Padova, 19 marzo 2003
Un enorme foglio bianco da riempire di parole, per
cercare di riassumere una piccola esperienza.
Da circa quindici giorni sono tornato a casa dopo aver
passato gli ultimi tre mesi tra le compañeras e i
compañeros del Movimiento Campesino dell'Aguan (MCA)
(Honduras, Centro America), in un bollente turbinio di
riunioni, assemblee, lotte. Ora sono nella mia stanza, con
l'aria fredda che entra dalla finestra e una apparente calma
che mi circonda.
Sono ancora frastornato dal viaggio che mi ha catapultato
qui a Padova, dove ho ritrovato la solita tranquilla realtà
cittadina, così lontana dalla lotta quotidiana della gente
nel campo. L'affetto dei miei cari ha attutito l'atterraggio
e le loro domande mi hanno messo subito davanti alla grande
responsabilità di dover raccontare questi mesi in cui ho
cercato di condividere la difficile vita dei compesinos
dell'MCA.
Molti mi chiedono come va, come sta la gente… ed io
posso solo rispondere che loro devono lottare per il
semplice diritto all'esistenza, giorno per giorno, derubati
del loro futuro per l'egoismo dei tanti epuloni che
ingrassano miopi alla tavola imbandita con i frutti della
corruzione e della menzogna.
Poco prima di partire, è giunta la notizia che il progetto
di costruire nella comunità un Centro di Educazione Basica
con fondi della Unione Europea era stato spostato in
un'altra località, visto che il governatore della regione,
nemico storico dell'MCA (è uno dei terratenienti che sta
occupando illegalmente le terre assegnate ai contadini) ha
"convinto" quelli del ministero dell'educazione
della inutilità di costruire il centro: adesso 700 bambini,
dai 6 ai 14 anni, sono senza una scuola e senza maestri.
"Non solo vogliono ucciderci con la fame, impedendoci
di coltivare le terre, ma vogliono negare l'istruzione ai
nostri figli… e questo è ancora peggio, perché così si
distrugge il futuro…" mi ha detto don Moncho, uno
degli anziani della comunità.
Di fronte a questa mostruosa situazione dell'ingiustizia che
diventa legge, le forze vengono meno e sembra impossibile
trovare una via di uscita. Eppure questa gente non cede, si
sforza di restare unita e continua testarda a marciare nel
nome di quel diritto universale e naturale alla vita, alla
speranza che ha scavato le loro guance con le lacrime ed il
sorriso.
Una commissione del MCA ha successivamente incontrato il
governatore faccia a faccia davanti ad un gruppo di
funzionari statali e lo ha costretto a prendere degli
impegni concreti per comunque garantire la costruzione del
Centro. Vedremo… i campesinos sanno comunque che non hanno
mai ottenuto niente con la legge, ma solo attraverso la
lotta.
Assistere in prima persona a questa ingiustizia mi lacera
lo stomaco, con un dolore acuto che sembra infinito. È lo
stesso dolore che sentivo quando alcune sere ritornavo nella
champa e con alcuni compañeros condividevamo la fame per
una giornata vissuta in un digiuno forzato dovuto alle
lunghissime riunioni a cui avevamo partecipato e ci avevano
impedito di trovare qualcosa da mangiare. Sono i dolori
della fame.
"Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia,
perché saranno saziati" (Mt 5, 6). La fame e la sete
di giustizia straziano le viscere, entrano dentro e non
mollano la presa; generano un dolore che non si può
dimenticare. Impariamo ad ascoltare questo dolore, a sentire
nostra l'offesa rivolta ai piccoli e a camminare umilmente a
loro fianco condividendone la lotta nell'impegno quotidiano,
nonostante le tante contraddizioni.
"Saranno saziati": tempo futuro, tempo
dell'attesa. Camminare con questo popolo oppresso richiede
molta pazienza e chiede di arrendersi ad una speranza folle
che però non delude. L'urgenza della lotta e dell'impegno
sono una fiamma che deve essere continuamente alimentata dai
sogni. La gente che ho conosciuto sa sognare, nonostante
tutto. E noi… quanto spazio lasciamo ai sogni, all'utopia?
Abbiamo forse paura che ci prendano per illusi perché
sogniamo un mondo giusto in cui la verità non sia più
calpestata? Rallegriamoci invece, perché stiamo
condividendo il Sogno di Dio.
I grandi imperi forse non ci ascolteranno, ma almeno noi ci
stiamo sforzando di rimanere dalla parte di coloro che il
Signore chiama Beati, il cui grido da Lui viene ascoltato e
ha cui Lui ha promesso fedeltà. Cerchiamo insieme di
rimanere in piedi, sentinelle della Speranza, carpentieri di
Pace.
Grazie per il tempo che mi avete regalato
Un abbraccio a tutte/i e a presto
Felipo
" En nombre de Dios, pues, y en nombre de este
sufrido pueblo cuyos lamentos
suben hasta el cielo cada día mas tumultuosos,
les suplico, les ruego, les ordeno en nombre de Dios; Cese
la represión. "
(Mons Oscar A. Romero, 23 marzo 1980)
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