Canto
iniziale
Invocazione
allo Spirito
Vieni
Spirito dÂ’Amore, donaci lÂ’amore nuovo, apri i nostri cuori,
le nostre mani per abbracciare tutto il mondo, per dare un bacio di
pace e dÂ’amore agli ultimi del mondo.
Vieni
Spirito di Vita, forza di ogni cosa. Tu che fai nuovo il volto
della terra, spezza le catene, vinci lÂ’ingiustizia e portaci la
pace.
Vieni
Spirito di Forza, facci rischiare la vita per annunciare ad ogni
fratello che Cristo è la nostra Speranza per camminare insieme e
costruire un mondo migliore.
Vieni
respiro di Vita, soffia su di noi, facci strumento per
annunciare il Regno.
Vieni
Spirito di Pace, dacci fame di giustizia, facci testimoni di
verità nel mondo perché nasca un’umanità nuova unita nella
pace.
Canone
di Taizè
In
ascolto della Parola
Dal
vangelo di Giovanni (2,1-12)
Tre
giorni dopo ci fu una festa di nozze in Cana di Galilea e c' era lÃ
la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi
discepoli. Ed essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù
gli dice: «Non hanno più vino». Le dice Gesù: «Che vuoi da me,
o donna? Non è ancora venuta la mia ora». Sua madre dice ai servi:
«Fate quello che vi dirà ». C' erano là sei giare di pietra per le
abluzioni dei Giudei, capaci da due a tre metrète ciascuna. Dice
loro Gesù: «Riempite le giare di acqua». Le riempirono fino all'
orlo. Dice loro: «Ora attingete e portatene al direttore di
mensa». Essi ne portarono. Come il direttore di mensa ebbe gustata
l' acqua divenuta vino (egli non sapeva donde veniva, mentre lo
sapevano i servi che avevano attinto l' acqua), chiama lo sposo e
gli dice: «Tutti presentano dapprima il vino buono e poi, quando si
è brilli, quello scadente. Tu hai conservato il vino buono fino ad
ora». Questo inizio dei segni fece Gesù in Cana di Galilea e
rivelò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo
questo fatto, discese a Cafarnao: lui, sua madre, i fratelli e i
suoi discepoli, e rimasero là non molti giorni.
Essere
segno dell’amore di Dio, fare ciò che il Figlio ci invita a
compiere, significa essere disposto/a ad offrire la vita per quello che
riteniamo giusto e che nella logica del Regno assume spesso i
contorni del martirio. Per questo, oggi, ci lasciamo condurre dalla
testimonianza di una donna di pace, Rachel, che ha saputo essere
segno di nonviolenza attiva, ponendo il suo corpo e la sua vita al
servizio della giustizia e della pacificazione. Aprendo la sua porta
al banchetto dove tutti possano partecipare, e dove il vino buono
della solidarietà e della condivisione non manca mai
Canone
di Taizè
In
ascolto della testimone
Rachel
Corrie, 23 anni, attivista statunitense, è stata assassinata il
16 marzo 2003, schiacciata da una ruspa israeliana. Rachel tentava
di evitare che la ruspa demolisse l'abitazione di un medico
palestinese nella Striscia di Gaza. Nelle sue ultime lettere
racconta ai familiari la Palestina che ha conosciuto partecipando
alle azioni dell'International Solidarity Movement.
Rachel
ha deciso di dedicare la sua vita ad un impegno concreto in favore
della pace. Senza assumere un atteggiamento demagogico o pietista.
Si è posta “nel mezzo”, opponendo la sua vita alla logica della
violenza, del conflitto violento. Rachel ha scelto di schierarsi, di
ascoltare le ragioni, di comprendere “dal di dentro” le cause. E
per questo ha pagato con la vita.
