Andò
di nuovo a Cana di GalileaÂ…
Gesù
sta percorrendo le strade della Galilea, periferia, sobborgo
della storia. Si allontana dai centri del Palazzo e dalle
politiche del potere. Vuole andare dalla gente, là dove
vive, per offrirle la possibilità di incontrarlo. La
missione di Gesù diventa desiderio d’incontro; muovere i
passi in direzione dell’umanità ferita. Non si può
rimanere fissi dove siamo: la missione di Gesù ci spinge a
fare altrettanto: essere pellegrini della storia
allÂ’incontro di chi ci chiama a sporcarci le mani.
LÂ’antica
forma del pellegrinaggio è oggi la carovana, una piccola
comunità itinerante alla ricerca di una vita piena per
tutti, alimentata da una spiritualità incarnata. E’ una
comunità pellegrina e itinerante che incontra le persone,
uscendo dai propri luoghi con sguardo da pellegrini, e come
tali vivendo sulle strade del mondo, dove si impara a vivere
camminando con i poveri.
(Doc.
finale della carovana 2004
)
Gesù
sente il bisogno di purificare il cammino di fede del suo
popolo, che vuole ancora i “miracoli”, i prodigi, con i
quali si illude di credere. “Se non vedete segni e
prodigi, voi non credete!” Eppure, quale segno più grande della presenza
del Figlio dellÂ’uomo tra noi? Di quale segno avremmo
realmente bisogno, se non che Dio, l’Abbà , ci ama a tal
punto che ci offre suo Figlio per salvarci? (cfr. Fil
2,6-11)
Quante
volte chiediamo “segni” a Dio: la pace nel mondo; più
giustizia; più amore tra le persone; la guarigione da una
malattia incurabile. Segni legittimi di un’umanità che ha
paura e che crede nellÂ’idolo della vita senza fatica e
sofferenza. Eppure lÂ’autentico segno ci viene dato nel
paradosso più assurdo della storia: la Croce di Gesù!
Questo è il segno definitivo che riconcilia lÂ’umanitÃ
con il suo Creatore.
Non
possiamo illuderci, perché Gesù ci ha rivelato che “i
poveri li avremo sempre con noi”. Il problema non è
soffermarci sul perché. “Di chi è la colpa se
quest’uomo è cieco? Sua o dei suoi genitori?” La svolta
decisiva è credere in un uomo che ci mostra il volto
autentico di Dio, suo Padre. Ora, il segno inequivocabile
dellÂ’amore di Dio si rivela nel mistero del bimbo nella
mangiatoia. Ed è Lui che dobbiamo veramente incontrare: il
Gesù che cammina sulle strade della storia. È lui che
dobbiamo cercare per guarire dalle nostre paure, dalle
nostre infermità . A Lui dobbiamo chiedere di darci la forza
per credere.
Vivere
lÂ’attesa dellÂ’Avvento che ci porta alla gioia del
Natale, ha il significato di aspettare la venuta di questo
Gesù, uomo e Figlio obbediente, che vuole realizzare la
volontà di suo Padre: la venuta del regno di giustizia e di
pace. Ma la pace esige un impegno personale. Uno
“sporcarsi le mani”, li dove siamo chiamati.
Entriamo
nel testoÂ…
Andò
dunqueÂ…
Gesù
non si ferma al segno delle nozze in Cana; continua il suo
cammino deciso verso l’umanità . È la sua missione, il
suo compito: il Regno di Dio annunciato e vissuto. Per il
quale si gioca fino in fondo.
Vi
era un funzionario del reÂ…
C’è
una situazione interessante: il funzionario del re,
strumento e segno del potere del tempo, si affida al povero
falegname di Nazareth, al quale chiede un intervento per
guarire il figlio, il suo bambino malato. Di lui aveva
sentito parlare e compie un atto di umiltà : lo prega di
curargli il figlio. Lui funzionario del re, stretto
collaboratore del potere, fa lÂ’esperienza della sua
fragilità e umanità . Di fronte al dolore, alla sofferenza,
alla fragilità dell’umanità i poteri e il denaro non
risolvono nulla. C’è bisogno del Figlio dell’uomo che
si faccia carico della nostra realtà limitata. C’è
bisogno che il Signore della vita si faccia prossimo alla
nostra fragilità .
lo
pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per
morireÂ…
Di
fronte all’impotenza della sua autorità , il funzionario
si umilia, scende dal suo piedistallo dorato per chiedere
umilmente l’intervento di Gesù. Sembra che ora tutta la
sua arroganza di potere, la sua sicurezza nei mezzi
dell’ordine costituito, svaniscono di fronte alla realtà :
suo figlio sta morendo e nessun potere umano può salvarlo.
