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Il coraggio di accogliere e abbandonarsi nelle mani di Dio

Veglia dell' Annunciazione GIM 28-29 Gennaio 2012

Veglia dell'annunciazione Gim 28/29 Gennaio 2012 

In nome della madre "Maria" s'inaugura la vita

 

Il coraggio di accogliere e abbandonarsi nelle mani di Dio


Canto iniziale e invocazione dello Spirito


Saluto e introduzione con un racconto

In Mozambico i giovani che desiderano seguire il cammino della consacrazione missionaria, dopo essere stati seguiti per un tempo sufficiente dai missionari, possono entrare nella casa di formazione chiamata pre-postulato. Essi collaborano anche economicamente a pagare alcune spese secondo le possibilità di ciascuno. Un giovane aspirante chiamato Raimondo, prima di entrare nel seminario comboniano, era andato a trovare i suoi parenti per chiedergli un aiuto. Nel cammino di ritorno  vide un bambino che piangeva dalla fame e decise di condividere il suo pane che aveva appena comprato con quella tenera creatura. I familiari del piccolo però non compresero il gesto generoso del giovane Raimondo, pensarono infatti che volesse diffondere il colera presente in quei giorni. Alcuni giorni dopo alcuni familiari del bambino andarono a trovare il giovane nella sua casa e lo minacciarono di mandarlo in prigione se il bambino avesse avuto dei problemi di salute nei giorni successivi. Ciò che è accaduto in questa semplice fatto, è ciò che è avvenuto  duemila anni fa a Nazareth e Gerusalemme con Maria e Gesù. Essi infatti hanno dovuto soffrire lo sguardo minaccioso dei loro coetanei. L'essere umano, chiuso in se stesso, dominato dai suoi schemi mentali e dalle paure, spesso non sa leggere gli avvenimenti con gli occhi e il cuore di Dio, così il suo pensiero offuscato da sospetti e pregiudizi, non sa cogliere l'avverarsi di Dio nella storia e in ciascuno di noi. Non è così anche per noi oggi?

Dio si rivela rimanendo nascosto

"...la rivelazione del mistero taciuto per secoli, ma rivelato ora ... in Gesù." Rom 16,25-27.

P. Ernesto Balducci scrive: "Ciò che si è manifestato in Gesù, nella sua intensità, contiene sì tutte le risposte al problema del futuro del mondo, ma si tratta di risposte che rimangono in parte sigillate nel mistero, per cui il loro dischiudersi avviene attraverso un cammino lento umile e faticoso". Così anche la vera fede ha in sé il pudore, la riservatezza, la perplessità che Maria ha saputo testimoniare davanti all'angelo.
Maria non è la serva fanatica, non è quella che dice: Dio lo vuole, con immediatezza.. Fra il mistero di Dio e lei c'è, la perplessità e l'interrogatorio, cioè la dimensione umana che dà anche alla fede una modestia, una affabilità, una misura che la rendono accettabile come stimolo, come indicazione, come ipotesi anche alle coscienze che non la condividono.
Chi molto crede in Dio ne parla poco, chi interroga i suoi segreti non li grida dalla finestra. C'è una intimità con Dio che ama nascondersi nel silenzio. Questa è la prima attenzione che ci è chiesto di maturare, guardando così con diffidenza al diffondersi dei fanatismi religiosi che stanno più o meno divampando nel mondo. Solo nel 2011 più di 2000 cristiani in India hanno perso la vita per questi movimenti fanatici, senza parlare degli ultimi attacchi subiti dai cristiani in Egitto, Sudan, Nigeria e in varie parti del mondo. La stessa terra di Gesù è spesso insanguinata da idee intolleranti proprie di persone che non sanno e non vogliono accettare l'altro e l'altra espressione di fede come una opportunità per crescere insieme.
La vera fede è all'opposto del fanatismo, perché lo spirito fanatico copre se stesso con il sigillo di Dio, strumentalizzandolo al servizio del potere, delle passioni individuali e collettive, come è avvenuto in questi ultimi anni nelle varie parti del mondo e anche in terra "Santa".
La vera fede invece sa accettare il cilicio della perplessità,dell'interrogatorio, non ha bisogno di imporsi con la forza, perché la sua strada è quella del dialogo, del rispetto, dell'annuncio che illumina senza possedere o manipolare l'altro, e solo in questo cammino si svela e si realizza il sogno di Dio e il suo Regno. (la terra promessa per tutti).

