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VIVI DA RISORTO!!! La Croce Fiorita

Gim Roma - Maggio 2006

La croce fiorita

(Luca 24, 36 – 442)

“ Le virtù umane sono quella stabilità, fermezza, forza della volontà e dell’intelligenza che rendono
il nostro agire ben regolato,
il nostro desiderare bene ordinato,
il nostro vivere in generale ragionevole.
La persona virtuosa è quella che pratica il bene liberamente, né per costrizione né per semplice spontaneità” (CCC 1804)

Sono proprio io! (Luca 24,36ss) c’è continuità tra il Gesù storico e il Gesù risorto. Niente della sua persona – in carne ed ossa – è rimasto nel sepolcro.
Gesù mangiò davanti ai discepoli una porzione di pesce quasi a sottolineare che la vita che stava vivendo è in continuità con la vita che viveva prima e che noi stessi viviamo. In continuità, ma allo stesso tempo, con una qualità nuova.
Quindi Gesù illumina i discepoli circa il fatto che in lui si compiono le scritture e ciò che lui aveva detto in precedenza ai discepoli. Vi è dunque anche continuità tra quello che insegnava e ciò che ora si realizza e continua ad insegnare. Voi mi siete testimoni, in tal senso, significa, che anche noi possiamo esprimere qualcosa della vita che Lui vive, qualcosa della sua Parola, qualcosa della sua resurrezione.

“Le virtù dispongono tutte le potenzialità dell’essere umano ad entrare in comunione con l’amore divino” (CCC 1805) .Tutto di noi può entrare in comunione con l’amore divino. Possiamo diventare perfetti nell’amore, tutto ciò che in noi è passione, gioia di amare e di sentirci amati, lo stesso piacere di mangiare, bere, accarezzare qualcuno può essere assunto dall’amore di Dio e potenziato, elevato, portato a compimento. Possiamo passare dalla morte alla vita per il fatto che possiamo imparare ad amare come Dio. Cambia, allora, non solo la natura della nostra vita ma anche della nostra morte: l’amore non può essere ucciso dalla morte, ma solo purificato. E’ questo il senso della croce fiorita. Si tratta allora di imparare ad amare nell’amore di Dio. Di lasciare che l’amore che già è presente nell’uomo e nella sua natura sia trasfigurato dall’amore che Dio dona al mondo attraverso la resurrezione di Gesù. Perché questo avvenga è necessario un cammino di purificazione e quindi la disponibilità di una virtù, un esercizio di fortezza. Ciò che è vitale nell’uomo, infatti, tende a scardinarsi, ad uscire dai cardini o per difetto – scoraggiamento, disperazione, pusillanimità, tiepidezza – oppure per eccesso – euforia, sentimentalismo, istintualità, presunzione. Da qui la necessità di “incardinare” le forze dell’uomo proprio perché siano dirette al bene più grande: giustizia, fortezza, temperanza e prudenza.

La temperanza è ciò che:

· modera, tempera l’amore al piacere (che è un male grave);

· insegna l’equilibrio nell’uso dei beni creati (ecologia);

· educa al dominio di sé rispetto agli istinti;

· orienta l’animo a preferire l’amore del bene piuttosto che i propri desideri e le proprie forze.

Anche nel nostro modo di amare, dunque, vi è qualcosa da temperare, da moderare. Gli stessi discepoli, nel racconto di Luca, non riuscivano a credere per la “troppa gioia”. Non solo. Vi è anche l’emozione opposta che impedisce loro di vedere la realtà nella sua pienezza: avevano paura e pensavano di vedere un fantasma.. Gesù stesso domanda loro: perché siete turbati? Mettendo in luce, appunto, la conseguenza fondamentale della mancanza di ordine, di temperanza nell’amore: il turbamento e l’agitazione del cuore.

La temperanza è, dunque, innanzitutto un affare del cuore, dell’interiorità: è il turbamento interiore che va educato perché lo spazio interiore della creatura diventi accogliente al dono principale del risorto che è la sua pace ed il suo amore.

