UNA LUNGA QUARESIMA ...
Lettera di Pasqua 2008
Korogocho, Pasqua 2008
UNA LUNGA QUARESIMA……
Bene…ho iniziato. Scrivere questa lettera agli amici stavolta non mi è facile dopo questi ultimi due-tre mesi pieni di situazioni assurde e anche penose da raccontare, da condividere. Guardando un po’ indietro nel tempo mi rendo conto che non vi scrivo da quando sono ripartito dall’Italia, dopo le mie vacanze e soprattutto dopo quel grande momento che è stata la tournèe/spettacolo “People united for a new Korogocho!!”. Sono già passati ormai 9 mesi…. e sono tanti!!
Come sempre inghiottito dai ritmi e attività di Korogocho e dintorni, non ci si rende conto che il tempo corre…. Le risonanze, ricordi e i sentimenti di quei giorni intensi in giro per l’Italia sono ancora forti e sentiti anche dai giovani artisti che sono venuti per condividere con voi. Vi salutano tutti!! Continuano la loro lotta artistica per sopravvivere ma se la cavano abbastanza. Se fosse per loro…. sempre pronti a riprendere l’aereo….!!! Uno dei frutti di questa tournee è che uno dei giovani della nostra comunità che ha finito la scuola superiore quest’anno verrà a Roma verso fine anno per cominciare l’università alla Luiss per tre anni aiutato da amici. Spero che lo accoglierete con amicizia e calore. Ma ve lo racconterò meglio nella prossima mia lettera.
La ripropongo anche a voi come me l’ha mandata Roberto perché aiuta lui, ma anche me, a rivedere le mie coordinate della vita......visibili e invisibili, verticali e orizzontali.
“….. Ma ciò che mi impressiona è il modo in cui la gente continua a mantenere la propria dignità e speranza o almeno ci tenta in mezzo a questa disumanità! E’ il grido di Gesù oggi. “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46). E’ il grido dei salmisti nella Bibbia che preghiamo tutti i giorni, la mattina e la notte prima di coricarci. Sono queste le grandi grida dei poveri che ancora oggi gridano a Dio. A volte sono talmente vere che ti chiedi come sia possibile. E Dio ascolta il grido dei poveri, degli oppressi! Mi viene in mente un pezzo scritto da Don Tonino Bello, un grande vescovo che penso molti di voi abbiano conosciuto. Diceva così:
Lentamente sto imparando ad “essere prete”, cioè a sentire di più la vita di Dio che pulsa dentro la quotidianità e le emergenze. Capisco Alex quando dice di aver imparato a diventare prete qui a Korogocho. L’intensa umanità unita alle tante problematiche dei poveri ti umanizza. A volte sei superato dalla loro intensità, e magari ti arrabbi. Ma è solo un momento perché la tua scelta è qui e per loro, per questo Popolo Crocifisso! Il battesimo dei poveri, che avevo ricevuto quando ho professato i voti perpetui qui nella cappella di St. John e che porto ancora nel cuore, mi dà la carica per ridonare ciò che ho ricevuto come DONO davvero grande nel Signore. E quando incontri i bambini per strada, così tanti, così belli e con un sorriso stupendo che ti salutano e vogliono farsi salutare stringendoti la mano o con un “how are you?” o “wa wariu??”: come ti ricarica la loro voglia di gioia ed entusiasmo!”………continua….
Rileggendomi dopo tanto tempo mi ritrovo in ciò che ho scritto. L’intensità è la stessa di quel tempo, l’esperienza e l’età è cresciuta e credo anche la capacità di rispondere alle situazioni e alle persone con più saggezza e attenzione o almeno lo spero. Sto continuando ad imparare a “essere e vivere da prete” ma come sacerdos, cioè come servo e non è facile. Ho imparato a mie spese a “distinguere” anche all’interno della Chiesa e delle Istituzioni religiose o civili chi si dedica davvero a Dio, alla vita spirituale, alla gente, al servizio ai poveri e chi invece lo fa per “lavoro” come “funzionario di Dio” che cerca di fare carriera o cerca di usare il suo “potere temporale” come scriveva Don Tonino. Oppure si accontenta del quieto vivere e/o anzi cerca di ostacolare altri che “disturbano” la vita religiosa e missionaria con troppe proposte “radicali” e di cambiamento. Raoul Follereau diceva molto bene: “Non c’è che un modo per essere felici: vivere per gli altri!”Abbiamo bisogno più di testimoni che di maestri diceva molti anni fa Papa Paolo VI° riferendosi a ciò che la gente comune, i cristiani esprimevano, desideravano, si aspettavano dalla Chiesa. E ancora oggi i poveri, i fedeli e anche i non credenti si aspettano di vedere questo da noi missionari, vescovi, preti e religiosi e da tutti i cristiani. Non è cambiato molto in questo….lo stesso Desiderio e la stessa Passione che tutti vorrebbero che il cristianesimo incarnasse. Papa Giovanni XXIII° diceva: “Non è l’evangelo che cambia, siamo noi che lo comprendiamo meglio”. Il cristianesimo è uno stile di vita, un credo, una fede, un modo di essere e soprattutto è una sequela da vivere in comunione e comunità. Discepoli di un Gesù Cristo che ci ha insegnato la Libertà interiore per la vita e lo ha fatto a sue spese in maniera radicale…sempre e comunque. Questa è l’unica via: la croce!!
In questo ritiro ho alternato ai momenti di preghiera e passeggiate nel parco, anche momenti di lettura della Bibbia e di un libro che mi ha sollecitato e provocato. Era un regalo di alcuni mesi fa di padre Alex e sono contento di averlo letto proprio ora e voglio raccomandarvelo se vi interessa. E’ di un grande prete domenicano sudafricano Albert Nolan, Jesus Today: a spirituality of radical freedom; Orbis book. Ve lo consiglio….non è roba solo da preti!!! Purtroppo è in inglese e non so se è già stato tradotto in italiano.
Non molto tempo fa (a volte esiste ancora…) c’era la tendenza nella Chiesa a separare lo spirituale dal “politico”, preghiera dal servizio per la giustizia, misticismo dalla profezia. Quelli che sentivano fame per la spiritualità non sentivano sete per la giustizia. La “politica” e le lotte per la liberazione erano sentite soprattutto cose mondane e non spirituali. Al contrario quelli che sentivano il fuoco e la passione per la giustizia e la libertà spesso pensavano che rintanarsi nella preghiera e nel misticismo era semplice fuga individualista e monacale.
Ma abbiamo avuto tanti testimoni che ci hanno dimostrato e vissuto in pienezza questa sintesi. Preghiera e giustizia come “due facce” della stessa medaglia. Penso a Tonino Bello, Lorenzo Milani, Dossetti, Daniele Comboni, Thomas Merton, La Pira, Oscar Romero, Dorothy Day, Raoul Follereau, Dietrich Bonhoeffer, Ezechiele Ramin, Ragheed Ganni, Pedro Arrupe, Helder Camara, Martin Luther King, Dalai Lama, Mahatma Gandhi e tanti altri anche di altre fedi. Quello che ci dovrebbe interessare è che in modo molto semplice profezia e mistica (preghiera-silenzio-Parola-meditazione-azione) formano un inseparabile pienezza nella vita e nella spiritualità di Gesù, il vero Maestro. Ed è esattamente questo Maestro che questi testimoni hanno seguito con grande libertà interiore….nonostante tanti problemi e accuse dentro e fuori la Chiesa.
In questa grande e stupenda casa dei gesuiti mi sono imbattuto in un librettino che parlava di padre Pedro Arrupe, superiore generale morto nel 1991 dopo 10 anni di una grave malattia. Un uomo che viveva la sua dimensione del servizio e la sua passione per Dio e per i poveri con una grande visione per la sua congregazione anche in mezzo a tante “incomprensioni” anche con il Papa. Alla sua morte molti lo chiamarono “il mistico con gli occhi aperti sul mondo”. Questo è quello che consigliava ai suoi: “Guarda con gli occhi di Cristo, va dovunque c’è più grande bisogno, servi la fede e promuovi la giustizia meglio che puoi e troverai Dio!”
In El Salvador, dopo l’assassinio del gesuita Rutilio Grande nel 1977 Arrupe scrisse: “Questi sono i gesuiti che il mondo e la Chiesa ha bisogno oggi: uomini che danno la vita per amore di Cristo, che servono i loro fratelli e sorelle senza distinzione di classe o razza. Uomini che sanno identificarsi con coloro che soffrono, vivere con loro al punto di dare la vita per aiutarli. Uomini coraggiosi che sanno come difendere i diritti umani fino all’estremo di sacrificare la loro vita se necessario.” E arrivò una minaccia dagli squadroni della morte governativi: “Uccideremo tutti i 47 gesuiti se non lasceranno il paese ora!” Arrupe rispose: “Potrebbero diventare martiri ma non lasceranno il paese, perché sono con il popolo di El Salvador”. Si era consultato con i suoi uomini prima di rispondere così. E altri gesuiti morirono per una grande causa. E molti del popolo morirono per la giustizia, la verità e la pace e insieme a loro anche un grande vescovo Monsignor Oscar Romero.
Una grande lezione di vita di grandi uomini e religiosi che proprio nel loro ministero e nel loro credo hanno voluto mostrarci che non è necessario avere grandi doti e intelligenza ma soprattutto mettersi nelle Sue mani e lasciare che ci conduca dove Lui vuole.