Canto

Lc 1,26-38 : l’annunciazione a Maria

Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: 

"Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".

A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse:
"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo".
Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
nulla è impossibile a Dio ".
Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto".
E l'angelo partì da lei.


Alcune provocazioni suggerite dalla Parola di Dio

Non sapremo mai se l'annunciazione sia stata un evento materiale verificabile o una rivelazione interiore avvenuta in Maria. Non sapremo mai come e quando Maria ha preso coscienza della sua missione di madre del messia.
Questo interessa a noi non all'evangelista cui preme invece far comprendere chi è il figlio di Maria e che cosa abbia rappresentato per la storia dell'umanità il momento in cui, nel grembo di Maria, è sbocciata la vita umana del Figlio di Dio.
Natanaele disse a Gesù:"Ma da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?" (Gv 1,46). Parole forti, perché la Galilea era ritenuta una regione infedele, semipagana, lontana dalla pratica religiosa pura della Galilea. La ragazza è chiamata Maria, che significa "l'eccelsa, colei che è elevata in alto". Poi l'evangelista la designa come "vergine".
La verginità per chi ha conosciuto e accolto con cuore aperto il vangelo è segno di dignità e motivo di onore, segno di quel sogno di Dio, inaugurato da Gesù, ed ora testimoniato dai suoi discepoli, ma in Israele era apprezzata prima del matrimonio non dopo.
Per una ragazza ebrea del tempo di Gesù, era umiliante rimanere vergine per tutta la vita, era segno della sua incapacità di attirare su di sé gli sguardi di un uomo.
La donna senza figli era ritenuta come un albero secco che non dava frutti, per cui era rigettata, perché da lei non si poteva aspettarsi l'avverarsi del sogno tanto atteso della venuta del "consacrato di Dio", promesso nelle scritture.
Nei momenti più drammatici della sua storia , Gerusalemme sconfitta e umiliata è chiamata "vergine Sion", perché la vita in lei si era interrotta, era incapace di generare (Ger.31,4).
La verginità di Maria non va intesa solo in senso fisico, come la chiesa insegna, ma soprattutto in senso biblico. Luca vuol presentarla come la vergine Sion diviene feconda perché il suo Sposo, il Signore , la colma d'amore. Nel suo cantico Maria mostrerà di essere ben cosciente della sua "verginità" quando dichiara:" ha guardato alla bassezza" ( tupinità, dice il testo greco = piccolezza della sua serva).
L'evangelista vuol far comprendere ai cristiani della sua comunità le "grandi cose" che in Lei -povera e priva di qualunque merito- ha operato colui che è potente e "Santo è il suo nome"( Lc 1,49).
Perciò chiunque consideri le meraviglie compiute dal Signore nella "sua serva", non potrà più abbattersi per la propria indegnità, tutti infatti siamo chiamati a divenire, nelle mani di Dio, capolavori della sua grazia.

 

Dall'esperienza di Daniele Comboni.

Sii tu come Maria e Comboni

Come a Maria l'angelo gli disse: "Non temere...", anche il Comboni sente e accoglie con fede questa chiamata e questa "grazia di Dio"

A proprie spese Daniele impara che quando si vuol far del bene, si incontrano più opposizioni che appoggi. Un po' alla volta, infatti, chi gli ha giurato fedeltà, si ritira; chi gli ha promesso aiuti, non si fa più vivo; scompare anche l'uomo che gli aveva affidato i soldi che ha raccolto per la missione; molti amici non credono più che la sua opera potrà continuare; anche la morte lo visita togliendogli i migliori collaboratori...
Comboni comprende che chi vuol imitare Gesù deve essere pronto a pagare un certo prezzo, ma quel NON TEMERE, perché HAI TROVATO GRAZIA, diventa una convinzione sempre più forte in Daniele, anche a lui quelle parole rivolte dall'angelo a Maria, gli si incidono nel cuore e lo sosterranno per tutta la vita,come lo è stato per la vergine Maria.

