PONTIFICIO
CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
PER UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE DELLA TERRA
La sfida della riforma agraria
PRESENTAZIONE
Il presente documento, " Per una migliore distribuzione
della terra. La sfida della riforma agraria ", si propone di sollecitare, a
tutti i livelli, una forte presa di coscienza dei drammatici problemi umani,
sociali ed etici, che solleva il fenomeno della concentrazione e
dell'appropriazione indebita della terra. Si tratta di problemi che colpiscono
nella loro dignità milioni di esseri umani e privano di una prospettiva di pace
il nostro mondo.
Di fronte a situazioni contrassegnate da tanta e
inaccettabile ingiustizia, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
ha ritenuto di offrire questo documento per la riflessione e l'orientamento,
facendosi interprete di una duplice richiesta, quella proveniente dai poveri e
quella proveniente dai pastori: pronunciare, con evangelica franchezza, una
parola nel merito di situazioni scandalose, presenti in quasi tutti i
continenti, circa la proprietà e l'uso della terra.
Il Pontificio Consiglio, facendo tesoro del ricco patrimonio
di sapienza accumulato nella dottrina sociale della Chiesa, ha ritenuto suo
improrogabile dovere richiamare tutti, soprattutto i responsabili politici ed
economici, a mettere mano ad appropriate riforme in campo agrario per avviare
una stagione di crescita e di sviluppo.
Non si deve lasciare trascorrere il tempo invano. Il Grande
Giubileo del 2000, indetto dal Santo Padre Giovanni Paolo II per commemorare
l'Unico Salvatore Gesù Cristo, è un richiamo alto ed impegnativo ad una
conversione, anche sul piano sociale e politico, che ristabilisca il diritto dei
poveri e degli emarginati a godere della terra e dei suoi beni che il Signore ha
donato a tutti e a ciascuno dei Suoi figli e figlie.
PREMESSA
1. Il modello di sviluppo delle società industrializzate è
capace di produrre enormi quantità di ricchezza, ma evidenzia gravi
insufficienze quando si tratta di ridistribuirne equamente i frutti e favorire
la crescita delle aree più arretrate.
Non sono indenni da questa contraddizione le stesse economie
sviluppate, tuttavia è nelle economie in via di sviluppo che la gravità di
questa situazione raggiunge dimensioni drammatiche.
Ciò si evidenzia nel persistere del fenomeno
dell'appropriazione indebita e della concentrazione della terra, cioè del bene
che, dato il carattere prevalentemente agricolo dell'economia dei Paesi in via
di sviluppo, costituisce, unitamente al lavoro, il fondamentale fattore di
produzione e la principale fonte della ricchezza nazionale.
Tale stato di cose è spesso una delle cause più importanti
di situazioni di fame e miseria e rappresenta una negazione concreta del
principio, derivante dalla comune origine e fratellanza in Dio (cfr. Ef 4,6),
che tutti gli esseri umani sono nati uguali in dignità e diritti.
2. Alle soglie del Terzo Millennio dell'era cristiana, il
Santo Padre Giovanni Paolo II invita tutta la Chiesa a " sottolineare più
decisamente l'opzione preferenziale... per i poveri e gli emarginati " e
indica " nell'impegno per la giustizia e per la pace in un mondo come il
nostro, segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed
economiche, ... un aspetto qualificante della preparazione e della celebrazione
del Giubileo ".(1)
In questa prospettiva, il Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace intende affrontare, attraverso il presente documento, il
drammatico problema dell'appropriazione indebita e della concentrazione della
terra nel latifondo,(2) sollecitando una sua soluzione e indicando lo spirito e
gli obiettivi che la devono guidare.
Il documento presenta in forma sintetica:
– una descrizione del processo di concentrazione della
proprietà della terra dove non è equamente distribuita;
– i principi che devono ispirare le soluzioni di tale
gravosa questione, secondo il messaggio biblico ed ecclesiale;
– la sollecitazione ad una efficace riforma agraria,
condizione indispensabile per un futuro di maggiore giustizia.
Il documento intende richiamare l'attenzione di quanti hanno
a cuore i problemi del mondo dell'agricoltura e dello sviluppo economico
generale, soprattutto dei responsabili, ai vari livelli nazionali e
internazionali, sui problemi legati alla proprietà della terra e spronarli ad
un'azione necessaria e sempre più urgente. Non è, tuttavia, un documento di
proposta politica, perché essa non compete alla Chiesa.
3. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace si fa
interprete delle sollecitazioni pervenute da moltissime Chiese locali, che si
trovano impegnate a far fronte quotidianamente ai problemi che qui vengono
trattati.
La preoccupata attenzione che la Chiesa continua a dare a
questi temi, nell'esplicito intento di costruire la società nel segno
evangelico della giustizia e della pace, si può facilmente cogliere attraverso
la lettura dei numerosissimi interventi sia di singoli Vescovi sia di Conferenze
Episcopali a proposito della terra e della sua equa distribuzione.(3)
A questi interventi, anche se non vengono esplicitamente
richiamati, si fa costante riferimento. Essi costituiscono un contributo di
grande valore e significato, l'espressione, spesso, di sofferte testimonianze
cristiane, realizzate in situazioni difficili e dolorose.
Intendiamo confermare il valore di queste testimonianze ed
incoraggiarne l'impegno per il futuro.
CAPITOLO I
PROBLEMI LEGATI ALLA CONCENTRAZIONE
DELLA PROPRIETÀ DELLA TERRA
L'ipoteca del passato nella situazione attuale
4. La struttura agraria dei Paesi in via di sviluppo è
spesso caratterizzata da una distribuzione di tipo bimodale. Un esiguo numero di
grandi proprietari terrieri possiede la maggior parte della superficie
coltivabile, mentre una moltitudine di piccolissimi proprietari, di affittuari e
di coloni coltivano la superficie rimanente che è spesso di qualità inferiore.
La grande proprietà caratterizza, ancor oggi, il regime fondiario di una buona
parte di tali Paesi.(4)
Il processo di concentrazione della proprietà della terra ha
origini storiche diverse, a seconda delle regioni. Per il particolare interesse
che presenta per la nostra riflessione, va segnalato che, nelle aree che furono
soggette a dominazione coloniale, la concentrazione della terra in fondi di
grandi dimensioni si è sviluppata soprattutto a partire dalla seconda metà del
secolo scorso, attraverso la progressiva appropriazione privata della terra,
favorita da leggi che hanno introdotto gravi distorsioni nel mercato fondiario.(5)
L'appropriazione privata della terra non ha avuto come sola
conseguenza la formazione ed il consolidamento di grandi proprietà terriere, ma
anche l'effetto, diametralmente opposto, della polverizzazione della piccola
proprietà .
Il piccolo coltivatore,(6) nella migliore delle ipotesi,
poteva acquistare un'esigua superficie di terra, da lavorare con la propria
famiglia. Quando questa aumentava, egli non era in grado, però, di allargare la
sua proprietà , a meno che non fosse disposto a spostarsi, con i propri
familiari, su terre meno fertili e più lontane, che richiedevano un più alto
impiego di lavoro per unità di prodotto.
Si determinavano, in tal modo, le condizioni per l'ulteriore
frammentazione della già piccola estensione di terra posseduta e, in ogni caso,
per l'aggravamento della povertà del coltivatore e della sua famiglia.
5. Negli ultimi decenni, questa situazione non è
sostanzialmente mutata, anzi, in molti casi, essa è andata via via peggiorando,
sebbene l'esperienza di ogni giorno confermi la negatività del suo impatto
sulla crescita dell'economia e sullo sviluppo sociale.(7)
Alla base di tutto ciò, vi è l'interagire di un complesso
di fenomeni che sono di particolare gravità e che, nonostante le specificitÃ
nazionali, presentano tratti marcatamente simili tra i vari Paesi.
Le strade dello sviluppo economico percorse dai diversi Paesi
in via di sviluppo negli ultimi decenni hanno spesso incentivato il processo di
concentrazione della proprietà della terra. In genere, tale processo sembra
essere conseguenza di misure di politica economica e di vincoli strutturali non
mutabili nel breve periodo e causa di costi economici, sociali ed ambientali.
Una valutazione critica delle scelte di politica economica
L'industrializzazione a spese dell'agricoltura
6. Per realizzare in tempi brevi la modernizzazione
dell'economia nazionale, molti Paesi in via di sviluppo si sono prevalentemente
basati sulla convinzione, spesso non giustificata, che la rapida
industrializzazione possa produrre un miglioramento del benessere economico
generale anche se avviene a spese dell'agricoltura.