Ci sono coordinate visibili che riguardano la vita di relazione: la famiglia, i confratelli, le amicizie, i colleghi di lavoro ecc.. Oppure altra coordinata visibile è quella che la Bibbia chiama la terra e che riguardano almeno queste realtà: il corpo, il lavoro, lo studio e il denaro. Senza dimenticare la società, la cultura, la politica, lo sport, il divertimento….e soprattutto il senso della vita, del futuro!
Le coordinate invisibili sono anche in genere “reali” nella nostra esistenza. Perché, secondo quanto diceva il racconto “Il piccolo principe”, le cose invisibili si vedono bene soltanto con il cuore. Però sono proprio quelle che contano! E allora l’Invisibile ci dona tre P: Provvidenza, Parola e Promessa. Sì perché Dio promette!! Spesso nella nostra vita ci sono momenti di Grazia, di vera conoscenza di Dio. Però poi questi momenti si sbriciolano, vengono meno, sono dimenticati non perché non erano momenti importanti bensì perché non ci siamo preoccupati di farne memoria. La legge del memoriale (e il cristianesimo è fondato sull’Eucaristia, memoriale della morte del Signore) è psicologica, spirituale e non va trascurata altrimenti l’entusiasmo svanisce. Bisogna mettere segni visibili di quelle che sono coordinate invisibili decisive per la nostra vita, momenti indelebili che ci aiuteranno per tutta la vita.
Come cristiani viviamo un memoriale attualizzato che è l’Eucaristia, sia nella forma del sacrificio della Messa, della Comunione. La memoria continuata è la Bibbia. Mentre l’Eucaristia è come la sintesi dei doni di Dio, la Scrittura è la continua esplicitazione di tali doni. Leggere la Bibbia è fare memoria delle coordinate invisibili della nostra vita.
Vorrei donarvi un esempio di ciò che ho scritto fino ad ora….forse un po’ confusamente ma che ritengo importanti perché è la sfida che ognuno si trova davanti: il senso della propria Vita. Credo che poi alla fine della lettura della testimonianza di padre Ragheed e della lettera del suo amico musulmano capirete meglio ciò che ho voluto condividere.
Testimonianza sull’Eucaristia data da Padre Ragheed Ganni al Convegno Eucaristico Italiano in Maggio 2004 a Bari.
"I cristiani Mosul non sono teologi; alcuni sono anche illetterati. E nonostante tutto, da molte generazioni abbiamo una verità che si è incarnata in noi: senza l’eucaristia domenicale non possiamo vivere.
Questo è ancor più vero oggi, quando il male ha raggiunto il punto di distruggere chiese e uccidere cristiani, qualcosa che non era mai successo fino ad ora in Iraq. Nel Giugno 2003, un gruppo di giovani ragazze stavano pulendo la chiesa per prepararla per la messa domenicale. Mia sorella Raghad, che ha diciannove anni, era con loro. Mentre stava portando un secchio d’acqua per bagnare i fiori, due giovani con una macchina si avvicinarono alla chiesa e gettarono una granata che esplose pochi metri vicino a lei.
Fu ferita ma sopravvisse. E quella domenica celebrammo lo stesso la messa. I miei genitori intimoriti erano là anche loro. Per me e per la mia comunità le ferite di mia sorella erano una sorgente di incoraggiamento e forza così che anche noi potessimo portare la nostra croce.
L’Agosto scorso nella chiesa di St. Paul, una macchina esplose dopo la messa delle 6 serali. L’esplosione uccise due persone e ferì molti altri. Ma anche questo fu un miracolo perché la macchina era piena di bombe ma solo una esplose. Se fossero esplose tutte contemporaneamente i morti sarebbero stati centinaia in quanto 400 fedeli erano venuti quella sera. La gente non poteva credere a ciò che era avvenuto. I terroristi possono pensare che possono uccidere i nostri corpi o il nostro spirito facendoci paura ma alla domenica le chiese sono sempre piene. Essi possono tentare di ucciderci, toglierci la vita ma l’Eucaristia ce la restituisce.
Il 7 Dicembre, alla vigilia dell’Immacolata Concezione, un gruppo di terroristi tentò di distruggere la casa del vescovo Caldeo, che è vicino al santuario di Nostra Signora del Tigri, un luogo venerato contemporaneamente da cristiani e musulmani. Essi piazzarono bombe dappertutto e qualche minuto più tardi fecero saltare in aria tutto. Questi fatti e la violenza fondamentalista contro giovani cristiani hanno forzato famiglie a scappare. E nonostante tutto le chiese sono rimaste aperte e la gente continua a venire a Messa, anche in mezzo alle rovine.
E’ proprio in mezzo a queste difficoltà e violenza che comprendiamo il vero valore della Domenica, il giorno che incontriamo il Signore Risorto, il giorno della nostra unità e amore, della nostra solidarietà e aiuto. Ci sono giorni in cui mi sento molto fragile e pieno di paure. Ma quando, tenendo l’Eucaristia, dico: “Ecco l’Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo…” sento la Sua forza dentro di me. Quando tengo l’Ostia nelle mie mani è veramente Lui che sta portando me e tutti noi, sfidando i terroristi e tenendoci uniti nel suo infinito amore.
In tempi normali, ogni cosa è presa come abitudine e noi dimentichiamo il più grande dono che Lui ci ha fatto. Ironicamente, è grazie alla violenza dei terroristi che abbiamo veramente imparato cos’è l’Eucaristia, il Cristo che è morto e risorto che ci dà Vita. E questo ci dà forza di resistere e di sperare".
E quale migliore dono in questo Memoriale di Pasqua: Vita, morte e Risurrezione di Cristo!!
Una lettera di un amico musulmano a padre Ragheed Aziz Ganni assassinato con altri tre diaconi dopo la Messa a Mosul, Iraq, il 4 Giugno 2007.
In nome del compassionevole e misericordioso Dio
"Ragheed, fratello mio!
Ti chiedo perdono per non essere stato con te quando i criminali hanno aperto il fuoco su di te e i tuoi fratelli. Le pallottole che hanno oltrepassato il tuo puro e innocente corpo, sono passate anche nel mio cuore e nel mio spirito.
Tu sei stato una delle prime persone che incontrai quando arrivai a Roma. Ci incontrammo all’entrata dell’Angelicum dove bevavamo il nostro cappuccino nella caffetteria dell’università. Mi impressionasti per la tua innocenza, gioia, il tuo puro e dolce sorriso che mai ti ha lasciato. Sempre ti ricordo sorridente e pieno di zelo per la vita. Ragheed sei l’innocenza personificata, un’innocenza saggia che porta nel tuo cuore i dolori del tuo infelice popolo.
Ricordo una volta, nel refettorio dell’università, quando l’Iraq era sotto l’embargo, tu mi dissi che il prezzo di un solo cappuccino avrebbe soddisfatto i bisogni di un’intera famiglia irachena per un’intero giorno.
Mi dissi questo come se ti sentissi in colpa per essere lontano dalla tua gente perseguitata e incapace di condividere le loro sofferenze. Infatti ritornasti in Iraq non solo per condividere le sofferenze e il destino del tuo popolo ma anche per aggiungere il tuo sangue al sangue di migliaia di Iracheni uccisi ogni giorno. Non dimenticherò mai il giorno della tua ordinazione 31Ottobre 2001 nella Pontificia Università Urbaniana….con lacrime agli occhi tu mi dissi: “Oggi…sono morto a me stesso!” ….una cosa difficile da dire.
Non la compresi al momento, o meglio non la presi seriamente come avrei dovuto….Ma oggi attraverso il tuo martirio l’ho compresa…Sei morto nel tuo corpo e nel tuo spirito per essere risuscitato dal tuo amato, dal tuo Maestro, e così che Cristo possa risorgere in te, nonostante le sofferenze, dolori, caos e pazzie.
In nome di quale dio di morte ti hanno ammazzato? Nel nome di quale paganesimo ti hanno crocifisso? Davvero sapevano cosa stavano facendo?
O Dio, noi non ti chiediamo rivincite o vendette. Ti chiediamo la vittoria della giustizia sulla falsità, la vita sulla morte, l’innocenza sul tradimento, del sangue sulla spada.
Il tuo sangue non sarà stato versato invano, caro Ragheed, perché con esso tu hai benedetto il suolo del tuo paese. E dal cielo, il tuo dolce sorriso continuerà ad accendere il buio delle nostre notti e ad annunciarci un domani migliore.
Chiedo il tuo perdono, fratello, perché quando i viventi si radunano insieme pensano di avere tutto il tempo del mondo per parlare, visitare e condividere sentimenti e pensieri.
Tu mi invitasti a venire in Iraq….sognai quella visita, visitare la tua casa, i tuoi genitori, il tuo ufficio…..
Non avrei mai pensato che sarebbe stata la tua tomba che un giorno avrei visitato o che sarebbero stati i versi del mio Corano che avrei recitato per il riposo della tua anima.
Un giorno, prima del tuo primo viaggio in Iraq dopo una lunga assenza da casa, ti accompagnai a comprare alcuni souvenirs e regali per la tua famiglia. Mi parlasti del tuo futuro lavoro e dicesti: “Vorrei essere pastore della mia gente partendo dalla carità prima ancora della giustizia.” Era difficile per me vederti come un’uomo del codice canonico…. E oggi il tuo sangue e martirio parlano per te, un verdetto di fedeltà e pazienza, di speranza contro tutte le sofferenze, la sopravvivenza, invece della morte e di ogni altra cosa.
