Mapuordit: Il villaggio degli alberi Lulu
Lettera di p. Daniele Moschetti dal Sudan, dicembre 2009
Lettera agli amici Sudan 2 - 3 Dicembre 2009
Mapuordit: Il villaggio degli alberi Lulu !!
“Credere in un Dio vuol dire
comprendere la questione del senso della vita.
Credere in un Dio vuol dire vedere che
i fatti del mondo non sono poi tutto.
Credere in un Dio vuol dire vedere che
la vita ha un senso.”
Carissimo Amico/a!! Jambo!
Kudual! Ci yi bak? Come stai?
Se mi vuoi scrivere: IL MIO INDIRIZZO EMAIL rimane
lo stesso nonostante cambi di missione quindi: daniele@korogocho.org Indirizzo di posta: FR. DANIELE MOSCHETTI PARISH OF
MAPUORDIT C/O BETHANY HOUSE DIOCESE OF RUMBEK
P.O.BOX 21102 NAIROBI - KENYA Tel. 249 – 811-822385 di Juba |
Finalmente ti scrivo dopo un paio di mesi dalla mia partenza dall’Italia. Ci sono tante cose che vorrei condividere con te e sicuramente questa lettera condenserà le prime impressioni e l’impatto che questa nuova realtà sta avendo su di me. Questa lettera è anche per me un motivo di riflessione, sintesi e condivisione con te di questa nuova avventura di vita e di passione per la missione. Cercherò di farti entrarte in punta di piedi dentro la realtà in cui vivo e condivido la mia vita, con il dovuto rispetto per una cultura e un popolo che comincio a conoscere piano piano, così che anche tu ti possa sentirti coinvolto in questa nuova missione. In questi due ultimi mesi sto studiando studio con passione e impegno la lingua dinka (thong muony jang) perché voglio parlare con la gente direttamente senza il bisogno sempre dell’inglese. Sto già parlando, o balbettando, con la gente e mi diverto anche …facendo i miei errori che ogni bambino compie quando impara una nuova lingua a scuola. Celebro già da più di un mese la messa in dinka da solo senza l’aiuto di qualcun’ altro. Solo nell’omelia ho bisogno di catechista che traduce ma presto vorrei predicare anche senza di lui. Ho sempre considerato la conoscenza della lingua solo il primo passo per un missionario per conoscere la cultura, lingua, tradizioni, costumi. È la chiave per aprire la porta….poi quando si è entrati….tutto è possibile!! Ma sono convinto che la lingua più importante da conoscere e continuare ad imparare per tutta la vita, perché si è sempre studenti, è quella dell’amore fraterno e universale. E per questo c’è un solo Maestro….
IMPARANDO A BALBETTARE….
Tra verbi, parole, grammatica, compiti scritti e orali in dinka, ho sempre cercato di intervallare la lettura di molti libri diversi: cultura e tradizioni dinka, geografia e storia del Sudan; vita dei pastori nomadi; psicologia e vita del prete, relazioni delle assemblee della provincia comboniana del Sud Sudan e della diocesi di Rumbek;; vita del Comboni e del tempo che ha preparato il suo arrivo in questa terra con le centinaia e centinaia di missionari ed esploratori che sono morti nel corso del 18° secolo proprio per mancanza di conoscenza dell’Africa!
La sensazione netta avuta in questi due mesi di permanenza qui è che sono arrivato al momento giusto. Tante celebrazioni, il mese missionario di ottobre, la prima volta che celebravo la festa di Comboni nella sua terra, alcuni anniversari e giubilei, alcuni passaggi di consegne importanti in missione, il mese di novembre commemorazione dei defunti e ora preparazione al Natale che viviamo a temperature calde molto diverse che da voi. Il caldo qui è davvero micidiale. A Juba dove sono rimasto per una decina di giorni prima di arrivare qui il clima era caldo umido e si sudava costantemente. Era il periodo delle piogge e arrivando a Mapuordit ho potuto notarne le differenze tra Juba e questo piccolo villaggio in mezzo alla foresta dove la pioggia scendeva a catinelle specialmente la sera. E infatti il villaggio e la missione sono abbastanza isolati per circa 4 mesi da luglio a ottobre. La pista che porta dalla strada principale al villaggio è di circa 30km e passa attraverso la foresta piena di bellissimi e variegati alberi. Ma ad ogni 10 metri di pista c’erano immense pozze d’acqua che somigliavano più a laghi artificiali che a normali pozzanghere d’acqua. La pioggia è caduta in abbondanza quest’anno e la gente ha ringraziato il Signore perché l’anno precedente non era stato così abbondante. Quando non piove il tutto si ripercuote sui raccolti che qui sono il sostentamento fondamentale per la sopravvivenza. Senza raccolto vuole dire fame e malattie per gli esseri umani e per gli animali!
E JUBA COME TANTE CITTA’ AFRICANE…..
DESTINO O PROVVIDENZA?
Destino o Provvidenza volle che a
Mapuordit ritornassi esattamente un anno dopo senza averlo
programmato. E questo è davvero il grande mistero della vita che
viviamo. Dopo aver ridato la mia disponibilità ai superiori di poter
continuare in una presenza di baraccopoli in qualche altra città
africana dove siamo presenti come comboniani, alla fine mi è stato
proposto il Sud Sudan per mancanza di proposte africane nelle città.
Infatti quando ricevetti via email la proposta della missione in Sud
Sudan mi trovavo in Turchia, esattamente a Tarso, la città di
nascita di s.Paolo. Ci ho pensato su e soprattutto pregato. Ho preso
il mio tempo e quando sono arrivato ad Antiochia ho risposto
positivamente alla proposta. Anche Antiochia ha un grande significato
per noi cristiani perché proprio lì la gente del posto diede ai
primi seguaci di Gesù Cristo il nome di Cristiani!! Ma attenzione!
Il Sud Sudan o Mapuordit non lo considero un ripiego perché non è
in una baraccopoli! Anzi! E’ una delle più belle, entusiasmanti,
difficili ed essenziali missioni che ogni missionario dovrebbe
accogliere con gioia. La terra del Comboni è ancora tra le più dure
e difficili di tutta l’Africa. Molte cose sono rimaste come
duecento anni fa, dovuto all’isolamento geografico, alle guerre che
si sono susseguite, alla dominazione araba, alla schiavitù, al
tribalismo e attaccamento a volte esagerato alle tradizioni e
costumi, al colonialismo e alle scoperte geografiche e risorse
naturali immense che vengono sfruttate senza un ritorno equo. Senza
esagerare! Venite e vedrete!
a quella delle motociclette, dimentica la fatica e lo sforzo compiuto dai nostri stessi padri
per portarci attraverso la storia in cui siamo.”
(K.Blixen, La mia Africa)
Non sapere comunque quale sarà il passaggio successivo della tua vita ti apre a una libertà e disponibilità interiori grande. Sicuramente il Signore ha un grande piano misterioso per me e per questa gente. Anche qui in questo luogo che sembra “deserto” di persone ma che racchiude la vita in abbondanza. Lo scoprirò camminando. Amath, amath, pole, pole, piano, piano!!