Essi hanno adottato, di conseguenza, politiche di protezione
delle produzioni industriali interne e di manipolazione dei tassi di cambio
delle monete nazionali in svantaggio dell'agricoltura; politiche di tassazione
delle esportazioni di prodotti agricoli; politiche di sostegno del potere
d'acquisto delle popolazioni urbane basate sul controllo dei prezzi dei prodotti
alimentari, o altre forme di intervento che, alterando il meccanismo
distributivo dei mercati, hanno spesso portato ad un peggioramento dei termini
di cambio della produzione agricola rispetto a quella industriale.
La caduta dei redditi agricoli che ne è derivata ha
gravemente colpito i piccoli produttori, al punto che molti di essi hanno
abbandonato l'attività agricola. Tutto ciò ha incentivato il processo di
concentrazione della proprietà della terra.
Le esperienze fallimentari di riforma agraria
7. In molti Paesi in via di sviluppo, in questi ultimi
decenni, sono state attuate delle riforme agrarie tese ad assicurare una più
equa ripartizione della proprietà e dell'uso della terra. Solo in alcuni casi
queste riforme hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. In buona parte di tali
Paesi, invece, esse hanno profondamente disilluso le aspettative.
Uno degli errori principali è stato ritenere che la riforma
agraria consista essenzialmente nella semplice ripartizione ed assegnazione
della terra.
Gli insuccessi possono essere imputati, in parte, ad una
impropria interpretazione delle esigenze del settore agricolo in transizione da
una fase di sussistenza ad una di integrazione con i mercati domestici ed
internazionali, in parte a scarsa professionalità nella progettazione,
nell'organizzazione e nella gestione della riforma.(8)
In sintesi, gli interventi di riforma agraria hanno fallito i
loro obiettivi: di ridurre la concentrazione della terra nel latifondo, di dare
vita a imprese capaci di crescita autonoma, di impedire l'espulsione dalla terra
delle grandi masse contadine e la loro emigrazione verso i centri urbani o verso
le terre ancora libere o marginali e povere di infrastrutture sociali.
8. In molti casi i governi non si sono sufficientemente
preoccupati di dotare le zone di riforma delle infrastrutture e dei servizi
sociali necessari; di realizzare una efficiente organizzazione di assistenza
tecnica; di assicurare un accesso equo al credito a costi sostenibili; di
limitare le distorsioni a favore delle grandi proprietà terriere; di richiedere
agli assegnatari prezzi e forme di pagamento delle terre ricevute compatibili
con le esigenze di sviluppo delle loro imprese e con le esigenze di vita delle
loro famiglie. I piccoli coltivatori, costretti a indebitarsi, spesso devono
vendere i loro diritti e abbandonare l'attività agricola.
Una seconda importante causa di insuccesso delle riforme
agrarie è derivata dalla mancata considerazione della storia e delle tradizioni
culturali delle società agricole, che ha spesso portato a favorire delle
strutture fondiarie in contrasto con le forme tradizionali di proprietà della
terra.
Altre due realtà , infine, hanno concorso a destabilizzare
sensibilmente il processo di riforma: una deplorevole serie di forme di
corruzione, servilismo politico e collusione che ha portato a concederne
estensioni amplissime ai membri dei gruppi dirigenti, e la presenza di
importanti interessi stranieri, preoccupati delle conseguenze di una riforma per
le loro attività economiche.
La gestione delle esportazioni agricole
9. In molti Paesi in via di sviluppo, anche le modalità con
cui le politiche agrarie hanno gestito l'esportazione delle produzioni agricole
hanno spesso favorito il processo di concentrazione della proprietà della terra
in poche mani.
Per alcuni prodotti sono state adottate politiche di
controllo dei prezzi, favorevoli alle grandi imprese agro-industriali e ai
coltivatori di prodotti per l'esportazione, che hanno però penalizzato i
piccoli coltivatori di prodotti agricoli tradizionali.(9) Altre politiche hanno
indirizzato l'intero sistema delle infrastrutture e dei servizi prevalentemente
secondo gli interessi dei grandi agricoltori. In altri casi ancora, le politiche
fiscali riguardanti l'agricoltura hanno agevolato i profitti di certi gruppi di
proprietari (singole persone fisiche o società di capitale) e hanno permesso di
ammortizzare, in tempi relativamente brevi, gli investimenti fissi, senza
prevedere imposte progressive o comunque permettendo una facile evasione
fiscale. Vi sono state, infine, politiche di agevolazione del credito
all'agricoltura che hanno distorto i rapporti di prezzo tra capitale fondiario e
lavoro.
Si è incoraggiato, in tal modo, un processo di accumulazione
basato sull'investimento in terra. Da questo processo sono stati esclusi i
piccoli coltivatori, spesso ai margini del mercato della terra.
L'aumento dei prezzi della terra e la diminuzione della
domanda di lavoro, dovuta alla meccanizzazione delle operazioni colturali
agricole, rendono difficile ai piccoli coltivatori, quando non sono consociati,
l'accesso al credito di lungo periodo e quindi l'acquisto di terra.
10. L'obiettivo di perseguire la riduzione del debito
internazionale attraverso l'esportazione può portare ad una diminuzione del
livello di benessere dei piccoli agricoltori che spesso non coltivano prodotti
da esportare.
Le carenze del servizio pubblico di formazione agricola non
consentono a questi coltivatori, che si dedicano per necessità ad
un'agricoltura prevalentemente di sussistenza ricorrendo a pratiche
tradizionali, di acquisire la preparazione tecnica necessaria per compiere
correttamente le operazioni colturali richieste dai nuovi prodotti. Le difficoltÃ
che i piccoli agricoltori, scarsamente integrati con il mercato, incontrano
nell'accesso al credito limitano le loro possibilità di acquistare i fattori di
produzione che le nuove tecniche esigono. La scarsa conoscenza del mercato non
permette loro di essere informati sull'andamento dei prezzi dei prodotti e di
ottenere la qualità che l'esportazione esige.
Nelle piccole proprietà , la coltivazione dei prodotti per
l'esportazione, incentivata dal mercato, avviene spesso a spese delle produzioni
destinate in gran parte all'autoconsumo e, pertanto, espone la famiglia agricola
a forti rischi. Se l'andamento stagionale o le condizioni di mercato sono
sfavorevoli, la famiglia del piccolo coltivatore può entrare nella spirale
della fame e accumulare debiti che la costringono a perdere la proprietà della
sua terra.
L'espropriazione delle terre delle popolazioni indigene
11. In questi ultimi decenni si è registrata un'intensa e
continua espansione delle varie forme di attività economica basate sull'uso
delle risorse naturali verso le terre tradizionalmente occupate dai popoli
indigeni.
Nella maggioranza dei casi, la diffusione delle grandi
imprese agricole, la realizzazione di impianti idroelettrici, lo sfruttamento
delle risorse minerarie, del petrolio e delle masse legnose delle foreste nelle
aree di espansione della frontiera agricola sono stati decisi, pianificati ed
attuati ignorando i diritti degli abitanti indigeni.(10)
Tutto ciò avviene nel rispetto della legalità , ma il
diritto di proprietà sancito dalla legge è in conflitto con il diritto all'uso
del suolo derivante da un'occupazione e da una appartenenza le cui origini si
perdono nel tempo.
Le popolazioni indigene, che nella loro cultura e nella loro
spiritualità considerano la terra la base di ogni valore ed il fattore che le
unisce e alimenta la loro identità , hanno perduto il diritto legale alla
proprietà delle terre sulle quali vivono da secoli già al momento della
costituzione dei primi grandi latifondi. Pertanto, possono essere private
improvvisamente di queste terre qualora i detentori vecchi o nuovi del titolo
legale di proprietà vogliano prenderne concretamente possesso, anche se per
decenni se ne sono disinteressati. Può anche accadere che gli indigeni corrano
il rischio, tanto assurdo quanto concreto, di essere considerati invasori delle
loro terre.
La sola alternativa alla possibilità di essere espulsi dalle
proprie terre è la disponibilità a lavorare alle dipendenze delle grandi
imprese o ad emigrare. Questi popoli, in ogni caso, vengono spogliati della loro
terra e della loro cultura.
Violenze e complicitÃ
12. La storia di molte aree rurali è stata caratterizzata
spesso da conflitti, ingiustizie sociali e forme di violenza non controllate.
L'élite fondiaria e le grandi imprese impegnate nello
sfruttamento di risorse minerarie e del legname non hanno esitato, in molte
occasioni, ad instaurare un clima di terrore per sedare le proteste dei
lavoratori, obbligati a ritmi di lavoro disumani e rimunerati con salari che
spesso non coprono le spese di viaggio, vitto e alloggio. Lo stesso clima si è
instaurato per vincere i conflitti con i piccoli agricoltori che coltivano da
lungo tempo terre demaniali o altre terre o per appropriarsi delle terre
occupate dai popoli indigeni.
