Quando l'Escluso diventa l'Eletto (contiene una riflessione di don Luigi Ciotti)
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24 aprile 2001 “Quando l’escluso diventa l’eletto”testimonianza
di Don Luigi Ciotti [questa
veglia di preghiera fa parte di una serie di veglie tenutesi presso il
Tempio della Pace di Padova e che avevano come filo conduttore i poveri e
le situazioni di esclusione nella nostra società ] canto iniziale: In un mondo di maschere lettura d’introduzioneè la condizione dell’escluso e non il suo cuore a costituire il luogo privilegiato della Bontà Divina. Il suo cuore può essere criminale e menzognero come ogni altro cuore umano. Anche lui può cercare il potere e darsi da fare per mascherare la sua povertà e, fatte le dovute proporzioni, può essere animato dalla stessa cupidigia del capitalista. Colui che mortifica il compagno, che fa a pugni per un posto all’uscita della chiesa o per una coperta, che si azzuffa perché si sente offeso, ruba…, si mette allo stesso livello degli oppressori. È dunque a sua insaputa, che il povero, l’escluso è rivelatore della vera umanità . Il vero servizio che ci rende è che ci umanizza, che ci manifesta che cos’è l’uomo. L’indigente ci manifesta che l’essere umano è piccolo, debole, fragile, peccatore e mortale. La società moderna cerca di cancellare tutto ciò, vuole illudere, fare in modo che l’uomo appaia ricco, potente, bello, immortale. L’escluso è invece la prova vivente che l’uomo non è Dio, anzi che ha bisogno di Dio, del Suo Amore, della Sua Misericordia. [Da Clochard, Michel e Colette Collard – Gambiez. marito e moglie che hanno scelto di vivere la loro vita insieme ai “clochard”, affrontando le stesse difficoltà , dando loro amicizia e testimonianza d’amore] Presentazione della veglia Ascolto della Parola: Dal libro del profeta Isaia (49, 8; 13 – 18) Salmo 28 Dal Vangelo di Luca (6, 20 – 26) Testimonianza di don Luigi Ciotti del Gruppo
Abele [nota: purtroppo la trascrizione scritta non può rendere la
grinta e la partecipazione di don Luigi durante la sua riflessione.
Sembrava un po’ stanco quando è arrivato, circondato dalla sua scorta
(certe scelte si pagano!) e poiché tutte le sedie erano occupate, si è
seduto sullÂ’inginocchiatoio di un banco, in un lato della chiesa, prima
di sedersi vicino a don Albino Bizzotto; quando poi è andato al microfono
e ha incominciato a parlare, subito si è fatto trascinare e ha
incominciato a gesticolare, ad allargare le braccia, chiudendo gli
occhiÂ… questo lo dico non tanto per sottolineare il suo personaggio, ma
perché quei gesti mettono in evidenza quanto le parole che diceva
provengano dal suo cuore di uomo che vive le situazioni di cui parla, con
umiltà , con coerenza e da quelle vicende si lascia ancora emozionare ed
indignare. Quindi, se magari passa vicino a casa vostra, andate a
sentirlo, non tanto per il personaggio mediatico, ma perché credo sia un
testimone, sincero e coerente, dellÂ’indignazione per lÂ’ingiustizia e
della speranza nella Vita che vince sempre, nonostante tutto.] “Vorrei riflettere
a voce alta con voi questa sera dicendo subito, come voi sapete, che
l’escluso è colui che è stato escluso; è colui che è stato
discriminato, che l’escluso è colui che stato reso povero, che è stato
escluso, discriminato, reso povero perché senza diritti, perché senza
potere, perché senza garanzie, perché umiliato, perché privato della
dignità ; l’escluso è colui che è stato escluso. E voi mi insegnate
che dire povero vuol dire, mai dimenticarcelo né io né voi, persona
piegata, ripiegata su se stessa, costretta ad una dipendenza, a chiedere;
che povero è una persona piegata in condizioni, in condizione di
dipendenza. LÂ’eletto
significa, come voi sapete, scelto, chiamato. Ma attenzione, indica anche
colui che chiama, perché interpella a fare una scelta e provoca con la
sua sola presenza. La presenza dellÂ’eletto provoca, chiama, interpella.