AscoltiamolaÂ…
7
febbraio 2003
Ciao
amici e famiglia e tutti gli altri, sono in Palestina da due
settimane e un'ora e non ho ancora parole per descrivere ciò che
vedo. È difficilissimo per me pensare a cosa sta succedendo qui
quando mi siedo per scrivere alle persone care negli Stati Uniti. È
come aprire una porta virtuale verso il lusso. Non so se molti
bambini qui abbiano mai vissuto senza i buchi dei proiettili dei
carri armati sui muri delle case e le torri di un esercito che
occupa la città che li sorveglia costantemente da vicino. Penso,
sebbene non ne sia del tutto sicura, che anche il più piccolo di
questi bambini capisca che la vita non è così in ogni angolo del
mondo. Un bambino di otto anni è stato colpito e ucciso da un carro
armato israeliano due giorni prima che arrivassi qui e molti bambini
mi sussurrano il suo nome - Alì - o indicano i manifesti che lo
ritraggono sui muri.
(Â…)
In ogni caso qui si trovano dei ragazzi di otto anni molto più
consapevoli del funzionamento della struttura globale del potere di
quanto lo fossi io solo pochi anni fa.
Canone
di Taizè
Tuttavia,
nessuna lettura, conferenza, documentario o passaparola avrebbe
potuto prepararmi alla realtà della situazione che ho trovato
qui. Non si può immaginare a meno di vederlo, e anche allora si
è sempre più consapevoli che l'esperienza stessa non corrisponde
affatto alla realtà : pensate alle difficoltà che dovrebbe
affrontare l'esercito israeliano se sparasse a un cittadino
statunitense disarmato, o al fatto che io ho il denaro per
acquistare l'acqua mentre l'esercito distrugge i pozzi e
naturalmente al fatto che io posso scegliere di andarmene. Nessuno
nella mia famiglia è stato colpito, mentre andava in macchina, da
un missile sparato da una torre alla fine di una delle strade
principali della mia città . Io ho una casa. Posso andare a vedere
l'oceano. Quando vado a scuola o al lavoro posso essere
relativamente certa che non ci sarà un soldato, pesantemente
armato, che aspetta a metà strada tra Mud Bay e il centro di
Olympia a un checkpoint, con il potere di decidere se posso
andarmene per i fatti miei e se posso tornare a casa quando ho
finito.
Dopo
tutto questo peregrinare, mi trovo a Rafah: una città di circa
140.000 persone, il 60% di questi sono profughi, molti di loro due
o tre volte profughi. Oggi, mentre camminavo sulle macerie, dove
una volta sorgevano delle case, alcuni soldati egiziani mi hanno
rivolto la parola dall'altro lato del confine. "Vai!
Vai!" mi hanno gridato, perché si avvicinava un carro
armato. E poi mi hanno salutata e mi hanno chiesto "come ti
chiami?". C'è qualcosa di preoccupante in questa curiositÃ
amichevole. Mi ha fatto venire in mente in che misura noi, in
qualche modo, siamo tutti bambini curiosi di altri bambini.
Bambini egiziani che urlano a donne straniere che si avventurano
sul percorso dei carri armati. Bambini palestinesi colpiti dai
carri armati quando si sporgono dai muri per vedere cosa sta
accadendo. Bambini di tutte le nazioni che stanno in piedi davanti
ai carri armati con degli striscioni. Bambini israeliani che
stanno in modo anonimo sui carri armati, di tanto in tanto urlano
e a volte salutano con la mano, molti di loro costretti a stare
qui, molti semplicemente aggressivi, sparano sulle case mentre noi
ci allontaniamo.
Canone
di Taizè
27
febbraio 2003 (alla madre)
Vi
voglio bene. Mi mancate davvero. Ho degli incubi terribili, sogno
i carri armati e i bulldozer fuori dalla nostra casa, con me e voi
dentro. A volte, l'adrenalina funge da anestetico per settimane di
seguito, poi improvvisamente la sera o la notte la cosa mi
colpisce di nuovo: un po' della realtà della situazione.
Ho proprio paura per la gente qui. Ieri ho visto un padre che
portava fuori i suoi bambini piccoli, tenendoli per mano, alla
vista dei carri armati e di una torre di cecchini e di bulldozer e
di jeep, perché pensava che stessero per fargli saltare in aria
la casa. In realtà , l'esercito israeliano in quel momento faceva
detonare un esplosivo nel terreno vicino, un esplosivo piantato, a
quanto pare, dalla resistenza palestinese. Questo è nella stessa
zona in cui circa 150 uomini furono rastrellati la scorsa domenica
e confinati fuori dall'insediamento mentre si sparava sopra le
loro teste e attorno a loro, e mentre i carri armati e i bulldozer
distruggevano 25 serre, che davano da vivere a 300 persone.