In queste lotte vengono utilizzati metodi intimidatori, si
provocano arresti illegali e, in casi estremi, si assoldano gruppi armati per
distruggere i beni e i raccolti, togliere potere ai leaders delle comunità ,
sbarazzarsi di persone, compresi coloro che prendono le difese dei deboli, tra
cui vanno ricordati anche molti responsabili della Chiesa.
I rappresentanti del pubblico potere, spesso, sono
direttamente complici di queste violenze. L'impunità agli esecutori e ai
mandanti dei delitti viene garantita da deficienze nell'amministrazione della
giustizia e dall'indifferenza di molti Stati verso gli strumenti giuridici
internazionali riguardanti il rispetto dei diritti umani.
Nodi istituzionali e strutturali da risolvere
13. I Paesi in via di sviluppo possono contrastare
efficacemente l'attuale processo di concentrazione della proprietà della terra
se affrontano alcune situazioni che si connotano come veri e propri nodi
strutturali. Tali sono le carenze e i ritardi a livello legislativo in tema di
riconoscimento del titolo di proprietà della terra e in relazione al mercato
del credito; il disinteresse per la ricerca e la formazione in agricoltura; la
negligenza a proposito di servizi sociali e di infrastrutture nelle aree rurali.
Il riconoscimento legale del diritto di proprietÃ
14. Il quadro normativo e i fragili assetti delle istituzioni
amministrative, come i catasti, di molti Paesi spesso aggrava le difficoltà che
i piccoli coltivatori incontrano nell'ottenere il riconoscimento legale del
diritto di proprietà sulla terra che coltivano da lungo tempo e della quale
sono proprietari di fatto. Accade frequentemente che essi ne siano depredati
perché questa terra cade, per legge, nelle mani di coloro che, grazie ai
maggiori mezzi finanziari e alle informazioni di cui dispongono, possono
ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà .
Il piccolo coltivatore risulta penalizzato in ogni caso:
l'incertezza circa il titolo di possesso della terra costituisce, infatti, un
forte disincentivo all'investimento, fa aumentare i rischi per il coltivatore
qualora egli accresca l'estensione della propria azienda e riduce la possibilitÃ
di accedere al credito utilizzando la terra come garanzia. Questa incertezza,
inoltre, costituisce un incentivo a sfruttare in eccesso le risorse naturali del
fondo senza considerare i rischi legati alla sostenibilità ambientale e senza
preoccuparsi della continuità intergenerazionale della proprietà della
famiglia.
Il mercato del credito
15. La tradizionale normativa riguardante il mercato del
credito concorre a produrre gli effetti appena considerati. Il piccolo
coltivatore incontra grandi difficoltà nell'accedere al credito necessario per
migliorare la tecnologia produttiva, per accrescere la proprietà , per
fronteggiare le avversità , a causa del ruolo assegnato alla terra come
strumento di garanzia e dei maggiori costi che i finanziamenti di importo
limitato comportano per gli istituti di credito.(11)
Nelle aree rurali il mercato legale del credito è, spesso,
assente. Il piccolo coltivatore è indotto a ricorrere all'usura per i prestiti
di cui ha bisogno, esponendosi a rischi che lo possono portare alla perdita
parziale o anche totale della propria terra. L'usuraio, infatti, finalizza di
solito la sua attività alla speculazione fondiaria. Avviene in tal modo un
rastrellamento di piccole proprietà che accresce il numero dei senza terra e
che, nello stesso tempo, accresce il patrimonio dei grandi proprietari, dei più
ricchi agricoltori o dei commercianti locali.
Nelle economie povere, in sostanza, l'accesso al credito di
lungo periodo tende ad essere direttamente proporzionale alla proprietà dei
mezzi di produzione, in particolare della terra, e ad essere, pertanto,
prerogativa esclusiva dei grandi proprietari terrieri.
La ricerca e la formazione agricola
16. Altre importanti carenze riguardano la ricerca e la
formazione agricola,(12) ossia le attività di studio e di sviluppo di tecniche
di produzione nuove e appropriate alle diverse realtà e l'opera di informazione
dei produttori agricoli circa l'esistenza di queste tecniche e le modalitÃ
d'impiego atte a trarne il massimo vantaggio.
Molto spesso, nei Paesi in via di sviluppo, l'impegno
economico per dare vita a strutture e centri di ricerca è assai limitato e
inadeguata risulta la preparazione di coloro che sono preposti alla formazione.
Si determinano, pertanto, le condizioni che rendono possibili
due fenomeni, strettamente collegati, di particolare rilievo economico-sociale:
– la diffusione di tecniche frutto dell'attività di
ricerca e di sviluppo di privati, i quali, per ragioni di mercato, rivolgono la
loro attenzione alle imprese di grandi dimensioni;
– l'insufficiente attenzione alla compatibilità delle
tecniche nuove con le caratteristiche dell'agricoltura delle diverse aree e, in
particolare, con le condizioni socio-economiche locali. In questicasi, alto è
il rischio che gli effetti della diffusione delle nuove tecniche siano negativi
sul benessere dei piccoli coltivatori e sulla stessa sopravvivenza delle loro
imprese.
La carenza di infrastrutture e di servizi sociali
17. Assume grande rilievo il disinteresse per le
infrastrutture e i servizi sociali indispensabili nelle aree rurali.
Il sistema scolastico in queste aree, per le sue profonde
insufficienze quantitative e qualitative, non fornisce ai giovani i mezzi
necessari per sviluppare le loro potenzialità personali e per acquisire la
consapevolezza della propria dignità di esseri umani e dei propri diritti e
doveri.
In modo analogo, la scarsità e la bassa qualità dei servizi
sanitari si traducono, frequentemente, in una effettiva negazione del diritto
alla salute dei poveri delle aree rurali, con tutte le conseguenze che ciò
comporta sulla vita delle persone.
A loro volta, le carenze dei sistemi di trasporto, oltre a
rendere più difficile l'accesso agli altri servizi sociali, concorrono a
ridurre sensibilmente ai piccoli coltivatori la redditività dell'esercizio
dell'agricoltura. La mancanza di strade o le loro cattive condizioni di
manutenzione e la scarsità di mezzi di trasporto pubblici aumentano i costi dei
fattori di produzione e riducono, pertanto, l'incentivo a migliorare le tecniche
di produzione.
La conseguenza più grave delle carenze nelle infrastrutture
viarie è la dipendenza obbligata dei piccoli coltivatori dal mercato locale per
la commercializzazione dei loro prodotti. Nel mercato locale le informazioni
utili sono scarse e diventa perciò difficile adeguare la qualità dei prodotti
alle esigenze della domanda. In esso dominano operatori che dispongono di un
potere di carattere monopolistico, cosicché gli agricoltori sono costretti ad
accettare il prezzo che viene loro offerto oppure a non vendere.
Conseguenze delle politiche economiche relative alla proprietÃ
fondiaria
Conseguenze economiche
18. Gli squilibri nella ripartizione della proprietà della
terra e le politiche che li generano e li alimentano sono fonte di gravi
ostacoli allo sviluppo economico.
Tali squilibri e tali politiche possono generare conseguenze
economiche che ricadono sulla maggioranza della popolazione. Se ne possono
segnalare almeno cinque:
a) le distorsioni nel mercato della terra. Le politiche di
intervento sui mercati favoriscono spesso le grandi proprietà terriere, in modo
implicito od esplicito, attraverso sussidi indiretti e trattamenti fiscali e
creditizi privilegiati. Tali vantaggi producono nuovi investimenti nel valore
della terra e, pertanto, l'aumento del suo prezzo. I piccoli coltivatori vedono
così ridursi la loro capacità di acquistare terra e, pertanto, la loro
possibilità di accrescere, attraverso le normali operazioni di compravendita,
l'efficienza e l'equità del mercato fondiario;
b) la riduzione della produzione agricola complessiva del
Paese. Nei Paesi con una economia agricola poco sviluppata, esiste, di norma,
una relazione inversa tra dimensione dell'impresa agricola e produttività . La
produzione per unità di superficie realizzata dai piccoli coltivatori è più
elevata di quella ottenuta dai grandi proprietari terrieri. Quella ottenuta
invece dai grandi proprietari terrieri, i quali posseggono la maggior parte
della terra, è inferiore con la conseguente riduzione della produzione agricola
complessiva del Paese;
c) il contenimento dei salari agricoli a livelli bassi. Tale
contenimento è dovuto alla crescita dell'offerta e alla contemporanea riduzione
della domanda di lavoro in agricoltura e alla mancanza delle condizioni che
assicurino ai lavoratori la possibilità di negoziare, a livello collettivo e
individuale, il loro lavoro;
d) la ridotta redditività delle piccole imprese. Quando la
redditività delle piccole imprese si riduce, risultano difficili gli
investimenti necessari per il loro sviluppo. Si tratta, pertanto, di un processo
a spirale, di segno negativo;
e) la sottrazione dei risparmi accumulati nel settore
agricolo. Essi non sono utilizzati proficuamente per investimenti produttivi in
infrastrutture e tecnologie utili all'agricoltura, ma le vengono sottratti per
essere destinati al consumo o ad altri settori dell'economia.
