COME
POSSO ABITARE LA TUA CASA?
Credo che ci sia solo una domanda
etica nella vita delle persone:”Come posso abitare la tua
casa?”. E' una domanda profondamente amante, che credo si possa
ritradurre nella nostra vita con “Dove stai tu?”. Una domanda
che indica la ricerca costante.
Adesso per noi si tratta di continuare
il nostro cammino, senza sentirci più o meno eroici, però con un
impegno fedele : abbiamo intuito che non abbiamo tutte le
risposte, però sappiamo da dove partire. Non importa se non
sappiamo quali saranno i nostri risultati, però sappiamo dove
stiamo e tra di noi dovremmo aiutarci a stare. Ritornare alla casa
non significa che ciascuno cerca di salvarsi con la sua arca di Noè
e gli altri muoiano pure nel diluvio: la casa è semplicemente il
punto di inizio, la vita quotidiana è il punto di inizio.
Credo
che in questo momento storico non possiamo schifarci della storia
“com'è”, perché c'è tanto male, tanta violenza, perché le
cose non vanno come le avevamo pensate. C'è solo da riconciliarci
con questa storia, cioè da aiutarci ad amare, ad amare
profondamente. E imparare a dire questa famosa litania del Cantico
dei Cantici: “Come sei bella, amica mia”, aiutarci a
riconoscere che quest'umanità , a parte le sue ferite, la sua
bellezza non trasfigurata ma piuttosto profondamente ferita, è
l'unica umanità di Dio. Questo Dio che amiamo, che professiamo,
che celebriamo come profondamente presente nelle nostre storie lo
dobbiamo cercare lì.
Antonietta Potente, “La
religiosità della vita” |
IL
GRIDO DEGLI IMPOVERITI E DEGLI OPPRESSI PER UN MONDO DI GIUSTIZIA,
DI PACE E LIBERTÀ
E'
da un periodo, circa due anni che sto su questo concetto. Sento
sempre di più, e lo dico sottovoce, sperando che nessuno lo trovi
ultraeretico o altro, che, forse, l'unica maniera di pensare a Dio
è una maniera umana, come faceva Gesù, chiamandolo “papi”,
ma anche “mamma”. Forse Gesù usava la parola papà -mamà nel
linguaggio dei bimbi. Penso che Dio abbia il volto di una donna ,
forse è più l'immagine di una donna, una donna che dà alla
luce. Una donna, infatti, può dare alla luce un figlio, che può
essere gravemente ammalato, e cosa fa questa donna? Nulla: tenterÃ
di salvarlo, si rivolgerà ai dottori e alla fine si renderÃ
conto che non potrà far altro che tenere quel suo bimbo tra la
braccia mentre muore. Una cosa è chiara: c'è un dolore
incredibile nel cuore di Dio. Dio, il volto materno, che è
trafitto da un dolore incredibile, per gli Indios, per gli
schiavi, per tutta la gente che muore per la fame o per le guerre.
Sento che il “papi-mamma” guarirÃ
quando noi guariremo. E' forse l'unica conclusione che vi posso
lasciare. Questo “papi-mamma”, come Gesù lo chiamava, è una
donna e ha il cuore di una mamma che davanti alle assurdità che
vede porta una sofferenza straziante dentro e si trova impotente.
Dio non può non soffrire.
Per finire, volevo lasciarvi l'ultima
parte della ”lettera agli amici”: “E' un servizio quello che
faccio a Korogocho con i malati di AIDS, un servizio che, da un
lato, ti spezza il cuore per le immense tragedie che vedi e, dall'
altro, ti spalanca le porte del mistero per le grida e le urla
della sofferenza, ma anche per la serenità e la dignità dei
volti.
Il volto di una ragazza di circa
ventidue anni, che battezzai giovanissima, con la piccola comunità :
che festa! Una ragazzina, con una voglia immensa di vivere, è
morta proprio pochi giorni fa. Immense tragedie. Vita che sgorga.
Come quella di Aniango, che dopo
lunghi anni venne da me: l'avevo conosciuta come una bellissima
ragazza, alta, slanciata.Arrivò talmente distrutta dall' AIDS che
non riusciva neanche a reggersi in piedi. Si mise sdraiata sulla
mia panca e io le dissi: “Aniango, ti preparo qualcosa da
mangiare”. Mi rispose: “Grazie, sono molto affamata”. Erano
giorni che non mangiava. Poi mi si sedette accanto e, mentre le
tenevo la testolina fra le mani, le sgorgò spontanea la
confessione della sua vita, bruciata: sono fiotti di sangue, sono
brandelli di vita. “Queste mie mani che ti stringono la testa
sono le mani tenere del papi” , le dissi mentre la assolvevo dai
suoi peccati, “del papi che ti vuol bene, un bene immenso. E' il
segno del suo amore, della sua accoglienza, del suo perdono.
Alzati, cammina”. Sorreggendola
la accompagnai a tavola e mangiammo insieme un boccone.
Mi veniva spontaneo ricordare le
parole del poeta peruviano Vajero, che parla così del suo popolo:
“Nacqui un giorno che Dio era malato, malato grave... e Dio
bruscamente ci schiaccia il polso, grave, muto e, come un padre,
alla sua piccola un tantino, un tantino appena, sposta le garze
insanguinate e tra le sue dita prende la speranza”. E' quanto ho
fatto con Aniango e sto facendo con tutti i malati di Korogocho.
Volevo lasciarvi proprio con Korogocho
e con l'immensa sofferenza dei poveri, con il grido di tutte le
Korogocho del mondo, di tutti i neri, degli Indios e di coloro che
soffrono e che pagano, dei due miliardi che devono accontentarsi
di vivere con l'1,4 per cento delle risorse e che chiedono il
diritto di esistere. Ecco quello che lascio: l'immensa sofferenza
e l'immagine di Dio che rilancia a noi il Suo sogno, lo mette
nelle nostre mani, come l'ha messo nelle mani di Mosè.
Ognuno di noi è importante perchè
vinca la vita!
P. Alex
Zanotelli dal convegno “Tra memoria e futuro”, Zugliano, settembre 2000.
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Rilanciati versi il futuro, partiamo facendo memoria di Etty
Hillesum, una ragazza ebrea arrestata nel 1942 e portata ad
Auschwitz, dove fu cremata:
“Mio
Dio, sono tempi tanto angosciosi. Una cosa però diventa sempre più
evidente per me e cioè che Tu non puoi aiutare noi ma che siamo
noi a dover aiutare Te e, in questo modo, aiutiamo
anche noi stessi. L'unica cosa che
possiamo salvare di questi tempi è anche l'unica che veramente
conti: è un piccolo pezzo di Te in noi, mio Dio.
Sì, mio Dio, sembra che Tu non possa
fare molto per modificare le circostanze attuali, ma anche esse
fanno parte di questa vita.
Io
non chiamo in causa la tua responsabilità , o Dio, più tardi
sarai Tu a dichiarare noi responsabili e, quasi ad ogni battito di
cuore, cresce la mia certezza: Tu non puoi aiutarci ma tocca a noi
aiutare Te, difendendo fino all'ultimo la Tua casa in noi.”
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