Infatti la sfida che già qualche secolo fa veniva lanciata alla Chiesa dal Comboni di salvare l’Africa con l’Africa è ancora molto attuale oggi. La natura stessa, i popoli, la calura e il clima, le comunicazioni e relazioni sembrano molto dure e a volte molto difficili da assimilare e vivere in pienezza. In un Sud Sudan dove tutto ciò di cui c’è bisogno per trasformare la realtà viene importato dai paesi confinanti o dall’estero. Infatti tutti materiali edili, cibo, vegetali, frutta, quaderni o libri e tantissimo altro viene dal Kenya e dall’Uganda. Oppure da Khartoum, la capitale del Nord Sudan. A volte anche cose minime non si trovano nel povero mercato di Mapuordit. Forse a Rumbek, una cittadina a circa 80 km da Mapuordit ma con prezzi alti. Anche le persone qualificate per ricostruire il paese sono mancanti: dottori, infermieri, insegnanti, elettricisti, meccanici, muratori, falegnami e altri….dovuto ai tanti anni di guerra che non hanno preparato i quadri amministrativi e professioni necessarie per ripartire come nazione che desidera un futuro. E quindi sono presenti in tutto il territorio sud sudanese moltissimi persone dal Kenya, Uganda e Tanzania che vengono pagate un salario molto alto perché stranieri che accettano di vivere in una realtà in ricostruzione. Tutto il business è in mano agli stranieri: arabi, kenyani o ugandesi. Un altro modo per controllare il paese che stenta a decollare con una propria economia per creare lavoro e futuro per i giovani. La risorsa più importante per il governo di Khartoum e di Juba è il petrolio per circa il 90% delle proprie entrate. Per il resto non esistono per il momento industrie o centri commerciali significativi nel Sud Sudan. È ancora una lunga strada da percorrere nel prossimo futuro. Si spera nella pace, giustizia e onestà per il bene della gente!
Con i suoi 2.500.000 km. quadrati di superficie il Sudan è il gigante dell’Africa. E’ il più grande e vasto paese dell’Africa (1/10 dell'area totale dell'Africa, otto volte l’Italia), con un nord desertico o arido e un sud tropicale. E’ anche purtroppo tra i paesi più poveri al mondo. I sudanesi spesso descrivono il loro paese come l’intera Africa in un paese solo. E’ facile capire il perché. In Sudan si passa dal deserto del nord alle foreste tropicali del sud, spezzato a metà dal passaggio di uno dei più grandi fiumi al mondo: il Nilo. Il lungo fiume Nilo in Sudan è composto da due affluenti: il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro (Blu). Si incontrano a Khartoum prima di discendere lentamente verso il nord, quindi verso il Mar Mediterraneo. Oltre l’80% dell’acqua del Nilo proviene dal Nilo Azzurro (Blu) che nasce vicino al Lago Tana negli altopiani etiopici.
Il Sudan meridionale da solo copre 650.000 chilometri quadrati, ma la regione ha 5.500 km di strade (se così si possono chiamare…) primarie e secondarie sterrate e malmesse. Solo 50 km di questi sono coperti in asfalto. Molte strade sono in cattive condizioni e non possono essere utilizzate durante la stagione delle piogge da giugno a ottobre.
“Bilad as-Sudan”, il paese dei neri, era il nome dato dai geografi arabi all’Africa a sud del Sahara. La popolazione stimata nel 2004 è di circa 39 milioni di abitanti, di cui circa 9 nei territori del Sud Sudan. L’ultimo censimento fatto nell’aprile 2009 ha creato tensione tra Nord e Sud del sudan perché il Sud accusa il governo del Nord di aver pilotato i dati e quindi non li riconosce. Praticamente i numeri sono simili a quelli del 2004 e anche gli abitanti del sud sarebbero circa 9 milioni. In base al censimento del 1956 (l'unico che includeva dati sull'origine etnica) vi erano 19 gruppi etnici maggiori e ben 597 sottogruppi e un centinaio di lingue parlate. È al crocevia tra il mondo islamico e l’Africa Sub-Sahariana.
Capire i molti gruppi etnici è la chiave per capire il Sudan. Un paese che dà l’immagine netta di una divisione tra Arabi (musulmani) e i neri (non musulmani) esattamente divisi tra nord e sud. La lingua ufficiale e franca del Sudan è l’arabo. Il trattato di pace con SPLM/A ha portato al riconoscimento dell’inglese come seconda lingua nel sud del paese. Le lingue più parlate oltre l’arabo sono il Dinka, il Beja e il Nubiano.
Dopo essere stato di fatto una colonia inglese, il Sudan divenne indipendente nel Gennaio 1956. Fin da allora la sua storia è stata marcata da cronica instabilità e violento conflitto interno. Il potere politico a livello nazionale è stato monopolizzato da una élite formatasi all'interno della comunità musulmana e arabizzata del Nord, mentre gli altri gruppi etnici e religiosi sono stati sempre privi di sostanziale potere politico ed economico. Di conseguenza, a parte 16 dei 53 anni di indipendenza, il governo centrale è sempre stato in guerra contro forze di guerriglia rappresentanti le popolazioni largamente animiste e cristiane del Sud.
Due le principali fazioni ribelli: lo SPLM / SPLA(Sudan People’s Liberation Movement and Sudan People's Liberation Army) nel sud, il Jem (Justice for Equality Movement) nella zona centro-occidentale (Darfur).
IL SUDAN: IL GIGANTE FERITO
DELL’AFRICA…..
Ci sono segni per niente positivi dalla
politica. Le elezioni del 2010 e il referendum del 2011 vedono
confrontarsi due mondi che non si ascoltano e non vogliono guardare
in faccia alla realtà in maniera sincera e onesta per trovare
insieme delle soluzioni ai problemi veri della gente che per troppi
anni hanno sofferto e pagato a caro prezzo questa guerra assurda tra
il Nord e il Sud, mondo arabo e mondo subsahariano, islam da una
parte e cristianesimo e animismo dall’altra. 2 milioni di morti
soprattutto civili in 2 guerre civili così assurdamente lunghe e
fratricide: la prima dal 1955 al 1972 (17 anni) con trattato di pace
ad Addis Abeba e la seconda dal 1983 al 2005 (22 anni) con trattato
di pace a Nairobi. Ma in quest’ultimo anno, le statistiche ci
dicono che sono già morti quasi un migliaio di persone qui vicino a
noi e in varie parti del sud sudan per cattle-raiding (furto di
bestiame tra tribù nemiche) a volte strumentalizzate politicamente
per mettere le varie etnie una contro l’altra ma anche e
soprattutto per motivi politici e religiosi. Non ultimi anche le 7
persone che sono state crocifisse, nel mese di Agosto, sugli alberi
da gruppi ribelli ugandesi del LRA (Lord’s Resistance Army) nella
diocesi di Tambura-Yambio vicino al confine dell’Uganda come
denunciato durante il Sinodo Africano dal vescovo Hiboro e da altri
vescovi sudanesi. E non dimentichiamo il vicino Darfur……
Nel 2005 venne firmato l'accordo di
pace globale (Cpa) con cui si è posto fine agli oltre venti anni
della seconda fase di guerra civile tra il nord e il sud del paese,
mentre nel Darfur la situazione rimase caotica. Dopo la pace, il
Sudan People's Liberation Army (SPLA) si riorganizzò politicamente
come Sudan People's Liberation Movement (SPLM).