Conseguenze sociali e politiche
19. Elevate e gravi sono le conseguenze sociali. Il mondo
agricolo è fagocitato in un processo che accresce e diffonde la povertà .(13) LÃ
dove essa domina e non esistono né sicurezza sociale né assicurazioni per la
vecchiaia, i figli rappresentano per i genitori una garanzia per il proprio
futuro. I tassi di aumento della popolazione, pertanto, sono molto alti, mentre
i problemi dell'educazione e di tutela della salute non trovano risposte
adeguate.
Il tradizionale equilibrio nella distribuzione spaziale della
popolazione è spezzato, nelle comunità rurali, da processi di
destrutturazione, che sono all'origine di un movimento migratorio verso le
periferie delle grandi città , sempre più megalopoli, dove più gravi diventano
i contrasti sociali, la violenza e la criminalità .
I popoli indigeni, sottoposti a continue pressioni che mirano
ad allontanarli dalle loro terre, devono assistere alla dissoluzione delle loro
istituzioni economiche, sociali, politiche e culturali e alla distruzione
dell'equilibrio ambientale dei loro territori.
20. Per molti Paesi, anche molto dotati di terreni
coltivabili e di risorse naturali, sono ancora la fame e la malnutrizione a
rappresentare il problema principale.(14) La fame è, oggi, un fenomeno di
crescenti dimensioni. Essa non dipende soltanto dalle carestie, ma anche da
scelte politiche che non migliorano la capacità delle famiglie ad accedere alle
risorse. La difesa dei privilegi di una minoranza porta spesso ad ostacolare e
ad impedire di fatto, se non legalmente, lo sviluppo della produzione agricola.
La destinazione delle terre a produzioni da esportare, mentre riduce i costi
dell'alimentazione nei Paesi ad economia sviluppata, può avere effetti anche
molto negativi sulla maggior parte delle famiglie che vivono di agricoltura.
Questo paradosso è intollerabile per ogni intelligenza e coscienza.
L'accumulazione dei problemi economici e sociali accresce la
complessità di quelli politici, provocando instabilità e conflitti che
rallentano lo sviluppo democratico. Tutto ciò penalizza l'agricoltura e
rappresenta un gravissimo ostacolo per ogni programma di crescita economica.
Conseguenze ambientali
21. Le disuguaglianze nella distribuzione della proprietÃ
della terra innescano, infine, un processo di degrado ambientale difficilmente
reversibile,(15) a cui concorrono la degradazione del suolo, la riduzione della
sua fertilità , l'elevata esposizione al rischio di alluvioni, l'abbassamento
delle falde freatiche, l'interramento dei fiumi e dei laghi, ed altri problemi
ecologici.
È frequentemente incentivata, con agevolazioni fiscali e
creditizie, la deforestazione di ampie aree per far posto a forme di allevamento
estensive e ad attività minerarie o alla lavorazione delle masse legnose, ma
non sono previsti piani di risistemazione ambientale oppure non sono attuati,
qualora esistano.
Anche la povertà si collega al degrado ambientale in un
circolo vizioso quando i piccoli coltivatori, espropriati dalla grande proprietà ,
ed i poveri senza terra sono costretti, nella loro ricerca di nuove terre, ad
occupare quelle strutturalmente fragili, come le terre in pendio, e ad erodere
il patrimonio forestale per esercitarvi l'agricoltura.
CAPITOLO II
IL MESSAGGIO BIBLICO ED ECCLESIALE
SULLA PROPRIETÀ DELLA TERRA E SULLO SVILUPPO AGRICOLO
Il messaggio biblico
La cura della creazione
22. La prima pagina della Bibbia racconta la creazione del
mondo e della persona umana: " Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine
di Dio lo creò; maschio e femmina li creò " (Gen 1,27). Parole solenni
esprimono il compito che Dio loro affida: " Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli
del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra " (Gen 1,28).
Il primo compito che Dio loro assegna
- si tratta,
evidentemente, di un compito fondamentale - riguarda l'atteggiamento che
devono assumere di fronte alla terra e a tutte le creature. " Soggiogare
" e " dominare " sono due verbi che possono essere facilmente
fraintesi e addirittura sembrare una giustificazione di quel dominio dispotico e
sfrenato che non si cura della terra e dei suoi frutti, ma ne fa scempio a
proprio vantaggio. In realtà " soggiogare " e " dominare "
sono verbi che, nel linguaggio biblico, servono a descrivere il dominio del re
saggio, che si prende cura del benessere di tutti i suoi sudditi.
L'uomo e la donna devono aver cura della creazione, perché
questa serva a loro e rimanga a disposizione di tutti, non solo di alcuni.
23. La natura profonda della creazione è di essere un dono
di Dio, un dono per tutti, e Dio vuole che tale rimanga. Per questo il primo
imperativo rivolto da Dio è di conservare la terra nella sua natura di dono e
benedizione e di non trasformarla invece in strumento di potere o in motivo di
divisione.
Il diritto-dovere della persona umana di dominare la terra
deriva dal suo essere immagine di Dio: spetta a tutti, non solo ad alcuni, la
responsabilità della creazione. In Egitto e in Babilonia questa prerogativa era
attribuita ad alcuni. Nel testo biblico, invece, il dominio appartiene alla
persona umana come tale e, quindi, a tutti. Anzi è l'umanità nel suo insieme
che deve sentirsi responsabile della creazione.
L'uomo è posto nel giardino per coltivarlo e custodirlo
(cfr.
Gen 2,15), così da potersi nutrire dei suoi frutti. In Egitto e in Babilonia il
lavoro è una dura necessità imposta agli uomini a beneficio degli dei: di
fatto, a beneficio del re, dei funzionari, dei sacerdoti e dei grandi
proprietari. Nel racconto biblico, invece, il lavoro è per la realizzazione
della persona umana.
La terra è di Dio che la dona a tutti i suoi figli
24. L'israelita ha diritto alla proprietà della terra, che
la legge protegge in molti modi. Prescrive il Decalogo: " Non bramerai la
casa del tuo prossimo, né il suo campo né il suo servo né la sua serva né il
suo bue né il suo asino e nulla di quanto è del tuo prossimo " (Dt 5,21).
Si può dire che l'israelita si sente veramente libero,
pienamente israelita, solo quando possiede il suo pezzo di terra. Ma la terra è
di Dio, insiste l'Antico Testamento, e Dio l'ha data in eredità a tutti i figli
di Israele. Dunque deve essere divisa fra tutte le tribù, clan e famiglie. E
l'uomo non è il vero padrone della sua terra, ma piuttosto un amministratore.
Il vero padrone è Dio. Si legge nel Levitico: " Le terre non si potranno
vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come
forestieri e inquilini " (25,23).
In Egitto la terra apparteneva al faraone e i contadini erano
suoi servi e sua proprietà . A Babilonia vigeva una struttura feudale: il re
consegnava le terre in cambio di fedeltà e servizi. Nulla di simile in Israele.
La terra è di Dio che la dona a tutti i suoi figli.
25. Ne derivano precise conseguenze. Da un lato, a nessuno è
lecito privare del possesso della terra la persona che l'ha in uso, altrimenti
si viola un diritto divino; neppure il re lo può fare.(16) Dall'altro lato,
viene negata ogni forma di possesso assoluto e arbitrario esclusivamente a
proprio vantaggio: non si può fare ciò che si vuole dei beni che Dio ha dato a
tutti.
È su questa base che la legislazione introduce di volta in
volta, e sempre sotto la spinta di concrete situazioni, molte limitazioni al
diritto di proprietà . Qualche esempio: il divieto di raccogliere frutti da un
albero durante i primi quattro anni (cfr. Lv 19,23-25); l'invito a non mietere
fino ai margini del campo e la proibizione di raccogliere frutti e spighe
dimenticati o caduti per terra, perché appartengono ai poveri (cfr. Lv 19,9-10;
23,22; Dt 24,19-22).
