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Un nuovo umanesimo

Con l'apparizione del covid-19 la realtà non è più la stessa, la nostra vita è cambiata, noi non siamo più gli stessi; urge un nuovo paradigma di vita, un nuovo sguardo, una nuova visione, un nuovo umanesimo!

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Eccoci, dunque, giunti alla fase 2 che, a detta degli esperti, è la fase più delicata nel tentativo di debellare il covid-19. Ci viene permesso di muoverci in uno spazio più ampio, di riaprire i luoghi di lavoro, di poter visitare le persone a noi più care... sempre però nel rispetto delle misure precauzionali già previste nel nuovo decreto. C'è voglia di ripartire, di fare, di produrre, di svilupparsi, di accrescere il proprio capitale, i propri affari economico-finanziari, etc.

Ma chi è l'essere umano che si accinge a vivere questa fase? Cosa è cambiato in lui dall'inizio della pandemia? Come lo ha segnato e che cosa ha imparato nel tempo del lockdown forzato?

Queste e molte altre domande, spero, abitano i nostri cuori oggi, e sarebbe proprio triste se così non fosse, perché vorrebbe dire, allora, che in fondo è stata solo una parentesi della nostra storia; qualcosa da rimuovere il prima possibile, per poi tornare a riprenderci la vita di prima.

La verità è che la pandemia ci invita a riconsiderare le nostre relazioni, tra umani e con le realtà naturali in cui siamo immersi, ci ridimensiona nel nostro delirio di onnipotenza che pensavamo aver raggiunto con lo sviluppo tecno-scientifico, e, soprattutto, ci rivela quanto fragili siamo nel complesso mondo della natura; ci fa comprendere che ci sono limiti che sono invalicabili, pena la nostra estinzione come specie.

Con l'apparizione del covid-19 la realtà non è più la stessa, la nostra vita è cambiata, noi non siamo più gli stessi; urge un nuovo paradigma di vita, un nuovo sguardo, una nuova visione, un nuovo umanesimo!

Il primo passo da fare è prenderci cura della nostra fragilità, come realtà permanente che ci accompagna da sempre e per sempre. L'essere umano infatti non è superiore alla natura, e mai potrà dominarla; potrà però sviluppare con essa un rapporto empatico, scoprire leggi importanti che la governano, assecondando quelle che non la mettono in pericolo. Solo così la natura, a sua volta potrà sostenere e proteggere la vita, anche quella umana. Il suo mistero non ci farà più paura, ma si trasformerà in una occasione per una maggiore conoscenza. Anche la nostra fragilità non sarà più motivo di contesa, smetteremo di avere paura l'uno dell'altro e cominceremo a lavorare tutti assieme in vista del bene comune, il bene nostro e di tutta la realtà esistente.

Ricordiamo quanto affermato da Hidegger, e cioè che l'essenza dell'essere umano non è l'intelligenza o la creatività, e neanche la libertà, ma la sua capacità di prendersi cura.

Questo atteggiamento, però non è automatico, non è spontaneo o istintivo nell'essere umano, ma frutto della crescita umana; è necessario passare da un atteggiamento egoistico - prima io, prima la mia famiglia, prima il mio gruppo, prima il mio Paese, etc. - a un atteggiamento profondamente solidale e comunitario. Papa Francesco direbbe che è necessario globalizzare la solidarietà.

O ci uniamo o siamo destinati a soccombere.

Un altro elemento è capire che siamo tutti legati dagli stessi problemi di vita e di morte, siamo tutti sulla stessa barca e nessuno può pensare di salvarsi da solo, secondo una profonda espressione di papa Francesco, per cui tutti corresponsabili del nostro presente e del nostro futuro. Ciò ci spinge a prendere sul serio la nostra fratellanza universale, e oggi più che mai vale il detto tutti per uno e uno per tutti.

Infine, la nostra stessa Chiesa ha sicuramente sperimentato la sua pochezza in questo tempo di coronavirus, e probabilmente la stessa settimana santa è stata vissuta in tono meno trionfalistico, celebrando e rinnovando la sua fede non più nel dio degli eserciti e della conquista, ma nel Dio umile e fragile, amante della vita e pieno d'amore.

Si fa strada, allora, il bisogno di una spiritualità nuova, più incarnata, più a contatto con la storia soprattutto dei più poveri e abbandonati, espressione cara a Daniele Comboni tanto da caratterizzare tutto il suo impegno missionario, facendo Causa Comune con questa porzione di umanità scartata dai potenti di questo mondo, fino all'ultimo istante della sua vita.

Occorre coltivare un atteggiamento volto al sentipensare, cioè pensare con il cuore, pensare amando, corazonando, immagine bellissima coniata dall'antropologo ecuadoriano Patricio Guerrero, che situa nell'amore la forza di vivere, di lottare, di progettare e anche di morire per uno scopo maggiore. È necessario alimentare una spiritualità che trovi il suo fondamento nell'amore verso tutto il creato e verso tutta l'umanità; che si dissoci irrevocabilmente da quelle destre cattoliche fondamentaliste che rappresentano il peggio della nostra storia cristiana, che hanno colluso con il potere di turno e hanno provocato stragi, roghi, odio e tantissimo spargimento di sangue. Le stesse forze reazionarie che oggi attaccano apertamente il magistero di Papa Francesco, perché legati a interessi nefasti di importanti organizzazioni sovranazionali che continuano a mettere a soqquadro l'intero sistema ambientale e a seminare divisione tra i popoli in vista di enormi vantaggi economici.

A questo riguardo, è bene chiarire che la corsa agli armamenti è in continua espansione; il giornalista Manlio Dinucci l'ha definita "la pandemia della spesa militare". In effetti, secondo il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), ogni minuto si spendono nel mondo circa 4 milioni di dollari a scopo militare; nel 2019 la spesa militare mondiale ha quasi raggiunto i 2.000 miliardi di dollari, il più alto livello dal 1988. In tutto questo l'Italia non è rimasta certamente a guardare; investendo qualcosa come 26,8 miliardi di dollari nel 2019 - un 6% in più rispetto all'anno anteriore - si è guadagnato un posto importante nel programma militare spaziale della Nato, creato dagli Stati Uniti per "difendere i vitali interessi americani nello spazio, il prossimo campo di combattimento della guerra" (cfr. il manifesto, 5 maggio 2020).

Il ritorno alla vita sociale non può più continuare a nutrirsi di biechi interessi di parte, di litigi infiniti, di logiche disumanizzanti, di pratiche imperialistiche e distruttive, ma di una visione antropologica rinnovata, adeguata al nostro tempo. Il mondo che riprende a uscire per incontrarsi e relazionarsi, è chiamato a costruire nuovi rapporti basati fondamentalmente sulla logica della fratellanza universale, qualcosa d'altronde che appartiene a tutti i cammini di fede esistenti.

Occorrerà promuovere i valori della reciproca appartenenza, nel rispetto delle differenze come ricchezza inesauribile; di abbandonare l'impulso materialistico, l'avidità del guadagno eccessivo, la legge del più forte... ma di perseguire cammini di dialogo, di solidarietà e di comunione. Solo così saremo in grado, come dice Papa Francesco, "di ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano gran parte del genere umano" (Documento sulla Fratellanza Universale, 2019). Essere cristiani oggi non è tanto avere fede in Gesù, ma, come dice il domenicano Frei Betto, avere la fede di Gesù!

P. Antonio D'Agostino, mccj

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