L’accordo di pace firmato a Nairobi
nel 2005 prevedeva vari passi intermedi e riforme da compiere prima
del 2011, anno nel quale si dovrebbe prevedere un referendum per
l’autodeterminazione della popolazione del Sud Sudan. Anche
l’indizione di libere elezioni in tutto il paese nell’ Aprile del
2010! Ma le due parti sono lontane dall’accordarsi sulla
delimitazione geografica del Sud Sudan stesso e su alcune riforme
sostanziali prima di questi due appuntamenti importanti. Intanto la
registrazione dei votanti sono terminate da pochi giorni e sembra che
nel paese ci siano 11 milioni di votanti per le elezioni del 2010 dei
quali 3,2 milioni nel Sud Sudan. Ma moltissima gente non sa cosa
siano le elezioni e nemmeno il referendum, specialmente chi vive
nelle foreste, savane tropicali o deserti anche per mancanza di
adeguata educazione, preparazione e informazione. E quindi non si
sono registrati. E queste sono le prime elezioni storiche del paese.
La guerra civile in Sud Sudan è stata
non solo la più lunga del mondo, ma anche, con due milioni di morti,
quella con la più alta mortalità rispetto alla popolazione totale.
Inoltre milioni sono stati i feriti, i profughi interni e i rifugiati
nei paesi confinanti e immigrati in diverse parti del mondo. La
maggior parte sono stati testimoni di uccisioni dei loro familiari,
rapimenti dei loro bambini per trasformarli in bambini soldato,
distruggere i villaggi, bruciare i raccolti, rubare il
bestiame.
“NULLA E’ PIU’ DIFFICILE DA CAPIRE NELLE ESPLORAZIONI AFRICANE DEL XIX SECOLO DELLA DISINVOLTURA CON CUI FURONO SPESSO INTRAPRESE.” (Moorehead 1972, 157)
“…… Il famoso filosofo tedesco, Hegel morì nel 1831, l’anno in cui nacque Daniele Comboni. Poco dopo la sua morte, furono pubblicate le “Lezioni sulla filosofia della storia, contenenti il testo dei corsi che aveva tenuto all’Università di Berlino negli ultimi anni di vita. Un capitolo di quelle lezioni riguarda l’Africa.
Oggi nessuno ripeterebbe questo giudizio di Hegel. Esso tuttavia è indicativo del grado di conoscenza dell’Africa che si aveva in Europa solo pochi anni prima della fondazione della missione in Sudan. L’Africa era ancora un immenso buco nero: dal deserto del Sahara fino alla zona del Capo non se ne sapeva praticamente nulla. La geografia, la storia, le popolazioni che la abitavano, le lingue che vi erano parlate, le forme sociali ed economiche, il corso dei fiumi, l’orientamento e l’altezza delle montagne, la presenza o meno di laghi continuavano a essere avvolti nel buio più assoluto. I viaggi degli esploratori erano in atto da una cinquantina d’anni, in pratica dal 1788, quando fu fondata, a Londra, la British African Association. In seguito erano sorte società geografiche, con finalità simili, in tutte le principali capitali europee. Ma in cambio di sacrifici immensi, le esplorazioni avevano rivelato poco o nulla. La maggior parte di coloro che si erano avventurati nell’interno del continente non ne erano più tornati. La letteratura del tempo parla di “martirologio africano” e lo stesso Comboni scrive che “la storia delle scoperte del continente africano è una dolorosa enumerazione di eroi morti per la religione e per la scienza”.”
MA CHI E’ IL POPOLO DINKA?
I dinka sono pastoralisti, cioè un
popolo che dà molta importanza e centralità al bestiame come
oggetto e soggetto di devozione, proprietà, ricchezza e orgoglio
comunitario e personale. E’ un popolo “molto orgoglioso e nati
per essere leaders e guerrieri coraggiosi” come mi dice un amico
dinka. Ma coltivano anche qualche campo per un’agricoltura di
sussistenza in supporto alla pastorizia.
I pastoralisti sono di solito associati
al nomadismo. Quando si pensa ai pastoralisti nel mondo vengono in
mente gente che vaga da un posto ad un altro senza una fissa dimora.
Ma per essere precisi, quando parliamo di pastoralisti in Africa si
indicano tre differenti categorie di persone: i nomadi in senso
stretto della parola cioè quelli che si muovono con le loro famiglie
e bestiame in cerca di buoni pascoli. I semi-nomadi che tendono a
muoversi per cercare buoni pascoli ma tendono a tornare in posti
particolari con il quale hanno un’identità. Terzo gruppo: gente
che adotta un tipo di guida del bestiame chiamata transumanza cioè
coloro che hanno una fissa dimora e solo i giovani si spostano con il
bestiame nei cattle-camp durante la stagione secca. La transumanza ,
una categoria quest’ultima che ci ricorda i pastori delle nostre
montagne un po’ sparse in tutta Italia. Per dire il vero sempre più
pezzi da museo che realtà vive e attive in un Italia dei pastori che
è cambiata tantissimo da nord a sud negli ultimi 20 anni.
L’etnia dinka sono di quest’ultima
categoria. E’ il gruppo non arabo più numeroso in Sudan. Il 10%
della popolazione totale del Sudan parla come prima lingua il dinka.
Sono Nilotici pastoralisti che vivono sulle due sponde del Fiume
Bianco e nel Bar al Ghazal. Le vacche sono centrali alla cultura
dinka e ogni uomo si identifica e adorna il suo bue per le feste e
celebrazioni. Il bestiame è sacrificato nelle cerimonie religiose
tradizionali dinka. Le vacche diventano come le banche ambulanti per
i dinka perché vengono usati come valore di scambio o di accordo per
i matrimonio e altri importanti alleanze. E’ una cultura molto
maschilista che vede la donna soggiogata al volere e al potere
dell’uomo. Infatti le giovani ragazze, a volte ancora bambine,
vengono comprate con gran numero di vacche se è una bella ragazza e
magari istruita. Purtroppo sono ancora troppo pochi i casi di giovani
ragazze che riescono a completare gli studi fino ad arrivare alle
scuole superiori. C’è ancora un lungo cammino per la donna tra i
dinka ma anche in Sudan. La poligamia è alla base della cultura e
relazioni tra i dinka. La cultura dinka segue anche strettamente i
flussi e riflussi del fiume Nilo che crea nuovi pascoli e dove i
giovani si spostano in cattle camps stagionali. La tribù dinka ha
dominato con la leadership del SPLA con il compianto leader John
Garang de Mabior, scomparso in un misterioso incidente d’elicottero
dopo esser tornato da una visita ufficiale al presidente d’Uganda
Museveni. Garang viaggiava sull’ elicottero personale del leader
ugandese. Ancora ora l’etnia dinka domina il movimento per la
liberazione del Sud Sudan, SPLM/A e ciò e anche uno dei motivi
della continua instabilità politica nel sud del paese tra le tribù
nere per mancanza di condivisione nella leadership del governo del
Sud.
MAPUORDIT: IL TORO MARRONE E GRIGIO!