Alla luce di questa visione della proprietà si comprende la
severità del giudizio morale espresso dalla Bibbia sulle prevaricazioni dei
ricchi, che costringono i poveri e i contadini a cedere i loro fondi familiari.
Sono particolarmente i Profeti a condannare con energia questi soprusi. "Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo", grida Isaia
(5,8). E il suo contemporaneo Michea: " Sono avidi di campi e li usurpano,
di case, e se le prendono. Così opprimono l'uomo e la sua casa, il proprietario
e la sua eredità " (2,2).
La prospettiva di libertà del Giubileo
26. Lo sforzo di legare stabilmente e in perpetuo la proprietÃ
della terra al suo possessore e, nel contempo, lo sforzo di distribuire
equamente le terre fra tutte le famiglie d'Israele, sono all'origine di uno
degli istituti sociali più singolari di quel popolo: il Giubileo (cfr. Lv
25).(17)
Questo istituto traduce direttamente sul piano sociale ed
economico la signoria di Dio ed intende affermare, o difendere, tre libertà .
La prima libertà riguarda i campi e le case che, nell'anno
giubilare, debbono ritornare agli antichi proprietari. Campi e case si possono
vendere, ma la vendita è semplicemente un passaggio dei diritti di utilizzo,
fermo restando il diritto del proprietario (o di un parente) a riscattare in
qualsiasi momento il suo fondo. In ogni caso, ogni cinquant'anni le proprietÃ
alienate torneranno alle antiche famiglie.
La seconda libertà riguarda le persone che, nell'anno del
Giubileo, devono tornare libere alle loro famiglie e alle loro proprietà .
La terza libertà riguarda la terra che, nell'anno del
Giubileo e nell'anno sabbatico, deve essere lasciata riposare per un anno.
Particolarmente interessante è la motivazione di queste tre
libertà : " Poiché io sono il Signore Dio vostro " (Lv 25,17); "
La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini " (Lv
25,23). La motivazione basilare, dunque, è la signoria di Dio, una signoria che
si manifesta nel dono agli uomini: " Io sono il Signore vostro Dio, che vi
ho fatto uscire dal paese d'Egitto, per darvi il paese di Canaan, per essere il
vostro Dio " (Lv 25,38).
La proprietà della terra secondo la dottrina sociale della
Chiesa
27. Nella prospettiva delineata dalle Sacre Scritture, la
Chiesa ha elaborato lungo i secoli la sua dottrina sociale. Autorevoli e
significativi documenti ne illustrano i principi fondamentali, i criteri per il
giudizio e il discernimento, le indicazioni e gli orientamenti per le scelte
opportune.
Nella dottrina sociale, il processo di concentrazione della
proprietà della terra è giudicato uno scandalo perché in netto contrasto con
la volontà ed il disegno salvifico di Dio, in quanto nega a tanta parte
dell'umanità il beneficio dei frutti della terra.
Le perverse diseguaglianze nella distribuzione dei beni
comuni e delle opportunità di sviluppo di ogni persona e gli squilibri
disumanizzanti nelle relazioni individuali e collettive, provocati da una simile
concentrazione, sono causa di conflitti che minano le fondamenta della
convivenza civile e provocano il disfacimento del tessuto sociale e il degrado
dell'ambiente naturale.
La destinazione universale dei beni e la proprietà privata
28. Le conseguenze dell'attuale disordine confermano
l'esigenza, per l'intera società umana, di essere continuamente richiamata ai
principi di giustizia, in particolare al principio della destinazione universale
dei beni.
La dottrina sociale della Chiesa, infatti, fonda l'etica
delle relazioni di proprietà dell'uomo rispetto i beni della terra sulla
prospettiva biblica che indica la terra come dono di Dio a tutti gli esseri
umani. " Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene,
all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono secondo
un equo criterio essere partecipati a tutti, essendo guida la giustizia, e
compagna la carità . Pertanto... si deve sempre ottemperare a questa
destinazione universale dei beni ".(18)
Il diritto all'uso dei beni terreni è un diritto naturale,
primario, di valore universale, in quanto compete ad ogni essere umano: non può
essere violato da nessun altro diritto a contenuto economico;(19) si dovrÃ
piuttosto tutelare e rendere effettivo con leggi e istituzioni.
29. Mentre afferma l'esigenza di assicurare a tutti gli
uomini, sempre e in qualsiasi circostanza, il godimento dei beni della terra, la
dottrina sociale sostiene anche il diritto naturale all'appropriazione
individuale di questi beni.(20)
L'uomo, ogni uomo, pone a frutto, in modo effettivo ed
efficace, i beni della terra che sono stati messi al suo servizio, e dunque
afferma se stesso, se è nelle condizioni di poter usare liberamente di questi
beni, avendone acquisito la proprietà .(21)
Essa è condizione e presidio di libertà ; è presupposto e
garanzia della dignità della persona. " La proprietà privata o un qualche
potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona del tutto necessaria di
autonomia personale e familiare, e devono considerarsi come un prolungamento
della libertà umana. Infine, stimolando l'esercizio dei diritti e dei doveri,
essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili ".(22)
Senza il riconoscimento del diritto di proprietà privata sui
beni anche produttivi, come attestano la storia e l'esperienza, si arriva alla
concentrazione del potere, alla burocratizzazione dei vari ambiti di vita della
società , al malcontento sociale, a comprimere e soffocare " le
fondamentali espressioni della libertà ".(23)
30. Il diritto alla proprietà privata, secondo il Magistero
della Chiesa, non è però incondizionato ma, all'opposto, è caratterizzato da
vincoli ben precisi.
La proprietà privata, infatti, quali che siano le forme
concrete delle sue istituzioni e delle sue norme giuridiche, è, nella sua
essenza, uno strumento per la realizzazione del principio della destinazione
universale dei beni, dunque un mezzo e non un fine.(24)
Il diritto alla proprietà privata, di per sé valido e
necessario, deve essere circoscritto all'interno dei limiti di una sostanziale
funzione sociale della proprietà . Ogni proprietario, pertanto, deve essere
costantemente consapevole dell'ipoteca sociale che grava sulla proprietÃ
privata: " Perciò l'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose
esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come
comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri
".(25)
31. La funzione sociale direttamente e naturalmente inerente
alle cose e al loro destino, consente alla Chiesa di affermare nel suo
insegnamento sociale: " Colui che si trova in estrema necessità , ha
diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui ".(26) Il limite
al diritto di proprietà privata è posto dal diritto di ogni uomo all'uso dei
beni necessari per vivere.
Questa dottrina, già elaborata da San Tommaso
d'Aquino,(27)
aiuta nella valutazione di alcune complesse situazioni di grande rilievo
etico-sociale, quali l'espulsione dei contadini dalle terre che hanno lavorato,
senza che sia stato assicurato loro il diritto di ricevere la parte dei beni
necessari per vivere, e i casi di occupazione di terre incolte da parte di
contadini che non ne sono proprietari e vivono in uno stato di estrema
indigenza.
La condanna del latifondo
32. La dottrina sociale della Chiesa, basandosi sul principio
della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei
beni, analizza le modalità di esercizio del diritto di proprietà della terra
come spazio coltivabile e condanna il latifondo come intrinsecamente
illegittimo.
Tale è la grande proprietà terriera, spesso malamente
coltivata, o addirittura tenuta in riserva senza coltivarla per motivi
speculativi, mentre si dovrebbe aumentare la produzione agricola per soddisfare
la crescente domanda di alimenti della maggior parte della popolazione,
sprovvista di terre da coltivare o con terre troppo limitate a disposizione.
Per la dottrina sociale della Chiesa, il latifondo contrasta
nettamente con il principio che " la terra è data a tutti e non solamente
ai ricchi ", cosicché " nessuno è autorizzato a riservare a suo uso
esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del
necessario ".(28)
Il latifondo, di fatto, nega ad una moltitudine di persone il
diritto di partecipare con il proprio lavoro al processo produttivo e di
sovvenire ai bisogni propri, della propria famiglia e a quelli della comunità e
della nazione di cui fanno parte.(29)
I privilegi assicurati dal latifondo sono causa di contrasti
scandalosi e di situazioni di dipendenza e di oppressione tanto su scala
nazionale che internazionale.
33. L'insegnamento sociale della Chiesa denuncia anche le
insopportabili ingiustizie provocate dalle forme di appropriazione indebita
della terra ad opera di proprietari o di imprese nazionali e internazionali, a
volte sostenute da organismi dello Stato, i quali, calpestando ogni diritto
acquisito e, non raramente, gli stessi titoli legali al possesso del suolo,
spogliano i piccoli coltivatori ed i popoli indigeni delle loro terre.
