Nella
prima lettera ai Corinzi, Paolo affronta varie questioni
disciplinari, tra le quali, quella abbastanza cruciale della
circoncisione. Al capitolo 7,20 afferma: Circoncisione o
incirconcisione è niente. Ciò che conta è l’osservanza del
comandamento del Signore. EÂ’ in gioco qualcosa di importante. La
circoncisione marcherà per il popolo di Israele l’avvenuta
liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e l’appartenenza del
popolo stesso a Dio. Essa, dunque, era un segno di libertà .
Paradossalmente, tuttavia, proprio lÂ’esenzione da essa per i
credenti provenienti dal paganesimo, diventa una questione di libertà .
EÂ’ importante, dunque, cercare di penetrare il senso che
l’apostolo attribuisce a questa “nuova” libertà che Cristo è
venuto a portare. In particolare si possono sottolineare tre aspetti
di essa:
1.
La libertà cristiana non è primariamente una condizione esteriore.
Essa è piuttosto una qualità dell’interiorità . Ovviamente anche
per lÂ’antico Israele la circoncisione rimaneva un segno esterno di
una libertà più profonda legata all’alleanza con Dio ed alla
circoncisione del cuore tanto annunciata dai profeti. Non di meno,
con la grazia, interviene qualcosa di veramente nuovo. Le
circostanze esterne diventano veramente relative: non c’è più né
Giudeo né Greco, né schiavo né libero… né uomo né donna… ma
tutti siete una persona sola in Cristo… Gal 3,27 La libertà ,
dunque, diventa una dimensione della personalità interiore della
persona.
Dove,
dunque, sperimento questo bisogno di libertà ?
Ovviamente qualsiasi circostanza che mi limita mi fa sentire il
bisogno di libertà : la mia storia, limitazioni nelle possibilità a
me date di realizzazione, il mio carattere che non mi piace, le mie
sofferenze interne od esterne… insomma tutto ciò che mi porta
alla mormorazione oppure alla ribellione segnala un bisogno di
libertà . La novità del discorso evangelico però sta proprio qui:
se la libertà è innanzitutto una qualità della tua personalitÃ
interiore allora non questa libertà non è semplicemente libertÃ
da quelle circostanze esterne, ma piuttosto dalla tua stessa
ribellione o non accettazione. Non si tratta di cercare un semplice
cambio delle circostanze ma un modo nuovo di esserci in quelle
circostanze. Solo allora si aprono cammini di liberazione vera.
Paolo insiste su questo punto: ognuno rimanga nella condizione in
cui è stato chiamato… se sei schiavo non te ne fare una
preoccupazione… Sta forse Paolo suggerendo la passività ? No. Egli
aggiunge subito: ma se puoi acquistare la libertà cerca di fare uso
di ciò.
Il
punto è un altro: finché tu cerchi una libertà dalle semplici
circostanze esterne rischi di cadere in una schiavitù ancora
peggiore: quella di costruirti unÂ’immagine, un idolo che ti faccia
sentire a posto e che ti permetta di affermare te stesso. Se sei
stato chiamato da schiavo non fartene una preoccupazione. Non farne
una questione di immagine, di competizione, di arrivismo, di
confronto con gli altri perché in tal caso non stai cercando la
libertà di Cristo ma piuttosto proprio quelle stesse cose che
tengono schiavi gli altri che pure si dicono liberi. La ricerca di
una libertà interiore sposta allora il fuoco della tua
preoccupazione: non mi preoccupo dÂ’essere libero da questo o da
quello. Voglio essere libero per questo o per quello. Per un bene.
Per una finalità che vada oltre l’affermazione del mio io. Non
voglio semplicemente avere la libertà . Voglio saperla usare. Voglio
che essa serva a costruire qualcosa. Qui si inserisce la seconda
dimensione della libertà cristiana.
2.
