Padre Maurizio ci racconta il lungo viaggio che ha percorso per partecipare alla cerimonia di beatificazione del grande medico Ambrosoli.
Un evento memorabile
Ambrosoli: medico missionario divenuto beato
Dalle mie parti, che poi sarebbe Firenze, c’è un detto che fa: “tanto tonò che piovve”. Mi sembra piuttosto prosaico applicarlo alla beatificazione di Ambrosoli, però… le radici riaffiorano e a me è venuto a mente.
Che p. Giuseppe fosse santo tutti lo sapevano da un pezzo, a cominciare dalle migliaia di persone che lo hanno avuto come medico e chirurgo, ma anche come insegnante alla scuola di ostetricia e in reparto, ai suoi confratelli missionari e, senza dubbio, per tanta gente comune che lo venerava come tale ben prima della sua sofferta morte. Quindi, tutto sommato, niente di strano; eppure sembrava che questa beatificazione non s’avesse a fare, né oggi né mai. Come si sa la chiesa ci va coi piedi di piombo prima di riconoscere che qualcuno abbia vissuto come cristiano esemplare e ancor più nel riconoscere con grande rigore scientifico l’inspiegabilità di una guarigione, ciò che chiamiamo comunemente miracolo. Eppure a tutto questo si era già pervenuti. Sennonché la beatificazione fissata per Novembre 2020 non si poté fare per via della pandemia; fu allora posposta (mi parve senza troppa convinzione) per l’anno successivo ed infatti la situazione era ancora tale che la beatificazione fu impensabile. Fissandola a Novembre di quest’anno si incrociavano le dita sperando che il Covid fosse clemente, come se solo questo ci fosse al mondo. Invece a Settembre di quest’anno scoppia proprio in Uganda un focolaio di Ebola, virus ben peggiore del Covid. E questo a soli tre mesi dal grande evento. Una volta ancora tutto era in forse. E non è tutto… la salute del Cardinale comboniano Guixot, braccio destro del Papa per il dialogo interreligioso purtroppo è traballante e così aveva già fatto sapere che non avrebbe potuto celebrare l’evento; e pare che normalmente ci voglia almeno un cardinale per farlo. Provvidenza volle che il vescovo di Como, di cui p. Ambrosoli è originario fosse creato cardinale. Purtroppo pare che la sua conoscenza dell’inglese non sia sufficiente per condurre la celebrazione e così in una zona remota d’Uganda si sarebbe dovuto celebrare in italiano, ma…tant’è. Poi, causa ebola, anche lui ha deciso, sebbene a malincuore, di non essere presente. E così il Papa ha inviato il Nunzio in Uganda di procedere all’atto solenne della beatificazione. Intanto l’ebola si stava diffondendo, anche se grazie a Dio non in maniera esplosiva. Due interi distretti son stati chiusi e nonostante tutto il contagio ha raggiunto Kampala ed oltre. Tutto ciò era preoccupante perché dalla capitale nel giro di un giorno si sarebbe potuto diffondere ovunque nel paese e, addirittura, anche al di fuori. Si temeva che il governo avesse seriamente in mente un lockdown nazionale, avvalorato dal fatto che fosse uscita l’ordinanza di chiudere le scuole il 25 Novembre, cioè due settimane prima della chiusura ufficiale, ad eccezione dei candidati agli esami di 6a o di altre istituzioni. Siamo stati così letteralmente e quotidianamente in sospeso attendendo notizie e aspettandoci che alla fine tutto sarebbe saltato di nuovo o che sarebbe stato celebrato in forma quasi privata. Fortunatamente, con il passare dei giorni, l’epidemia sembrava essere contenuta e tutto lasciava sperare per il meglio. Lo stesso Presidente aveva confermato la sua presenza all’evento. E diciamo che negli ultimi giorni di attesa la preoccupazione non era più sull’ebola quanto sulla pioggia. La pioggia? Eh, si, una delle ragioni per cui la celebrazione è stata fissata alla fine dell’anno liturgico penso sia stata anche la coincidenza, in tempi normali, con la fine della stagione delle piogge. Evento non banale tenuto conto che da noi la pioggia è una bomba d’acqua tropicale che travolge tutto. E dal fatto che Kalongo ancora oggi (immaginarsi ai tempi di Ambrosoli…) è… in mezzo al niente e le strade per arrivarci in terra battuta (o…sbattuta) che con la pioggia si trasformano in campi arati di fresco. Ma coi cambiamenti climatici la normalità più non esiste e infatti i giorni precedenti alla beatificazione, in cui masse di persone già stavano camminando verso Kalongo, le piogge si sono succedute abbondanti. Com’è logico un evento epocale come questo (la prima beatificazione in Africa?) avrebbe attratto persone non solo dall’Uganda ma anche dall’estero. Essendo noi a Gulu a “soli” 160 Km circa da Kalongo, era logico che il nostro centro di spiritualità divenisse il punto di confluenza di tanti di loro: confratelli e suore, giornalisti e anche leaders delle nostre parrocchie. Altrettanto naturalmente l’organizzazione africana è abbastanza diversa dalla vostra e così, essendo al centro comunque i posti abbondanti ma limitati urgeva fare una lista di persone e sistemarle al meglio. NON È STATO FACILE! Fino al giorno prima non ero sicuro di quante persone sarebbero arrivate e di quante sarebbero poi salite sull’autobus che avevamo organizzato. Com’è “logico” diversi prenotati non sono poi venuti (ma io la stanza dovevo tenergliela…) mentre altri son sbucati dal niente. Avevamo dato la disponibilità ad accogliere a partire dal sabato precedente, e alcuni già son arrivati al venerdì. Insomma alla cena del sabato eravamo una cinquantina. Stanchi dal viaggio (o per noi del centro dal lavoro) siamo andati a letto presto anche perché per essere sicuri di arrivare in tempo per la celebrazione fissate per le 10 di mattina si è deciso di partire alle 5. Mica male per fare 160 Km… E infatti, nonostante il viaggio sia andato più che liscio, siamo comunque arrivati alle 9. Cosi la colazione sarebbe stata alle 4.30 e la sveglia…beh, fatti i tu i conti!