Sono forme di appropriazione particolarmente gravi, perché,
oltre ad accrescere la disuguaglianza nella distribuzione dei beni della terra,
conducono, in genere, alla distruzione di una parte di questi stessi beni,
impoverendo l'intera umanità . Esse determinano modi di sfruttamento della terra
che spezzano equilibri tra l'uomo e l'ambiente costruiti nel corso dei secoli e
provocano un forte degrado ambientale.
Questo deve apparire come il segno della disobbedienza
dell'uomo al comando di Dio di agire come guardiano e saggio amministratore
della creazione (cfr. Gen 2,15; Sap 9,2-3). Il prezzo di questa disobbedienza
peccaminosa è altissimo. Essa, infatti, causa una grave e vile forma di
mancanza di solidarietà tra gli uomini perché colpisce i più deboli e le
generazioni future.(30)
34. Alla condanna del latifondo e dell'appropriazione
indebita della terra, contrari al principio della destinazione universale dei
beni, la dottrina sociale aggiunge la condanna delle forme di sfruttamento del
lavoro, specialmente quando esso viene remunerato con salari o altre modalitÃ
che sono indegni di un uomo.
Con l'ingiusta remunerazione per il lavoro compiuto e con
altre forme di sfruttamento si nega ai lavoratori la possibilità di percorrere
" una via concreta, attraverso la quale la stragrande maggioranza degli
uomini può accedere a quei beni che sono destinati all'uso comune: sia beni
della natura, sia quelli che sono frutto della produzione ".(31)
Riforma agraria: indicazioni di un percorso
Attuare una riforma agraria effettiva, equa ed efficiente
35. Accade di frequente che le politiche tese a promuovere un
uso corretto del diritto di proprietà privata della terra non servano ad
impedire che essa continui ad essere esercitata, in vaste aree, come un diritto
assoluto, senza limiti provenienti da corrispondenti obblighi sociali.
Su questo punto la dottrina sociale della Chiesa è molto
esplicita e indica la riforma agraria come una delle più urgenti, da
intraprendere senza indugio: " In molte situazioni sono dunque necessari
cambiamenti radicali ed urgenti per ridare all'agricoltura — ed agli uomini
dei campi — il giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme
dello sviluppo della comunità sociale ".(32)
Particolarmente drammatico, a questo proposito, l'appello che
Giovanni Paolo II ha lanciato ad Oaxaca, in Messico, agli uomini di governo e ai
grandi proprietari terrieri: " A voi responsabili dei popoli, a voi classe
di potere che a volte tenete improduttive le terre e nascondete il pane alle
famiglie a cui manca, la coscienza umana, la coscienza dei popoli, il grido dei
poveri derelitti, e soprattutto la voce di Dio, la voce della Chiesa ripetono
con me: non è giusto, non è umano, non è cristiano continuare con certe
situazioni chiaramente ingiuste. È necessario mettere in pratica misure
concrete, efficaci, a livello locale, nazionale e internazionale secondo le
ampie linee tracciate dall'enciclica Mater et magistra. Ed è chiaro che chi più
deve collaborare a questo, è chi ha più potere ".(33)
36. La dottrina sociale afferma, a più riprese, che deve
essere garantita la maggiore valorizzazione possibile delle potenzialitÃ
produttive agricole laddove una percentuale rilevante della popolazione è
dedita al lavoro dei campi ed è da esso dipendente. Nel caso di fondi non
sufficientemente coltivati, essa giustifica, dietro congruo indennizzo ai
proprietari,(34) l'espropriazione della terra per assegnarla a coloro che ne
sono privi o ne posseggono in misura troppo limitata.(35)
È opportuno sottolineare, tuttavia, che, secondo la dottrina
sociale, una riforma agraria non deve limitarsi alla sola distribuzione dei
titoli di proprietà tra gli assegnatari.
L'espropriazione delle terre e la loro ridistribuzione sono
soltanto uno degli aspetti, e non il più complesso, di una equa ed efficiente
politica di riforma agraria.(36)
Promuovere la diffusione della proprietà privata
37. La dottrina sociale della Chiesa individua nella riforma
agraria uno strumento adatto a diffondere la proprietà privata della terra
qualora i poteri pubblici si muovano secondo tre direttrici d'azione distinte,
ma complementari:
a) a livello giuridico, affinché si abbiano leggi adeguate a
mantenere e a tutelare l'effettiva diffusione della proprietà privata;(37)
b) a livello di politiche economiche, per facilitare "
una più larga diffusione della proprietà privata di beni di consumo durevoli,
dell'abitazione, del podere, delle attrezzature proprie dell'impresa artigiana
ed agricolo-familiare, dei titoli azionari nelle medie e nelle grandi aziende
";(38)
c) a livello di politiche fiscali e tributarie, per
assicurare la continuità della proprietà dei beni nell'ambito della famiglia.(39)
Favorire lo sviluppo dell'impresa agricola familiare
38. Condannando sia il latifondo, perché espressione di un
uso socialmente irresponsabile del diritto di proprietà e perché grave
ostacolo alla mobilità sociale, sia la proprietà statale della terra, perché
conduce ad una spersonalizzazione della società civile, la dottrina sociale
della Chiesa, pur nella consapevolezza che " non è possibile fissare a
priori quale sia la struttura più conveniente alla impresa agricola ",(40)
suggerisce di valorizzare ampiamente l'impresa familiare proprietaria della
terra che coltiva direttamente.(41)
L'impresa agricola a cui si fa riferimento utilizza
prevalentemente nella propria azienda il lavoro familiare e si può integrare
con il mercato del lavoro esterno assumendo lavoro salariato.
La dimensione aziendale di tale impresa dovrebbe essere tale
da consentire il raggiungimento di redditi familiari adeguati, la continuitÃ
della famiglia nell'azienda, l'accesso al mercato del credito fondiario e la
sostenibilità dell'ambiente rurale anche attraverso un utilizzo appropriato dei
fattori.
Grazie all'efficienza della sua gestione e alla ricchezza
sociale che viene così prodotta, una simile impresa crea nuove occasioni di
lavoro e di crescita umana per tutti.
Essa, infatti, può offrire un contributo altamente positivo
non solo allo sviluppo di una struttura agraria efficiente, ma anche alla
realizzazione dello stesso principio della destinazione universale dei beni.
Rispettare la proprietà comunitaria dei popoli indigeni
39. Il Magistero sociale della Chiesa non considera la
proprietà individuale come la sola forma legittima di possesso della terra.
Esso tiene in particolare considerazione anche la proprietà comunitaria, che
caratterizza la struttura sociale di numerosi popoli indigeni.
Questa forma di proprietà , infatti, incide tanto
profondamente nella vita economica, culturale e politica di questi popoli da
costituire un elemento fondamentale della loro sopravvivenza e del loro
benessere, offrendo inoltre un contributo non meno basilare alla protezione
delle risorse naturali.(42)
La difesa e la valorizzazione della proprietà comunitaria,
tuttavia, non deve escludere la consapevolezza del fatto che questo tipo di
proprietà è destinato ad evolversi. Se si agisse in modo da garantire solo la
sua semplice conservazione si correrebbe il rischio di legarla al passato e, in
questo modo, di distruggerla.(43)
Condurre una giusta politica del lavoro
40. La tutela dei diritti umani che scaturiscono dal lavoro
è un'altra fondamentale direttrice d'azione che la dottrina sociale della
Chiesa offre per assicurare un corretto esercizio del diritto di proprietÃ
privata della terra. Date le relazioni che lo legano alla proprietà , il lavoro
rappresenta un mezzo di importanza cruciale per assicurare la destinazione
universale dei beni.
Vi è quindi il dovere per i pubblici poteri(44) di
intervenire affinché questi diritti siano rispettati e realizzati, secondo tre
essenziali direttrici:
a) promuovere le condizioni che assicurino il diritto al
lavoro;(45)
b) garantire il diritto alla giusta remunerazione del
lavoro;(46)
c) tutelare e promuovere il diritto dei lavoratori di
costituire associazioni, che abbiano come scopo la difesa dei loro diritti.(47)
Il diritto di associazione rappresenta, infatti, la condizione necessaria per
raggiungere l'equilibrio nei rapporti di potere contrattuale tra i lavoratori ed
i loro datori di lavoro e per garantire, pertanto, lo sviluppo di una corretta
dialettica tra le parti sociali.