Ma voi capite che dire questo vuol dire mettere un uguale, e questo uguale
per me vuol dire dirci con chiarezza che nella realtà è l’esclusione
che ci provoca e ci chiama a rompere i meccanismi dellÂ’ingiustizia.
L’escluso diventa la visibilità dell’ingiustizia. E allora qui viene
il bello, perché senza il filtro della giustizia l’errore è sempre lo
stesso: si considerano come minaccia del bene comune non le
disuguaglianze, che creano povertà e miseria, ma gli effetti
dellÂ’ingiustizia. Allora lÂ’immigrazione viene intesa come minaccia,
dimenticando che è l’effetto di un’ingiustizia. Il popolo della
strada, che si sbatte sulla strada, è visto come minaccia del bene comune
e non la disuguaglianza che ha creato quella forma di fatica, di
marginalità , di sofferenza, di umiliazione. è
la prostituzione, a chi fa comodo, la minaccia, non il chiederci perché,
chi sono, da dove vengono. Allora ci vuole il
filtro della giustizia, se no l’errore continuerà a ripetersi. Di
questi errori, amici, li sentiamo e li leggiamo tutti i giorni dove ci si
ferma agli effetti dellÂ’ingiustizia, vista come minaccia. Noi non siamo
qui per semplificare, ma per dire di fronte a Dio che non vogliamo fare
sconti a nessuno, neanche a noi stessi, ma anche per dire di fronte a Dio
che la legalità resta per tutti un punto fermo. Anche per tanti colletti
bianchi, per tante persone così sorridenti, così cordiali che poi di
fatto con le loro scelte calpestano la dignità e la speranza di tante
persone. Il 26% dei processi
di tangentopoli sono andati in prescrizione, il prossimo anno saranno il
40%, fra tre anni sarà l’80%. Ma Carlo, padre di due bambini, sposato
da tra anni, certo Â… certoÂ… una storia di strada, di rapporto con le
dipendenze, già una esperienza di carcere…certo…non si fa sconti a
nessunoÂ… ma Carlo non aveva il grande avvocato, con i cavilli, con il
sistema per guadagnare tempo e rinviare…lo hanno preso ed oggi è in
carcere, mentre altri…tutto va in prescrizione, c’è chi frena, chi
trova i cavilli. E allora no, la legalità deve essere un punto fermo per
tutti; c’è bisogno di una giustizia giusta. Il cambiamento, voi
capite allora, lo si costruisce rompendo lÂ’esclusione e costruendo
l’inclusione. Ma sia ben chiaro, che il nostro dovere non è solo
spenderci verso chi è ai margini, chi è escluso, ma io credo che il
nostro dovere, senza sconti per nessuno, vuol dire mettere anche testa
verso gli inclusi. Perché se non si aiuta le persone a prendere
coscienza, consapevolezza, ad essere informati, sempre nella chiarezza,
nella trasparenza, nell’onestà , che il nostro dovere, che è di essere
al fianco di chi è escluso, ma anche di non dimenticare che dobbiamo
usare forza, energie, testa, passione verso gli inclusi nella chiarezza,
senza sconti, con determinazione; perché dobbiamo far crescere il grado
di consapevolezza, di conoscenza della nostra realtà . Voi avete voluto
chiamare l’incontro di questa sera “Quando l’escluso diventa
l’eletto”, con un preciso riferimento. E allora io voglio proprio
parlare, ce lo ricordava così bene don Albino (Bizzotto), che ringrazio e
a cui voglio dire che gli voglio un sacco di bene per le cose che lui ci
ha insegnato, per il suo coraggio di parola e per il suo impegno a cui
tutti dobbiamo essergli grati…ebbene non è un caso che io appartenga ad
un gruppo, nato 35 anni fa, che abbiamo scelto proprio di chiamare Abele,
proprio di fronte a quellÂ’interrogativo di Dio, che chiama Caino e gli
dice: “Ma aho! Dov’è tuo fratello?” e Caino un po’ scocciato gli
dice, a Dio, “Ma sono forse io il custode di mio fratello… perché lo
chiedi a me?”. Dio lo ha chiesto ieri, a Caino, ma Dio continua a
chiederlo oggi, a ciascuno di noi: “Dov’è tuo fratello?”. E noi non
possiamo rispondere a Dio “…sono forse io il custode di mio
fratello?”. Certo noi non siamo i custodi, ma questo custode vuol dire,
tradotto concretamente, che dobbiamo esserci, che dobbiamo immergerci
sempre di più nella nostra realtà , nei nostri territori, nelle nostre
città . Noi siamo i custodi in questo senso dei nostri fratelli e nel 2001
noi non possiamo dire a Dio che non sappiamo dove sono i nostri fratelli.
