Chi è questa donna che ama?
GIM Padova - aprile 2007
Condivisione biblica su Lc 7,
36-50
Scopriremo che amore e perdono si inseguono e si creano l’un
l’altro.
Lettura di Lc 7
Al campo estivo tra le periferie di Padova, alcuni anni fa,
ci siamo imbattuti in un Vangelo che riprendeva questa frase. Si trattava della
guarigione della donna che perdeva sangue (Lc 8,48).
Stavamo pregandolo a piccoli gruppi, seduti per terra nel
silenzio denso del Tempio della Pace, vicino alla stazione. Insieme a noi -come
una sorpresa, una sfida e un bisogno- si era seduta un donna giovane, Betty, di
casa in quella chiesa, nelle cucine popolari e sulla strada.
A poco a poco la confidenza con lei aveva dischiuso alcuni
tratti della sua vita, ma quello che ci colpì di più fu proprio la forza e la
luce con cui tratteneva questa frase: “Va’ in pace, la tua fede ti ha salvata”.
L’aveva condivisa nella risonanza dopo una prima lettura del Vangelo e la
serbava nel suo cuore: aveva proprio bisogno di sentire una Parola così… e ora
non voleva perderla (tant’è che mi chiese se avevamo una Bibbia da regalarle).
fino a qualche mese fa venivi a cercarmi vicino al ponte. Poi,
insieme a tua moglie, ai tuoi vicini e con l’aiuto dei poliziotti ci avete
scacciate da lì perché non è bene che si vedano le prostitute vicino a casa tua.
Così adesso vieni a cercarmi qualche chilometro più in là, tutti i martedì alle
23.30.
‘Ciao,
Joy! Come stai? Andiamo?’
Ogni settimana mi hai cercata, mi hai usata, mi hai
pagata. Dietro il tuo falso sorriso non riuscivi a nascondere che, benché
desiderassi il mio corpo, mi disprezzavi. (…)
Una volta mi hai chiesto
perché portavo sempre questa parrucca rossa e perché mi coprivo il volto con un
maschera di creme bianche. Ti ho risposto che questo serviva per ripararmi un
poco dal freddo della notte e che più assomigliavo a un’europea, più facilmente
trovavo clienti.
Tutto questo è in parte vero,
ma forse il motivo più vero è un altro. Sono certa che se mi vedessi con la
faccia pulita, senza parrucca e vestita in un altro modo, difficilmente mi
riconosceresti. Ed è esattamente ciò che
voglio. Voglio distinguere ‘Joy di notte’, con tacchi alti, parrucca, minigonna
e crema bianca, da quella che io sono in realtà”
(Franco Nascimbene, Ci
precedono nel Regno di Dio)
La sete di incontrare veramente qualcuno; il bisogno di liberare
pienamente quella che sono davvero. Joy e la donna del Vangelo cominciano a
provocarci.
- Chi sono io in realtà? Cosa desidero fortemente, così fortemente da catturare come Betty una parola e non volerla più perdere, finchè si trasformi in concretezza?
Chi dei due desidera realmente vivere?
Gesù aveva appena commentato, rispetto ai farisei, che essi
“hanno reso vano per se stessi il disegno di Dio” (7,30). Hanno buttato via la
loro vita, non hanno saputo cogliere le occasioni propizie, sono rimasti fermi
a se stessi.
- Non
desiderare nulla significa sprecare il disegno di Dio su di noi!
(“meglio per quell’uomo se non fosse mai nato”, commenterebbe il Vangelo).
Ho qualcosa in comune con questi farisei?
Ma Gesù non fa distinzioni, non nega a nessuno la sua
attenzione ed accetta l’invito... pur a modo suo; mi pare di capire che,
entrando, la sua posizione nella casa sia importante.
E’ detto che la donna, per stare ai piedi di Gesù, “sta
dietro”: forse proprio perchè Gesù si era seduto in fondo, tra gli ultimi, come
raccomandava in un altro suo discorso (“non prendete i primi posti…” – Lc 14,8-11).
Dunque Gesù sceglie di stare in fondo, più vicino alla
porta, a chi entra, a chi è rimasto fuori. Davvero, non vuole prendere le
distanze dai pubblicani e dai peccatori.
Il fariseo non ne cerca effettivamente la compagnia, non gli
dice “amico, passa più avanti”.
- Il luogo che scelgo di abitare mi qualifica e piano piano mi modella. Vedremo più avanti le due “scuole” su cui Gesù e il fariseo impostano la loro vita.
Fermiamoci, personalmente, ad immaginare: cosa prova questa
donna?
Perché va da Gesù fin dentro la casa di un estraneo?
(…)
“Quando sono con te sorrido,
scherzo, a volte quando passi sulla strada mi vedi cantare. Lo faccio per
tirarmi su, per animarmi, per nascondere a me stessa e alla gente che mi vede
il dolore profondo in cui sono caduta.
