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Es (1;2;3): La voce dell'Africa ci chiama!

Convivenza tutti GIM (fine 2003)

 

La voce dall'Africa ci chiama!

 

Convivenza GIM a Pesaro "CAMMINARE SENZA CONFINI"

Catechesi del 28.12.2003

 

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Ho udito il grido del mio popoloÂ… e mando te!

Commento a Esodo 3.     

  • Premessa.

Isarele in Egitto (Es 1,6-7). Muore Giuseppe, il popolo di Israele vive numeroso e prospero in Egitto. Ma c’è un mutamento storico: cfr. Es 1,8. Adesso, il potere del faraone opprime il popolo ebreo. Il sistema di oppressione egiziano non può tollerare la presenza di un popolo straniero che diventa sempre più numeroso e più forte. È la paura della perdita dei privilegi, del potere, del controllo e del dominio sulla popolazione per approfittare dei suoi servizi.

C’È UNA STRORDINARIA ASSONANZA TRA LA SITUAZIONE D’ISRAELE IN EGITTO E LA CONDIZIONE DEGLI STRANIERI NEL NOSTRO PAESE!

Si vuole concentrare la ricchezza in poche mani escludendo la maggioranza del popolo. Di fronte allo “scandalo” dello straniero che vive decentemente e bene inserito bisogna prendere dei provvedimenti (cfr. 1,10). Ma il potere tirannico del faraone non fa i conti con il potere della speranza dellÂ’uomo, di un popolo che è scelto da Dio perché ultimo tra tutti i popoli. LÂ’oppressione a cui è sottoposto Israele diventa il motivo per la lotta di resistenza, unendosi ancor di più attorno al progetto di liberazione. Qui,  la proposta di Dio è veramente forte, sconvolgente: prende parte, si schiera, si pone in cammino con i più poveri, gli oppressi, gli esclusi. Non solo. Li colma di benedizioni (cfr. 1,12). Israele è benedetto da Dio e maledetto dal faraone. Ma la situazione degenera. LÂ’oppressione del faraone diventa intollerabile. (cfr. 1,14). Quando Mosè entra sulla scena, la situazione del suo popolo è questa: oppresso e dominato dal potere egiziano. Ecco perché Dio non può restare indifferente. EÂ’ tempo che Lui stesso si occupi del suo popolo (cfr. 2,23-25). Questo è il nostro Dio. EÂ’ colui che VEDE, che ASCOLTA, che si ricorda dei suoi patti, dellÂ’ALLEANZA; è il Dio che si preoccupa, che si lega alla sua gente, che si attacca visceralmente al suo popolo e se ne prende cura. Il nostro Dio è il Dio dei vivi non dei morti. Il nostro Dio, il Dio della Bibbia, non resta indifferente alla situazione del suo popolo. E ogni popolo oppresso, sfruttato, maltrattato, sottomesso è il popolo scelto da Dio. EÂ’ il resto dÂ’Israele che diventa pupilla del suo occhio. Allo stesso modo, non possiamo immaginare che Dio oggi non faccia altrettanto, che non si faccia carico delle sofferenze di molti popoli oppressi dalla miseria, dallÂ’esclusione, dallÂ’indifferenza del resto del mondo. Perché, molti faraoni, ancora oggi, prendono “severi provvedimenti” contro i nuovi Israele schiavi nellÂ’Egitto moderno.

 

  •  La voce di Dio e il suo intervento.

“Si io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Io ho udito il grido del mio popolo che si alza dai monti Nuba del Sudan. Ho udito il pianto dei bambini del Nord Uganda. Ho udito il grido dei dissidenti politici dell’Algeria, del Marocco. Ho udito il grido di sofferenza dei malati di AIDS in Kenya, in Zambia. Ho udito il grido dei clandestini in balia delle onde dello stretto di Sicilia, in fuga dal Ghana, dal Senegal, dalla Somalia. Si, io sono il Dio della vita, che non resta indifferente davanti all’ingiustizia, all’esclusione, alla violenza che soffoca il mio popolo d’Africa”. Si Dio si prende pensiero della sorte del suo popolo (cfr. 2,25).

 

(Domanda) Ed io, di chi mi prendo cura oggi nella mia vita? Riesco ad ascoltare il grido degli oppressi che sale dai bassifondi dell’umanità?

 

Ecco allora l’azione di Dio nella storia. Il Signore sa che il suo popolo ha bisogno di qualcuno che lo guidi verso la libertà, che lo conduca fuori dallo condizione di schiavitù.

Il Signore Dio chiama allora Mosè (cfr. 3,1-6), un uomo vecchio (80 anni), che vive come pastore, insignificante agli occhi del suo popolo (che ha abbandonato fuggendo per paura degli Egiziani). Quando Dio ascolta poi opera secondo un progetto di liberazione.