Cosa aiuta, dunque, questo processo di purificazione o di temperamento del cuore?

Come viene temperata la nostra natura, in maniera tale, che possa essere meglio disposta alla natura di Cristo?

Gesù risorto aiuta innanzitutto i discepoli ad avere una conoscenza vera di se stessi, a saper frantumare il loro cuore: cosa sono questi ragionamenti che salgono dal vostro cuore? Se non hai discernimento sui pensieri non puoi avere discernimento sul bene: giudizi, pregiudizi, progetti personali, tutti quei pensieri che attivano l’istintività, oppure quei ragionamenti che ti portano ad agire basandoti semplicemente sulle tue forze. La temperanza, allora, è quella forze che educa al dominio di sé nel senso che ti aiuta a cercare un sano equilibrio tra pensieri di paura, di timidezza che ti possono indebolire e pensieri di sicurezza propria, di auto-referenzialità che ti possono irrigidire. Vi è dunque una temperanza del cuore, dei ragionamenti, della mentalità.

Dopo aver richiamato l’attenzione dei discepoli sui ragionamenti del loro cuore Gesù li invita a vedere e toccare le sue mani ed i suoi piedi. Anche in questo vi può essere un momento di purificazione e di crescita. I discepoli probabilmente, nel loro entusiasmo, avrebbero voluto vedere e toccare altro di Gesù Cristo, possedere delle certezze su di lui, dei fatti per dimostrare ad altri etc. Gesù dice loro: guardate, dove voi pensavate che ci fosse solo morte e sofferenza, adesso risplende la vita. Voi cercate di vedere e toccare che cosa nella vostra vita? Cosa ti dà soddisfazione? In che cosa cerchi il piacere? Lo sguardo e il toccare sono veicoli della concupiscenza. Allora imparare a vedere e toccare le piaghe del risorto significa temperare, educare, un aspetto particolarmente ribelle della natura umana: l’amore al piacere. Gesù, con questo invito a vedere e toccare le sue mani e i suoi piedi, sta insegnando un criterio assolutamente nuovo di decisione nella vita: non sfuggire alla sofferenza per inseguire a tutti i costi il piacere. Alla fine non è così che trovi la vita. La gioia vera è la croce fiorita, è l’esperienza di aver cercato semplicemente di amare anche a costo di soffrire. Non vivere affidato ad istinti e desideri ma cerca di vedere e toccare il frutto di scelte di amore. Fa esperienza di amore, di dono di te e vedrai.

Infine Gesù chiede qualcosa da magiare. E’ una richiesta singolare che educa il discepoli a diventare consapevoli di due cose. Innanzitutto che hanno poco a disposizione. E poi che quel poco che hanno, posto in relazione a Gesù risorto, diventa preziosissimo. La temperanza, dunque, è equilibrio ed ordine nell’uso del creato. E’ quella sobrietà che ti porta a valorizzare ogni bene ponendolo a servizio della vita risorta. Hai mai pensato che il tuo lavoro – fosse anche poca cosa – possa essere qualcosa di cui Cristo risorto ha bisogno? Hai mai pensato che le tue relazioni, i tuoi affetti, le tue piccole realizzazioni di ogni giorno possano essere in qualche modo richiesti da Cristo? Ma quale gioia poter offrire a lui qualcosa di nostro, come apparirebbe prezioso il poco che abbiamo se davvero glielo mettessimo a disposizione.

La temperanza in tal senso è una disposizione all’amore. Sostiene la purificazione del cuore e lo rende capace di essere illuminato. Soprattutto circa la volontà di Dio espressa nelle scritture e nella vita di Gesù. Che cioè egli vuole la perfezione dei suoi figli, la loro vita in pienezza. Il cuore illuminato diventa uno con Gesù stesso. Capace di essere mandato per testimoniare. Questa è la nostra missione. Testimoniare la vita risorta così come essa si manifesta in noi.

di: Andrea

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