Cina. Da un paio d’anni fa sono in vigore delle leggi che assoggettano la Chiesa al governo cinese, rendendola di fatto una organizzazione controllata dal partito ed uno strumento per promuovere le sue politiche. I divieti non hanno a che fare tanto con il significato del natale in se, ma tanto con l’influenza aggregante che ha questa festività. Solo il Partito deve avere questa capacità.
Natale, festa pericolosa?
Il Covid c’entra poco con la difficoltà che molti cattolici in Cina avranno di celebrare il Natale quest’anno. Le restrizioni alla liberta’ religiosa avranno una influenza ben più grave.
Da un paio d’anni fa sono in vigore delle leggi che assoggettano la Chiesa al governo cinese, rendendola di fatto una organizzazione controllata dal partito ed uno strumento per promuovere le sue politiche. Una delle politiche che mirano al controllo delle religioni e delle Chiese è quella della “sinizzazione”: tutte le diverse credenze devono adeguarsi alla cultura del popolo cinese ed eliminare ogni elemento “straniero”. A prima vista, per noi missionari, questa sinizzazione della fede non sembra un concetto così malvagio. Da sempre abbiamo promosso l’inculturazione della fede nelle diverse culture per poter incarnare la Parola in ogni contesto. Purtroppo, la sinizzazione promossa dal governo ha però solamente un obiettivo politico: il controllo e la censura sulle religioni e sul loro messaggio.
Il Natale, il momento storico nel quale il Verbo è diventato parte integrante di ogni popolo e cultura, è paradossamente diventato così una vittima di questa campagna governativa. Già da qualche anno norme progressivamente più restrittive vietano ai cittadini (soprattutto membri del partito e funzionari governativi) ci celebrare pubblicamente il Natale. Le scuole sono particolarmente sotto osservazione affinchè nessun simbolo o celebrazione natalizia possa essere esternato.
Purtroppo il consumismo che accompagna le festività natalizie, a livello davvero globale e con un particolare fascino sui giovani, (Babbi Natale, alberi natalizi e addobbi vari, cenoni e così via), derubando questa celebrazione del proprio spirito e significato (Dio che si “spoglia” della sua gloriosa divinità assumento le umane condizioni di “servo”, direbbe S. Paolo), non ha certo aiutato i cristiani cinesi a difendere il loro diritto di celebrare pubblicamente questa festa. Lo spreco e la superficialità con le quali il Natale viene celebrato da molti nell’occidente (anche da chi non crede) viene visto dal governo come una sorta di “oppio spirituale” che mina la cultura tradizionale cinese.
Un cavallo di Troia per promuovere i valori dell’Occidente, insomma. Che poi sia la Cina il maggiore produttore a livello mondiale di prodotti e ornamenti natalizi (guardate nei vostri supermercati come viaggia il Made in China per quanto riguarda questi prodotti!), questo è un altro discorso. I divieti non hanno a che fare tanto con il significato del natale in se, ma tanto con l’influenza aggregante che ha questa festività. Solo il Partito deve avere questa capacità.
Nonostante tutto questo, nella notte di Natale, pur sapendo che il giorno dopo dovranno lavorare, i cristiani cinesi faranno di tutto per recarsi nelle chiese che avranno il permesso di aprire al pubblico, oppure, dove non sarà possibile, nelle case dove le comunità della Chiesa sotterranea tenteranno di radunarsi. E, giudicando dalle esperienze che ho avuto negli anni passati, addobbi o meno, la gioia del Natale davvero riempirà i loro cuori.
Non potrò essere con loro purtroppo: il Covid e la politica me lo impediscono. Ma in questo grande presepio che è il mondo, nel quale Cristo si incarna anche in questo tremendo 2020, saremo tutti presenti e grati a Gesù per la sua presenza rigenerante, che dona un senso di amore a tutte queste nostre povere vicende umane.
P. Kong