Realizzare un sistema d'istruzione capace di produrre una
effettiva crescita culturale e professionale della popolazione
41. Il fattore sempre più decisivo in vista dell'accesso ai
beni della terra non è più, come nel passato, il possesso della terra, ma il
patrimonio di conoscenze che l'uomo sa e può accumulare. Afferma Giovanni Paolo
II: " Ma un'altra forma di proprietà esiste, in particolare, nel nostro
tempo e riveste un'importanza non inferiore a quella della terra: è la proprietÃ
della conoscenza, della tecnica e del sapere ".(48)
Quanto più l'agricoltore conosce le capacità produttive
della terra e degli altri fattori di produzione e le molteplici modalità con
cui possono essere soddisfatti i bisogni dei destinatari dei frutti del proprio
lavoro, tanto più fecondo diventa il suo lavoro, soprattutto come strumento di
realizzazione personale, per il quale egli esercita la propria intelligenza e la
propria libertà .
È necessario e urgente, pertanto, dare prioritÃ
all'obiettivo della realizzazione di un sistema d'istruzione capace di offrire,
ai vari livelli scolastici, il più ampio bagaglio di conoscenze e di abilitÃ
tecniche e scientifiche.
CAPITOLO III
LA RIFORMA AGRARIA: UNO STRUMENTO DI SVILUPPO
ECONOMICO E SOCIALE
La riforma agraria: uno strumento necessario...
42. Una struttura dell'agricoltura caratterizzata
dall'appropriazione indebita e dalla concentrazione della terra nel latifondo
ostacola gravemente lo sviluppo economico e sociale di un Paese. La mancata
crescita della produzione agricola e dell'occupazione è un effetto di breve
periodo. Nel lungo periodo, essa è causa di povertà e di sprechi che tendono a
perpetuarsi, aggravandosi.
Di fronte a questa realtà , una riforma dell'agricoltura, che
assicuri una diversa ripartizione della terra, rappresenta un importante
obiettivo su cui centrare l'attenzione, poiché si tratta di un intervento
necessario per lo sviluppo armonico dell'economia e della società .
La qualità ed il successo dei programmi di sviluppo
traggono, infatti, sostanziali benefici dalla mobilità delle risorse interne di
un Paese e dalla loro distribuzione tra i diversi settori e gruppi sociali. È
questo lo scopo di una riforma agraria che assicuri l'accesso alla terra, un suo
uso efficiente e la crescita dell'occupazione.
43. Una riforma agraria di questo tipo si va sempre più
profilando come misura di politica di sviluppo doverosa, necessaria e
indilazionabile.
Un'agricoltura in sviluppo accresce il reddito degli
agricoltori, fa aumentare la domanda di beni e di servizi prodotti
dall'industria e dal terziario e rafforza anche il potere d'acquisto di quanti,
pur vivendo nelle aree rurali, non operano in agricoltura.
Un importante effetto di questo sviluppo è il contenimento
della spinta migratoria verso le città e del trasferimento di manodopera verso
altri settori e degli effetti sull'urbanizzazione e sul livello dei salari.
L'aumento della produttività agricola consentirebbe di
garantire la sicurezza alimentare della popolazione e promuovere la crescita
qualiquantitativa dei prodotti alimentari attraverso prezzi accessibili.
L'esperienza concreta dimostra, inoltre, che la crescita
dell'agricoltura significa espansione dell'industria e dei servizi e, dunque,
sviluppo complessivo dell'economia.
Va infine notato che una riforma agraria che origina imprese
familiari contribuisce sensibilmente al rafforzamento della famiglia,
valorizzando le capacità e le responsabilità dei suoi membri.
44. Là dove sussistono condizioni di iniquità e di povertà ,
la riforma agraria rappresenta non solo uno strumento di giustizia distributiva
e di crescita economica, ma anche un atto di grande saggezza politica.
Essa costituisce la sola risposta concretamente efficace e
possibile, la risposta della legge al problema dell'occupazione delle terre.
Quest'ultima, nella sua varia e complessa casistica, anche quando ad indurla
sono situazioni di estrema necessità ,(49) resta comunque un atto non conforme
ai valori e alle regole di una convivenza veramente civile. Il clima di emotivitÃ
collettiva che genera può facilmente condurre ad una successione di azioni e di
reazioni tali da sfuggire ad ogni controllo. Gli atti di strumentalizzazione che
possono facilmente verificarsi hanno ben poco a che fare con il problema della
terra.
Manifestazione, spesso, di situazioni intollerabili e
deprecabili sul piano morale, l'occupazione delle terre è una spia allarmante
che sollecita la messa in atto, a livello sociale epolitico, di soluzioni
efficaci ed eque.
Sono, soprattutto, i Governi ad essere interpellati, nella
loro volontà e determinazione, affinché forniscano urgentemente queste
soluzioni. Il ritardare e il rimandare la riforma agraria tolgono ogni
credibilità alle loro azioni di denuncia e di repressione dell'occupazione
delle terre.... ma anche particolarmente complesso e delicato
45. I benefici di una tale riforma tuttavia possono essere
raggiunti solo se sono correttamente impostati i suoi programmi. È essenziale
per il loro successo evitare l'errore di ritenere che gli interventi di riforma
agraria si identifichino e si esauriscano con l'espropriazione delle grandi
proprietà terriere, la loro successiva suddivisione in unità produttive
compatibili con la capacità di lavoro di una famiglia e la distribuzione della
terra, infine, agli assegnatari dei titoli di proprietà .
Un programma di riforma agraria deve certamente prevedere
obiettivi a breve termine per ottenere risultati immediati di fronte alla gravitÃ
dei problemi sociali, assicurando che l'accesso alla terra soddisfi pienamente a
questa esigenza. Nel medio-lungo periodo, se la riforma agraria si limita ad una
semplice distribuzione, il problema della lotta alla miseria e dello sviluppo
rimane tuttavia irrisolto.
Per una riforma agraria capace di dare una risposta concreta
e duratura ai gravi problemi economici e sociali del mondo agricolo dei Paesi in
via di sviluppo, l'impegno ad assicurare l'accesso alla terra costituisce solo
la prima parte del programma. Esso si deve sviluppare nel tempo, prevedendo
opportuni interventi per assicurare l'accesso sia ai fattori e alle
infrastrutture che rendono possibile un continuo miglioramento della produttivitÃ
dell'agricoltura e della commercializzazione dei suoi prodotti, sia al godimento
dei servizi sociali che migliorano la qualità della vita e la capacità di
autopromozione delle persone, e dunque anche il rispetto delle popolazioni
indigene. Indispensabile al successo della riforma agraria è, infine, la piena
coerenza con essa delle politiche nazionali e di quelle degli organismi
internazionali.
Un'adeguata offerta di tecnologie appropriate e di
infrastrutture rurali
46. La ricerca è una componente essenziale di una riforma
agraria veramente effettiva ed efficace, perché permette di conseguire tre
obiettivi essenziali: l'offerta di tecnologie appropriate, la crescita della
produzione e la protezione dell'ambiente. È possibile, oggi, eliminare il
contrasto tra l'impiego di tecnologie adatte alle imprese, l'esigenza di queste
ultime di intensificare la produzione agricola e la necessità di conservare le
risorse naturali. È ormai ricchissima la serie di casi concreti atti a
dimostrare che gli aumenti di produttività della terra e del lavoro realizzati
con l'impiego di tecnologie relativamente semplici, ma innovative, sono, in
genere, i più efficienti ed efficaci, anche sotto il profilo della loro
compatibilità con l'ambiente.
Queste stesse esperienze attestano che l'efficienza e la
compatibilità sono legate in modo assai stretto ad innovazioni nel lavoro e
nell'uso del suolo, in genere fortemente condizionati dalle caratteristiche
dell'ambiente fisico ed economico locale.
Le attività di ricerca e di sperimentazione rendono
possibile l'individuazione delle innovazioni da adottare, caso per caso.
47. La prestazione di un servizio di assistenza tecnica non
è meno essenziale ad una effettiva riforma. L'assistenza tecnica rappresenta il
necessario complemento delle attività di ricerca e sperimentazione, perché i
loro risultati possono essere introdotti nella pratica corrente solo se i
produttori agricoli sono informati della loro esistenza e convinti della loro
efficacia.
L'attività di informazione e di educazione diventa,
pertanto, necessaria e deve essere costante per adeguare il livello delle
conoscenze professionali dei coltivatori alle esigenze della riforma agraria.
Il servizio di assistenza tecnica è indispensabile
soprattutto per educare gli agricoltori ad affrontare il mercato in forma
associata, la sola capace di conferire loro un effettivo potere di mercato e di
indirizzare opportunamente le scelte produttive.
48. È necessario, inoltre, che i programmi di riforma
agraria prevedano le risorse per lo sviluppo delle infrastrutture rurali, che
rappresentano una terza area di intervento, decisiva per il successo della
riforma.
Un'agricoltura in sviluppo induce un continuo aumento della
domanda di energia, di strade, di telecomunicazioni, di acqua per usi irrigui.