Allora deve far una scelta: da che lato stare?
Davanti
al SEGNO della mangiatoia, “trono” del figlio di Dio, al
mistero del Dio che si fa carne, anche noi dobbiamo
scegliere. A chi mi affido nella mia vita? Chi vado a
cercare quando sono nel bisogno? Mi lascio incontrare dal
Dio pellegrino che si mette alla ricerca dellÂ’uomo la dove
vive e soffre?
In
un certo modo anche noi dobbiamo avere il coraggio di
umiliarci di fronte a Dio e riconoscere che solo lui ha il
potere di curare le nostre infermità , il nostro orgoglio di
sentirci sicuri dietro le certezze false dei poteri umani.
Ma
il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima
che il mio bambino muoia”…
Il
funzionario è consapevole del momento difficile. Non può
più indugiare. È necessario che il Maestro si occupi del
suo bambino. Interessante come riusciamo a cambiare la
prospettiva delle cose davanti alle necessità : il potente
collaboratore del re è impaurito e ha bisogno che qualcuno
lo aiuti.
Il
Signore della vita ora è la sua unica salvezza.
Ci
sono momenti della vita, nei quali la necessità ci spinge
oltre i nostri limiti. Succede
che a volte mamme della favela della periferia
di S. Paolo si trovino in condizioni veramente difficili
per allevare i propri figli, per preservarli dal traffico di
droga, per consentirgli cure adeguate. Eppure, anche se
hanno già molti figli di cui prendersi cura, sanno sempre
offrire uno spazio in più in casa per i bimbi abbandonati o
orfani. C’è sempre spazio nella casa di una mamma che ama
e che ha fiducia nel Dio della vita!
Che
cosa spinse i re magi a cercare la grotta di Betlemme? Che
cosa ha spinto il giovane di piazza Tienammen a porsi
davanti al carro armato? Che cosa ha spinto il popolo di
Israele a lasciare la certezza dellÂ’Egitto per le mille
insidie del deserto? Perché il funzionario del re ha
affidato la vita di suo figlio a Gesù?
Alla
fine, in tutti questi episodi si è trattato di una scelta
di fede. La stessa scelta che ci aiuta a comprendere il
mistero dellÂ’incarnazione che tra pochi giorni rivivremo e
celebreremo, nella solennità del Natale. Anche noi siamo
chiamati a fare questa scelta nellÂ’unico vero Dio, che
sceglie di schierarsi al lato di chi soffre, dei più
deboli. Scegliere di lasciarsi incontrare dal Signore, vuol
dire anche porre la fiducia in Lui: Il
padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva
detto: “Tuo figlio vive” e credette lui con tutta la sua
famiglia. Ora il segno è davanti ai nostri occhi: la
misericordia di Dio agisce nella mia vita per trasformare la
mia arroganza in umiltà , per riconoscere che l’unico
Signore della storia è il falegname di Nazareth, nato nella
mangiatoia di Betlemme, perché per lui e la sua famiglia il
posto non cÂ’era.
In
questo Natale ci saranno ancora molti bambini senza cure
necessarie. Ci saranno molti genitori disperati che non
trovano aiuto in nessuno. Ci sarà ancora molto sangue
versato nelle decine di guerre che violentano i popoli del
mondo intero.
Eppure,
ancora una volta, ci sarà un piccolo bimbo che decide di
scommettere nellÂ’uomo; un bimbo che i pastori vanno ad
adorare come un piccolo re. Ma questo re ha sconvolto le
gerarchie del potere e si è fatto presente nella debolezza.
La debolezza che salva il mondo.
“Quando
un bimbo nasce, significa che Dio ha ancora fiducia
nell’umanità ”
(Tagore)
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