Mapuordit, è un villaggio, che piano
piano sta diventando una piccola cittadina situato a 75 km a
sud-est di Rumbek, il centro più grande della regione dello
LAKES STATE (Stato dei Laghi), uno dei dieci Stati che compongo il
Sud Sudan. Lo Stato viene chiamato così perché sono presenti laghi
e laghetti, stagni e acquitrigni. Proprio attorno a quelle zone i
giovani portano a pascolare le migliaia di vacche e a cercare acqua
nei momenti più secchi dell’anno.
Come molti altri villaggi e città
dinka e sud sudanesi, il nome Mapuordit ha un significato legato alla
cosa più importante della cultura dinka: il bestiame. È il nome di
un toro che è stato sacrificato in questo luogo agli antenati prima
di insediarsi in questa area per avere la loro protezione. Il suo
significato è: “grande Mapuor” cioè grande toro dal colore
marrone e grigio.
Un villaggio rurale con tante capanne
di paglia (tukul) costruite con estro tramandando la tecnica da una
generazione all’altra. Tutte uguali e quasi sempre con la stessa
forma. Per chi si immagina l’Africa del villaggio è proprio come
ve lo immaginate. Ci sono circa 33.000 persone molte nel villaggio ma
soprattutto in tutta l’area circostante chiamata Payam Mapuordit
che comprende altri piccoli villaggi. Le cose più significative del
villaggio sono gli uffici del Paramount Chief, cioè il capo del
villaggio e sede giudiziaria, e dal Payam Administrator
rappresentante dell’area per il governo del Sud Sudan, le due
scuole con i loro grandi cortili, l’ospedale che è stato costruito
lentamente negli ultimi 5 anni con i suoi padiglioni e reparti, il
mercato circolare con negozi un po’ fatiscenti e con la stessa
identica e poca merce in ogni negozio, il seminario diocesano con
grande cortile, refettorio e casa degli educatori in muratura,
capanne dormitorio-tukul come quelle della gente. Tantissimi alberi
diversi, tanti alberi lulu e verde circondano il villaggio. Tanto
verde nella stagione delle piogge ma con tanta calura durante tutto
l’anno. Mentre vi scrivo siamo nel periodo più “freddo” ma
sempre dai 20 ai 30 gradi tutti i giorni. Potete immaginare da
gennaio in avanti, stagione secca!
Basta uscire dal villaggio e
incamminarsi verso la foresta o campagna e incontri le varie persone
nelle loro capanne e nei loro spaziosi cortili. Spesso proprio per la
calura sia uomini che donne rimangono a torso o seno nudo e i bambini
più piccoli completamente nudi, così come il Signore li ha creati.
La povertà delle capanne e della vita quotidiana è visibile ad
occhio nudo ma è una povertà dignitosa e più o meno allo stello
livello per tutti. C’è una differenza in termini di povertà e
sviluppo a volte abissale con il Kenya. Ciò che li sostiene sono le
loro tradizioni e la solidarietà della famiglia e del clan che
funziona ancora. I dinka sono molto tradizionalisti e ci tengono a
mantenere i loro costumi e tradizioni! Anche per questo la modernità
fa più fatica a penetrare in un tessuto sociale che resiste alle
novità e anche all’educazione ma che cerca di resistere per
mantenere sé stesso, per non rimanere intrappolato in un modernismo
che porta ancor più povertà. Passeggiando di tanto in tanto in
mezzo al villaggio e capanne mi tornano in mente ricordi di tanti
volti e storie della gente di Korogocho, venuta dalle campagne con le
loro famiglie con tante speranze e sogni ma che si sono ritrovate
perdute negli artigli di una baraccopoli crudele che ha spezzato i
legami famigliari e lasciato molto spesso i singoli a lottare da soli
contro una povertà senza dignità! Senza cultura, legami, tradizioni
e costumi da potersi aggrappare per sentirsi importanti con una
propria identità e poter essere comunità. Non abbandonati a se
stessi. Ma questa sarà anche per i sud sudanesi una realtà che
purtroppo sarà più presente in futuro nelle città di Juba, Wau e
altri più piccoli centri: le cittadine stanno crescendo in maniera
esplosiva. La realtà del fenomeno dell’urbanizzazione in Africa
che stanno sperimentando tutti i paesi africani lo sarà ancor di più
qui in Sudan se permarrà la relativa pace di questo tempo durante e
dopo il 2010 e 2011, anni cruciali e storici per questo popolo!
Mapuordit fu fondato nel 1993 durante
la seconda guerra civile da missionari fuggiti con la gente dalla
cittadina di Yirol a quasi 80 km di distanza. Yirol fu conquistata e
distrutta dall'esercito governativo sudanese a fine 1991. Per motivi
di sicurezza e per dare un futuro alla gente fu scelto un posto
isolato nella foresta a 30 km all'interno dalla strada principale tra
Yirol e Rumbek. Infatti Mapuordit è isolato ancora oggi dalle
comunicazioni stradali, telefoniche, commerciali. Non c’è
assolutamente elettricità come in gran parte del Sud Sudan. L’unica
comunicazione che abbiamo con il “mondo esterno” è internet
satellitare, usando l’energia dei pannelli solari, che una
associazione italiana che si occupa di ospedali all’estero ha
voluto offrire al nostro ospedale per rimanere sempre in rete per
eventuali emergenze e comunicazioni.
Durante la guerra, la copertura degli
alberi e la quasi impenetrabilità dell’area facilitò il
nascondimento; gli arabi dell'esercito governativo non sarebbero
potuti arrivare nemmeno con i bombardieri Antonov che bombardavano
zone abitate. Il fondatore della missione fu un prete diocesano,
Raphael Riel che è morto recentemene proprio nell’ospedale di
Mapuordit dove ha voluto essere ricoverato da un’altra missione. Un
altro segno di una storia che il Signore conduce!
I missionari che si sono susseguiti con
la gente locale è sempre stata molto attiva nel resistere alle
situazione difficili della guerra che durò fino al 2005 e
praticamente anche alle difficoltà di ogni tipo che si potevano
incontrare. Lentamente nel corso degli anni Mapuordit ha visto
crescere attorno a sé un numero sempre maggiore di gente che si
nascondeva dai soldati ma che cercava anche un segno di speranza per
il loro futuro, specialmente i giovani. Così sono sorti negli anni
una scuola primaria che dura 8 anni, una scuola secondaria di quattro
anni con quasi 200 studenti, un dispensario per i malati che con
l’arrivo di fratel Rosario Iannetti, medico comboniano diventò nel
2002 un ospedale che oggi ha una capienza di 100 posti letto con
tantissime visite giornaliere, personale infermieristico locale e
anche medici e infermieri dai paesi vicini come l’Uganda, Kenya,
Tanzania ma anche dall’Italia e Slovacchia. Ultimo arrivato nel
2006 come presenza della missione e della diocesi cattolica locale è
stato il seminario minore della diocesi di Rumbek; una quarantina di
giovani seminaristi dinka suddivisi in quattro gruppi annuali che
studiano nella locale scuola secondaria; per poi eventualmente andare
a Khartoum per continuare gli studi di teologia prima di diventare
prete diocesano. Il vescovo Cesare Mazzolari, nostro confratello
comboniano, ha voluto assolutamente mettere il seminario a Mapuordit
proprio perché c’era a quel tempo l’unica scuola secondaria
della regione. Oggi se ne contano altre quattro in tutto lo Stato dei
Laghi ma ancora troppo insufficienti per i bisogni della gioventù
sud sudanese. Devi pensare che qui trovi ancora nelle scuole
elementari giovani che possono avere dai 20 ai 30 anni magari già
sposati con figli che condividono il banco (se c’è…) con
ragazzini di molti anni inferiori. E così pure anche nella scuola
secondaria.
