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Introduzione al Vangelo di Marco

GIM Napoli e Foggia, ottobre 2008


Contesto:

Gesù e il Vangelo    

di Marco

       

1. Contesto storico di Gesù

I Vangeli sono il frutto della vita delle prime comunità cristiane dopo la morte e risurrezione di Gesù. Queste comunità riprendono i “detti” e i “fatti” di Gesù. Il primo Vangelo nasce circa 30/40 anni dopo la morte di Gesù. 

Ogni volta che leggiamo un testo del vangelo dobbiamo porci tre domande:
1. Gesù, nella Galilea del suo tempo, cosa ha detto e cosa ha fatto realmente? E’ quella che oggi riconosciamo come la terza ricerca storica di Gesù.
2. Capire come la comunità ha letto e tradotto quel “detto” o quel “testo” di Gesù partendo dalla loro realtà e dalle loro necessità. Per descrivere ciò la comunità utilizza immagini, parole prese dal Primo Testamento.
3. Qual è il messaggio che ci trasmette?

L’applicazione della critica letteraria ai testi della Bibbia fra la fine del 1800 e la prima guerra mondiale, fa nascere la prima ricerca storica di Gesù.

La seconda ricerca avviene tra le due guerre mondiali, portata avanti soprattutto da Bultman.

La terza ricerca nasce nella metà degli anni ottanta, grazie a tre elementi importantissimi:
l’archeologia.
l’applicazione delle scienze ai testi della Bibbia: antropologia, sociologia, ecc.
la conoscenza approfondita dell’impero romano.

Gesù nasce sotto Cesare Augusto. Il suo successore è Tiberio: una persona sospettosa di tutto. Dal 27 al 37 governerà Roma da Capri creando una rete di controllo dell’impero molto organizzata.

Nel 63 a.C., la Palestina entra a far parte dell’Impero Romano. Lentamente emerge la figura di Erode il Grande che proveniva dall’Idumea. Durante la guerra civile si allea con i condottieri romani, sino a quando, nel 4 a.C., viene eletto da Cesare re di tutta la Palestina. Sarà una persona spietata che userà la religione in funzione della politica. Morirà a Cesarea, una città che lui stesso aveva fatto costruire in onore a Cesare.

Alla morte di Erode i tre figli si contendono il regno: Archelao, Erode Antipa e Filippo.

Archelao venne nominato etnarca della regione che comprendeva la Giudea (la regione dove si trova Gerusalemme), la Samaria e l’Idumea, zone che costituivano la parte più importante del regno di Erode.

Filippo ottenne il titolo di tetrarca delle estreme regioni a nord: Traconitide, Gaulanitide, Batanea, Auranitide e Iturea abitate in larga parte da popolazioni pagane ellenizzate.

Erode Antipa ottenne invece il titolo di tetrarca delle regioni di Galilea, a nord della Giudea, e Perea, a est del Giordano.

Nella Palestina dell’epoca di Gesù, l’occupazione romana assunse due forme diverse: un regno vassallo in Galilea e un dominio tramite le locali casate dei sommi sacerdoti in Giudea. La società giudaica marciva dall’interno per lo squilibrio sociale causato dall’eccessiva ricchezza attirata a Gerusalemme durante la “pax romana”. Le famiglie dei sommi sacerdoti tenevano sempre le parti di Roma quando sorgeva qualche conflitto tra i giudei e i loro padroni romani per conservare poteri e privilegi.
La classe dirigente comprende soltanto l’uno o il due per cento della popolazione, ma controllava la massima parte della ricchezza prodotta dalla base contadina.

Nella Galilea durante il tempo di Gesù, il 90% viveva sotto la soglia della povertà.

Roma dissanguava la gente con le tasse. Il punto essenziale non era il possesso della terra, ma il controllo dei suoi frutti e di chi la coltiva. Le classi dirigenti dimostravano la loro capacità di controllo estorcendo tributi, tasse e balzelli. C’erano tre tipi di tasse: una al tempio, l’altra a Erode Antipa e la terza a Cesare. Alla fine, non potendo pagare, i contadini erano costretti a vendere il proprio campicello. In questo tempo aumenta il “latifondo”.