Fratello, il tuo sangue non è stato versato invano, e sull’altare della tua chiesa non è stata una mascherata….. Tu assumesti il tuo ruolo con profonda serietà fino alla fine, con il sorriso che mai si spegnerà….mai!
Il tuo carissimo fratello ADNAN MOKRANI"
Professore di Studi Islamici presso l’Istituto per gli Studi di Cultura e Religione della Pontificia Università Gregoriana - Roma
La bellezza della fede in Dio ci fa superare barriere razziali, culturali e linguistiche esattamente per scoprire che Lui è già là nei cuori e nelle storie della gente. Per farci sentire fratelli e in comunione per dire basta ad ogni guerra e ingiustizia e per costruire davvero un mondo migliore!! Lui ci accomuna tutti…..
E’ proprio così! Quest’anno la quaresima qui da noi è proprio lunga. L’abbiamo iniziata immediatamente dopo Natale a causa delle elezioni politiche avvenute nel paese e i successivi scontri. E’ una quaresima di sofferenza, morte e divisioni…portare la propria croce era l’invito di Gesù. Una lunga via crucis che si snoda sulle strade e i viottoli degli slums e di questo stupendo paese. Non abbiamo nemmeno goduto il tempo del Natale, della festa del bambino Gesù e di tutti i bambini di Korogocho che dopo il 27 Dicembre l’atmosfera nel paese è cambiata da festa e celebrazioni a morte, devastazione, sangue e divisione nel giro di pochissime ore!
Il giorno delle elezioni il popolo Keniano ha risposto in maniera stupenda e pacifica andando alle urne molto presto la mattina con code lunghissime fino a sera tardi. Le elezioni si svolgevano in un giorno solo e 14 milioni di persone erano attese alle urne. E’ stata una prova di democrazia che il popolo ha voluto mostrare al mondo con tantissimi giovani in più che hanno votato rispetto alle elezioni del 2002. C’era grande attesa soprattutto preparata dai mass media che per mesi e mesi ci avevano imbottito di slogans e con le campagne elettorali dei politici molto etniche, con accuse reciproche molto pesanti tra i 3 maggiori candidati presidenziali. Ma nel giorno delle elezioni c’era grande ordine e disciplina nel paese. Nessuno si sarebbe aspettato ciò che qualche ora dopo avremmo assistito inermi. Lo spoglio delle schede ebbe inizio il giorno seguente e regolarmente riportate dai tutti i mass media. C’erano dei risultati contraddittori che venivano annunciati da diverse radio e televisioni ma sembrava chiaro che l’opposizione del partito ODM di Raila Odinga era in netto vantaggio di quasi 1 milione di voti rispetto a quella del presidente Mwai Kibaki del PNU. La voglia di cambiamento da parte della gente che per molti mesi si era respirata in gran parte del paese veniva confermata con una vittoria netta in parlamento di quasi il doppio dei parlamentari rispetto al fronte del PNU. Anche per le amministrative comunali i risultati parlavano chiaro con un grande numero di preferenze per l’ODM in quasi tutte le maggiori città e paesi del Kenya.
I cittadini Keniani avevano mandato il loro messaggio anche al governo uscente mandando a casa 24 ministri del governo del presidente Kibaki che si erano ripresentati nelle loro circoscrizioni ma che erano stati battuti da candidati dell’opposizione. Un messaggio chiaro e deciso che la gente voleva cambiare rotta.
Ma qui è intervenuta la Commissione Elettorale Keniana che con il suo leader Mr. Samuel Kivuitu, che sembrava integerrimo e fidato nei mesi di faticosa preparazione delle elezioni, ritardava l’annuncio per tre giorni dei risultati presidenziali. Ogni volta che incontrava la stampa prendeva tempo, rispondeva a tutte le domande ma non annunciava granchè di risultati e solo parziali adducendo ragioni di mancato arrivo di risultati da alcune zone del paese. Guarda caso sarebbero state proprio quelle zone meglio servite dai mezzi di comunicazione del paese e più vicine alla centrale di spoglio elettorale: alcune circoscrizioni come Nairobi, Central e Eastern Zone. Queste circoscrizioni erano nelle mani dei due candidati presidenziali Kibaki e Musyoka. Intanto nel paese cominciava a serpeggiare il malcontento in quanto queste elezioni più di altre erano state coperte pienamente dai mass media e quindi tutto era più che pubblico. Il 29 dicembre, due giorni dopo le elezioni, si sapevano già i risultati del parlamento e delle amministrative comunali ma solo parzialmente quelle presidenziali. Che strano!! E Kivuitu dava già segni di stanchezza e di non essere più in controllo della situazione.
In alcune zone del paese e soprattutto negli slums di Nairobi cominciava ormai la sommossa. Sopratutto a Kibera/Langata circoscrizione del candidato dell’opposizione Raila Odinga dove già in quella giornata si registravano alcuni scontri, incendi e uccisioni prima della notte del 29 sera. L’annuncio a sorpresa verso le 18 di domenica 30 dicembre che il vincitore delle elezioni era il presidente uscente Mwai Kibaki e il suo successivo giuramento fatto qualche minuto dopo alla presenza di pochi intimi e in fretta e furia a State House, apriva una crisi politica, economica e sociale che non aveva precedenti nella storia keniana.
L’ annuncio blindato da cordoni di polizia e senza i giornalisti del leader dell’ECK Kivuitu è diventato il grido di lotta di molti giovani che si sentivano defraudati di una elezione presidenziale che molti osservatori internazionali e della società civile keniana hanno giudicato con grandi ed evidenti brogli elettorali. Da notare che tre giorni dopo l’annuncio del vincitore alla domanda fatta da alcuni giornalisti a Kivuitu se fosse sicuro che il vincitore fosse Mwai Kibaki, lui rispose tranquillo: “Non lo so!” accendendo un’ulteriore rivolta nel paese. Le accuse vanno dalla sostituzione indebita dei numeri dei voti conteggiati totali da parte di commissioners del’ECK (delegati al conteggio dei voti) a urne aggiunte al conteggio finale, a seggi dove la percentuale di votanti arrivava anche a 116%. Insomma una situazione assurda dove da quasi un milione di voti di differenza del candidato dell’opposizione Raila Odinga si era passati nel giro di poche ore al vantaggio di circa 250.000 voti in favore di Mwai Kibaki. I commenti di giornalisti, osservatori e di funzionari di ambasciate erano che non si era mai visto che la statistica che è una scienza quasi perfetta possa fallire in un conteggio a poche ore di differenza!!
Poi le accuse reciproche dei due partiti di brogli elettorali da entrambi le parti ma con l’evidenza che la macchina elettorale era nelle mani del governo uscente e quindi del partito del PNU.
Quello che la gente non si capacitava era che l’opposizione aveva vinto con stragrande maggioranza in parlamento e nelle amministrative ma non nelle presidenziali. E qui il paese piombò in grandi divisioni, uccisioni, sangue e distruzione soprattutto nelle maggiori città del Kenya: Nairobi, Mombasa, Eldoret, Kisumu. Guarda caso in tutte queste città i luoghi dove è scoppiata la rivolta erano slums, baraccopoli o quartieri poveri dove abita la stragrande maggioranza della popolazione e dei votanti. Molti di loro sostenitori del partito di opposizione ODM. Anche nelle zone rurali della Rift Valley giovani dell’etnia Kalenjin cominciarono ad assaltare alcune fattorie mandandole a fuoco e uccidendo brutalmente uomini, donne e bambini. Da registrare davvero situazioni di grande dolore e commozione in alcune parti del paese. L’evento avvenuto il 1° Gennaio 2008 che più è passato e rimarrà nella storia e nelle menti e occhi dei keniani è il rogo di 50 persone, soprattutto donne e bambini perpetrato in una chiesa chiamata Kenya Assemblies of God ad Eldoret da parte di alcuni giovani kalenjin sembra pagati per fare questa azione. Non era mai successo in Kenya che bruciassero o attaccassero una chiesa….Mai dire mai!! La ferocia e la disumanità con la quale hanno attaccato innocenti, donne e bambini è stata senza precedenti e non comune in questo paese che non aveva mai conosciuto guerre sul suo territorio in 45 anni di indipendenza. Alcuni gravi scontri tribali negli ultimi venti anni guarda caso sempre nei momenti di elezioni ma sempre contenuti dal dittatore presidente Daniel Arap Moi che mantenne il potere per 24 lunghi anni. La prima settimana di scontri erano di reazione ai brogli elettorali da parte di giovani e dei cittadini. In alcune zone le opposte fazioni si erano già organizzate sia da una che dall’altra parte per offendere in caso di sconfitta. E qui è scattato il fattore etnico e della criminalità organizzata per seminare panico e paura in alcune zone del paese. Dalle città e slums ora la guerra si era propogata anche nelle zone centrali del paese e sulle vie di comunicazione dove i bus, camions e matatu venivano fermati e agli occupanti chiesto le loro carte d’idendità. Se eri di un’etnia della fazione di uno dei due partiti contendenti uccidevano, derubavano e ferivano. Stupri, sulle donne ma anche su uomini, sono stati migliaia in tutto il paese dovuto a questo fattore etnico che diventava la miccia per queste azioni di umiliazione e di sopruso sessuale.