C’è una fame di educazione!! E’ la
chiave del futuro di questo paese e dei giovani. Un’immensa
popolazione giovanile ma con poche risorse, strutture, personale
preparato e qualificato per poter insegnare. D’altronde siamo
usciti dalla guerra soltanto 5 anni fa. Il lavoro è immane e non
finirà mai. I missionari che ci hanno preceduto hanno creduto sin
dall’inizio a questa importante missione nel campo educativo
fondando le due scuole e preparando i quadri del futuro. Infatti
molti dei giovani istruiti che sono oggi in uffici governativi di
questo Stato, sono usciti proprio da queste due scuole. Ma
logicamente di scuole la missione ne ha oltre una ventina sparse in
giro per il vasto territorio della parrocchia. Le chiamiamo satellite
schools, scuole satelliti, perché portate avanti dalla comunità
locale oppure dal governo in questi ultimi tempi. Si cerca di dare
una mano con materiale didattico, sportivo e qualche consiglio. Come
sempre le ragazze sono sempre svantaggiate rispetto ai loro coetanei
per l’accesso alla scuola. Bisogna convincere i loro genitori
dell’importanza dell’educazione anche per le ragazze. Non è
facile perché ancora viviamo in una realtà che sta uscendo da poco
da un profondo isolamento culturale, economico, sociale e geografico.
Ma non ci abbattiamo e vediamo anche i risultati che sono stati già
ottenuti….per il miglioramento c’è sempre tempo e spazio!!
MAPUORDIT: IL VILLAGGIO DEGLI ALBERI
LULU!
E Mapuordit è piena anche di un albero
comune in queste zone chiamato Lulu (Rak in dinka). Fa una bellissima
ombra e anche frescura. Ma oltre a questi già importanti doni in
queste torride terre, questo albero ci dona molto di più: frutta,
olio e……scopritelo da voi!
Il frutto è una noce nilotica chiamata
in arabo Lulu è sicuramente una grande risorsa naturale per i
sudanesi. Cresce principalmente nelle savane che si estendono dal
Senegal all’Etiopia. Qui nelle pianure alluvionali del Sud Sudan
crescono naturalmente e abbondantemente migliaia di lulu. Questo
albero in media non supera i 15 metri e si considera anche che possa
vivere circa tra i 200 e i 300 anni. Ha bisogno tra i 15 e i 20 anni
prima di fruttificare.
Nel Sud Sudan questo frutto è
celebrato come una risorsa naturale vitale per la sua ricca e
nutriente noce che diventa frutto e olio allo stesso tempo. I frutti
molto dolci maturano esattamente nel periodo della stagione dove
vengono meno i raccolti delle campagne e quindi bisognosa di cibo. Il
valore economico delle noci del Lulu è molto alto perché provvede
alle donne una possibile risorsa per la famiglia così come è stato
durante tutto il periodo della guerra. In questi ultimi anni, dopo
l’accordo di pace del 2005, alcune organizzazioni europee hanno
scoperto le potenzialità di questo frutto-cibo. Infatti hanno
cominciato ad organizzare alcune donne per la raccolta di questo
frutto saporoso e molto produttivo. Si può produrre naturalmente un
olio molto profumato, lozioni per capelli, saponi, creme per la
pelle, balsami e tanto altro. Insomma si è scoperta una risorsa
sicuramente migliore del petrolio….. Speriamo che a Mapuordit possa
nascere qualcosa di nuovo da questo albero!!
ARRIVANDO A MAPUORDIT….
Sono arrivato a Mapuordit l’ultimo
giorno di settembre. Il giorno successivo la comunità cristiana
aveva organizzato il rosario missionario per celebrare il mese di
ottobre, mese dedicato a Maria ma anche alle missioni. I miei
confratelli e la comunità cristiana mi hanno accolto molto
calorosamente e con affetto. Mi stavano aspettando da tempo. E
sicuramente è stato una buona partenza e permanenza qui. Il rosario
mariano era organizzato nelle capanne e cortili della gente stessa.
Così ho avuto l’opportunità durante il mio primo mese e ogni
giorno di poter conoscere i nostri cristiani direttamente a casa
loro, con le loro famiglie e pregare insieme con la comunità
cristiana. È stata davvero una bella esperienza missionaria. Per la
prima volta anche gli stessi cristiani si sono coinvolti fino in
fondo organizzando in maniera stupenda questa attività nelle loro
case. Abbiamo terminato questo mese di ottobre con un momento di
adorazione e festa finale dove tutti abbiamo ballato sotto un cielo
stellato e una luna bellissima che ci invitava a sentirci davvero
uniti e parte integranti di una creazione stupenda. Ho imparato a
ballare alla “dinka style” visto che ero abituato a danzare alla
Korogocho style dove avevamo tante etnie diverse con canti, danze e
ritmi diversi.
Il mese di Ottobre è anche la festa di
Daniele Comboni, esattamente il giorno 10. Quel giorno avevamo la
presenza del nostro vescovo Cesare Mazzolari tra noi, dei battesimi,
dare le consegne da parte della vecchia direttrice della scuola alla
nuova arrivata, e anche l’accoglienza alle due suore giunte un paio
di mesi prima e a me che ero arrivato da pochi giorni. È stato un
momento di festa e il leader della comunità come si usa nella
tradizione dinka e dei pastoralisti ha dato un nome dinka a ognuno di
noi tre. Ora ho un nome in più da mettere in fondo al mio nome e
cognome: CIEN. Cien è il secondo nome di una coppia di gemelli.
Infatti il leader ha voluto dare il nome del primo gemello a suor
Philippa che era arrivata prima di me: Ang’er che vuol dire primo
gemello e poi CIEN cioè chi è uscito ultimo dal seno materno: CIEN.