La libertà cristiana è una qualità dell’interiorità che si
esprime primariamente nella capacità di aprirsi ad un altro. Di
rendersi disponibili. Il bambino non è libero quando fa i capricci,
ma quando impara a dire un “si” responsabile, a rispondere
all’altro. C’è un inganno nella cultura attuale: uno è libero
se può fare quello che vuole. Ma quando tu fai quello che vuoi che
cosa fai? Sei costantemente orientato a cercare quello che ti piace,
ti interessa, ti serve. Sei portato a dominare sullÂ’altro. Ti
chiudi all’altro per affermare te stesso. Libero, in realtà , non
è colui che fa quello che vuole ma colui che può fare ciò che
l’amore vuole. Ciò che conta è l’osservanza del comandamento
del Signore. Fate tutto senza mormorazione… “qualunque cosa
fate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini”
(Col 3,23) Non per gli uomini, per un vantaggio, per costruire
un’immagine, per un interesse, bensì di cuore, gratuitamente, a
partire da unÂ’esigenza interiore di servizio e di amore. Quando la
libertà è posta nel suo giusto contesto dell’amore non solo essa
diventa una qualità dell’interiorità ma anche qualcosa che per
crescere desidera vincolarsi. Io voglio essere tutto a tutti pur di
guadagnarne qualcuno. La vera libertà di “Pinocchio” è
cominciata quando finalmente si è “vincolato” a suo Padre, dopo
averlo ritrovato nella pancia della balena, nellÂ’esperienza della
morte e della prigionia. Il discorso, dunque, non è quello di
restare burattini. Ma nemmeno quello di diventare liberi come un
fine a se stesso. Si tratta di diventare figli, liberi nella
figliolanza, persone che hanno accolto in sé la personalitÃ
interiore di Cristo, il Figlio per eccellenza. “Colui che è
chiamato da libero, dunque, è schiavo di Cristo” (v 22) La sua
libertà consiste nella capacità di dimenticare se stesso per amare
e servire come Cristo.
3.
La terza dimensione della libertà cristiana è quella del dono.
Tale libertà , cioè, non è un diritto. Non è qualcosa che puoi
conquistarti con i tuoi sforzi o con la buona volontà . “Siete
stati comprati a caro prezzo” (v 23) Sei stato riscattato. Tu non
avevi il prezzo della tua libertà . Un altro ha pagato per te
(parabola dei due servi insolventi).
Paolo
aggiunge una raccomandazione che è conseguenza di questo riscatto:
non diventate schiavi di uomini. Nella misura in cui la tua
interiorità resiste a vincolarsi all’amore di Cristo essa resta
in balia degli uomini: paure, rispetto umano, compromessi, falsi
valori… Negli Atti si rivela la facilità con cui Demetrio, il
costruttore di idoli, riesce a manipolare le folle (19, 23-24). Si
tratta di persone apparentemente libere ma che in realtà non hanno
interiorità , un riferimento chiaro ai criteri dell’amore e del
bene concreto. Cose che si ripetono ai nostri giorni con il caso
della Parmalat, Cirio ed altre cose del genere.
Cerchiamo
in una scena di vita vissuta unÂ’esemplificazione delle dimensioni
della libertà cristiana appena descritte. Ci rifacciamo al caso
della fuga di Onesimo dal suo padrone Filemone e della lettera che
successivamente Paolo gli scriverà per invitarlo a perdonare lo
schiavo fuggito e ad affrancarlo nel Signore Gesù.
Paolo,
dunque, è egli stesso prigioniero e in catene. Eppure non si lascia
condizionare dalle circostanze esterne. Agisce come uno che può
donare libertà allo schiavo Onesimo, ma anche allo stesso Filemone.
Li conduce alla libertà di Cristo.
Filemone
è libero. Eppure viene da Paolo richiamato alla sottomissione e
quindi ad esercitare accoglienza verso Onesimo.
Onesimo,
infine, è uno schiavo che cerca la libertà . All’inizio cerca una
libertà solo esteriore e scappa. Poi incontra Paolo e viene aiutato
a cercare l’essenziale: una libertà più profonda che consiste in
una ritrovata relazione con Filemone e nella capacità di rimettersi
a servizio ma con un cuore nuovo.
Da
cosa si percepisce nellÂ’atteggiamento di Paolo che la sua libertÃ
è una qualità dell’interiorità ?
-
LÂ’apertura di Paolo a relazioni di amore gratuito, di
collaborazione e non di interessi o vantaggi soggettivi: ho gioia
per il tuo amore e per il fatto che per merito tuo il cuore dei
santi è stato ricreato (v.7).