L'esplosivo era proprio davanti alle serre, proprio nel punto in
cui i carri armati sarebbero entrati, se fossero ritornati. Mi
spaventava pensare che per quest'uomo, era meno rischioso
camminare in piena vista dei carri armati che restare in casa.
Avevo proprio paura che li avrebbero fucilati tutti, e ho cercato
di mettermi in mezzo, tra loro e il carro armato. Questo succede
tutti i giorni, ma proprio questo papà con i suoi due bambini
così tristi, proprio lui ha colto la mia attenzione in quel
particolare momento, forse perché pensavo che si fosse
allontanato a causa dei nostri problemi di traduzione.
Ho
pensato tanto a quello mi avete detto per telefono, di come la
violenza dei palestinesi non migliora la situazione. Due anni fa,
sessantamila operai di Rafah lavoravano in Israele. Oggi, appena
600 possono entrare in Israele per motivi di lavoro. Di questi
600, molti hanno cambiato casa, perché i tre checkpoint che ci
sono tra qui e Ashkelon (la città israeliana più vicina) hanno
trasformato quello che una volta era un viaggio di 40 minuti in
macchina in un viaggio di almeno 12 ore, quando non impossibile.
Inoltre, quelle che nel 1999 erano le potenziali fonti di crescita
economica per Rafah sono oggi completamente distrutte: l'aeroporto
internazionale di Gaza (le piste demolite, tutto chiuso); il
confine per il commercio con l'Egitto (oggi con una gigantesca
torre per cecchini israeliani al centro del punto di
attraversamento); l'accesso al mare (tagliato completamente
durante gli ultimi due anni da un checkpoint e dalla colonia di
Gush Katif). Dall'inizio di questa intifada, sono state distrutte
circa 600 case a Rafah, in gran parte di persone che non avevano
alcun rapporto con la resistenza, ma vivevano lungo il confine.
Canone
di Taizè
Credo
che Rafah oggi sia ufficialmente il posto più povero del mondo.
Esisteva una classe media qui, una volta. Ci dicono anche che le
spedizioni dei fiori da Gaza verso l'Europa venivano, a volte,
ritardate per due settimane al valico di Erez per ispezioni di
sicurezza. Potete immaginarvi quale fosse il valore di fiori
tagliati due settimane prima sul mercato europeo, quindi il
mercato si è chiuso. E poi sono arrivati i bulldozer, che
distruggono gli orti e i giardini della gente. Cosa rimane per la
gente da fare? Ditemi se riuscite a pensare a qualcosa. Io non ci
riesco. Se la vita e il benessere di qualcuno di noi fossero
completamente soffocati, se vivessimo con i nostri bambini in un
posto che ogni giorno diventa più piccolo, sapendo, grazie alle
nostre esperienze passate, che i soldati e i carri armati e i
bulldozer ci possono attaccare in qualunque momento e distruggere
tutte le serre che abbiamo coltivato da tanto tempo, e tutto
questo mentre alcuni di noi vengono picchiati e tenuti prigionieri
assieme a 149 altri per ore: non pensate che forse cercheremmo di
usare dei mezzi un po' violenti per proteggere i frammenti che ci
restano? Ci penso soprattutto quando vedo distruggere gli orti e
le serre e gli alberi da frutta: anni di cure e di coltivazione.
Penso a voi, e a quanto tempo ci vuole per far crescere le cose e
quanta fatica e quanto amore ci vuole. Penso che in una simile
situazione, la maggior parte della gente cercherebbe di difendersi
come può. Penso che lo farebbe lo zio Craig. Probabilmente la
nonna lo farebbe. E penso che lo farei anch'io.