Come potete capire qui i nomi di tutti i bambini e persone vengono
date in base agli eventi, situazioni belle o difficili che vive la
famiglia o il popolo ma soprattutto vengono dati nomi del proprio
bestiame. Ogni dinka ha il nome del suo bue o vacca e di nomi ce ne
sono un’infinità perché ogni piccolo dettaglio, colore o difetto
viene connotato nel nome che viene dato all’animale ma anche alla
persona. Il giorno del Comboni celebrato qui in Sudan nella sua terra
mi ha sorpreso davvero con tanta gioia. Ho visto come la gente non
solo a Mapuordit ma in tante parti del Sudan riconosca e veda in
quest’uomo venuto da lontano, il loro padre spirituale, un santo
antenato da rispettare e venerare. Infatti era festa di precetto e
quindi rispettata anche dai musulmani in altre parti del paese. Molte
scuole in tutto il Sudan del Sud sono intitolate a lui. Sono stato
molto contento di poter fare questa esperienza di una presenza così
importante del suo spirito ancora in mezzo a noi. Un grande segno
anche per me e per la mia nuova missione.Davvero continua a camminare
in mezzo alla sua gente, sulla sua terra tanto amata dove è stato
sepolto da qualche parte, nella terra deserta di Khartoum. Dopo la
rivoluzione islamica non sappiamo più dove sia stato riposto perché
la Mahdia aveva distrutto tutto ciò che era religioso. E’ proprio
guardando al Comboni che voglio condividere con voi un passaggio di
un libro scritto da Vittorino Andreoli. E’ uno psichiatra di fama
internazionale che si dichiara non credente. Ho letto il libro con
grande interesse che l’amico Roberto mi ha regalato prima di
partire per questa terra:
“Non posso entrare nella forza
supplementare che deriva dalla consacrazione, ma so che se un
sacerdote non ha raggiunto sul piano umano la convinzione della
grandezza del bene e non ha sperimentato la gioia del bene, non potrà
essere un buon sacerdote; al massimo farà la contabilizzazione del
bene e del male.Se il bene diventa gioia allora lo si
fa in maniera gioiosa e questa è una caratteristica che si farà
epidemica perché ricevendo bene aumenta la voglia di farlo, mentre
in situazioni di sopruso la voglia è solo quella della violenza che
esplode dalla sommatoria delle frustrazioni e dall’aver subito
ingiustamente.Che bello è potere fare bene senza una
ragione, semplicemente perché è meraviglioso farlo. Ecco chi è il
sacerdote; che prima di tutto è un uomo, un uomo vero.”
LA MIA NUOVA COMUNITA’……
Passando da Juba e poi arrivando a
Mapuordit la sensazione che avevo parlando con i confratelli
comboniani era che sarei rimasto qui non solo per studiare la lingua
come mi era stato comunicato all’inizio ma anche per restare in
questa missione. Non ho ancora ricevuto nulla di confermato dal mio
provinciale che è rientrato da poco dal nostro Capitolo Generale dei
Comboniani che si è svolto a Roma per un paio di mesi. Prima di
Natale verrà in visita alla nostra comunità comboniana e capiremo
meglio. Ma credo che ormai i giochi siano fatti. Cioè dopo aver
studiato la lingua dinka rimarrò qui per sostenere la comunità. E
qui ci mettiamo nelle mani del Signore come sempre!!
La mia nuova comunità comboniana è
molto internazionale: 1 togolese, 1 sudanese, 1 mexicano, 1
portoghese e 2 italiani. La persona che conosco di più è certamente
il mio compagno e amico di noviziato fratel Rosario Iannetti, il
chirurgo che è il direttore dell’ospedale e che è un lavoratore
accanito. Ma avremo tempo di raccontare di noi anche nelle prossime
lettere agli amici. Gli altri, tutti più giovani di noi due, li
conoscevo perché ci eravamo incontrati in vari meetings sia qui in
sudan l’anno scorso ma anche a Nairobi. Padre Antoine è togolese
ed è qui da ormai 4 anni e parla un buon dinka. Lui è parroco da
qualche mese visto la partenza improvvisa del parroco precedente.
Insegna anche religione nella scuola superiore. Fratel Andres,
mexicano, e fratel Antonio, portoghese, sono due fratelli infermieri
che operano anche loro all’intero dell’ospedale, nella farmacia e
nell’amministrazione. Fratel Paul, sudanese, è qui per un periodo
di pastorale per due anni ed è quasi al termine di questo tempo
prima di rientrare al Centro Fratelli di Nairobi per continuare la
sua formazione di base. Lui insegna varie materie alla scuola
secondaria. Una comunità religiosa giovane impegnata, che cerca di
rispondere ai vari bisogni del territorio in maniera anche
professionale. C’è molto da fare nell’ambito della pastorale
perché ho già notato alcune difficoltà e non molta gente alle
celebrazioni e momenti formativi, sia qui in parrocchia centrale che
anche nelle 20 cappelle lontane a volte molti kilometri e ore di
viaggio dalla missione. Mi è capitato di andare insieme a qualche
seminarista in un paio di cappelle esterne per celebrare di domenica
l’eucaristia. A Mayom e anche a Donjic c’erano una ventina di
persone in tutto. Moltissimi bambini piccoli, donne, giovani ma quasi
nessun adulto maschio. Questa area territoriale di Rumbek e Mapuordit
è una zona che l’amministrazione inglese coloniale all’inizio
del 20° secolo assegnò alla Chiesa Protestante Anglicana mentre
divise altre parti del Sud Sudan alla Chiesa Cattolica per evitare
conflitti religiosi. E ancora oggi si nota questa netta divisione
anche nelle presenze di entrambe le Chiese in queste divisioni
storiche avvenute da parte del colonialismo ma anche per mancanza di
ecumenismo tra le chiese stesse. Nella nostra zona sono pochi i
cattolici e molti i protestanti che ora sono diventati chiesa locale
protestante. Mentre nelle zone cattoliche, i cattolici sono la
maggioranza con moltissimi catechisti e molto preparati. La storia ci
insegna molto ma spero che qualche volta impariamo la lezione. Quindi
la nostra realtà già difficile di per sé per varie ragioni vede
questa presenza minima di fedeli cattolici anche perché è una zona
di prima evangelizzazione o direi meglio anche di
pre-evangelizzazione, cioè dove il Vangelo è ancora ai primi passi
pur essendo qui in Sudan dai tempi del Comboni con tutti i travagli
storici e di cambiamenti religiosi e politici che si sono susseguiti
dopo la sua morte. Ma credo che il nostro compito sia quello di
essere testimonianza evangelica umile, vera e concreta di servizio,
preghiera, attenzione agli ultimi, promozione della donna e dei
giovani, educare alla pace-giustizia-riconciliazione,solidarietà
fraterna, dialogo ecumenico e anche interreligioso. Qui non esistono
moschee o musulmani in questo villaggio proprio perché gli arabi,
pur avendo in mano il commercio nelle città anche nel sud, è una
grande minoranza nel sud sudan. Ma vi racconterò in altri momenti
ciò che vivremo.
E poi ci sono le nostre vicine di casa,
le suore di Maria Nostra Signora del Sacro Cuore. Una congregazione
internazionale che opera in vari paesi ma la comunità presente qui
di 6 persone (5 suore e 1 volontaria infermeria) è quasi tutta
proveniente dall’Australia , Nuova Zelanda e dalla piccolissima
isola di Kiribati sempre in Oceania. Tutte sono coinvolte
nell’educazione nella scuola primaria, secondaria o nell’educazione
degli adulti. Tutte suore molto donne, aperte e moderne nel pensare e
nell’agire. Son qui dai tempi della seconda guerra civile e le due
che all’inizio vennero qui avevano già a suo tempo 65 anni.
L’inizio di una nuova missione e vita. Ora suor Mary la più
anziana ha 81 anni e ha appena lasciato la scuola secondaria come
direttrice ad una suora più giovane che è arrivata un paio di mesi
prima di me. Suor Mary però ha deciso di rimanere qui a continuare
la sua vita di missione e non di ritornare in Australia. Davvero un
grande esempio per tutti noi e per la gente di Mapuordit che la ama
molto. Molti giovani che oggi sanno parlare inglese e hanno ottenuto
posti di riguardo nell’amministrazione governativa del sud sudan
sono usciti da questa scuola dove suor Mary ha fatto davvero miracoli
di ogni tipo, soprattutto pensando che erano tempi di guerra!!