E a te caro amico/a, queste parole cosa ti suggeriscono? Le porti nel cuore? Ti stanno sostenendo o le hai dimenticate?

 

Come Maria anche il Comboni esclamò: "Nulla è impossibile a Dio"

Comboni riflettendo dopo questi fatti appena narrati si esprime dicendo: "Sono tante le ingiustizie e le pillole amare che ho dovuto trangugiare, che è un miracolo che possa sopravvivere. Ma io ho altre idee. Io lavoro unicamente per la Gloria di Dio e per le povere anime e meglio che posso; e poi vado avanti e non mi curo d'altro, certo che Dio mi chiede di portare queste croci, e quindi mi saranno sempre care". Daniele crede fermamente che ciò che sembra impossibile si potrà realizzare.

Ai suoi collaboratori, l'apostolo dell'Africa preme sempre ricordargli ciò in cui lui crede , cioè l'affidarsi all'onnipotenza della preghiera, perché essa sarà sempre la vera forza. La preghiera è infatti per Daniele il mezzo più sicuro ed infallibile per riuscire nelle opere di Dio, anche le più difficili e scabrose.

Questa convinzione lo è anche per me e per noi?

 

Come Maria anche il Comboni si abbandona: "Avvenga di me secondo la tua parola"

Dice il Comboni : "La vita d'un uomo, quando in modo assoluto e perentorio viene a rompere tutte le relazioni con il mondo e con le cose più care secondo natura, deve essere una vita di spirito e di fede. Il missionario che non avesse un forte sentimento di Dio e un interesse vivo per la sua gloria e al bene delle anime, finirebbe per trovarsi in una specie di vuoto e d'intollerabile isolamento."
Daniele si affida a Dio. In uno scritto rivela :"Sono rimasto 14 mesi senza aver potuto dormire bene un'ora sola su 24 a causa delle febbri malariche, ma anche se spossato dalle fatiche e dalle amarezze e da tante perdite, mi sento di avere un coraggio di leone e molta più fiducia e speranza in Dio di prima. Dio premia chi in Lui confida, la poca confidenza in Dio purtroppo è comune anche a tante anime buone e anche di orazione, le quali hanno molta confidenza in Dio sulle labbra e a parole, ma poca e nessuna quando Dio le mette alla prova e le fa mancare talvolta quello che vogliono".

La fiducia in Dio è ben radicata in me o è come una nuvola passeggera che va e viene a seconda dei momenti o avvenimenti?

 

Come Maria anche il Comboni sente che deve accogliere la presenza dello Spirito di Dio creatore.

L'Africa per Daniele deve essere aiutata a rigenerarsi per mezzo di se stessa (salvare l'africa con l'Africa), e con la grazia della fecondità dello Spirito di Dio offerto da Gesù sul golgota per il popolo africano, riconosciuto dal Comboni come il più abbandonato e schiavizzato della terra. Daniele non si limita alle parole ma interviene presso le autorità, cerca di informare l'opinione pubblica, batte alla porta di chi può cambiare le cose. Un giorno provocato dalla terribile piaga della schiavitù si esprime così: "Questo mercato pieno ogni giorno di migliaia di schiavi incatenati, ora è vuoto,e guai se trovo schiavi incatenati per le vie; se li trovo li conduco subito alla missione e non li restituisco più." Daniele diviene per loro un Fratello, un padre che accoglie e ricrea con lo Spirito di Gesù e la suo Parola, questa umanità sfigurata in figli amati dal Padre.

Anch'io posso riconoscermi come un fratello, un padre o una madre per chi oggi vive l'esclusione, o il non sentirsi accolto o amato?

 

Silenzio.

Condivisione

con un gesto che esprime il tuo momento attuale davanti a Dio, il tuo affidarti alla Parola...(ci saranno degli oggetti da scegliere...)
Ogni tre interventi un breve ritornello cantato

Padre Nostro,

benedizione,

canto finale

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