Samuele Gallazzi, LMC – 20 febbraio 2022
Misericordiando - Lc 6, 10, 25-37
25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» 26 Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» 27 Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». 28 Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa' questo, e vivrai». 29 Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» 30 Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. 32 Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. 33 Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; 34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all'oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno". 36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s'imbatté nei ladroni?» 37 Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va', e fa' anche tu la stessa cosa».
Back to basics
Da ragazzo mi capitava di andare la sera in parrocchia, sedermi su di una panca fredda e ascoltare la radio: al microfono c’era il cardinal Martini che ci insegnava la “scuola della Parola”.
Con questo ricordo in mente, vorrei provare ad iniziare a riflettere su questo testo partendo dalle basi: luoghi e personaggi; mi sembra che lui partisse sempre da lì. Potrebbe sembrare banale ma proviamoci:
[v. 25] Chi sono questi dottori della legge che chiedono spiegazioni a Gesù? E perché chiedono a Gesù come ereditare la vita eterna?
Erano gli scribi, i massimi legislatori, le cinture nere della scrittura e della legge giudaica; pensavano di conoscere molto bene la risposta, la loro è una domanda retorica per cercare di trarre in inganno Gesù.
[v. 30] Dov’è Gerico? Dov’è rispetto a Gerusalemme?
Gerico dista circa 30 km da Gerusalemme ma quest’ultima è situata in altura, a 800 m slm, Gerico invece a -200 m, nella depressione desertica del mar Morto.
[v. 32] Chi erano invece i Leviti?
Sono i membri della tribù israelitica di Levi; i leviti sono descritti come eredi di Dio, loro "possesso"; la schiera dei leviti trasportava scalza l'arca dell'alleanza: unica tra le dodici tribù, non ottennero alcuna parte della terra d'Israele, poiché servire Dio era la loro eredità.
Oggi i leviti hanno solo un ruolo residuale nella religione ebraica: sono chiamati alla lettura della Torah subito dopo i sacerdoti ed è loro compito lavare le mani dei sacerdoti prima della benedizione.
[v. 33] Chi erano infine i Samaritani?
I samaritani erano un popolo idolatra che, anche occupando le terre d'Israele, non ne conoscevano il culto all'Eterno ed erano odiati dai giudei.
[v. 37] Cosa vuol dire misericordia?
L’etimologia della parola deriva dall’aggettivo misericors, composto dal tema di miserere cioè aver pietà e cor cuore.
Da ultimo: cos’è la teologia della retribuzione?
Gli ebrei al tempo di Gesù credevano che gli eventi che accadevano all’uomo fossero dirette conseguenze dei loro comportamenti: se mi comporto bene, allora sarò in salute, avrò successo, ecc… (del cieco nato gli apostoli chiedono “chi ha peccato? Lui o i suoi genitori?”). Pensiamoci sempre quando Gesù parla dei o con i giudei; in quest’ottica il sacerdote e il levita della parabola cosa pensano del malcapitato? Che è stato “sfortunato” o che quanto accadutogli sia conseguenza dei suoi peccati?
La parabola
La maggior parte dei commentatori concorda nel ritenere questa parabola ipsissima verba Iesu, cioè un detto autentico di Gesù, parole che Lui ha davvero pronunciato. Proviamo allora ad addentrarci nel testo versetto per versetto, rileggendolo più volte.
[v. 25] Metterlo alla prova – il verbo che usa qui la comunità di Luca è lo stesso delle tentazioni del diavolo nel deserto: i dottori della legge vogliono chiaramente indurre in errore o in contraddizione Gesù che, in modo ipocrita, poco dopo chiamano “Maestro”, non perché lo ritengano tale ma solo per farsa cortesia.
La domanda che Gli pongono ha a che fare con “la vita eterna”, per gli ebrei era infatti fondamentale comportarsi bene in vita per avere un premio finale; ma questo a Gesù non interessa, infatti la sua risposta e l’intera parabola parlano della vita qui e ora, non dell’aldilà.
[v. 26] Gesù chiede “Come leggi?” cioè come interpreti la scrittura? Sembra dire: non è sufficiente conoscerla a memoria, bisogna anche dargli un significato, un’esegesi.
[v. 27] Il dottore della legge qui cita, non a caso, Deuteronomio e Levitico, i libri della Torah che contengono l’elenco sterminato di precetti che il buon ebreo doveva osservare.
[v. 29] La domanda qui non è triviale: sul concetto di “prossimo” c’era una lunga diatriba tra gli ebrei al tempo di Gesù: vi erano rabbini che identificavano il prossimo nei soli familiari, altri che estendevano il significato anche alla propria comunità, chi addirittura agli stranieri: era un vero trending topic.
[v. 31] Gerico era una città sacerdotale: i sacerdoti facevano spesso la spola da Gerico a Gerusalemme per officiare nel tempio, quindi la scena descritta è tutt’altro che fantasiosa.
Se il sacerdote o il levita avessero toccato il malcapitato, sarebbero diventati impuri (come insegnava loro la teologia della retribuzione); dopo tutta la faticaccia di riti e abluzioni fatte al tempio sarebbe stato davvero un evento nefasto.
[v. 33] Il Samaritano, invece, “ne ebbe pietà”: è la compassione, l’amore che “patisce con”, è l’amore di Dio: il credente è colui che ama come Dio, non colui che segue alla lettera i precetti. Ecco l’insegnamento di Gesù! Qui sta il cuore della sua parabola.