La guerra ora era diventata etnica soprattutto tra poche etnie 3-4 su oltre le 42 che occupano il paese: Luo, Kikuyu, Luhya e Kalenjin. Infatti gli scontri, incendi, uccisioni, stupri e altro sono state perpetrate solo nelle zone geografiche di queste etnie: Nyanza, Central, Nairobi, Eldoret, Rift Valley, Western. Bisogna anche dire che queste sono anche le zone più popolose del paese e anche con grande disparità economica e sociale. Nelle altre zone del paese non vi sono stati scontri e uccisioni. Gli altri cittadini del Kenya assistevano inermi ed esterrefatti a ciò che stava accadendo nelle altre parti del paese. Un bollettino di guerra che è continuata per circa un mese e mezzo e ora dopo circa 2 mesi e mezzo contiamo le perdite. Oltre 1500 i morti accertati e quasi 400 mila rifugiati interni . Cittadini keniani di etnie diverse (soprattutto Luo, Kikuyu, Kamba e Luhya) che hanno avuto solo “la colpa” di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato del loro paese. Hanno perso tutto: da familiari, casa, lavoro, proprietà, bestiame, denaro e la propria pace. Rifugiati all’interno del proprio paese!!
La pazzia ha preso il sopravvento in pochi giorni e poche centinaia o migliaia di persone hanno condannato i loro fratelli e sorelle, cittadini di questo paese a vivere nella paura e nella divisione etnica. I politici che hanno usato questi giovani per loro motivi strumentali devono pagare di fronte ai loro cittadini. Se all’inizio era una rivolta da parte dei cittadini, giovani e poveri scontenti dei risultati falsificati, nelle fasi successive era evidente che questo era stato organizzato e perpetuato per continuare a mantenere il paese nel caos. E qui la criminalità e le milizie organizzate hanno preso il sopravvento per derubare e incutere terrore dovunque anche nei nostri slums di Nairobi e di Korogocho, prendendo l’occasione di uccidere, saccheggiare e fare vendette.
Leggendo qualche tempo fa Kapuscinski, un reporter polacco che amava l’Africa e ha scritto diversi libri interessanti, mi sono ricordato di una sua frase particolare che condivido pienamente e che propongo anche a voi per stimolarvi:
“I poveri, di solito, stanno zitti. La miseria non piange, non ha voce. La miseria soffre, ma soffre in silenzio. La miseria non si ribella. Infatti, i poveri insorgono solo quando pensano di poter cambiare qualcosa.” Ryszard Kapuscinski, Autoritratto di un reporter, Feltrinelli.
Parole pesanti ma che fotografano la situazione del Kenya di questo tempo. Infatti i poveri e i giovani sono insorti almeno inizialmente contro il sopruso di elezioni truccate perché pensavano di poter cambiare qualcosa con il loro voto. Un popolo con grandi disuguaglianze al suo interno con grandi problemi decennali mai affrontati.
L’iniqua distribuzione della terra in mano a pochi milionari, politici e multinazionali. La povertà stagnante di oltre il 60% dell’intera popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno. Istituzioni obsolete che non rispondono più ai bisogni della gente e di questo tempo globalizzato. Una costituzione completamente da rifare che riconosce i pieni poteri assoluti soltanto al presidente dimenticando totalmente una qualsiasi devolution of power. Un’economia che cresce al 6-7% annuo ad appannaggio soltanto dell’elite e media borghesia. Una corruzione dilagante. Una disoccupazione giovanile al 40-50%. L’accusa anche sostenuta dalle statistiche che la distribuzione delle risorse del paese ha seguito negli ultimi 45 anni linee tribali, favorendo l’elite e una sola etnia (quella Kikuyu del presidente) rispetto alle altre 42 etnie. Un paese che è annoverato tra i primi 10 paesi al mondo per disuguaglianza tra ricchi e poveri e quinto in Africa. Politici che solo l’elite e una casta intoccabile di questo paese e molto lontani dai bisogni della gente. La Mount Kenya Mafia ha in mano il potere politico-economico ed è tra quel 10% ricco che detiene il 42% delle entrate di tutto il paese mentre il 10% più povero conta sullo 0,76%. Cioè un ricco guadagna 56 shellini, un povero ne guadagna 0.80.
Differenze sociali enormi tra province Keniane per esempio: 20,000 persone per un dottore nella provincia Centrale (Kikuyu) e la provincia Nord Est 120,000 persone per un dottore.
La percentuale di chi vive sotto il livello della povertà in Nairobi è del 44% in media cioè vuole dire che in alcune zone la povertà non esiste o è minima e in altre è molto alta.
Il 93% delle donne nella zona Nord Est sono illetterate mentre nella Central solo il 3%. Su 2,140 consiglieri comunali eletti nel 2002 solo 97 sono donne. E su 210 onorevoli al parlamento solo 9 erano di sesso femminile.
Le disuguaglianze esistono e sono evidenti con numeri e statistiche nazionali da decenni forniti anche dai vari ministeri. Portano a discriminazione ed esclusione di cittadini ed intere etnie diventando anche materia di ingiustizie sociali, abuso dei diritti umani e bad governance.
Quello che più mi sorprende è che questo scenario che stiamo vivendo proprio in questo tempo era già stato previsto quasi 10 anni fa da questi “possibili scenari” che questi due istituti avevano predetto dopo due anni di studi sociali, politici ed economici dal 1998 al 2000. Tra l’altro si legge:
“Riconosciamo che molte persone hanno cercato di affrontare le crisi strutturali in Kenya e che le proposte e azioni degli ultimi tempi tentino di risolverle. Tuttavia, mentre questi attori possono capire i pericoli di un irreversibile declino, è anche importante che comprendano le implicazioni di “piccole riforme”. Secondo il nostro team, il futuro del Kenya sarà determinato quindi dall’interazione di due importanti incertezze:
1. Quando e come il recupero economico avverrà?
2. Quando e come noi determineremo come saremo governati e quale saranno le basi della legittimità politica?
.....se i trends degli ultimi 10-15 anni continueranno, i problemi del Kenya saranno solo peggiori. Dobbiamo urgentemente rifiutare istantanee e non complete soluzioni ma cercare e applicare soluzioni che possano resistere nel tempo. Se il Kenya vuole prosperare , bisogna prevedere un nuovo clima politico ed economico. I cambiamenti non verranno senza sofferenze e ad ogni costo. Ci dovranno essere cambi radicali per riavviare l’economia, grosse riforme politiche e riorganizzare le Istituzioni chiave del Kenya.
......il team prevede quattro possibili scenari non necessariamente indipendenti l’uno dall’altro.
El Nino scenario: La confusione e l’inerzia continuerà a scoraggiare gli sforzi per una riforma dell’economia e della politica? In questo caso, lo status quo è mantenuto, le tensioni cresceranno e il paese si dividerà in distretti etnici con un nuovo sistema di governo al loro interno.
Maendeleo (Sviluppo) scenario: La trasformazione si limiterà nel riordinare l’economia resistendo ad accordi sul cambiamento delle strutture politiche e ambientali? In questo caso, i vantaggi economici non dureranno a lungo perché tensioni politiche insorgeranno e richiederanno di essere risolte per preservare i vantaggi economici futuri. Inizialmente ci potrebbero essere dei vantaggi ma questa soluzione è piena di disuguaglianze e instabilità.
Katiba (Costituzione) scenario: La trasformazione si focalizzerà sulla riorganizzazione istituzionale e la creazione di istituzioni locali democratiche e trasparenti mentre si ignoreranno le riforme economiche? In questo caso, nonostante l’emergere di istituzioni responsabili, il Kenya non raggiungerà trasformazioni economiche sostanziali.
Flying geese (Anatre che volano) scenario: Ci sarà davvero un cambiamento definitivo della politica distruttiva? Le parti politiche in causa si renderanno conto che le loro aspirazioni e posizioni sono irrealizzabili per tutto il paese? Ci sarà un assetto politico dove le parti possano lavorare insieme? La riorganizzazione delle istituzioni che rifletta la diversità del popolo keniano migliorerà la loro rappresentazione e partecipazione? Sarà accompagnato da radicali trasformazioni economiche per migliorare la crescita e la distribuzione delle risorse? In questo caso se tutti gli attori si adopereranno per questa trasformazione, il Kenya può raggiungere una democrazia inclusiva e una crescita economica.
Ricordate…queste storie sono solo delle previsioni. Sono solo scenari che il Kenya potrebbe affrontare nei prossimi anni……
Questo è stato scritto quasi dieci anni fa e il documento intero è molto molto più interessante perché prende in esame le disuguaglianze e lo stato sociale del Kenya dalla fine degli anni 90. Questi scenari ci danno una visione del nostro presente ma anche del nostro futuro se non lavoriamo sodo tutti quanti, Chiesa compresa. Altrimenti non valgono le lacrime di coccodrillo….quando i segni dei tempi sono sempre stati evidenti…..
La diplomazia internazionale continuava a lavorare dietro le quinte e nel giro di due mesi abbiamo visto una decina di mediatori susseguirsi nei colloqui di “pace” tra i due contendenti. Che a dire il vero non mostravano mai di impegnarsi più di tanto nei colloqui nonostante che fuori la gente continuasse a morire e il patrimonio nazionale e privato della gente andasse in fumo. I turisti fuggivano dalle spiagge della costa e dal paese e l’economia e i vari settori ne hanno risentito pesantemente. Si parla di un milione di posti di lavoro persi in questi due mesi di pazzia!!