Devo dire che al mattino tutti son stati abbastanza puntuali visto che qui svegliarsi presto non è davvero un problema e per le 5,10 eravamo già in viaggio. Arrivati in città ho notato che l’autista si stava fermando, cosa che non capivo, finché ho visto un insegnante (maschio) della nostra scuola tecnica vestito in una elegante suite rosa che arrivava a tutta velocità a bordo di un bodaboda; era arrivato in ritardo e ci è corso dietro. Da lì in poi tutto è filato liscio. Alle prime luci dell’alba, verso le 6.30, il p. Paolino, ugandese, ha iniziato il primo rosario. Mi aspettavo una partecipazione abbastanza stanca ma mi sbagliavo; fu entusiastica sia nella preghiera che nel canto.
Lasciammo la strada asfaltata per le ultime 54 miglia di stretto sterrato, con tratti abbastanza preoccupanti. Suggerii al conducente (che qui non è quello che guida) di fermarsi in un posto consono per la pipì stop, cosa che avvenne puntualmente con uomini e donne rigidamente separati dalla strada che cercavano il posto più consono. Ormai tutti erano belli svegli e carichi e le ultime sobbalzanti decine di chilometri furono abbastanza movimentate. Pian piano dall’uniforme savana iniziarono a stagliarsi colline e montagne, finché all’improvviso scorgemmo l’Oret, la montagna nera che sovrasta Kalongo. Eravamo arrivati! Parcheggiare non fu facile e il tempo stringeva abbastanza così che ci dirigemmo subito verso la parrocchia in direzione opposta all’ospedale reso famoso da Ambrosoli. C’era una folla incredibile e un imponente servizio d’ordine dovuto anche al fatto che il presidente sarebbe arrivato, a suo comodo, come sempre…. E con mia sorpresa, iniziai a sentire il mio nome risuonare tra la folla. Erano i miei ex studenti catechisti di Lira che mi avevano visto e che correvano ad abbracciarmi; che emozione! E poi mi imbattei anche nel gruppo della parrocchia dove avevo abitato a Lira e quella…fu la fine. Non riuscivo più ad andare avanti, tanto ero assediato. Era davvero bello, ed ero felice di rivedere i miei amici, ma dovevamo anche sbrigarci. Il luogo della celebrazione era stato allestito al di fuori del compound della parrocchia e io, come prete, cercai di capire dove dovessi andare, così che mentre gli altri entravano (nel frattempo chissà dove fossero finiti i miei compagni di viaggio) io cercai di raggiungere la parrocchia per vestirmi. Non fu facile. Anche lì altre persone da Gulu, da Lira e anche da altre parti che mi conoscevano. Cominciai un po' a preoccuparmi, ma riuscii nell’intento. Ero pronto. Però i soldati mi avevano mandato fuori strada e mi ritrovai coi VIP: c’erano i nostri capi da Roma, il nostro provinciale, i vescovi e il Nunzio. Mi domandai cosa ci facessi lì, ma invece di farlo domandai la mia casula così che potessi rifare i 300 metri fino al luogo della celebrazione. Purtroppo allo scanner non ci era consentito entrare col telefono e per questo non ho potuto fare per te nessuna foto.
Quando arrivai sotto l’altare tutte le sedie dei preti erano ormai occupate; anzi, no, ce n’era una, l’ultima, in pieno sole nonostante fosse sotto il tendone. Decidei che…no, non sarei stato lì ad arrostire e così mi mossi con la sedia sedendomi in mezzo alle suore, le quali furono molto contente di avere in mezzo a loro una suora …maschio. E prete!
La folla era davvero imponente. Dal lato dell’altare vedevamo la vasta piattaforma della celebrazione al cui centro campeggiava un grande schermo con una bella figura del padre dottore Ambrosoli, il grande medico, Ajwaka madit, che ci aveva radunati li quel giorno 20 Novembre 2022 per il riconoscimento della sua vita eccezionalmente normale! Il resto a una prossima puntata.
P Maurizio Otit
Fr. Maurizio Balducci – Comboni Missionaries, Laybi – Box 777 GULU, Uganda
mail: mauriziobalducci@hotmail.com – tel. +256 778 103994
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INTESTAZIONE CONTI: Missionari Comboniani Mondo Aperto Onlus
CAUSALE: Erogazione Liberale per padre Maurizio Balducci – Gulu - Uganda
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