Purtroppo oggi c’è una malattia mortale…c’e una malattia mortale, e
la malattia mortale di oggi, voi lo sapete molto bene, si chiama
indifferenza…questa sì che è una malattia mortale. Abele è il fratello
di Caino e voi sapete che in ebraico Abele vuol dire “debole”…
debole… Nella Bibbia è colui che per primo, Abele, subisce la rottura
della fraternità e della solidarietà . Abele è l’esempio di colui che
viene emarginato da suo fratello Caino. Ma attenti, Abele è il secondo
figlio e il secondo figlio è colui che regala la fraternità al
primogenito, a Caino…è chiaro, soltanto la nascita del secondo figlio
rende il primo figlio fratello. Oggi la nascita di tanti altri nostri
amici, persone che sono ai margini, persone che cercano la terra promessa
nascono per noi. Sono i nostri fratelli. La loro presenza ci fa fratelli. La storia di Abele
che ci interpella…è il secondo figlio che regala la fraternità e noi
abbiamo tanti amici che ci rendono fratelli, che ci ricordano tutto
questo. La fraternità arriva come un regalo: c’è chi l’accoglie come
un dono e si sente meno soloÂ…il dono dellÂ’incontro, del confronto, del
faccia a faccia con la storia degli altri; ma c’è chi invece avverte la
fraternità non come un dono, ma come una minaccia e si sente infastidito. Allora già altre
volte avete riflettuto questo, io mi permetto di risottolinearlo questa
sera a me anzitutto e di condividerlo con voiÂ…gli interrogativi:
l’altro per me è dono che arricchisce, o sotto sotto è una minaccia?
È una risorsa o è inciampo? Sono questi gli interrogativi, che tra le
righe respiriamo, sentiamo. C’è una parola
che è cresciuta nell’arco degli ultimi anni, che è “sicurezza”,
che sta riempiendo la bocca del paese. Nessuno di noi vuole mettere in
discussione il diritto alla sicurezza che tutti i cittadini hanno. Nessuno
di noi vuole mettere in discussione che molte paure, fatiche,
disorientamenti della gente sono paure reali. Nessuno di noi vuole mettere
in discussione che il grido, le grida di tante persone devono essere
accolte e diventare parola, comunicazione, ascolto. Ma non possiamo
dimenticarci, vi prego nessuno, che il diritto alla sicurezza è un
diritto che tutti hanno, anche i più fragili, i più deboli, gli esclusi,
quelli che si sbattono lungo le nostre strade, i poveri. La sicurezza non
deve garantire solo alcuni, i più garantiti, i più forti, ma è un
diritto che tutti hanno. Ma voi mi insegnate
che la città sicura è la città che sa accogliere il disagio e se ne fa
carico. È la città che accoglie, che include, che si attrezza per fare
in modo che nessuno sia escluso. Ma basta parlare di città sicure. Dopo
che ho detto il mio rispetto per il diritto alla sicurezza, io credo di
poter condividere con voi che dobbiamo lavorare tutti insieme per
costruire città vivibili, dove il grado di vivibilità della città non
si misura solo dallÂ’aria pulita o dal traffico o dal verde, tutti
elementi necessari, ma il grado di vivibilità della città lo si misura
in base alla capacità delle relazioni umane e delle relazioni sociali. È
la città vivibile che deve essere il nostro impegno e il nostro
obiettivo, dove nessuno è ai margini. E basta con le città sicure, come
enfasi, come retorica, come bandiere che vengono sventolate. NoÂ…cittÃ
vivibile, perché se la città è vivibile per tutti è sicura. Nei Paesi Bassi,
rispetto al tema della sicurezza, a molte etichette buttate in fretta nel
giudizio, nel pregiudizio su molte persone escluse, ai margini, hanno
avuto l’umiltà di sperimentare quattro metodi per due anni e poi di
decidere una strada, un percorso. Hanno preso una città e hanno detto
“qui non facciamo nulla”, politica immutata… sperimentazione…;
un’altra città “facciamo degli interventi specifici sulla droga e
sulla prostituzione”; un’altra cittadina “rispondiamo al grido della
gente…più gendarmi”, qui sarebbe più polizia, più carabinieri, più
presenza nel territorio; e una quarta cittadina “facciamo un lavoro,
tutti insieme, lÂ’amministrazione, le forze dellÂ’ordine, la
magistratura, le chiese, le associazioni, la scuola, i gruppi. Dopo due