Tra i mediatori di pace il primo a farsi avanti è stato Monsignor Desmond Tutu dal Sudafrica, premio nobel per la pace. Ma il suo tentativo non andrà molto avanti così come quello di Kofuor, presidente del Ghana e dell’Unione Africana. Poi è la volta della Frazer assistente per l’Africa di Condoleeza Rice degli USA. Logico che qui il peso politico è diverso degli altri due…ma anche lei fa un buco nell’acqua. Viene anche un importante ministro inglese anche lui per far notare l’importanza del Kenya nello scacchiere africano e internazionale. E poi Ki-Moon, messaggi di Bush e di tanti altri primi ministri di grandi paesi. E poi Ramaphoosa, diplomatico sudafricano riconosciuto come un ottimo mediatore ma che il governo/PNU rifiuta per supposti contatti e affari con l’opposizione. Sarà poi vero?? Sembrava davvero che i due fronti non volessero dialogare per trovare una soluzione per l’intero paese e soprattutto per tutte le etnie e per i poveri che erano di nuovo quelli che stavano pagando questa crisi. Si chiede pace ma anche giustizia e verità! I vescovi e i leaders delle maggiori Chiese Keniane e altri leaders di altre religioni hanno tentato qualche mediazione ma sin da prima delle elezioni avevano già dimostrato di aver preso posizione all’interno di schieramenti politici e questo era ben risaputo dalla opinione pubblica. L’esempio del referendum costituzionale del 2005 era ancora nei ricordi dell’elettorato. Non erano più considerati credibili. Una situazione davvero di stallo dove gli interessi in gioco erano molti e diversificati e il tempo era breve. Fuori gli scontri continuavano e la gente moriva e stava diventando sempre peggio.
L’arrivo di Kofi Annan dà un po’ di sollievo anche se la speranza non è così al settimo cielo. E’ un ultimo tentativo….dopo questo non ci sono molte altre alternative: un eventuale e ulteriore blando tentativo di mediazione delle chiese e della società civile; la guerra civile; le milizie e criminali che prendono il sopravvento finale. Oppure richiamo delle truppe di contrapposizione delle Nazioni Unite per occupare il paese.
Tutti tentativi estremi e davvero radicali che nessuno si augurava.
E’ stata molto dura e c’è voluto più di un mese di dialogo e mediazione di Kofi Annan con grandi pressioni internazionali americane, europee e inglesi tanto per dimostrare come il Kenya ha un particolare e grosso interesse per queste superpotenze. E questa superattenzione ha salvato il Kenya altrimenti avrebbe seguito la scia dell’olocausto del Rwanda. Tutti si ricordano come nel 1994 in tre mesi 1 milione di persone sono state trucidate. E il Rwanda non era il Kenya….non interessava a nessuno sulla tavolozza degli schieramenti geografico, militari, economici e politici dei grandi. L’assurdità della politica e della vita!!
Dopo parecchi stalli registrati da Annan con i due gruppi ristretti a 5 rappresentanti dei due partiti contendenti, credo anche stanco e stufo della situazione, fa il colpo di mano e va direttamente a dialogare con Kibaki e Odinga. Sembra che accettino e si annuncia partita vinta. Gli ultimi tre giorni prima della firma dell’accordo tra i due sono stati pieni di tensione quando venne annunciata la notizia del dialogo interrotto tra le parti in trattativa. La paura era che di nuovo si ritornasse agli scontri. E stavolta ad una vera e propria carneficina. Tutte e due le parti hanno avuto ampio tempo e ora sono riarmate.
Annan ha fatto il colpo grosso! A sorpresa di tutti e insieme al primo ministro della Tanzania, Kikwete firmano un documento storico per il Kenya dove Kibaki e Raila riconoscono di dover lavorare insieme e di cambiare parzialmente la costituzione inserendo il ruolo del primo ministro con altri due vice premiers e altri emendamenti importanti che devono però essere approvati dal parlamento. Logicamente nell’agenda a lungo termine rimane il problema della terra, le disuguaglianze presenti nel paese, i giovani, la distribuzione delle risorse, il cambio della costituzione e di alcune istituzioni del paese e altro.
Annan se ne va da “eroe”! Ha ottenuto molta gloria e credibilità dopo questa azione di pazienza di un mese dentro uno dei più lussuosi hotel a cinque stelle di Nairobi, sede dei dialoghi tra le parti. Anche questo, simbolo assurdo di uno scollamento tra la gente e la politica. Tutto era paralizzato nel paese aspettando il resoconto di questa trattativa tra soli politici. Ora la parola va al parlamento e in questi giorni sembra che ci siano le premesse che tutte le proposte possano essere accettate dai legislatori per fare questi importanti emendamenti alla costituzione. Nei prossimi anni, prima delle nuove elezioni tra qualche anno, bisognerà mettere mano alla costituzione, alla cosiddetta devolution of power e alle varie istituzioni che non facilitano la democrazia e la partecipazione del popolo nell’ usufruire delle risorse nazionali e di una sana vita politica.
E’ ancora lunga la via verso la vera Pace, la Giustizia e la Verità in questo paese. Ma c’è una cosa molto bella che è il risveglio dei giovani in positivo e in negativo purtroppo. Tra le tante migliaia di giovani che hanno manifestato o che non hanno partecipato a nessuna di queste manifestazioni di massa ci sono tantissimi che sentono come grande ingiustizia ciò che sta accadendo. Molti di loro si sono prodigati ad aiutare e aiutarsi nonostante siano di etnie diverse. Si sono resi conto di essere stati manipolati da alcuni che hanno i loro interessi a farlo. E’ la speranza per il futuro di questo paese e saranno loro comunque a portare il peso dei cambiamenti che avverranno e non certo i Raila o i Kibaki o i politici di turno.
E’ davvero un momento importante per il Kenya, un Kairos unico per ricostruire un paese nuovo su basi interetniche e di giustizia sociale. Spero sia compreso da tutti, dai politici, dai ricchi, dai diplomatici, dai militari, ma soprattutto dai poveri e dai giovani, perché poi saranno loro che andranno a votare per scegliere il loro futuro sperando che i politici di turno accettino il verdetto!!
Ci affrettammo a rientrare in baracca. Ferruccio non si rese conto della gravità della situazione. Con Padre Paolo cercammo di decidere cosa fare. Prima di tutto chiamammo la polizia contro ogni minaccia dei Mungiki. Era l’unica cosa da farsi! Inutile! La linea del capo della polizia della zona era libera ma nessuno rispondeva e lo sarà per ancora due ore.
Intanto dopo mezz’ora che avevamo lasciato i giovani armati, dal villaggio vicino di Ngomongo si cominciarono a sentire grida e urla di dolore, sofferenza e di pianto. Questa guerra continuò per 8 ore ininterrotte con luci di fuochi che provenivano da fuori della porta della nostra baracca. Baracche che venivano bruciate poco più in là!! Stavamo assistendo inermi a distruzione, morte e incendi di case senza poter reagire. Continuammo a telefonare alla polizia e finalmente mi risposero alle 22. Spiegai cosa stava succedendo e sperammo che arrivassero velocemente. Invece presero altre 5 ore. Ora la guerra era totale da ambo le parti si attaccava e ci si difendeva. Tutti i villaggi erano in subbuglio, confusione, grida, dolore e paura. Il buio della notte era squarciato solo dalle urla di chi attaccava e di chi sosteneva con altri approvvigionamenti di sassi e panga e altri strumenti di offesa. Voci di uomini e di donne insieme, di giovani che cercavano anche di approfittare della situazione per saccheggiare.
Alle 3,30 del mattino raffiche di spari per una decina di minuti….poi il silenzio di tomba fino alle prime ore dell’alba. Mandammo a Kariobangi Luca il volontario insieme a Federico, un’ospite che ci era venuto a trovare e a Ferruccio, per evitare che fossero in pericolo. Prevedavamo infatti altri attacchi di vendetta. Rimanemmo soli io e padre Paolo così per due settimane. Gino era andato in vacanza a Kisumu e là aveva trovato anche lui i suoi problemi a ritornare; padre John e fratel James e Robert erano andati a votare ai rispettivi seggi lontano da Nairobi ma al sicuro.
Era domenica mattina. Visitai subito all’alba il luogo di confine che divide le etnie Luo/Luhya e Kikuyu. Era la desolazione. Ancora fumo e tanta gente che cercava di portar via ciò che era rimasto. C’erano ancora molti GSU, i celerini Keniani che erano arrivati durante la notte per dividere i contendenti su tutta la linea che divide il crocevia e la nostra chiesa di St John e la scuola elementare statale di Ngunyumu. Pieno di soldati dovunque…. Il bilancio di quella infausta notte è stato di 7 morti: 3 uomini, due donne e due bambini!! E molti feriti… Con alcune donne rapite dai mungiki….Quella mattina alle due messe saranno venute soltanto 30 persone!! Ma abbiamo celebrato la Vita contro la morte che abbiamo visto con i nostri occhi, le nostre orecchie, abbiamo annusato. La gente aveva paura di venire in chiesa e chi c’era aveva paura di ritornare a casa ora. Per almeno un mese i cristiani di diverse chiese avevano timore ad andare alle loro chiese per paura di essere attaccati per strada in qualsiasi momento della giornata soprattutto se eri di una certa etnia. Vedevamo l’assurdo di una politica e dei politici che erano sempre stati così lontani dai poveri di Korogocho e del Kenya e ora chi si faceva la guerra erano proprio poveri contro poveri!! Cristiani contro cristiani!!
