al livello di
proposta di politica economica per i
governi, a livello personale. Ormai "lÂ’avere
di più perché è di più", e non come
possibile strumento per soddisfare
ragionevoli bisogni nostri e altrui, sta
diventando la regola suprema dei
comportamenti privati. Negli Usa è diventata
una vera ossessione generalizzata: con
l’avvento di Internet è ormai possibile per
il privato operare direttamente e in tempo
reale sul mercato finanziario, e molti
passano le giornate a muovere denaro al
computer per cercare di arricchirsi
rapidamente. Non solo la ricchezza, ma
l’arricchimento costante come fine a sé
stesso è diventato il nuovo idolo, il nuovo
ideale di vita nei Paesi ricchi.
La teologia morale
cattolica dellÂ’ultimo secolo non ha saputo,
o voluto, dir niente al riguardo; quella
protestante americana, legata allÂ’idea
dellÂ’arricchimento come segno di
predestinazione, ha favorito tale tendenza.
Per molti americani Wasp (White, anglo
saxon protestant) se uno è povero lo è
per propria colpa: circa 40 milioni di
cittadini statunitensi poveri non godono di
alcun diritto allÂ’assistenza sanitaria. Si
mira a ridurre al minimo le tasse per la
salute per poter aumentare quelle per
armamenti.
In questo modo
il liberismo economico sta divenendo
liberismo sociale: nessuna preoccupazione
per il bene comune della comunità "Stato" –
per non parlare della comunità "famiglia
umana" – è ormai proponibile; lo "Stato
sociale" è ormai irriso da molta stampa Usa
come «old style».
E molti
cattolici si adeguano, col ridicolo pretesto
della paura del comunismo. Ma nel Vangelo la
ricchezza materiale "non è vera ricchezza,
non è ricchezza" per noi seguaci del Signore
(cfr. Luca 16). La ricchezza vera è Dio e
lÂ’avvento del suo Regno. Cercare prima il
Regno di Dio e la sua giustizia è cercare la
crescita di una convivenza umana di
fraternità , di condivisione, di pace. Se la
teologia non saprà leggere l’economia come
vero luogo teologico, luogo in cui dobbiamo
cercare – studiando con passione, piangendo
e pregando – quale sia il progetto e la
chiamata di Dio per noi qui oggi, la Chiesa
avrà tradito la sua missione.
Enrico
Chiavacci
Nota:
Enrico Chiavacci, parroco di
Firenze, è docente di teologia morale presso
lo Facoltà teologica dell’Italia Centrale di
Firenze. I suoi contributi cercano legami
tra la morale fondamentale e la morale
sociale e dichiarano il suo impegno, in
particolare, sui temi della pace e sui
diritti dellÂ’uomo. Sul nostro sito trovi
anche "Le tre tentazioni".
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