anni la verifica ed è emerso che dal punto di vista della convenienza,
anche economica tra lÂ’altro, dellÂ’efficacia, dellÂ’efficienza, dei
quattro metodi, quello veramente grande, che ha messo insieme tutti, che
ha coinvolto tutti, che ha reso cittadini tutti è stato quello di quella
rete, dove non si delega a qualcuno, ma dove si creano le condizioni di
una comunicazione, di una relazione sociale, di recuperare una dimensione
umana. Allora voi mi insegnate che non ci possiamo dimenticare mai, né io
né voi, che prima di essere poveri, si è persone. E siamo chiamati
sempre tutti ad incontrare le persone e poi ad affrontare i problemi, e
non viceversa. Sono troppi quelli che oggi affrontano le personeÂ…no, le
persone si incontrano, i problemi si affrontano. E per affrontare i
problemi bisogna conoscerli. Terzo: che siamo chiamati ad accompagnare le
persone, non a portarle alla mia idea, al mio obiettivo, al mio progetto.
Certo la legalità la rispettiamo tutti, le regole valgono per tutti…per
tutti... ma poi si accompagnano le persone. Perché l’accoglienza non
può essere un’accoglienza monca: “venite perché c’è bisogno di
manodopera”, “a me interessa il vostro lavoro punto e basta… che
cosa volete di più?”. No, l’accoglienza non può essere un’
accoglienza monca, ma siamo chiamati ad accogliere tutta la persona: la
sua cultura, le sue tradizioni, la sua lingua, la sua religione, la sua
storia, i suoi sogni, i suoi sentimenti. Quante accoglienze
monche! Preoccupate di dare solo qualche cosa, ma non di accogliere tutta
la persona. Siamo chiamati oggi ad accogliere le parole nuove, che fino a
qualche anno fa non erano pensabili nei nostri vocabolari e a farle nostre
queste parole nuove e a tradurle, a tradurle; chi avrebbe parlato anni fa
di interculturalità , di multireligiosità … chi avrebbe parlato di
questo? Ma vi prego, siamo chiamati, lo dico con esitazione dentro di me e
lo vorrei gridare in questo Tempio della Pace, noi siamo chiamati a
giudicare le azioni, non il cuore della gente. Le azioni sì, ma il cuore
della gente solo Dio legge. Ma siamo chiamati,amici, anche ad avere il
coraggio, un nuovo coraggio. E qual è questo nuovo coraggio? Rispetto a
che cosa? Lasciatemelo dire, sono cose che voi mi insegnate, ma io sento
il bisogno di dirle dentro di meÂ…di dire basta a questo orizzonte
culturale che ci sta fregando tutti. Un orizzonte culturale che passa nei
messaggi, nella pubblicità , negli spot…una televisione, non voglio
demonizzare, non voglio generalizzare, ma attenti, c’è un orizzonte
culturale che ci sta schiacciando tutti, in quello che conta oggi è
lÂ’apparire, lÂ’immagine, la prestazione, il possesso, la ricchezzaÂ…schei,
schei, tanti schei (in dialetto veneto gli “schei”
sono i soldi). E di fronte a questo orizzonte culturale, in cui
lÂ’apparire, lÂ’immagine, la ricchezza, il potere ci sono
quotidianamente presentati, io vi prego, ve lo dico da amico, con
esitazione dentro la mia coscienza per i miei limiti, le mie fatiche, ma
ve lo dico da amico, dobbiamo avere il coraggio di essere persone
inadeguate. Sono qui per condividere con voi questo coraggio, il coraggio
di essere oggi delle persone inadeguate a questo orizzonte culturale. Non
possiamo accettare questo orizzonte culturale, non possiamo essere
spettatori di tutto questo. Non può essere il potere, il possesso, la
bellezza ricercata ad oltranzaÂ…schei, schei, lÂ’apparire,
lÂ’immagine, il nostro orizzonte culturale. Allora vi prego, di fronte a
questo, il coraggio di essere persone inadeguate. Per Caino, Abele è
diventato un inciampo, per cui lo ha portato oltre i confini, fuori dal
contesto di vita. E voi sapete che oltre i confini significa averlo
emarginato, averlo escluso, avere rotto i rapporti di reciprocità , di
corresponsabilità . Prende le distanze, caccia via suo fratello Abele. Io mi sento, non so
voi, me lo chiedevo oggi viaggiando da Brindisi, da Manduria per venire
qui, in questo viaggio mi sono chiesto tante volte, che forse anchÂ’io
sono come Caino. Oltre i confini.