    

Il Tempio

Alcune caratteristiche:
Rituali di coesione attraverso riti e pellegrinaggi (feste) ripetuti con regolarità, rappresentano l’immagine di uno stato ordinato.
Contributo
all’economia di un impero mediante la raccolta dei fondi.
Cortili e locali sempre isolati: separare, codice di purità. Uomini e donne. Le diverse piattaforme rafforzano l’idea di gerarchia. Simbolo di ascesa al cielo. Rappresenta una ideologia sociale e politica. Riordinare il mondo e la società secondo i codici di purità e della santità. Continuare l’opera della creazione è il compito dei sacerdoti.
Relazione ambigua con Roma e con il popolo secondo le convenienze.
La festa di Pasqua, metteva in evidenza quest’aspetto contraddittorio. I pellegrinaggi festivi erano i punti focali della protesta.

     

Gesù e il tempio

Quando Gesù assume la funzione di mediatore del potere di guarigione di Dio, pesta i piedi ai sacerdoti che avevano arrogato quel potere a se stessi. Gesù con le sue guarigioni ed esorcismi spezza quel monopolio, aprendo altre vie attraverso le quali quel potere può fluire a beneficio dei poveri, degli storpi, dei ciechi.

Gesù mette il codice di misericordia/compassione, al posto del codice di santità.

I modi con cui il tempio ricavava tributi dai contadini erano:
a) la tassa per il tempio,
b) le decime e
c) i sacrifici (Gder 7,6-7; Is 56,1-8)

E’ difficle capire se Gesù vuole riformare il tempio o distruggerlo completamente. Tale intervento metterà Gesù in drastica opposizione con i dirigenti di Gerusalemme, specialmente con quelle famiglie di sommi sacerdoti che controllavano il tempio e ne traevano profitto.

La realtà vista dal villaggio (tradizione minore) è la storia vista dal basso che coincide di rado con quella vista dall’alto.

Al tempo di Gesù erano presenti due tradizioni della Torah: la grande tradizione portata avanti dai Farisei e la tradizione minore, che recupera l’aspetto profetico, presente nei contadini e quindi portata avanti da Gesù.

    

Sfida d’onore e replica

Era il modo con cui Gesù dibatteva con i Farisei e in questo modo acquistava notorietà agli occhi della gente.

Attraverso questo dibattito Gesù:

indeboliva le strutture vincolanti come il sostentamento del tempio con la lettura profetica,
minava i dirigenti di Gerusalemme, la cui base di potere risiedeva appunto nel tempio, e il controllo dell’interpretazione della Torah.



2. Il “Vangelo di Marco”

Nelle pagine del vangelo è difficile trovare la firma dell’autore.

Secondo la tradizione risalente al I secolo l’autore dell’opera sarebbe un certo Marco, identificato con il Giovanni Marco, parente di Barnaba e compagno di Paolo.

Fu discepolo anche di Pietro (cfr. 1 Pt) e suo interprete, secondo Papia, che, in un passo trasmessoci da Eusebio di Cesarea, afferma: Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse accuratamente, ma non in ordine, quanto si ricordava di ciò che il Signore aveva detto o fatto.

Quanto al luogo dove fu compilata l’opera, l’ipotesi ritenuta più probabile è quella che identifica con Roma la città nel quale fu scritto il Vangelo.

Riguardo alla data di composizione del vangelo quasi tutti gli studiosi moderni propendono per una data anteriore al 70, probabilmente tra il 64 ed il 67.

Il Vangelo di Marco fu scritto principalmente per i residenti parlanti greco dell’Impero romano.

Dalla critica interna del testo si evince infatti la preoccupazione per la spiegazione delle tradizioni giudaiche e per la chiarificazione delle parole aramaiche utilizzate, come: talitha cum, corbàn, abbà.

Contenuto

Il Vangelo di Marco consta di 16 capitoli con un’appendice canonica, ma non autentica, aggiunta probabilmente nel II secolo.

L’opera, che tratta delle azioni e della predicazione di Gesù, appare divisa in due blocchi. Dopo una breve introduzione, il primo blocco narra dell’attività di Gesù in Galilea ed è caratterizzato da tematiche relative al Messia ed al Regno di Dio. Il secondo blocco riguarda la presenza a Gerusalemme ed è improntato al tema del Cristo come figlio di Dio, che muore e resuscita.

Anche se il Vangelo di Marco presenta evidenti ripetizioni, interruzioni e mancanze di connessione interna, queste non inficiano la sostanziale unità strutturale e letteraria dell’opera.

Lingua e stile

L’opera marciana, così come è arrivata ai giorni nostri, è scritta in lingua greca, ma presenta indubbi influssi semitici (semitismi), ed è caratterizzata dalla presenza di vari latinismi.

Il lessico si presenta privo di ricercatezza stilistica e la sintassi è tipica del linguaggio popolare. Lo stile del vangelo è vivace e simile alla lingua parlata, anche per l’utilizzo del presente storico e del discorso diretto.

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