Tentammo di iniziare a dialogare con gli anziani delle varie etnie perché sapevo che sarebbero tornati poi a vendicarsi. I commenti della gente erano molto violenti e non promettevano nulla di buono. Infatti la giornata passò in grande tensione tra i due gruppi divisi soltanto da una fascia deserta e distrutta di case e strade di circa 200 metri ma guardandosi in cagnesco da una postazione all’altra. Il confine tra queste due aree di Korogocho è sempre stato oggetto di scontri etnici da tempi antichi. Ma questo furore e foga non si era mai visto. Sembrava che questa politica e i brogli elettorali avessero messo del fuoco nelle vene e nei commenti feroci e satanici di tanta gente. La notte scese con un silenzio assurdo….fino al mattino presto verso le 5 quando dalla parte di Ngomongo gruppi organizzati cominciarono ad attaccare i Kikuyu da questa parte del confine. Di nuovo grida e urla di dolore e di sofferenza. Rumori di metallo e acuti. Altre tre ore di guerra!! Altri morti e tanti feriti! Noi come sempre ad avvertire la polizia che come sempre arrivava in ritardo di qualche ora. Quanto sangue abbiamo visto in quei giorni nella nostra baracca quando venivano a chiedere il primo soccorso. Anche gente morire dissanguata con il cranio spezzato. Poi la calma….e così prendemmo la decisione di uscire e di cercare di vedere il da farsi mettendo insieme gli anziani e gente di buona volontà per cercare di fermare questa pazzia. E ci incontrammo con un gruppo che già parlava con la polizia e insieme ad altri pastori cercammo di calmare la gente soprattutto i giovani. E proponemmo di fare un corteo di pace verso la zona più violenta e pronta ad attaccare. La gente accettò ma quando ci incamminammo verso la zona dove c’erano centinaia di giovani armati fino ai denti di pangas, coltelli, machete e altri strumenti molti per paura ci lasciarono. Rimanemmo solo una ventina e proseguimmo con qualche timore ma con coraggio in mezzo a panga e machete che venivano mostrati alle gole di alcuni di noi! Gridavamo pace, pace…per il Kenya. Che non dovevamo essere noi a farci la guerra e che nessuno ci sarebbe venuto ad aiutarci se non trovavamo noi una soluzione. Ma ci rendevamo conto che la faccenda era più grande di noi…! Per assurdo i politici intanto se la godevano in qualche albergo a cinque stelle, lontani da queste pazzie umane e disumane!!
Era l’ultimo giorno dell’anno 2007 !!!
Riuscimmo a concludere il tragitto che ci eravamo prefissati di fare all’interno di quella zona dove venivamo insultati e minacciati. Alcuni di coloro che stavano con noi ci riferirono successivamente che senza di noi padri non saremmo riusciti ad uscirne. Ci ringraziavano di cuore. La gente ci aveva rispettato e ci rispetta per ciò che condividiamo a Korogocho. Il motto di quella giornata gridato dalle centinaia di giovani, uomini e donne e che fischiava nei nostri orecchi era: “No Raila, No Peace”!!
La notte di capodanno eravamo soliti fare un veglione di preghiera in chiesa e i giovani si ritrovavano per la veglia notturna e fare festa. Quella notte c’era un silenzio di tomba, quasi spettrale. Nessun botto e lancio di sassi sulle baracche come tradizione di ogni anno. La gente aveva paura e non conoscevamo cosa sarebbe successo nei giorni successivi!!
Il primo giorno dell’anno celebrammo la messa per la Pace con pochissimi intimi nella cappella. I nostri movimenti nello slum non erano bloccati da nessuno. Ci lasciavano passare dovunque tra i due schieramenti. Eravamo conosciuti e sapevano che cercavamo di lavorare per la pace, per il dialogo e cercare di venire ad un accordo.
Per tutta la settimana ci fu tensione e il cibo, l’air time per i telefonini per comunicare all’esterno, il carburante per le lampade e i fornelli non si trovavano più. E in altre parti di Nairobi vicine e lontane le cose non erano migliori che da noi. Uccisioni, saccheggi, incendi e divisione etnica. La lotta era tra Kikuyu e Luo. Molti di loro costretti a fuggire da dove vivevano perdendo tutto se dove risiedevano era di maggioranza Luo oppure viceversa. Molti di loro venivano fermati, feriti o uccisi e derubati dovunque passavano per le strade.
Capimmo come fosse importante mettere in gioco le chiese, i musulmani e i pastori. Dopo diversi meetings pubblici con amministratori locali dove molti espressero ciò che avevano visto e ciò che avremmo potuto fare, decidemmo di chiamare un meeting solo di pastori di chiese e invitammo anche l’imam che non venne. Ci trovammo con circa 50 pastori di chiese diverse e decidemmo di scrivere un documento comune che avremmo letto durante un grande meeting pubblico da farsi proprio sul confine di queste due etnie e villaggi, dentro la scuola statale di Ngunyumu. Il giorno arrivò e tutti i pastori fedelmente si fecero trovare all’appello. Era importante per dare un segno alla nostra gente che eravamo uniti e soprattutto di etnie diverse che volevamo lavorare insieme per il paese e soprattutto per il Signore!! C’erano anche qualche ospite venuto da fuori e tra loro anche il nostro padre generale comboniano Teresino Serra e il vicario generale p. Fabio Baldan di passaggio ma diretti in South Sudan, con il nostro provinciale Mariano Tibaldo e altri amici. E’ stato un momento importante e la tensione si respirava ancora. C’erano circa 500 persone non molte per Korogocho soprattutto bambini e donne ma gli uomini ci seguivano da lontano e ascoltavano. Credo che questa sia stata una miccia positiva che abbia riportato un po’ più di pace tra la nostra gente di Korogocho. Infatti dopo questa iniziativa potemmo penetrare e dialogare meglio con i giovani e con la gente dei vari villaggi sia insieme come pastori che come individui. Logicamente il chief e la polizia amministrativa ci lasciava fare perché non sapeva più che pesci prendere.
Vedo davvero in questa nostra esperienza di ecumenismo sociale come sia importante unirsi in momenti di difficoltà e divisione. Soprattutto per dialogare e riflettere. La fortuna nostra era che questa relazione e comunione era consolidata da molti anni e quindi è stato facile mobilitare tutti al momento giusto. Anche qualche pastore aveva preso in mano machete e panga durante gli scontri e i giorni di pazzia!! Il sangue è più forte dell’acqua!! “L’etnia prima di Cristo”!! E su questo credo che tutti noi dobbiamo farci un mea culpa in un modo o nell’altro perché anche le chiese in Kenya hanno partecipato a dividere e non a unire prima e dopo le elezioni. Oggi possiamo parlare di perdono e di desiderio di dimenticare e purificare. Ma ci sono situazioni oggettive che non si potranno scordare così facilmente. Questo processo di healing/guarigione lo dobbiamo vivere tutti insieme cominciando anche dalle gerarchie ecclesiastiche di tutte le grandi religioni qui in Kenya.
Le minacce personali ricevute in questi due mesi da parte di alcuni giovani criminali e soprattutto da alcuni uomini chiave della setta dei Mungiki che già mi avevano minacciato per la faccenda della rilocazione della discarica di Dandora non mi fanno paura né mi sollecitano ad abbandonare la mia gente. Ho imparato in questi anni a Korogocho a fare spalle larghe e portare la propria croce come fanno i poveri che me lo insegnano ogni giorno qui a Korogocho. Mettiamo tutto nella preghiera e nell’eucaristia. Poi il resto lo ha sempre fatto il Signore! Le loro accuse su di me sono quelle di essere un ODM cioè dell’opposizione perché quella notte insieme a padre Paolo ho visto i Mungiki e l’ho denunciato sin dal primo momento così come ho assistito ad un attacco della polizia con live bullets cioè pallottole vere una settimana dopo i primi disordini dove la polizia aveva preso posizione pro mungiki e sparato contro degli innocenti uccidendone tre e ferendone altrettanti. Quindi secondo questa setta criminale denunciando i mungiki ho preso posizione contro i kikuyu. Cosa assurda e ben diversa da interpretare. Visto che poi sono anche italiano ed europeo e secondo loro la EU si era schierata per l’opposizione. Logicamente sono solo assurdità e deliri di alcune persone che tentano di controllare i loro uomini per continuare nei momenti opportuni a saccheggiare e derubare e magari uccidere emarginando chi potrebbe disturbarli.
Sono stati due mesi molto duri, amari e di sofferenza ma che ci hanno visti stare con la gente e rimanere con loro fino in fondo! E la nostra gente ha visto ed ha apprezzato. Sa che gli vogliamo bene. In questo periodo così duro e assurdo ci sono state due altre cose che mi hanno ferito forse più nello spirito che quello della realtà disumana degli scontri. Eventi e situazioni che ho portato e porto nella preghiera e che sono certo saranno oggetto di personale purificazione e crescita. Forse un giorno potrò condividerlo anche con voi con più libertà facendo i miei dovuti passaggi. Siamo tutti in cammino….