Ricordate quel grido di Martin Luter King, quando rispetto alla
segregazione razziale, all’umiliazione, alla marginalità ,
allÂ’esclusione della sua gente, lui si era rivolto al mondo e aveva
detto: “Io vi scongiuro di essere indignati”. E voi sapete che
l’indignazione ha bisogno anche della memoria. Domani è il 25 aprile.
Io questa mattina ero a Manduria a fianco di una signora di nome Elena
Springher, nata a Vienna, sopravvissuta allÂ’olocausto: undici milioni di
persone sterminate così. L’indignazione ha bisogno della memoria, che
non ci dimentichiamo che in questo momento 37 paesi sono in guerra: 10
conflitti internazionali, 27 conflitti interni; che non ci dimentichiamo
mai che questo secolo che è finito ci ha dato un bilancio approssimativo,
complessivo di 110 milioni di morti. No, noi non possiamo dimenticare
questo. Oltre i confini, con
troppa facilità i nostri confini diventano frontiere, che respingono. Ma
l’olocausto continua sapete e penso a Maria. Maria è il nome con cui
lÂ’hanno chiamata questa donna della Moldavia e dicendo Maria penso a
tante altre Marie.Ogni settimana dalla Moldavia, dallÂ’Ucraina eccetera
partono dei pullman sgangherati, carichi di uomini e di donne che vanno
verso la Turchia, ad Istambul. Non vanno per turismo. E questa gente
arriva lì, come Maria, e vanno a fare una visita medica in alcune
cliniche super-specializzate, con dentro degli avvoltoi. Degli avvoltoi
che sono dei chirurghi, colletti bianchi. E Maria è una delle tante donne
e tanti uomini che ogni settimana vanno ad Istambul. Intercettata e
ascoltata, Maria ha dichiarato di essere andata a vendere il suo rene per
quattro soldi. Cinque figli, un marito malato. E Maria che dice con
semplicità che ha venduto un pezzo a questo mercato di pezzi di ricambio
umani, un pezzo di sé stessa, per comprare il cappotto e i libri e
qualche medicina per suo marito. Il cappotto e i libri per i figli.
LÂ’olocausto continua amici. Io vi scongiuro di essere indignati. Penso ai diciannove
processi terminati in Italia, impensabili fino a qualche anno fa, con
sentenza per il reato di schiavitù. Persone rese schiave nel nostro
paese. E penso ad una ragazzina di sedici anni che lÂ’altra mattina i
carabinieri ci hanno accompagnato, già venduta cinque volte in quel
mercato della prostituzione. E penso a quell’avvocato di Torino che è
stato pizzicato da unÂ’inchiesta e dallÂ’ottimo lavoro delle forze
dellÂ’ordine, che ha comprato con lo sconto per superare la sua
solitudine, si è fatto fare lo sconto da cento milioni a settanta
milioni, una ragazzina di un paese dell’est, trattata come merce. Non è
possibile. LÂ’olocausto continua. Voi sapete che
trent’anni fa l’organizzazione mondiale della sanità ci aveva detto
che tre malattie sarebbero state debellate entro la fine del millennio: la
tubercolosi, la malattia del sonno, la dissenteria. LÂ’anno scorso
l’organizzazione mondiale della sanità ci ha detto che ci sono stati
circa 17 milioni di morti per la dissenteria, per la tubercolosi, per la
malattia del sonno. L’olocausto continua. Questo è un genocidio,
perché muoiono prima per il mercato che per la malattia, perché chi è
povero non può permettersi l’accesso a quel diritto fondamentale della
vita, della salute, ai farmaci. Voi lo sapete molto bene, ma lo voglio
ridire a me e a voi questa sera in questo Tempio della Pace, che il 90%
dei malati di A.I.D.S. nel mondo sono nei paesi in via di sviluppo, i
paesi più poveri e che il 95% di chi muore, muore in questi paesi. Voi
sapete che nonostante le medicine e la generosità , l’impegno, il
coraggio di molti che si spendono, ogni giorno sono duemila i nuovi
infettati di lebbra. Non ho parole per dire questo. Esclusi, messi ai