[v. 36] Gesù conclude chiedendo “Chi è stato il suo prossimo?”: vi è un chiaro ribaltamento operato da Gesù: non più chiedersi quanto devo amare per avere la vita eterna ma dove devo iniziare ad amare: inizia da qui, da subito, perché è qui che si gioca la vita eterna di cui tanto vuoi sapere.
Francesco da Fazio
Qualche giorno fa, probabilmente l’avete visto, papa Francesco è stato ospite di Fabio Fazio sulle reti RAI. Guarda caso, ha citato proprio la nostra parabola.
Link al video
Francesco mette in evidenza tre verbi: contro l’indifferenza bisogna VEDERE, SENTIRE e TOCCARE.
Toccare
Concentriamoci sull’ultimo: toccare, è un verbo dal profondo significato missionario.
Perché siamo qui al GIM? Ognuno ha la sua risposta, accomunata probabilmente dal voler capire meglio che cos’è la missione, perché si va in missione, qual è lo stile di missione che serve oggi.
E che cosa ci spinge in missione se non il desiderio di toccare?
Per la famiglia comboniana l’opzione per gli ultimi è sempre stata una priorità; è bene però non dare mai per scontate le parole: che cosa vuol dire per me oggi? Chi è il mio ultimo? L’ultimo è solo a 10 mila km da qui?
Sono temi che interrogano spesso i missionari: la missione è solo ad gentes o può essere vissuta anche qui in Europa, in Italia? E se sì, come? Io faccio parte del ramo laicale della famiglia comboniana e vorrei provare a raccontarvi una piccola storia sugli ultimi, sui miei ultimi.
10 anni fa, il gruppo LMC (laici missionari comboniani) di cui faccio parte, era qui al castello di Venegono per un incontro, eravamo seduti alla bene meglio sul prato del castello con l’obiettivo di rispondere proprio a questa domanda: “come possiamo vivere questa opzione per gli ultimi NOI, QUI, ORA in Italia?
Abbiamo messo sul tavolo tante idee, tanti progetti cui avremmo potuto dar vita (e con alcuni ci abbiamo anche provato nei mesi successivi) ma nulla ci appassionava davvero… Eppure qualcosa ci doveva essere.
Erano gli anni (ahimè lo sono ancora) dei TG che mostravano i barconi di migranti arrivare a Lampedusa, a Taranto e nei porti del sud Italia. Beh, ci siamo detti: chi sono gli ultimi se non quelli che lasciano tutto, gli affetti, la terra, la loro cultura per avventurarsi in un viaggio tremendo e dall’esito incerto?
Abbiamo dunque iniziato a lavorare concretamente nell’ambito della prima accoglienza dei richiedenti asilo, di quelli sbarcati in Sicilia e trasbordati sui pullman fino a Cormano e da lì in tutta la Lombardia. Abbiamo cercato un appartamento in cui accoglierli, abbiamo contattato la prefettura per poterli aiutare, abbiamo immaginato uno stile di accoglienza e di integrazione nostro, che mettesse davvero al primo posto la felicità e la realizzazione di questi ragazzi e ragazze.
Poi il gran giorno è arrivato; era tutto pronto: la casa, il team (medico, psicologo, mediatore, custode, educatore, …), il cibo, l’auto; e allora via, abbiamo imboccato l’autostrada in direzione dell’hub regionale; abbiamo visto arrivare i pullman da Taranto, con i sacchi di plastica sui sedili per non sporcarli, abbiamo visto scendere i ragazzi con l’unico bagaglio fatto da un paio di jeans e una maglietta che li vestivano, li abbiamo salutati e invitati a salire in auto con noi: sette ragazzi magri, stravolti, con lo sguardo di chi non capisce affatto cosa stia succedendo – noi lo capivamo a malapena.
Siamo arrivati nell’appartamento, a Busto Arsizio, il loro sguardo si stava trasformando: da annebbiato diventava via via più sereno, incuriosito: forse -sembravano pensare- ce l’ho fatta davvero, forse una nuova vita mi si apre davanti, un nuovo capitolo fatto di possibilità e della voglia di ricominciare!
E da lì abbiamo iniziato un’avventura che continua ancora oggi, fatta di gioie, di errori, di fatiche: l’avventura dell’accoglienza ai richiedenti asilo (se vuoi saperne di più: www.combinazione.it). Storie come queste ce ne sono tante, tutte accomunate dal desiderio di TOCCARE. Non penso sia rilevante quale sia la tua storia, penso però che sia importante averne una. Ognuno di noi deve cercare il SUO modo di toccare, di vivere il Vangelo nel suo qui ed ora, così come fece 2000 anni fa quel samaritano sulla via di Gerico.
Spunti per la riflessione
Contro l’indifferenza bisogna VEDERE, SENTIRE e TOCCARE: qual è l’ultima volta in cui mi è capitato? Come mi sono sentito/a?
PARTIRE (la missione) per TOCCARE: come risuona in me questa frase? Come mi pongo rispetto alla missione?
Come mi immagino la missione? Qual è lo stile di missione che mi piacerebbe vivere?
La famiglia comboniana è “fissata” con l’OPZIONE PER GLI ULTIMI: per me cosa vuol dire? Ho già trovato la mia strada? La sto cercando?
I richiedenti asilo sono un esempio di “ultimo”: è un ambito che conosco? Mi piacerebbe ma non ne ho avuto l’opportunità? O che altro?
Samuele Gallazzi
Laico missionario comboniano
Venegono Superiore