Non puoi immaginare quanto
tempo passo piangendo quando nessuno mi vede. Sono sulla strada per sedici ore
al giorno e i miei padroni non mi concedono che otto ore per riposare. Mi metto
a letto e piango.
Piango perché sono diventata
una schiava e posso fare solo ciò che altri decidono. (…)
L’unico amico che mi è rimasto
è Dio: su di Lui posso sempre contare e ogni giorno prego, gli racconto le mie
pene e so che Lui mi capisce. Non vado in chiesa perché forse non mi
accetterebbero sapendo cosa faccio e anche perchè non mi sento pulita, ma il
mio Dio è sempre con me e mi dà la forza di continuare a vivere”.
(da: Franco Nascimbene, …)
Forse è proprio per questo che Dio ama gli ultimi: non hanno misure nel gridare la loro
umanità….
La donna piange; ci sembra di vedere in lei stanchezza,
fallimento, ma anche desiderio di riscatto, uno scoppio incontrollabile di vita
che vuole ricominciare in un altro modo.
Com’è difficile, per noi persone ‘composte’, piangere
davanti agli altri! Qui troviamo la verità schietta di una donna che dice
‘adesso basta!’, e lo dice davanti a tutti, perché tutti sono corresponsabili
della sua situazione.
Il suo gesto, toccare Gesù, cospargere di olio il suo corpo
(per quanto si limiti ai piedi) ha una dimensione erotica… che in questo caso
si trasforma in grido d’aiuto. Anche il corpo e l’erotismo esprimono un bisogno
d’incontro vero, sano, che può essere trasparente e vivo oppure mascherato e di
consumo. (approfondisci con il nostro Speciale "Armonia tra Uomo e Donna")
Di fronte a questa irruzione improvvisa, tutto si ferma, il
tempo e la convenzione di quel pranzo restano come in sospeso. Ed ecco due
reazioni opposte:
- il fariseo pensa tra sé e sé, secondo uno schema innato
che non ha neppure bisogno/coraggio di confrontarsi con idee diverse: “se
costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è
questa che lo tocca”.
Il fariseo è abituato a vedere attraverso la griglia dei suoi schemi, dividendo
le persone in ‘specie’ e categorie. La sua scuola è la casa e il gruppo
protetto entro il quale ha sempre vissuto. Da loro ha ereditato un sistema
di lettura della realtà, e lo applica prima e al di là di ogni incontro
- Gesù con la donna non dice niente nemmeno lui: si
tratta di un incontro di due silenzi, che si parlano con i gesti. Gesù si
lascia toccare. E questo basta a dire tutto.
Non ha degli schemi o delle categorie, per lui incontrare la gente è entrare in
un circolo di relazione che man mano si può approfondire, non applicare una
griglia che incasella.
Nel circolo dei suoi incontri, Gesù si lascia toccare, si fa invitare nel mondo
delle persone che lo avvicinano, ceca di comprenderle e di guardarle a tutto
tondo, anche dietro le apparenze immediate.
La sua scuola è la strada, la sorpresa e il mistero che c’è in ogni persona.
Gesù fonda la sua vita su una visione inclusiva, in continua apertura
all’altro, in piena fiducia nelle capacità dell’altro di amare e lasciarsi
amare.
Lui per primo si lascia sfidare su questo: sono capace di amare e di lasciarmi
amare? I vangeli ce lo presentano sia che lava i piedi, sia che se li lascia
lavare.
- qual è la mia ‘scuola’, il mio punto di partenza nelle relazioni, il mio stile?
Oppure questa donna, che mai aveva visto Gesù, di cui non
conosciamo nè il nome, né la voce, né il desiderio esplicito o il seguito della
sua vicenda?
I pubblicani e le prostitute ci precedono nel Regno di Dio,
nell’intimità con il Padre, perché sanno di essere deboli, bisognosi, hanno un
desiderio grande di camminare nella vita e ci insegnano cosa davvero è essenziale
chiedere e cercare!
Per loro perdono è sinonimo di amore… due gesti che chiedono
e trovano.
· E io? Dove e su quali basi sto costruendo la mia
intimità con Dio? Dove mi siederei, in questa mensa organizzata da
Tu non mi hai dato acqua per i piedi, lei ha dato le sue
lacrime e i suoi capelli.
Tu non mi hai dato un bacio, lei non ha ancora smesso di
baciarmi i piedi.
Tu non mi hai sfamato, dissetato, vestito o visitato… loro
invece sì.
- Chieditelo:
oggi, nelle condizioni che ho e che sono, quanto sto amando nel concreto,
senza vergogna e senza risparmio? Qual è pian piano il luogo e il modo che
il Signore mi chiede di assumere per amare fino in fondo? (la mia
‘vocazione’)
Forse ho paura, mi sento fragile, indegno-a. Il Signore ci per-dona (cioè stracarica dei suoi doni) non appena vede che vogliamo ripartire dall’amore.