Mi
avete chiesto della resistenza non violenta. Quando l'esplosivo è
saltato ieri, ha rotto tutte le finestre nella casa della
famiglia. Mi stavano servendo del tè, mentre giocavo con i
bambini. Adesso è un brutto momento per me. Mi viene la nausea a
essere trattata sempre con tanta dolcezza da persone che vanno
incontro alla catastrofe. So che visto dagli Stati Uniti, tutto
questo sembra iperbole. Sinceramente, la grande gentilezza della
gente qui, assieme ai tremendi segni di deliberata distruzione
delle loro vite, mi fa sembrare tutto così irreale. Non riesco a
credere che qualcosa di questo genere possa succedere nel mondo
senza che ci siano più proteste. Mi colpisce davvero, di nuovo,
come già mi era successo in passato, vedere come possiamo far
diventare così orribile questo mondo. Dopo aver parlato con voi,
mi sembrava che forse non riuscivate a credere completamente a
quello che vi dicevo. Penso che sia meglio così, perché credo
soprattutto all'importanza del pensiero critico e indipendente. E
mi rendo anche conto che, quando parlo con voi, tendo a
controllare le fonti di tutte le mie affermazioni in maniera molto
meno precisa. In gran parte questo è perché so che fate anche le
vostre ricerche.
Ma
sono preoccupata per il lavoro che svolgo. Tutta la situazione che
ho descritto, assieme a tante altre cose, costituisce
un'eliminazione, a volte graduale, spesso mascherata, ma comunque
massiccia, e una distruzione, delle possibilità di sopravvivenza
di un particolare gruppo di persone. Ecco quello che vedo qui. Gli
assassini, gli attacchi con i razzi e le fucilazioni dei bambini
sono atrocità , ma ho tanta paura che se mi concentro su questi,
finirò per perdere il contesto. La grande maggioranza della gente
qui, anche se avesse i mezzi per fuggire altrove, anche se
veramente volesse smetterla di resistere sulla loro terra e
andarsene semplicemente (e questo sembra essere uno degli
obiettivi meno nefandi di Sharon), non può andarsene. Perché non
possono entrare in Israele per chiedere un visto e perché i paesi
di destinazione non li farebbero entrare: parlo sia del nostro
paese che di quelli arabi. Quindi penso che quando la gente viene
rinchiusa in un ovile - Gaza - da cui non può uscire, e viene
privata di tutti i mezzi di sussistenza, ecco, questo credo che si
possa qualificare come genocidio. Anche se potessero uscire, credo
che si potrebbe sempre qualificare come genocidio. Forse potreste
cercare una definizione di genocidio secondo il diritto
internazionale. Non me la ricordo in questo momento. Spero di
riuscire con il tempo a esprimere meglio questi concetti. Non mi
piace usare questi termini così carichi. Credo che mi conoscete
sotto questo punto di vista: io do veramente molto valore alle
parole. Cerco davvero di illustrare le situazioni e di permettere
alle persone di tirare le proprie conclusioni. Comunque, mi sto
perdendo in chiacchiere. Voglio solo scrivere alla mamma per dirle
che sono testimone di questo genocidio cronico e insidioso, e che
ho davvero paura, comincio a mettere in discussione la mia fede
fondamentale nella bontà della natura umana.
Canone
di Taizè
Credo
che sia una buona idea per tutti noi, mollare tutto e dedicare le
nostre vite affinché ciò finisca. Non penso più che sia una
cosa da estremisti. Voglio davvero andare a ballare al suono di
Pat Benatar e avere dei ragazzi e disegnare fumetti per quelli che
lavorano con me. Ma voglio anche che questo finisca. Quello che
provo è incredulità mista a orrore. Delusione. Sono delusa, mi
rendo conto che questa è la realtà di base del nostro mondo e
che noi ne siamo in realtà partecipi. Non era questo che avevo
chiesto quando sono entrata in questo mondo. Non era questo che la
gente qui chiedeva quando è entrata nel mondo.
Non è questo il mondo in cui tu e papà avete voluto che io
entrassi, quando avete deciso di farmi nascere. Non era questo che
intendevo, quando guardavo il lago Capital e dicevo, "questo
è il vasto mondo e sto arrivando!" Non intendevo dire che
stavo arrivando in un mondo in cui potevo vivere una vita comoda,
senza alcuno sforzo, vivendo nella completa incoscienza della mia
partecipazione a un genocidio.
