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Campo Zugliano (UD): Concludere il campo è ripartire

estate 2004

Concludere il campo è

ripartire

chiusura campo "Fratelli d'Italia" Zugliano (UD)

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"Gli uomini del futuro saranno uomini di pace, o non saranno" Ernesto Balducci

Centro di accoglienza Ernesto Balducci:

"Dal febbraio 1989 siamo in cammino con persone immigrate, profughe, rifugiate politiche che, vivendo con noi, ci fanno sentire insieme alle Tribù della terra e ci stimolano continuamente ad aprirci al mondo, a riflettere, a proporre incontri, ad allargare e a rafforzare la rete della conoscenza, della reciprocità, delle collaborazioni".

DI CHI E' COME LORO E' IL REGNO DI DIO ( Mc 10,13-16 )

E gli portavano dei bambini, perchè li toccasse .

Ma i discepoli li sgridavano.

Gesù al vedere questo si sdegnò e disse loro:

"Lasciate che i bambini vengano a me e

non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.

In verità, vi dico:

chi non accoglie il regno di Dio

come un bambino, non entrerà in esso".

E prendendoli tra le braccia e ponendo

le mani sopra li benediceva

COME POSSO ABITARE LA TUA CASA?

Credo che ci sia solo una domanda etica nella vita delle persone:”Come posso abitare la tua casa?”. E' una domanda profondamente amante, che credo si possa ritradurre nella nostra vita con “Dove stai tu?”. Una domanda che indica la ricerca costante.

Adesso per noi si tratta di continuare il nostro cammino, senza sentirci più o meno eroici, però con un impegno fedele : abbiamo intuito che non abbiamo tutte le risposte, però sappiamo da dove partire. Non importa se non sappiamo quali saranno i nostri risultati, però sappiamo dove stiamo e tra di noi dovremmo aiutarci a stare. Ritornare alla casa non significa che ciascuno cerca di salvarsi con la sua arca di Noè e gli altri muoiano pure nel diluvio: la casa è semplicemente il punto di inizio, la vita quotidiana è il punto di inizio. 

 Credo che in questo momento storico non possiamo schifarci della storia “com'è”, perché c'è tanto male, tanta violenza, perché le cose non vanno come le avevamo pensate. C'è solo da riconciliarci con questa storia, cioè da aiutarci ad amare, ad amare profondamente. E imparare a dire questa famosa litania del Cantico dei Cantici: “Come sei bella, amica mia”, aiutarci a riconoscere che quest'umanità, a parte le sue ferite, la sua bellezza non trasfigurata ma piuttosto profondamente ferita, è l'unica umanità di Dio. Questo Dio che amiamo, che professiamo, che celebriamo come profondamente presente nelle nostre storie lo dobbiamo cercare lì.

Antonietta Potente, “La religiosità della vita”

IL GRIDO DEGLI IMPOVERITI E DEGLI OPPRESSI PER UN MONDO DI GIUSTIZIA, DI PACE E LIBERTÀ

 E' da un periodo, circa due anni che sto su questo concetto. Sento sempre di più, e lo dico sottovoce, sperando che nessuno lo trovi ultraeretico o altro, che, forse, l'unica maniera di pensare a Dio è una maniera umana, come faceva Gesù, chiamandolo “papi”, ma anche “mamma”. Forse Gesù usava la parola papà-mamà nel linguaggio dei bimbi. Penso che Dio abbia il volto di una donna , forse è più l'immagine di una donna, una donna che dà alla luce. Una donna, infatti, può dare alla luce un figlio, che può essere gravemente ammalato, e cosa fa questa donna? Nulla: tenterà di salvarlo, si rivolgerà ai dottori e alla fine si renderà conto che non potrà far altro che tenere quel suo bimbo tra la braccia mentre muore. Una cosa è chiara: c'è un dolore incredibile nel cuore di Dio. Dio, il volto materno, che è trafitto da un dolore incredibile, per gli Indios, per gli schiavi, per tutta la gente che muore per la fame o per le guerre.