 

E’ Dio che trova Mosè nel deserto, dopo che si era sposato con una bella ragazza, aveva avuto tre figli e se ne stava a pascolare il suo gregge quieto e tranquillo. Ȓ Dio che va a prendere Mosè e gli dice “Mosè! Ho udito il grido del mio popolo!”. E’ Dio che ascolta il grido del suo popolo e non Mosè, non noi. Ed è qui il cuore della rivelazione dell’Esodo, la novità radicale, il cuore dell’esperienza biblica e di Gesù in Galilea: Dio appare come il Dio degli schiavi, degli oppressi, è colui che ascolta il grido che nessuno ascolta, è il Dio di tutti gli emarginati. È il loro Dio. Ed è Lui che vuole salvare il suo popolo da questo calvario. Quello che il popolo aveva cresciuto perché li salvasse era già scappato. E’ Dio che rimanda Mosè in Egitto ad iniziare la lotta di liberazione per il suo popolo. (Alex Zanotelli, Leggere l’impero.)

E’ il sogno di libertà da ogni oppressione e schiavitù (cfr. 3,8).

 

(Domanda). Ma allora, chi è Dio per me, oggi? Quale rivelazione, quale presenza del Dio della storia nella mia vita? E’ lo stesso Dio che libera dall’oppressione, dalla schiavitù del peccato di omissione? Dove incontro il roveto ardente dal quale sale come una supplica la voce di Dio che mi chiama per nome?

 

  •  Il tempo della risposta.

Dai sotterranei della storia, dai popoli dell’Africa in fuga verso l’eldorado dell’Europa consumistica e egoista, dagli oppressi e dimenticati dei sud del mondo sale un grido di denuncia che mi interpella. E il Dio dei nostri padri accoglie proprio questo grido. Sta qui lo stupore e la meraviglia dell’agire di Dio: non sceglie i più valenti, i più bravi. Sceglie l’apparente inutilità di Mosè. Sceglie me, sceglie te, sceglie noi. La novità assoluta sta nel fatto che il Dio di Abramo è il nostro, il mio, il tuo Dio, quello che cammina con noi: cfr. 3,12! Dio si manifesta come colui che cammina con il suo popolo, l’Emmanuele, il Cristo Gesù di Nazareth.

L’invito rivolto a Mosè è lo stesso che è rivolto oggi a me, a te. Il tempo è “adesso, non domani!”. Ora è il kayròs, il momento propizio. Questa è l’occasione, non ce n’è un’altra! Sulle orme del sogno di un uomo appassionato per l’Africa come Daniele Comboni (Se avessi mille vite, le donerei tutte per l’Africa! O Nigrizia o morte!), che ha fatto dell’Africa e del suo popolo una scelta di vita. E’ tempo di fare anche noi la nostra scelta preferenziale per l’Africa. Questo è il tempo giusto per dare voce al continente africano e alla sua gente! Non possiamo nasconderci dietro le nostre fragilità, le nostre debolezze. Dietro le stesse obiezioni che hanno rallentato l’azione di Mosè (cfr. 3,11-15).

Perché il grido dei bambini soldato dell’Uganda; il dolore del popolo centrafricano dilaniato dalla guerra civile; la sofferenza dei baraccati degli slums di Nairobi aspettano la nostra risposta: “Eccomi, manda me!”. Qui nella mia comunità, nella mia città, sui sentieri dell’umanità. Dobbiamo ascoltare la passione che anima il nostro cuore e ci sospinge verso l’utopia. Certo, sei giovane, ma puoi lo stesso giocarti la vita fino in fondo.

 

  • A te giovane.

Giovane, parlo al tuo cuore. Non avere paura di ciò che il Signore Gesù può chiederti da quel roveto ardente che senti bruciare dentro di te.

Giovane non avere paura di giocarti fino in fondo per Cristo, nelle Galilee della tua storia, nelle periferie della tua vita.

Giovane, non avere paura delle tue debolezze e contraddizioni, perché è nella nostra pochezza che si rivela la potenza dell’Abbà.

Giovane, proviamo a credere insieme nell’utopia. C’è un popolo che incontri tutti i giorni nella tua vita. Il popolo degli esclusi e emarginati, ancora schiavi del potere dei faraoni del nostro tempo. Questo popolo ci chiama. Ti chiama. Sei tu il Mosè che Dio manda.

Giovane, c’è bisogno della tua risposta perché non ce n’è un’altra. È la tua quella che questo mondo attende, che l’Africa aspetta.

 

Dio ha udito il grido del suo popolo, e manda me e manda te

 

 

   

 

 

 

 

 

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