margini, ma tutto questo viene perché si creano le ingiustizie, vengono
resi poveri. E penso a quella nave, a quella carretta, lÂ’ennesima, con
quei seicento curdi sbarcati disperati a Gallipoli, domenica. A quella
nave con tanti bimbi resi schiavi. DallÂ’annuario
sociale del gruppo Abele, a giorni sarà in libreria, che raccoglie tutti
i dati, in modo puntuale, li analizza, a volte li precede rispetto a
quelli ufficiali, vi porto solo un dato sul pregiudizio etnico rispetto ad
un pezzo di mondo giovanile, un campione molto vasto, dove è emerso che
il 75,4% di questi giovani ha affermato che lÂ’immigrazione in Italia ha
raggiunto livelli troppo elevati; e una buona fetta di loro ha dichiarato,
il 21%, molto e il 33% abbastanza, di essere convinta che gli immigrati,
la stragrande maggioranza, sono dediti ad attività criminali od illecite.
Ora è un problema di informazione, di percorsi educativi, di creare le
condizioni perché le persone non debbano semplificare. È denunciare
lÂ’indifferenza come malattia mortale. Di sentire tutti il difficile
compito dellÂ’impegno della memoria rispetto alle cose passate, ma anche
la memoria come impegno. Allora non possiamo
dimenticarci che l’Italia è il terzo esportatore di armi leggere al
mondo e che l’Italia è il sesto paese al mondo per l’esportazione di
armi ed armamenti. E vi do un dato che non è mio, non mi permetterei mai,
è del governo, aprile del 2000: le commesse autorizzate in Italia, dati
ufficiali, sono cresciute del 41% in più rispetto all’anno precedente e
circa il 65% delle armi pesanti esportate dallÂ’Italia finisce nei paesi
del sud del mondo. Allora no, io sento inquietudine. Io faccio fatica,
penso amici anche voi. Armi, che nella maggior parte dei casi giungono in
quei paesi che sono nei conflitti e le forniscono gli stessi paesi che poi
decidono di intervenire per porre fine ai conflitti, che fanno le forze di
pace. Oltre i confini, quindi. Vi do
lÂ’ultimissimo dato dellÂ’altro giorno che troverete in questo annuario
del gruppo, il dato dellÂ’aprile 2001: quasi mezzo milione di richieste
di aiuto, ci cui ottomila problematiche gravi, giunte proprio a Telefono
Azzurro. Il prendere coscienza delle violenze sessuali denunciate sui
minori. LÂ’anno scorso, circa settecento episodi denunciati di violenza
sessuale contro minori di quattordici anni. Faccio fatica a dire questo,
ma amici, i siti monitorati di pornografia minorile, quelli monitorati
sono stati l’anno scorso 3684. Certo è uscito un nuovo ordinamento in
Italia, c’è un codice nuovo di condotta contro il turismo sessuale, è
nato un codice di condotta dellÂ’industria turistica Italiana finalizzato
a contrastare lo sfruttamento sessuale dei minori nellÂ’ambito del
turismo. L’Italia attualmente è il terzo paese al mondo per
sfruttamento del turismo sessuale dei minori, dopo il Giappone e la
Germania. Per non dire della prostituzione infantile nel mondoÂ…ma
fermiamoci nella nostra Italia, dove c’è una stima seria, e ho visto
delle amiche e degli amici che si spendono in questa direzione, che sono
qui questa sera e che prima ho salutato, che di quelle venticinquemila
ragazze che si prostituiscono sulle strade del nostro paese, un 10 - 15%
sono minorenni. Per non parlare del lavoro minorile: sfruttamenti nel
mondo e anche la nostra quota sapeteÂ…; E per non parlare
delle persone senza fissa dimora. Però lasciatemi portarvi un dato che
esce un po’ dalla solita lettura, perché io credo che parlare delle
persone senza fissa dimora non vuol dire solo quelle prive di qualsiasi
riparo. Voi avete la fortuna di avere in casa una meravigliosa fondazione,
la fondazione Zancan, così attenta, così puntuale, così punto di