Sento che il “papi-mamma” guarirà quando noi guariremo. E' forse l'unica conclusione che vi posso lasciare. Questo “papi-mamma”, come Gesù lo chiamava, è una donna e ha il cuore di una mamma che davanti alle assurdità che vede porta una sofferenza straziante dentro e si trova impotente. Dio non può non soffrire.

Per finire, volevo lasciarvi l'ultima parte della ”lettera agli amici”: “E' un servizio quello che faccio a Korogocho con i malati di AIDS, un servizio che, da un lato, ti spezza il cuore per le immense tragedie che vedi e, dall' altro, ti spalanca le porte del mistero per le grida e le urla della sofferenza, ma anche per la serenità e la dignità dei volti.

Il volto di una ragazza di circa ventidue anni, che battezzai giovanissima, con la piccola comunità: che festa! Una ragazzina, con una voglia immensa di vivere, è morta proprio pochi giorni fa. Immense tragedie. Vita che sgorga.

Come quella di Aniango, che dopo lunghi anni venne da me: l'avevo conosciuta come una bellissima ragazza, alta, slanciata.Arrivò talmente distrutta dall' AIDS che non riusciva neanche a reggersi in piedi. Si mise sdraiata sulla mia panca e io le dissi: “Aniango, ti preparo qualcosa da mangiare”. Mi rispose: “Grazie, sono molto affamata”. Erano giorni che non mangiava. Poi mi si sedette accanto e, mentre le tenevo la testolina fra le mani, le sgorgò spontanea la confessione della sua vita, bruciata: sono fiotti di sangue, sono brandelli di vita. “Queste mie mani che ti stringono la testa sono le mani tenere del papi” , le dissi mentre la assolvevo dai suoi peccati, “del papi che ti vuol bene, un bene immenso. E' il segno del suo amore, della sua accoglienza, del suo perdono. Alzati, cammina”. Sorreggendola  la accompagnai a tavola e mangiammo insieme un boccone.

Mi veniva spontaneo ricordare le parole del poeta peruviano Vajero, che parla così del suo popolo: “Nacqui un giorno che Dio era malato, malato grave... e Dio bruscamente ci schiaccia il polso, grave, muto e, come un padre, alla sua piccola un tantino, un tantino appena, sposta le garze insanguinate e tra le sue dita prende la speranza”. E' quanto ho fatto con Aniango e sto facendo con tutti i malati di Korogocho.

Volevo lasciarvi proprio con Korogocho e con l'immensa sofferenza dei poveri, con il grido di tutte le Korogocho del mondo, di tutti i neri, degli Indios e di coloro che soffrono e che pagano, dei due miliardi che devono accontentarsi di vivere con l'1,4 per cento delle risorse e che chiedono il diritto di esistere. Ecco quello che lascio: l'immensa sofferenza e l'immagine di Dio che rilancia a noi il Suo sogno, lo mette nelle nostre mani, come l'ha messo nelle mani di Mosè.

Ognuno di noi è importante perchè vinca la vita!

P. Alex Zanotelli dal convegno “Tra memoria e futuro”, Zugliano, settembre 2000.

  Rilanciati versi il futuro, partiamo facendo memoria di Etty Hillesum, una ragazza ebrea arrestata nel 1942 e portata ad Auschwitz, dove fu cremata: 

“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Una cosa però diventa sempre più evidente per me e cioè che Tu non puoi aiutare noi ma che siamo noi a dover aiutare Te e, in questo modo, aiutiamo

anche noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi è anche l'unica che veramente conti: è un piccolo pezzo di Te in noi, mio Dio.

Sì, mio Dio, sembra che Tu non possa fare molto per modificare le circostanze attuali, ma anche esse fanno parte di questa vita.

Io non chiamo in causa la tua responsabilità, o Dio, più tardi sarai Tu a dichiarare noi responsabili e, quasi ad ogni battito di cuore, cresce la mia certezza: Tu non puoi aiutarci ma tocca a noi aiutare Te, difendendo fino all'ultimo la Tua casa in noi.”

 

 

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