A bordo dei suoi pulmini Citroen, Volkswagen e (per fortuna) un Ducato, la Carovana della Pace è arrivata nella città della Fiat. Tappa divisa in due parti. Oggi, i luoghi del disagio: il quartiere delle Vallette, il CPT (Centro di permanenza temporanea) per gli immigrati “irregolari” in attesa di espulsione, la situazione della Fiat e i mega progetti per le olimpiadi invernali del 2006. Domani visiteremo, invece, i luoghi di speranza. In piazza Palazzo di Città, proprio davanti al Comune, è presente la tenda della pace. C’è un buon passaggio di gente, anche grazie al lavoro capillare delle associazioni della città. Molti si fermano ad ascoltare Alex. La rassegnazione di molte persone che ci parlano del degrado della città ci accompagna come parola chiave di questa giornata. Torino è una città che sta assistendo ad un’emorragia di posti di lavoro nell’industria dell’auto. Incontrando i sindacati di Fim e Fiom, appare con evidenza la gravità del fenomeno e la mancanza di prospettive. Eppure in ogni zona della città pullulano i cantieri: per la metropolitana, il passante ferroviario, lo spostamento della stazione di Porta Susa e soprattutto i giochi olimpici invernali del 2006. Occasioni di lavoro, spesso precario e a termine. Ma che lasciano aperta una grossa domanda sul progetto a lungo termine per l’occupazione: cosa resterà dopo le olimpiadi? Quali alternative all’industria dell’auto? Al Centro di permanenza temporanea “Questi luoghi sono un controsenso anche nel nome: come fa la permanenza ad essere temporanea?”, dice Alex uscendo dal CPT di Torino, che ha visitato insieme ad alcuni carovanieri e due senatori. In effetti l’impatto è impressionante. Il CPT non è un carcere eppure è più difficile entrare qui che in un penitenziario: alte mura, controlli, formalità, alcuni di noi devono restare fuori. Dentro però è peggio: dentro c’è “la gabbia”, un recinto altissimo che racchiude i container in cui vivono le persone. È attraverso le sbarre che i carovanieri (i tre che sono potuti entrare) possono parlare con alcuni immigrati, ascoltarne le storie, le sofferenze, l’incertezza per il futuro… Sentiamo indignazione per quello che abbiamo visto, ma vorremmo sapere trasformare questo sentimento in speranza e capacità di impegno concreto per la giustizia. Percorsi di pace possibile. Oggi, non domani Questi temi tornano d’attualità nella serata con l’economista Marco Revelli, Maria Grazia Turri dell’associazione “Un ponte per…”, Rosa Carlino, delegata di fabbrica Fiat Mirafiori, Nanni Salio, del centro di documentazione Regina Pacis, e padre Alex. In un salone super affollato i relatori hanno tracciato sentieri possibili di pace, che nascono da situazioni diverse (l’Iraq, la Fiat, il CPT, i campi Rom…) ma convergono in proposte concrete per… una vita piena per tutti. Solo alcuni flash che ci hanno colpito. “Torino ha tante piaghe, ma solo un territorio che riesce a sanare le proprie ferite è un territorio che può crescere…” (Marco Revelli). “Se pensiamo che in Iraq ormai è la guerra del tutti contro tutti, è finita. Dobbiamo ritrovare la speranza!” (Maria Grazia Turri). “Non vogliamo ammortizzatori sociali. Siamo stufi di essere “ammortizzati”! Vogliamo sviluppo e lavoro dignitoso” (Rosa Carlino). “Dobbiamo smettere di fare retorica sulla pace, senza avere riscontri dal basso. La nonviolenza senza l’azione è lettera morta” (Nanni Salio). “Dobbiamo avere il coraggio, non solo di resistere al sistema, ma di unire le nostre forze, sarà solo allora che un nuovo mondo nascerà…” (Alex Zanotelli). |