riferimento proprio su molti di questi ambiti per tutti noi e quindi parto
certo di quel dato di chi è privo di qualsiasi riparo, ma non voglio
dimenticare anche gli altri, quegli oltre 120mila persone che in Italia
vivono in alloggi impropri, in baracche, ripari di fortuna, grotte,
container; quegli oltre 60-70mila immigrati che vivono in forme di
coabitazione forzata; e non voglio dimenticare quelle oltre 100mila
persone ospitate in dormitori. Allora allarghiamo la lettura dei senza
fissa dimora, non schiacciandola solo a quelli che sono privi in senso
stretto del riparo, ma allarghiamo questa fatica. 21 gennaio 2001:
55.798 detenuti in Italia; è una vergogna sapete, è una vergogna! Certo
chi sbaglia deve rispondere, ma tanti signori con i colletti bianchiÂ… Vi voglio dire una
cosa che forse già conoscete, ma lasciatemela dire: dopo l’appello del
Papa, nel Giubileo, di un atto di clemenza, rivolto con grande rispetto
alla laicità di un paese, in commissione le varie forze politiche avevano
trovato un accordo. Bello questo, un segno di speranza! Nessuno vuole
semplificare: chi sbaglia deve rispondere, ma chiediamoci in che modo, in
quali condizioni. Certi sono gravi reati: il 15% ha commesso gravi reati;
molti hanno dei reati che potrebbero avere delle pene alternative, dei
percorsi alternativi, altre opportunità . Pensate, che non era mai
successo nella storia del nostro paese, che dai piccoli imprenditori alla
lega delle cooperative, a moltissime comunità , associazioni di aria, di
radici, di storie diverse, ci siamo messi insieme tutti per dire che non
basta un atto di clemenza: quando uno esce e non sa dove andare, rischia
di ritornarci dentro. Dobbiamo prevenire la recidiva: entrare uscire,
uscire entrare. Abbiamo creato un cartello, molti di voi ne hanno fatto
parte, molte realtà di questa regione ne hanno fatto parte, per offrire
dentro un progetto un percorso che accompagna le persone, anche di lavoro.
Abbiamo chiesto allo stato di prendere una piccola quota di quella spesa
che costa un detenuto maggiorenne in carcere, cioè 400mila lire al
giorno, per un progetto per accompagnare le persone. Se ne è fatto nulla!
Ma vi devo dire che in commissione, l’accordo c’era quasi, perché una
forza politica ha detto: “a noi va bene qualunque forma di amnistia,
indulto..va bene, rispondiamo allÂ’invito del Papa ad una condizione:
l’amnistia di 5 anni.” Avete capito perché: così si coprivano tutta
una serie di reati che avrebbero ulteriormente garantito alcuni e
giustamente l’altra parte ha detto di no, pur con altra responsabilità .
Ecco, queste politiche tiepide, prudenti, questo perdere di vista
lÂ’attenzione alla persona, questo per i propri giochi, i propri
interessi, i propri fini…calpestare le opportunità per far rinascere la
gente. Mai le carceri italiane hanno avuto una presenza così numerosa di
persone. Vogliamo scavare in
profondità , cogliere questi anni di fatica. Penso anche ai
disturbi del comportamento alimentare, ad esempio: quanta sofferenza si
respira. E vi porto lÂ’ultimo dato, dai referti medici. LÂ’anoressia
lÂ’anno scorso, dai referti medici, ha avuto altre nuove 25.800 persone
interessate a questa fatica e 103mila, dai referti medici, col problema
della bulimia. Sono questi i disturbi del comportamento alimentareÂ… Allora andremo
avanti ora a leggere le fatiche, gli esclusi, le sofferenze vicine e
lontane, questa crescita di forme di povertà , di marginalità , di
esclusioneÂ…. Vi prego di non
dimenticare anche le cose belle, importanti, positive che ci sono, di cui
dobbiamo essere attenti ed orgogliosi. Ma vorrei chiudere
ancora una volta con Caino e Abele: è descritta non solo la storia
dell’umanità in questa vicenda, ma è scritta anche la nostra storia.