Poi c’è la comunità missionaria
degli Apostoli di Gesù che dirigono come educatori il seminario
diocesano di Rumbek: padre Mark,sudanese, il rettore e fratel Felix,
ugandese.
Insomma questo è il team di lavoro
pastorale e missionario di questo villaggio sperduto nella foresta
tropicale di Rumbek. Uomini e donne che cercano di fare del loro
meglio per servire il Signore e la gente del Sudan nella buona e
nella cattiva sorte come purtroppo è capitato durante il tempo della
guerra civile durata troppi anni. E il futuro è nelle mani del
Signore!
RILANCIAMO L’APPELLO……
All’inizio del mese missionario di
Ottobre, con l’amico e confratello Rosario Iannetti, medico
dell’ospedale di Mapuordit, abbiamo lanciato un paio di appelli:
per volontari medici, infermieri e altro personale ospedaliero che volessero venire a prestare gratuitamente la loro opera per alcuni mesi al servizio della gente del Sud Sudan. Sicuramente un’esperienza forte di servizio ma soprattutto di vita, amicizia, spiritualità e solidarietà. Ma sento di invitare anche chi potrebbe fare altri servizi alla comunità come: insegnanti, elettricisti, muratori, falegnami e altre professioni. Ciò che si richiede magari è un conoscenza dell’inglese che aiuterebbe molto nel comunicare soprattutto con i giovani che sono la maggioranza. Ma anche per servire meglio.
Per il sostentamento economico per un anno di una caposala-ostetrica per l’ospedale.
Ve lo rilancio ancora perché visitando
l’Italia nel tempo in cui ero di passaggio ho incontrato tante
persone che volevano mettere al servizio della gente in Africa la
loro professionalità, tempo e sostegno economico. Ho sempre
sostenuto che bisogna aiutare la gente locale qui in Africa a
camminare con le loro gambe e quindi seguire il motto del mio
fondatore Daniele Comboni: Salvare l’Africa con l’Africa! Ma ho
anche sempre detto che l’Africa e gli africani sono sempre aperti a
persone generose e desiderose di fare un’esperienza arricchente di
vita e condividere al servizio della crescita dell’umanità, della
propria professionalità, competenza ma soprattutto della propria
umanità e spiritualità! Quindi benvenuti…..Karibuni sana!!
Volevo anche ringraziare ognuno di voi
che nel corso di questo anno si è prodigato nel distribuire il mio
libro: IL VANGELO NELLA DISCARICA! Il mio amico Gianluca Ferrara,
editore delle Edizioni Creativa, mi ha comunicato che avete
distribuito tutti insieme più di 1500 libri. Davvero un grande
lavoro che avete fatto in grande solidarietà con me, la gente di
Korogocho e la comunità che continua a camminare là. Infatti i
proventi delle vendite sono stati mandati in varie riprese sia da
voi che da me alla comunità di Korogocho per sostenere il progetto
dei bambini di strada. Una grande benedizione per tutti!
Con Gianluca abbiamo intenzione agli
inizi del prossimo anno 2010 di pubblicare un nuovo libro che riporta
le varie riflessioni che ho scritto durante la mia permanenza in
Terra Santa. Si intitolerà: GERUSALEMME: L’OMBELICO DEL MONDO!
Spero che anche questo libro e solidarietà comunitaria possa aiutare
in qualche progetto qui a Mapuordit. Vi farò sapere presto per quale
realtà raccoglieremo i proventi della vendita del libro. Intanto vi
ringrazio davvero di cuore a nome di tutta la gente di Koch e del
Sudan! Anche perché sono convinto che mandare messaggi positivi e
vitali alla nostra gente italiana è molto importante. E ciò che si
può fare per animare coloro che cercano la vita vera, è sempre una
grande benedizione che possiamo condividere con gli altri.
SIGNORE! COSA VUOI CHE IO FACCIA…..??
E’ la domanda che mi sto facendo
molto spesso nella mia preghiera e nella mia meditazione da quando
sono arrivato in questa terra promessa. È la famosa domanda che s.
Francesco aveva fatto al Signore nel momento della sua conversione.
Io umilmente la faccio per capire e saper discernere ciò che in
questo tempo il Signore vuole da me! Ricordo che era anche la
preghiera e l’invocazione che facevo ogni mattina al Signore
soprattutto nei primi tempi della mia presenza a Korogocho. Questo
particolare tempo lo sento molto pregnante di potenzialità e mistero
che mi entusiasma e che allo stesso tempo intimidisce perché
l’ignoto a volte lo si teme. Ma il Signore ci dice sempre: Non
Temere! Ed è una delle cose più vere e reali che ho sperimentato
diverse volte nella mia vita. Quindi con speranza e fiducia!
Non perché credo che il Signore mi
dica ora che la cosa più importante per la mia vita sia il fare ma
come riuscire a condividere in pienezza la mia vita, a entrare dentro
nei cuori della gente, ad essere semplicemente testimone dell’Amore
del Cristo, perché poi come missionari non veniamo qui in Africa ad
annunciare noi stessi anzi…..! Chiedo umilmente al Signore di
continuare a convertirmi alla Sua Presenza che già esiste qui in
mezzo a questa gente con tutti i loro pregi e difetti. L’essere
capace di cogliere lo Spirito della Vita che già lavora
nascostamente nelle persone che già vivono qui ed imparare la Vita.
E certamente anche nell’operare, nell’essere guidato nello
scegliere che tipo di presenza essere come uomo e missionario che
passa anche attraverso il fare ma ha la sua ragione nell’essere me
stesso al servizio del Regno di Dio. Al proposito ho trovato un
proverbio dinka che mi piace e ho imparato e che desidero che sia un
po’ come una profezia per me e per la nostra presenza qui: Yin abi
cil ci pul ke tiit piu ic. Che tradotto in italiano viene così:
Crescerai forte e saggio come l’ albero del mogano se saprai
ascoltare i consigli della gente! E io aggiungo anche dello Spirito
Divino! Una miscela di umano e di divino che si trasforma per
trasfigurare la realtà per una vita in dignità da figli di Dio e
cittadini onorati di vivere in questo mondo. E’ logico che chiedo
le vostre preghiere perché ne ho bisogno non soltanto per questo
primo periodo di missione ma per sentire sempre questa rete di
solidarietà divina che ci unisce al di là della lontanza. E
condivido ancora con voi un altro brano molto profondo e bello di
Vittorino Andreoli sulla preghiera che scritta da un non credente ha
un valore ancora più grande e molto da insegnarci:
“Sono convinto che quando ciascuno di
noi – anche il sacerdote – chiede di essere aiutato a vivere il
proprio ruolo o missione già prega, e lo faccia ogni volta che fa
qualcosa che serva agli altri. La preghiera ha una forza
straordinaria e non mi meraviglia che nel mondo sia ancora oggi la
medicina più usata ed efficace, perché pregare significa credere, e
credere in un qualcosa che è al di fuori di noi, serve a contenere i
limiti dentro di noi.