Sento
altre forti esplosioni fuori, lontane, da qualche parte. Quando
tornerò dalla Palestina, probabilmente soffrirò di incubi e mi
sentirò in colpa per il fatto di non essere qui, ma posso
incanalare tutto questo in altro lavoro. Venire qui è stata una
delle cose migliori che io abbia mai fatto. E quindi, se sembro
impazzita, o se l'esercito israeliano dovesse porre fine alla loro
tradizione razzista di non far male ai bianchi, attribuite il
motivo semplicemente al fatto che io mi trovo in mezzo a un
genocidio che io anch'io sostengo in maniera indiretta, e del
quale il mio governo è in larga misura responsabile.
Voglio
bene a te e a papà . Scusatemi il lungo papiro. OK, uno
sconosciuto vicino a me mi ha appena dato dei piselli, devo
mangiarli e ringraziarli.
Rachel
Gesto
di riconciliazione
In
un semplice gesto di richiesta di perdono, ci laviamo le mani, il
viso. Chiediamo al Signore della vita di purificare il nostro
cuore e le nostre azioni, per chiedere la forza di resistere al
male impegnandoci in gesti e comportamenti coerenti con il Vangelo
della pace! (Canto B4)
SilenzioÂ…
risonanze
TerminandoÂ…
Rinnoviamo
la nostra fede
Credo
nella multiformità delle espressioni umane come multiformitÃ
delle espressioni di Dio.
Credo
nei mille colori dellÂ’arcobaleno che composti insieme danno una
luce che è calore e tenerezza.
Credo
nelle cinque dita della mano, nessun dito è veramente dito senza
le altre dita e senza essere mano.
Credo
nell’unità delle diversità della fantasia di Dio.
Credo
in Dio Padre di tutti gli uomini
Credo
in Gesù Cristo morto e risorto per la nostra salvezza e
liberazione
Credo
nello Spirito Santo che cÂ’insegna ad amare e lottare
Credo
nel Vangelo, Parola che salva e luce nel cammino
Credo
nel perdono di Dio che ci rende creature nuove
Credo
nella preghiera e nel servizio gratuito
Credo
nelle infinite risorse delle persone, nella loro capacità di
collaborare con Dio, per la sua Grazia
Credo
alla volontà di Dio che vuole che la terra torni ad assomigliare
al cielo. Amen
Padre
Nostro e Canto finale
___________________________________________________
Il
primo mezzo di evangelizzazione resta la testimonianza quotidiana
di una vita
autenticamente cristiana, una vita fedele al Signore, una vita
segnata da libertà , gratuità , giustizia, condivisione, pace, una
vita giustificata dalle ragioni della speranza. Questa vita
improntata a quella di Gesù potrà suscitare interrogativi, far
nascere domande, così che ai cristiani verrà chiesto di “rendere
conto della speranza che li abita” e della fonte del loro
comportamento. Per questo servono uomini e donne che narrino con
la loro esistenza stessa che la vita cristiana è “buona”:
quale segno più grande di una vita abitata dalla carità , dal
fare il bene, dallÂ’amore gratuito che giunge ad abbracciare
anche il nemico, una vita di servizio tra gli uomini, soprattutto
i più poveri, gli ultimi, le vittime della storia? Teofilo di
Antiochia, un vescovo del ii secolo, ai pagani che gli chiedevano
“mostrami il tuo Dio”, ribaltava la domanda: “mostrami il
tuo uomo e io ti mostrerò il tuo Dio”, mostrami la tua umanitÃ
e noi cristiani, attraverso la nostra umanità , vi diremo chi è
il nostro Dio. I cristiani del xxi secolo possono dire questo?
Sanno mostrare una fede che plasma la loro vita a imitazione di
quella di Gesù, fino a far apparire in loro la differenza
cristiana? La loro vita propone una forma di uomo, un modo umano
di vivere che racconti Dio, attraverso Gesù Cristo?
Enzo
Bianchi
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