-
La gratitudine invece della mormorazione: ringrazio il mio
DioÂ… provo gioia e consolazione. Paolo potrebbe confrontare la sua
situazione di prigionia con quella di Filemone che è di libertà e
provarne rabbia o dispetto o gelosia. Invece ringrazia.
-
Il ricordo che perdura invece della labilità degli affetti:
ogni volta che mi ricordo di te nelle mie preghiere ringrazio Dio.
Come
Paolo esercita la sua libertà e la sua autorità ?
non in termini di dominio sullÂ’altro ma di disponibilitÃ
verso la volontà dell’altro.
-
Desideravo tenerlo per me Â… ma non lÂ’ho trattenuto
(13).
Paolo non ritiene il proprio criterio come volontà di Dio o come
principio di decisione.
-
Non ho voluto decidere a tua insaputaÂ…(14) La sua libertÃ
non consiste nel decidere da solo, senza Filemone… “affinché
lÂ’opera buona sia spontanea e non imposta dal fatto compiuto.
-
Metti sul mio conto, pagherò personalmente (18-19)… Paolo
accetta di pagare il costo implicito nella ricerca di un vero bene,
nell’esercizio della vera libertà di amare. Sei anche tu davvero
libero di soffrire qualcosa per fare il bene?
La
libertà di cui parla Paolo non è un semplice diritto ma un dono
-
Non ti dico – parla a Filemone – che tu devi a me anche
te stesso (19). Anche tu sei stato riscattato. Si fratello. Che io
possa servirmi di te nel Signore. La libertà che ho ricevuto non ha
prezzo. Sei debitore di amore.
-
Ho fiducia nella tua docilità sapendo che farai di più di
quello che ti chiedo. Proprio perché anche la libertà di Filemone
è un dono che egli non potrai mai ripagare, Paolo, è fiducioso che
non si limiterà a rispettare diritti e ragioni ma che farà di più.
EÂ’
vero, dunque, che Paolo non si rivolge immediatamente alle strutture
esterne di schiavitù e di libertà , ma è pur vero che lo stile di
amore che egli annuncia fa esplodere al loro interno questo
strutture in modo che nasca una libertà relazionale totalmente
nuova:
-
la libertà di chiedere senza paura e di dare più dello
stretto necessario o dovuto
-
la libertà di creare subito delle relazioni di fraternitÃ
laddove le strutture sociali tardano a cambiare. La libertà di
vivere già in quelle strutture in termini di amore.
-
La libertà di perdonare. Di servire, cioè di scoprire la
bellezza di rendersi utili (onesimo significa: inutile). Quello che
una volta non ti fu utile – proprio perché materialmente schiavo
– adesso che torna libero è utile a te e a me. Questa è una
sapienza di vita: ogni volta che ti limiti ad usare la vita o gli
altri per te stesso non ne ricavi nulla di utile. Non ti giova.
-
La libertà di scoprire una profondità ed una stabilità di
relazioni che lÂ’egoismo e lÂ’individualismo non permettono: ti
rimando il mio cuore (12), ti è stato sottratto per un tempo
breve perché tu possa riaverlo per sempre (16), non come
schiavo ma come fratello (16)
Analogamente
il Comboni sperimentava la sua relazione con lÂ’Africa e gli
Africani: una relazione nella quale egli donava libertà e ritrovava
per se stesso la libertà del Vangelo:
“Oggi
finalmente recupero il mio cuore ritornando tra voiÂ… assicuratevi
che lÂ’anima mia vi corrisponde un amore illimitato per tutti i
tempi e per tutte le persone (la stabilità ). Io ritorno fra voi per
non mai più cessare di essere vostro (il vincolo), e a tutto il
vostro maggior bene consacrato (la gratuità ). Il giorno e la notte,
il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente sempre pronto ai
vostri spirituali bisogni: il ricco e il povero, il sano e
lÂ’infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno
sempre uguale accesso al mio cuore (apertura universale). Io prendo
a far causa comune con ciascuno di voi e il più felice dei miei
giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per voi.”
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