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Ap (7, 9-14): Fedeltà al Dio della vita fino al martirio di sangue

Gim Padova (marzo 2003)

Fedeltà al 

DIO DELLA VITA 

fino al 

MARTIRIO DI SANGUE

 

Catechesi I GIM 

Marzo 2003

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FEDELTÀ AL

DIO DELLA VITA

FINO AL

MARTIRIO DI SANGUE

 

Primissima approssimazione

Carico della mia storia personale e di quella dell’umanità mi accosto alla Parola di Dio che mi parla direttamente e c’illumina.

 

Leggo e rileggo più volte il testo Ap 7,9-14

<<Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce:

“La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”.

Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:

“Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen”.

Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: “Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono? ”. Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai”. E lui: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello>>.

 

Mi addentro sempre più nel testo

Gradualmente mi apro al testo, infatti è necessario ubicarsi, capire dov’è inserita la Parola che è stata proposta.

È opportuno prendere una piccola rincorsa prima di tuffarsi. Ecco che allora, risulta quasi necessario fare un breve riferimento ai sigilli aperti narrati nei capitoli precedenti.

Nei primi quattro sigilli (cap. 5) si fece riferimento a dei cavalli colorati a cui corrispondeva degli effetti politici ben precisi;

 

http://www.giovaniemissione.it/spiritualita/darcatgim1gen.htm

 

il quinto sigillo mostrò “le anime di coloro che furono immolati a causa della Parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa” (6,9); poi il sesto sigillo in cui si aprì il velo che separava il cielo dalla terra.

 

Finalmente si giunge al testo scelto per la catechesi di oggi.

Dopo il riferimento alle 12 tribù dÂ’Israele, appare una “moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (7,9a). Secondo lÂ’esperienza di Dio della comunità di Giovanni,  non esistono più le categorie rigide e distinte: Israele e resto del mondo. LÂ’infinità di persone e di nazioni sono il nuovo Israele. Il popolo eletto, non si basa più su di una questione squisitamente linguistica o di sangue: da adesso in poi risulterà essere un popolo sempre più interculturale ed interetnico. Anche noi oggi ne siamo, a tutti gli effetti, membri. Siamo dunque convocati ad essere il Popolo di Dio.

<<Tutti stavano in piedi davanti allÂ’Agnello, avvolti in veste candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce:

“la salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”.

Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:

“Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen >> (7,9b-12).

Le vesti candide - come si comprenderà più avanti in 7,14 - sono state lavate con il sangue dell’Agnello. Mentre le foglie di palma tra le mani simboleggiavano l’accoglienza trionfale, che si riservava ai grandi monarchi.

Viene capovolta anche la comprensione di salvezza. Da ciò che veniva considerata essere caratteristica peculiare dell’imperatore, ossia, il risultato finale della “Pax Romana”; si sperimentò la nonviolenza dell’Agnello come portatrice di salvezza. Risultano allora più comprensibili tutti i riconoscimenti reali attribuiti all’Agnello nel versetto 12.

<<Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: “Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?”. Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai”. E lui: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello >>.

L’originale esperienza di lavare le vesti nel sangue (dopo aver vissuto gravi tribolazioni, intimidazioni, derisioni, avversità e persecuzioni) e di ritrovarle bianche rilancia direttamente al completo rovesciamento di una pratica giudea che riguardava esplicitamente chi ritornava dalle guerre ed aveva ucciso <<… chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato un cadavere si purifichi il terzo e il settimo giorno; questo per voi e per i vostri prigionieri. Purificherete anche ogni veste, ogni oggetto di pelle, ogni lavoro di pelo di capra e ogni oggetto di legno.>> (Nm 31,19-20). La purificazione non avverrà mai più, per nessun motivo, con il sangue del nemico ma succederà condividendo con fatica il sangue dell’Agnello.

 

Nelle Chiese primitive dei primi secoli - almeno fino all’anno 313 con l’editto di Milano di Costantino - il martirio fino al sangue fu un fenomeno relativamente frequente, dapprima da parte di alcuni giudei e poi direttamente dall’impero romano. In questi ultimi decenni, nei cinque continenti, si è verificato un gran aumento di martiri. Centinaia di laici, laiche, religiose, religiosi e sacerdoti hanno offerto la loro vita versando così il loro sangue con quello dell’Agnello.

 

A questo proposito una delle tante testimonianze che si potrebbero menzionare riguarda quella del vescovo di Orano (Algeria) Claverie.

Soprattutto negli anni ’90 i popoli algerini hanno conosciuto massacri a cadenze quasi settimanali compiute da gruppi di fondamentalisti d’ispirazione islamica. Nella primavera dell’anno 1996 la situazione precipitò ed incominciarono ad essere più frequenti le minacce di morte a monsignor Pierre Claverie vescovo di Orano. Si era impegnato a fondo per essere ponte tra le parti in conflitto e la povera gente; anche in Europa denunciò con regolarità i massacri che avvenivano. In un giorno del mese di luglio, il suo segretario personale gli fece presente l’insistenza e la consistenza di tali minacce. Claverie rispose: “non saranno i criminali a togliermi la vita ma sono io che l’ho consacrata a Dio attraverso la mia totale dedizione al popolo algerino”.

Il primo agosto di quellÂ’anno unÂ’autobomba esplose fuori dalla residenza vescovile e lo uccise brutalmente. Due giorni dopo, ai funerali, la cattedrale contava la presenza di diverse centinaia di persone cattoliche, protestanti e soprattutto mussulmane.

 

Nella storia della chiesa, disgraziatamente, si sono ripetute situazioni incredibili. In tempo di persecuzioni e di gravi tribolazioni il numero di “cristiani impegnati” è rimasto costante se no addirittura aumentato; mentre in tempi di relativa pace si è verificato un annacquamento generale. Ovviamente non sono da invocare le persecuzioni, ma non rimaniamo ingenui davanti ai fenomeni di "raffreddamento cristiano”.

 

Ma a me cosa rimane?

- Mi sento parte attiva dellÂ’immenso Popolo di Dio, senza dovermi inventare tante categorie?

- Mi sento interpellato profondamente dalla nonviolenza dellÂ’Agnello che convoca a solidarizzare, prendendo le nette distanze da chi chiede il sangue dellÂ’avversario?

 

http://www.giovaniemissione.it/pacennmani/pnmoperpax.htm

 

- Sembra così lontana la persecuzione, invece il numero di martiri è in costante aumento… la Vita, scomoda sempre chi progetta morte. Da quale parte ti schieri??

 

http://www.giovaniemissione.it/testimoni/testimoni.htm

 

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