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CoVid-19, economia e ambiente: dalla crisi all'opportunità

Contributo di Emanuele Bompan, giornalista e vicepresidente dell'ass. Ass. Water Grabbing Observatory

Non avevo ancora scritto sui social della crisi Covid19. Non sono un esperto di pandemie né mi sento di dare consigli alle persone su temi che conosco poco. Credo bisogni sempre seguire l'informazione ufficiale e avere fiducia nelle istituzioni. Se ci sono critiche da fare le lascio agli epidemiologi, agli esperti di gestione delle emergenze, al più posso fare qualche critica al sistema dell’informazione, entro cui lavoro. Dobbiamo tutti indubbiamente tenere un comportamento etico di altissimo profilo, stando attenti ad ogni nostro gesto, ogni nostra mancanza, che può costare vite umane. Come dovremmo fare sempre, ma non facciamo.

Quello di cui mi occupo da tempo è la questione ambientale e di come sostenere una transizione verso un'economia più sostenibile e circolare, dove la ricchezza è redistribuita maggiormente, dove le città possano essere luoghi vivibili, dove la natura non è un pozzo estrattivo di materia ma il quadro fondamentale delle funzioni e degli organismi che concorrono tutti a mantenere gli equilibri planetari. E’ stato scritto abbondantemente come COVID19 sia stato agevolato dalla devastazione della natura e dall’inquiamento atmosferico. E su come il paradigma economico metta il PIL davanti alle vite delle persone. A noi esperti è noto come la distruzione della biodiversità, l’inquinamento e il problema climatico possano generare sul medio termine una situazione anche più complessa da risolvere della pandemia attuale (e con molti più morti).

Che fare?

Abbiamo davanti 3-4 mesi di restrizioni severe prima dell’arrivo di un vaccino efficace (sperando nella parentesi estiva), di grande sofferenza, di scelte difficili, di quelle che molti di noi non hanno mai dovuto affrontare. Non possiamo nasconderlo. Non finirà tutto il 3 Aprile. Quando il virus sarà sotto controllo, avremo festeggiato per una settimana, ci troveremo davanti ad una crisi del sistema economico senza precedenti dal secondo dopoguerra (il 2008 sembrerà uno scherzo al confronto). Non sarà una crisi finanziaria, ma economica, sistemica e sociale.

Il caro Walter Stahel in una recente chiacchierata via Zoom, ha ricordato la storia cinese zen su cosa sia davvero la buona sorte o la cattiva sorte. Certo al momento questo 2020 ci appare come il peggior anno della nostra vita. Eppure per la prima volta dagli accordi di Bretton Woods lo status quo complessivo della nostra economia è messo in crisi. La forma statale si dibatte per sopravvivere a suon di bandierine digitali e reali, orgoglio italiano di qua e di la. Ma intanto si invoca l’aiuto della Cina, il supporto della BCE, partnership globali per la produzione di un vaccino open source, si piange per le restrizioni di spostamenti e per la paura che ogni stato decide da solo cosa fare (dove sei, Europa?). Ci accorgiamo inconsciamente che abbiamo da un lato perso il contatto con il locale (c’è voluto il coronavirus per conoscere il proprio vicino di casa) e dall’altro cerchiamo una solidarietà globale e uno sforzo “come un’unica umanità”. Scopriamo che possiamo cambiare abitudini, e quanto sono preziosi certi valori – la libera circolazione delle persone. Possiamo rendere una tragedia la più grande opportunità per fermare una tragedia più grande e più difficile da cogliere?

Il presente offre a chi è visionario una grande possibilità per mutare radicalmente un’economia, una gestione della nostra casa comune, mettendo al centro la salute delle persone e del pianeta. Possiamo ripensare le nostre città, i nostri trasporti, il modo con cui lavoriamo, il peso che hanno davvero le questioni ambientali nell’agenda di sviluppo, il peso della globalizzazione neoliberista. Possiamo smaterializzare in parte la nostra economia e partire proprio nei settori più danneggiati per rilanciarli a prova di futuro, resilienti, near zero emission. E’ il lavoro più interessante che possiamo fare nei prossimi mesi e vedo già menti brillanti in azione, che si organizzano, dove la webcall non è più un banale momento social ma una situazione costruens sociale. Per il rilancio non servirà un banale piano Marshall o l’FMI che ribadirà le solite ricette lacrime e sangue (per altro oggi criticate da vari economisti dell’FMI), ma serviranno systemic-designer, economisti innovatori circolari, esperti di resilienza, imprese sociali, nuove forme cooperative, CEO capitalisti illuminati, finanzieri che possono creare ricchezza sovvertendo i classici modelli (non lo avrei detto ma oggi ci sono anche loro). Questo è il pool di persone che va creato. Un nodo sicuramente inizialmente italiano e poi una grande rete globale. Tutta da pensare. Poi magari non funziona nemmeno così.

Ma vogliamo tornare a come era prima (con migliaia di morti per inquinamento, anziani lasciati soli, egoismo, la natura sull’orlo del collasso) o creare un mondo davvero migliore? Sarebbe un modo nobile per ricordare e onorare tutte le persone che abbiamo perso e perderemo nei mesi a venire. Questo enorme sacrificio che dobbiamo fare, almeno, non sarà invano.

 
16 marzo 2020

 

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