Una nota di grande merito va agli amici volontari del nostro sito www.korogocho.org per averci aiutato a far conoscere al mondo cosa stava succedendo in Kenya e a Korogocho. Per più di due mesi hanno fatto grandi sacrifici e messo in piedi una redazione efficace ed efficiente di notizie in tempo reale in italiano ed in inglese che venivano pubblicate qui in Kenya e all’estero. Venivano poi riprese anche da tanti in giro per il mondo e anche agenzie internazionali. Grazie Michele, Paolo, Ernesto, Camilla, Roberto, Fabrizio e nuovi e vecchi del gruppo. Mungu awabariki!! Se vuoi dare una mano anche tu fai un fischio e c’è lavoro anche per te!! A giorni lanceremo il sito in lingua inglese di Korogocho. Karibuni!!
Fratel James Iriga è un fratello comboniano che è arrivato a Korogocho nel mese di agosto dell’anno scorso. Ha appena professato i voti temporanei a maggio 2007 e starà con noi fino a Giugno 2009 per poi tornare a studiare. E’ Keniano di Naivasha ed è di professione maestro. Infatti gli abbiamo fatto la proposta di diventare headmaster (preside) della nostra scuola informale di 850 bambini. Lui inizialmente non ci credeva perché lo riteneva un ruolo troppo di responsabilità visto che fino ad ora era stato solo maestro elementare. In quel tempo il giovane preside della scuola ci lasciava perché aveva trovato un posto da maestro statale al suo villaggio. E così è iniziata l’avventura per James. Se la sta cavando bene soprattutto ad abituarsi alla vita e abitudini e ai bambini/genitori di Koch. Non è la stessa cosa insegnare in una scuola statale in un bel villaggio o in uno dei quartieri bene di Nairobi. Sta facendo gavetta per la vita missionaria che lo chiamerà prima o poi ad andare in altri paesi e culture diverse dalle sue. Sta soffrendo abbastanza l’insicurezza e per la criminalità che regna in questi giorni a Koch proprio perché Kikuyu, una delle etnie al centro di questa crisi politica. Ma si farà le ossa e ringrazierà anche lui la gente stupenda di Korogocho. Nonostante tutto…. Auguri James!!
E dulcis in fundo ma non per questo ultimo anzi….è arrivato a settembre Robert, Keniano e prepostulante gesuita. Anche lui insegna nella nostra scuola: matematica, scienze sociali e altre materie. Se la cava bene ed è in gamba. Con una buona esperienza alle spalle, maturo, 28 anni e una famiglia che ha aiutato a crescere prima di poter ritornare a chiedere di essere aspirante gesuita e prete. Vivrà con noi fino a giugno e ha sostituito se vi ricordate Denis e Crisantus i due prepostulanti gesuiti dell’anno scorso che sono tornati a casa dopo aver finito il periodo di discernimento con i gesuiti. Tutte e due sono rientrati ora a casa e credo che la loro vita d’ora in poi si orienterà su altri binari.
Come vedete a Korogocho c’è sempre chi parte e chi arriva!! La vita continua….e prima o poi viene il mio turno…..
Altra novità di quest’anno sarà il Napenda Kuishi Trust cioè una registrazione autonoma dei progetti legati al recupero quali Napenda Kuishi Home, St. John Alcolisti Anonimi e Korogocho Street Children Programme sotto un unico cappello legale proprio per proteggere i progetti da eventuali problemi legali e governativi (visto che ora sono obbligatori le registrazioni di centri per bambini di strada) ma anche per ottenere legalmente fondi statali dal governo del Kenya per le azioni di recupero che stiamo facendo da ormai 15 anni. Poi in futuro magari prevediamo di includere anche il Boma Rescue Centre per i bambini di strada della discarica di Dandora. Questo trust faciliterà anche chiunque vorrà inviare aiuti finanziari dall’estero. Tra i primi ad inviarci il loro contributo sono stati i dipendenti della Rai Tv Italiana che per Natale 2007 hanno devoluto i regali che avrebbero dovuto ricevere dall’ente televisivo per i nostri bambini di strada. Insomma alla fine è saltata fuori la cifra di 40.000 euro. E’ stato l’ultimo regalo di natale alla comunità prima dell’inizio della “guerra” qui in Kenya. Un grazie di cuore va agli amici Beppe e Enzo! Senza di loro sarebbe stato difficile!! Tuko pamoja!
La nostra società sportiva ( SSS )sta crescendo!! Eccome!! Dopo aver perso per strada alcuni sports come la pallavolo, l’atletica (un vero peccato avevamo fatto così bene per la maratona nel 2005), le freccette, i restanti sports si stanno facendo grande onore nei vari campionati dove sono iscritti. Sia quelli a livello nazionale, provinciale e amatoriale.
Le donne del netball sicuramente il migliore team in assoluto come atlete e competizioni hanno ottenuto il 6° posto a livello nazionale e 1° a livello di provincia di Nairobi. C’è da notare che qui ci scontriamo con teams altamente sponsorizzati da istituti parastatali o privati. Brave ragazze…o meglio mamme!!
La boxe ottimo piazzamento nei loro campionati juniors e ora abbiamo anche due professionisti pugili. Il Karate e il Tae Kwondo si stanno facendo onore nei loro tornei in giro per il Kenya.
Quelli che hanno fatto un salto di qualità enorme quest’anno è stato il calcio. Dopo aver fatto molta gavetta negli anni scorsi, lo scorso anno è stato un anno di rivelazioni. Almeno 3 giocatori sono passati a squadre che giocano nella premier league (serie A nazionale) e la squadra ha raggiunto il secondo posto del campionato che disputava dopo vari spareggi. Insomma ora è stata promossa ed è iscritta alla Super League Unica di Nairobi che corrisponde alla nostra serie B italiana. I nostri giovani calciatori cominciano a sognare….vedremo dove ci porteranno…e dove ci porterà!! Intanto vorrebbero venire in Italia a fare una tournèe…come l’anno scorso ..stavolta sportiva e calcistica!! Mungu akipenda!
Per il basketball….si tira un po’ a campare…manca la passione e soprattutto un capitano e allenatore che ci metta entusiasmo e voglia di fare!! I giovani ci sono…..
Devo dire che la società sportiva da preventiva alla droga, alcol, prostituzione e con possibilità di creare anche lavoro stia facendo dei passi importanti!! Ha bisogno di irrobustirsi….forse senza di me!
E’ uno dei personaggi più speciali della nostra comunità cristiana. Una donna di fede sui suoi 70 anni che è anche la nostra sacrestana. Ora e’ sola. Aveva un figlio che non era suo ma lo aveva adottato e si chiamava Were. Proprio per questo viene chiamata Mama Were. Poi il figlio adottivo fu ucciso dalla polizia qualche anno fa sembra per problemi di furto. Il suo vero nome è Florence Nyangweso ed è da sempre a Korogocho. Prima di essere cattolica era stata della Chiesa di Legio Maria, una chiesa indipendente africana molto etnica (soprattutto luo e luhya) fuoriuscita da quella cattolica agli inizi degli anni 70, che è rimasta fedele al nostro Concilio Vaticano I°. Non ci crederete ma celebrano messa in “rito inculturato” latino e luo (a parte che ora anche la Chiesa Cattolica sembra tornare al latino…..).
E’ una donna sola che continua la sua lotta per la vita e per la sopravvivenza aiutando i malati visitandoli e cercando di partecipare a diverse funzioni organizzate nel villaggio. Mama Were è sempre molto fedele alla preghiera e anche a quella della mattina nella nostra piccola cappellina nel cortile di St. John dove ci raduniamo con gli altri padri e candidati postulanti per pregare insieme prima di gettarci dentro le mille attività quotidiane. E’ una donna speciale e carismatica. Ogni tanto in cappella entra in estasi di preghiera convulsiva che le fa perdere il controllo di sé, con pianti, grida e canti particolari. Al di là di qualche stranezza e’ comunque un ottimo esempio di impegno e di fede per la nostra gente ed è rispettata dalla nostra comunità. Un’anziana che si fa onore per il suo impegno e vita di preghiera. E’ uno di quei personaggi che se manca si sente!!! Grazie Mama Were!
John Ochieng Oduol
Catechista, padre di 7 figli, ministro straordinario dell’eucaristia, e soprattutto coordinatore del KSCP, cioè Korogocho Street Children Programme. E’un uomo minuto, molto magro e piccolo. La sua salute da sempre non è delle migliori. Gli abiti che indossa molto spesso sono molto più grandi della sua misura ma lui ci sta bene così! Le sue scarpe sono sempre due o tre numeri superiori ai suoi piedi. John ha oltre cinquant’anni e vive da più di 30 a Korogocho ormai. Ha visto crescere questa comunità cristiana e visto tutti i padri, suore, seminaristi che si sono susseguiti qui a St.John e in parrocchia a Kariobangi. Una vita dedicata totalmente alla Chiesa e a Dio da tanto tempo. Una delle rocce di St. John!! Non ricorda più quando ha iniziato a fare il catechista sia per i bambini ma anche e soprattutto con gli adulti. Ci tiene ad essere puntuale alle sue lezioni e formazione. E lo esige anche da loro.