La preghiera è il segno della propria
umiltà. Ecco perché il credente prega sempre Dio, e il non credente
prega il dio che non c’è o che non c’è ancora. Con maggiore
forza deve pregare il sacerdote che il Dio ce l’ha. Dio bisogna
sempre cercarlo, lo deve fare anche chi lo ha già trovato. E’
bellissimo vedere un prete con un libro di preghiera in mano. È un
immagine che preferisco a quelle del prete con in mano l’ultimo
romanzo o il trattato recente di sociologia.”
(Vittorino Andreoli,
PRETI, ed. Piemme, 2009, p. 122)
VOLTI DI MAPUORDIT: ABRAHAM, DAVID,
STEPHEN, JAMES…..
In questa prima lettera che vi scrivo
da qui, voglio farvi conoscere alcuni dei volti di questo villaggio
che condividono con noi questo cammino. E oggi voglio parlarvi di
ABRAHAM, DAVID, STEPHEN, JAMES e……altri. Chi sono questi amici
che guarda caso sono anche vicini di casa della missione? Sono una
comunità di ciechi che vivono in capanne (tukul) costruite dai
missionari che ci hanno preceduto a qualche metro dal cortile della
missione. La chiamano Pan Cor, la zona dei ciechi. Sono una trentina
compreso mogli e figli. Sono ciechi dalla nascita o diventati ciechi
per mancanza di assistenza sanitaria. Ogni tanto nei pomeriggi vado a
trovarli anche per parlare un po’ di dinka con loro. Così sono
diventati anche loro i miei maestri di lingua dinka e lo fanno con
tanta attenzione e passione. Quello che mi ha colpito in loro da
quando sono arrivato, è la gioia e la semplicità che esprimono
nell’incontrarti e nel danzare e cantare in ogni circostanza. Non
si lasciano scappare nemmeno un evento del villaggio o della comunità
cristiana. E ogni evento è danza e festa per loro. Cominciano a
cantare tutti insieme e a danzare pur essendo ciechi ma con tanta
disinvoltura e grazia. Credo che abbiano capito il vero significato
della vita e dello stare insieme. I cosidetti semplici che Gesù un
giorno ringraziava il Padre di aver rivelato a loro la Sua Presenza e
non ai sapienti e agli intelligenti. Sembra strano ma non li trovi
mai imbronciati o a piangere su se stessi per i loro problemi. Certo
chiedono di essere aiutati con del cibo durante il mese perché non
possono lavorare ma le mogli e i figli si danno da fare per cercare
di sbarcare il lunario quotidiano. Tutti sono già diventati miei
amici ma in particolare mi fa piacere incontrare Abraham, cieco dalla
nascita e della sua voglia di vivere e di cantare. In chiesa è
sempre in prima fila con tutti gli altri accompagnati a traino di
bastoni dai loro figli o dalle loro mogli. Oppure li trovi per la
strada, uno dietro l’altro come catena umana che camminano in fila
indiana. Abraham ogni tanto in chiesa o mentre cammina per strada per
festeggiare grida incessantemente: Gurukguruk! Gurukguruk!! Gli ho
chiesto cosa voglia dire e mi ha spiegato che è il suono della
grande campana del toro che viene applicata al suo collo quando il
bestiame si deve muovere da un posto all’altro in cerca di pascoli.
Sentendo la campana del toro leader del branco, tutte le vacche
seguono in maniera ordinata e non si perderanno. Così Abraham si
immagina Dio che con la sua voce grida Gurukgurk! Gurukguruk! per
richiamare tutti i suoi figli. Davvero una bella fantasia e
creatività legata a questo mondo rurale e animale.
E conclude sempre dicendo: Cin raan wer
raandai, Nhialic yen awar koc eben. E di nuovo mi e ci dà ancora una
grande lezione di fede: Non c’è nessuno più grande di un’altro.
Soltanto Dio è il più grande di tutti!! Grazie Abraham!!
Beh questi sono i miei primi amici di
Mapuordit e nelle prossime lettere vi racconterò di altri amici,
uomini e donne che lottano per credere nella vita e in un Dio
misterioso. Probabilmente vivrò il Natale con la comunità cristiana
ma voglio viverla anche con gli amici ciechi e i lebbrosi del centro
di Panamat che vivono ai margini del villaggio.Un gruppo di lebbrosi
che oggi sono stati curati ma che ancora portano i segni di questo
flagello che è passato sui loro corpi e sulle loro vite. Oggi dopo
un cammino con la comunità cristiana e i missionari sono accolti e
integrati con altri giovani che vivono nella stessa area e
condividono con loro attività, preghiera, educazione e tanto altro.
Ma vi racconterò in futuro.
E GESU’ BAMBINO E’ ANCORA QUI CON
NOI….
Siamo ormai a metà dell’avvento e
tra qualche giorno è Natale! Ricevete da me questo regalo di questa
lettera che vuole portare un messaggio dal lontano Sudan di tanta
gente che desidera ricevere Speranza di Vita Nuova, la possibilità e
il diritto di vivere una vita dignitosa come tanti altri popoli del
mondo. Ma per tanto, troppo tempo questa gente ha dovuto soffrire e
vivere nascosta e lontana dalle loro case, famiglie e proprietà. Un
Gesù bambino che ci insegna che Dio ama profondamente i deboli, gli
emarginati, i poveri, i malati, coloro che nessuno ama. Ha voluto Lui
stesso nascere povero, in una capanna fuori Betlemme e rifiutato da
tutti. Solo i pastori, come i dinka, sono andati a trovarlo. Loro che
erano considerati fuori dalle mura della società del tempo, gente
infima alla quale non dare fiducia. Eppure il Figlio di Dio ha voluto
farsi Buona Novella proprio sulle labbra e usando la voce di questi
pastori itineranti. E la Storia di Salvezza si è compiuta……! Mai
disprezzare chi consideriamo inferiore o marginalizzato perché è il
Mistero di Dio che continua a ripetersi ogni giorno, ogni mese, ogni
anno quando scopriamo gesti di vero Amore e Solidarietà tra noi. E
Lui continua a nascere anche oggi tra noi, attraverso di noi e per
noi! D’altronde si chiama “EMMANUELE….Dio con noi!”.
Davvero buon Natale a te e a tutte le persone a te care! E non dimentichiamoci che ci sono tanti Gesù Bambini che nascono quel giorno, e tutti i giorni nel mondo! E a Mapuordit……come a Korogocho!! Che l’anno prossimo 2010 sia per voi benevolo e pieno di benedizioni. Chiediamo la tua preghiera per noi perché il 2010 è un anno decisivo per il Sudan, per il suo futuro, per la sua gente! Che la Pace, la Giustizia e la Verità prevalga sempre! Nulla è impossibile a Dio!
Miet puou dit yan dhienh Banyda Yesu! Buon Natale!
Miet puou dit ruon yam!! felice anno nuovo!!
P.S. 1: PER CHI RICEVE LA LETTERA AGLI AMICI VIA POSTE ITALIANE: nel caso tu avessi un tuo indirizzo email mandalo al mio indirizzo email così che ti invierò le prossime lettere agli amici via posta elettronica. Risparmieremmo soldi e tempo!