Ma anche, e ce lo ricordava don Albino, la vicenda di Gesù. Gesù diventa
il nuovo Abele, che subisce la stessa vicenda: è reso debole, ingannato,
escluso, ucciso. Cristo è entrato in questa tortuosità , come nuovo Abele
per testimoniare con la vita che da questa logica si può uscire. Vi
prego, non dimentichiamolo insieme che la storia di Abele testimonia
lÂ’ingiustizia, ma non dimentichiamo mai che la storia di Cristo propone
giustizia, perché ci invita a costruire fraternità dove questa è
incrinata o negata. Quando lÂ’escluso diventa lÂ’eletto, inteso in
questo senso, diventa allora percorso di giustizia, vissuta con lÂ’aiuto
di Dio, perché nelle pieghe più nascoste di ogni emarginazione si possa
ritrovare nascosta la storia di Dio, che ci chiede di cambiare vita e
logica. E allora certo noi
siamo chiamati a cercare Dio per incontrare gli uomini. Ma il rapporto con
la strada, con molti amici ai margini, con molte persone escluse, in
questi anni mi hanno insegnato non solo a cercare Dio per incontrare gli
uomini, ma che è anche possibile cercare l’uomo per incontrare Dio. E
il rapporto con la strada, con chi arranca, con chi è ai margini, con chi
è oltre i confini, mi hanno anche insegnato che se si è fedeli solo a
Dio si diventa fanatici. Ci ci ci ci ci ci
Â…(alza le braccia verso lÂ’alto e le agita)Â…quelli che fanno ci ci
ci ci…s’è un po’ scocciato il Padre Eterno di tanti ci
ci… Dio non vuole chi è
fedele solo a lui punto e basta. Ma la strada mi ha
insegnato che per chi è fedele solo all’altro c’è il rischio che si
diventi gli “eroi della solidarietà ”: ti butti nella mischia, fai,
fai e poi ti impoverisci come chi è fedele solo a se stesso. Si diventa
narcisisti. La sua proposta è
di essere capaci di fare sintesi: la fedeltà a Dio, all’altro e a se
stessi. Dio ci vuole uomini e donne, ragazzi, giovani, bambini che vedono
la gioia della normalità , nella quotidianità , il gusto per le cose
belle; essere persone che godono le cose belle, rispettando lÂ’ambiente,
la natura, gli altri. La sintesi: la
fedeltà a Dio, all’uomo, a se stessi. Sì allora cercare Dio per
incontrare gli uomini, ma anche cercare lÂ’uomo per incontrare Dio.
Cercare quelli che il Vangelo chiama Beati, con quei passaggi che possono
sembrare contraddittori, ma che il Signore ci sbatte con forza davanti
agli occhi e ci chiede che tutto questo entri dentro il nostro cuore. E
lui ci invita a non dimenticare che l’altro, qualunque altro, non è mai
una minaccia per i nostri principi, per il nostro credo, per la nostra
cultura, ma l’altro, qualunque altro, è sempre una ricchezza. E
lÂ’incontro, lÂ’ascolto degli altri, il costruire insieme, interrogarci
su quello che sta dietro, il chiederci perché, lo scendere in profonditÃ
diventi un invito e un impegno per tutti. Guai se il nostro
obiettivo è la solidarietà . Gli esclusi non hanno bisogno di questo. Il
nostro obiettivo ce lo ha indicato Cristo senza mezzi termini: è la
giustizia, fame e sete di giustizia…la solidarietà , l’impegno sono
gli strumenti per costruire la giustizia. Sia ben chiaro la solidarietÃ
è l’anima: di fronte alla sofferenza non si discute, si accoglie, si fa
di tutto, ci inventiamo di tuttoÂ… di fronte alla fatica la si accoglie,
ma nella lucidità , nella chiarezza che la giustizia è il nostro
obiettivo. E questa sera noi
abbiamo riflettuto di questo. Cercare Dio per incontrare gli uomini sì,
ma anche cercare lÂ’uomo per incontrare Dio. Canto: S. Francesco Preghiera spontanea dellÂ’assemblea Preghiera corale del Padre Nostro Canto finale: Unidos
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