Da ormai quasi 15 anni lavora con i bambini di strada di Koch e come ben sapete non è facile. Ma la sua grinta, la sua capacità di dialogo e anche di richiamare chi è abituato ormai da lungo tempo alla vita di strada lo ha reso famoso a Korogocho tra i bambini di strada. Dedica molto tempo al lavoro di strada e ci tiene a conoscere le nuove droghe e ritrovati che ogni tanto vengono introdotti ai giovani, agli alcolisti e ai bambini. Fa parte del suo lavoro ma John ci mette una carica in più. Lo sente come sua vocazione speciale e lotta fino in fondo quando bambini vengono abusati fino ad arrivare in tribunale. E’ un uomo che se volesse potrebbe avere dalle ngos (organismi non governativi) un salario doppio o triplo di ciò che gli diamo noi proprio perché ha una grande esperienza di lavoro. Ma lui dice che questa è la sua missione!! Come potete capire i bambini di strada sono gli ultimi delle categorie sociali di Koch ma con lui e gli altri social workers e la nostra comunità cristiana stiamo combattendo da quasi quindici anni una battaglia per coscientizzare le famiglie, i genitori, la polizia e chi produce queste colle e droghe. Non è facile ed è anche pericoloso ma è l’unica via per poter aiutare questi nostri piccoli fratelli e sorelle. Grazie John per la tua testimonianza di dedizione nel tempo, con coraggio, fede e amore vedremo i risultati che il Signore ci ha già preparato. Intanto ogni anno mandiamo dal Kscp a Napenda Kuishi di Kibiko/Ngong una ventina di ragazzi che sono seguiti da lui e dagli altri social workers. Questo gruppo particolare mandato a gennaio è molto affiatato tra loro ed è straordinario nei tempi di recupero che stiamo assistendo. Speriamo che continuino così. Ogni giorno nei loro momenti di preghiera non manca mai da parte loro una preghiera per John Ochieng. Segno che è entrato nel loro cuore e nella loro vita e questo è un grande dono di Dio. John in tutti questi anni ha vissuto con molti ragazzi di strada che lo considerano quasi come fosse il loro padre che molto spesso non esiste. Molto spesso i più grandicelli lo cercano anche anni dopo che sono passati al centro per qualche consiglio e aiuto. Come vedete la sua famiglia si è allargata….nella fede tutto è possibile!! Ben fatto Johnny!!! Pongezi! Dio ti doni il centuplo!
Sono tornato a casa dal ritiro e con padre Paolo siamo andati subito a trovare John all’ospedale. Lo avevo lasciato che era a letto malato da una settimana ma mi ha sorpreso vederlo da ormai due settimane all’ospedale. La sua salute non è per niente buona…e ormai da diverso tempo. Pregate e preghiamo insieme per lui e per i nostri bambini di strada.
Anthony Chesoli
Era una mattina durante la settimana di quattro anni fa che un giovane si presenta alla porta della nostra baracca. Era un giovane magro, con gli occhi lucidi, gentile e con un buon inglese. Mi racconta la sua vita in pochi minuti e poi mi chiede un lavoro. Diceva di essere appena arrivato da ushagoo cioè dalla campagna, dalla Western zone dei Luhyia per tentare di ricominciare una vita difficile fatta di alcol e di tanto altro. Si sentiva in colpa soprattutto con la giovane moglie e i suoi tre figli che aveva trascurato per parecchio tempo a causa dell’alcol. Si chiamava Anthony Chesoli. Un giovane uomo sui suoi 30 anni. Mi disse anche che sapeva disegnare e mi mostrò qualche sua opera. Al momento gli risposi che non avevo nessun lavoro da offrire e che mi era difficile offrire lavoro saltuario a Korogocho visto che ci sono tantissimi giovani, uomini e donne che tutti i giorni bussano alla nostra porta per chiedere lavoro o qualche carità e tanto altro. Forse lo feci superficialmente, senza andare a fondo, come magari mi capita quando a volte abbiamo tante persone da attendere durante le mattinate quando siamo in baracca.
Ma di quel giovane ebbi un’intuizione particolare, sincera, veramente alla ricerca di un riscatto. Lasciai decantare questo incontro. Dopo qualche giorno vennero a trovarmi i due artisti del Ndoto Art People che come sapete è uno dei progetti che abbiamo qui a St. John. A quel tempo non esistevano ancora come gruppo. Erano in crisi….e non sapevano come sbarcare il lunario..come al solito. Gli proposi di cominciare a mettere insieme proprio la Ndoto Art People (il nome venne dopo….discernimento comune) e di servire anche la comunità insegnando l’arte anche ai bambini di strada e altre attività di sostegno alla società di Koch. Accettarono immediatamente! Gli proposi anche di accogliere altri artisti che vivevano a Korogocho. Così mi venne in mente di Anthony! Lo incontrai per strada un giorno e gli chiesi di venirmi a trovare. Arrivò un mattino e gli proposi questa iniziativa. Esplose di gioia! Gli chiesi di mostrare la sua bravura ai suoi nuovi colleghi che gli avrei presentato da lì a poco. Mi lasciò e tornò dopo qualche giorno con diversi batik e altri disegni. Aveva davvero una bella mano! E così l’avventura iniziò anche per Anthony! Così come era iniziata per Moses Kabiru e Peter Muriu anche loro artisti del Ndoto Art People. Quello che li metteva tutti e tre in comune era oltre all’arte anche il problema dell’alcol. Tutti e tre a stadi diversi ma avevano cercato di lasciare e sicuramente posso dire che per Peter e Anthony ce l’hanno fatta. Anche se sempre con l’alcol non si scherza…. Per Moses di tanto in tanto ci ritorna….è molto dotato artisticamente ma è anche una bella testa dura!!! In questi quattro anni insieme hanno fatto di tutto: murales sui muri e lamiere di Korogocho, abbellito le nostre chiese e altre cappelle di Nairobi. Dipinto batik di ogni genere, lavorato il rame, il banano, dipinto magliette, cappellini e tanto altro.
Ora l’anno scorso dopo che Anthony aveva ritrovato la sua stabilità e serenità famigliare con sua moglie e i suoi figli gli abbiamo fatto un’altra proposta. La sua onestà, sincerità e delicatezza nei rapporti con la gente dello slum, la sua capacità di progettare e molta creatività lo hanno aiutato a ritrovarsi pienamente. Avevamo bisogno di un operatore sociale per gli alcolisti per seguiri i nostri fratelli alcolisti a Korogocho ma soprattutto a Kibiko al Napenda Kuishi Home. Prima tirocinio a Korogocho con Raymond, un grande personaggio che prima o poi vi descriverò, responsabile del progetto alcolisti e poi andare per tre/quattro mesi come coordinatore del recupero di altri 8 alcolisti e tossici sulle colline di Ngong insieme al gruppo dei nostri bambini di strada che sniffano.
Ebbene la cosa sta andando avanti. Lui è felice e anche la sua famiglia che lo vede sempre più impegnato. Ora è tornato ad essere il papà di sempre e un marito fedele. La sfida ora per lui è grande. Saper gestire un gruppo insieme ad Anastasia e agli altri social workers. Sono certo che ce la farà. Ha i numeri, la testa e soprattutto la fede giusta per farlo. E’uno di noi…di Koch. Sa cosa vuole dire la vita dura dello slum e sa cosa vuole dire la vita dell’alcolista dentro l’assurdità della baraccopoli. Ha stoffa da vendere nella sua umiltà e tenerezza. Ha già fatto un corso di counseling e quest’anno farà un diploma un giorno alla settimana qui a Nairobi su alcolismo e droga mentre sta già operando al centro di Kibiko. Sì caro Anthony! Quel giorno quando venni nella mia baracca qualche anno fa, ero certo che un angelo mi e ci proteggeva. E come sempre ci aiuta a scegliere i nostri collaboratori tra coloro che hanno sofferto e vissuto esperienze dure ed emarginanti. E’ una benedizione! Sei una benedizione per noi e per tutti i nostri amici alcolisti e tossici!
…..IL FUTURO…
Per il mio futuro?? Beh non ti svelo tutto…o meglio niente…ma presto (si fa per dire….) riceverai ancora una mia lettera agli amici….. e lì ti svelerò i tanti progetti in cantiere come al solito, prima e dopo……
Scusa se ancora una volta ti ho costretto a una lunga lettura…ho battuto il mio record di nuovo credo…scusami ancora! So che per te è un modo per stare in comunione e in solidarietà con noi. Per me lo è ancora di più perché mi aiuta a fare sintesi di vita e di missione!! Una volta ogni 8-9 mesi. A volte non è semplice…..Pregate per noi come comunità cristiana, religiosa e missionaria e per il nostro sogno di diventare un giorno parrocchia!! Ti e vi auguro davvero un tempo di Grazia e di Risorgere con il nostro Maestro Gesù!! Noi sicuramente lo faremo quest’anno in un’atmosfera davvero di Pace e di Speranza dopo quello che abbiamo vissuto in questo tempo! Continuiamo a sentirci uniti nella preghiera per un Kenya unito, in pace e più giusto! Che il Signore della Vita ci accompagni e benedica i nostri passi!!
Tuko pamoja e Pasaka Njema!! Buona Pasqua!!
Se dovessi scegliere…..
una reliquia della tua Passione,
prenderei proprio quel catino
colmo d'acqua sporca.
Girerei il mondo con quel recipiente
ad ogni piede cingermi l'asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici,
e lavare i piedi del vagabondo, dell'ateo,
del drogato, del carcerato, dell'omicida.
di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego.
In silenzio...
finché tutti abbiano capito,
nel mio, il Tuo amore.
Magdalene Delbrel