L'offerta di questi servizi deve essere adeguata alla domanda. A questo fine,
oltre a provvedere alla dotazione delle infrastrutture, ci si deve preoccupare
della loro corretta gestione. Specialmente nel caso dell'acqua per usi irrigui,
si pone frequentemente il problema del riordino delle utenze e dell'adozione di
meccanismi che assicurino un'appropriata allocazione della risorsa in modo da
evitarne i cattivi usi.
La rimozione degli ostacoli per l'accesso al credito
49. L'accesso concreto al credito legale è un altro problema
che i programmi di una riforma agraria devono affrontare e risolvere. A coloro
che hanno ricevuto la terra deve essere garantita la possibilità di disporre
dei moderni fattori di produzione a prezzi ragionevoli.
I beneficiari della riforma, solitamente, non sono in
possesso di un risparmio sufficiente all'acquisto di tali fattori e, pertanto,
devono ricorrere al credito, ma gli alti costi dei prestiti per i piccoli
clienti rendono gli Istituti di credito restii a concederne. Agli assegnatari si
presenta, dunque, la sola alternativa del ricorso al mercato informale del
credito, con i costi e i rischi che ciò implica. Per ovviare a questi rischi,
vanno incoraggiate le iniziative tese a promuovere la costituzione di banche
locali cooperative.
I programmi di una riforma agraria incisiva devono prevedere
il sostegno della domanda di credito delle nuove imprese nate dalla riforma.
Devono essere predisposti interventi atti a favorire l'offerta di forme
complementari di garanzia e a ridurre i costi dell'istruttoria delle operazioni
di credito.
Alle varie forme di associazione delle imprese nate dalla
riforma, che hanno lo scopo di gestire in comune i servizi produttivi, di
acquistare collettivamente i fattori di produzione, di commercializzare in modo
unitario i prodotti, il credito deve essere facilitato e incoraggiato.
Gli investimenti in servizi ed infrastrutture pubblici
50. Contemporaneamente alla realizzazione di servizi e di
infrastrutture di diretto interesse per la produzione agricola, i programmi di
riforma agraria devono prevedere cospicui investimenti nella sanità ,
nell'istruzione, nei trasporti pubblici, nell'approvvigionamento di acqua
potabile.
Nelle aree rurali dei Paesi poveri, questi servizi e
infrastrutture sociali presentano delle profonde carenze, in termini
quantitativi e qualitativi. Le loro possibilità di sviluppo sono assai limitate
dalla scarsa capacità della popolazione di queste aree di influenzare le scelte
politiche e dal fatto che una quota rilevante dei costi dovrebbe gravare,
direttamente o indirettamente, cioè attraverso lo strumento fiscale, sulla
grande proprietà terriera.
Questi servizi, fondamentali in un moderno sistema di vita,
sono, d'altronde, una componente indispensabile e un fattore di sviluppo del
benessere. Essi rappresentano, pertanto, un fattore chiave dello sviluppo
sostenibile.
La loro utilità non è limitata agli agricoltori e ai loro
familiari, ma beneficia l'intera popolazione, creando le condizioni necessarie
per una differenziazione delle attività produttive, per una crescita del
reddito complessivo prodotto localmente e per un conseguente contenimento del
fenomeno dello spopolamento.
La presenza adeguata di questi servizi è dunque una
condizione necessaria per la lotta alla povertà delle aree rurali e per
limitare i costi economici e sociali dell'urbanizzazione. Attraverso la riforma
agraria si deve quindi compiere ogni sforzo per aumentare nelle campagne
l'accessibilità , la disponibilità , l'accettabilità e la convenienza dei
servizi pubblici e delle infrastrutture di pubblica utilità .
Ciò vale in particolare per la sanità : l'accesso alle
strutture sanitarie di base e agli ospedali, un'estesa educazione sanitaria e la
disponibilità di rimedi semplici ed economici sono di estrema importanza per
ridurre mortalità e morbilità .
51. In tema di servizi, la massima priorità deve essere
riservata agli interventi tesi a garantire, in egual misura agli uomini e alle
donne, l'accesso alla scuola elementare e l'estensione della scolarizzazione
sino ai livelli secondario e superiore.
A queste condizioni, infatti, l'istruzione e la formazione
professionale non solo offrono ad ogni individuo i mezzi per poter sviluppare
nella maggiore misura possibile le proprie potenzialità , ma diventano anche i
fattori determinanti del cambiamento nelle attitudini e nei comportamenti,
necessario per poter affrontare, senza costi eccessivi, la complessità del
mondo di oggi. Si potrebbe così superare l'idea che induce a considerare
l'istruzione come una spesa di puro consumo e non un investimento sociale.
Una particolare attenzione al ruolo della donna
52. Le politiche tese a favorire l'accesso alle moderne
tecnologie e ai servizi pubblici devono prestare una particolare attenzione alla
posizione cruciale che la donna occupa nella produzione agricola e nell'economia
alimentare dei Paesi in via di sviluppo.
In questi Paesi, pur con sensibili differenze da luogo a
luogo, le donne forniscono più della metà del lavoro impiegato in agricoltura;
inoltre, è su di loro che ricade, generalmente, la piena responsabilità della
produzione degli alimenti per il sostentamento della famiglia.(50)
Ciò nonostante, si trovano ad essere ampiamente emarginate
da gravi forme di ingiustizia economica e sociale. Gli stessi programmi di
riforma agraria considerano le donne per il lavoro domestico che svolgono e non
come soggetti di attività produttiva. Le leggi privilegiano l'uomo nel
conferimento del diritto di proprietà della terra. Il sistema educativo tende
ad anteporre la formazione dei ragazzi a quella delle ragazze.
In considerazione di questa realtà , è essenziale per il
successo dei programmi di riforma agraria preoccuparsi di assicurare alla donna
un effettivo diritto alla terra, una concreta attenzione alle sue esigenze da
parte dei servizi di assistenza tecnica, una maggiore e migliore educazione
scolastica, un più facile accesso al credito, al fine di migliorare la qualitÃ
del suo lavoro, di ridurre la sua vulnerabilità ai cambiamenti nella
tecnologia, nell'economia e nella società , e di accrescere le occasioni
alternative di occupazione.(51)
Un fattivo sostegno alla cooperazione
53. Nei programmi di riforma agraria si deve prestare grande
attenzione alla funzione decisiva svolta dalla cooperazione nel sostenere il
decollo e lo sviluppo delle imprese agricole originate dalla ridistribuzione
della terra.
Queste imprese devono affrontare, specie in rapporto al
mercato, problemi complessi. A causa della grande moltitudine di persone che
sono nelle condizioni di poter aspirare all'assegnazione della terra, nella
stragrande maggioranza dei casi la dimensione delle imprese non consente un
impiego proficuo di talune tecnologie, quali, ad esempio, quelle necessarie per
alleviare il lavoro dei campi. È difficile per queste aziende poter disporre
dei principali fattori di produzione, di cui spesso non esiste un mercato
locale, oppure, quando vi sia una loro offerta, hanno costi particolarmente
elevati. Gravi sono, soprattutto, le difficoltà che tali imprese incontrano
nella commercializzazione dei loro prodotti. Nella maggior parte dei casi la
commercializzazione è controllata da pochi commercianti locali o non è
possibile perché, come avviene per i prodotti nuovi, specie se destinati ad
essere trasformati, non esiste in luogo una loro domanda.
54. In una realtà simile, la cooperazione rappresenta uno
strumento di solidarietà capace di offrire delle soluzioni efficaci. Con le sue
varie forme — cooperative di servizio, di approvvigionamento, di
trasformazione, di commercializzazione — la cooperazione consente di
realizzare, a seconda delle necessità , una più completa utilizzazione delle
macchine, un'efficace concentrazione della domanda di fattori di produzione e
dell'offerta di prodotti. Essa diviene, pertanto, fonte di economie di scala e
di forme di potere di mercato che conferiscono un importante vantaggio
competitivo alle imprese associate e possono condurre all'apertura di nuovi
mercati per le loro produzioni.
La cooperazione costituisce uno strumento prezioso per
consentire alle imprese, private o cooperative, nate dalla riforma, il
cambiamento della composizione della propria produzione e, in particolare, la
produzione di prodotti per l'esportazione senza svantaggio per l'economia
locale.
È quanto mai necessario, inoltre, prevedere, nell'ambito di
una riforma agraria, la promozione e il sostegno alla costituzione di banche
locali cooperative che si propongano la concessione di prestiti alle famiglie a
basso reddito e alle donne, per favorire l'esercizio dell'agricoltura, le
attività artigiane e anche i consumi. Una ricca esperienza dimostra che queste
micro-banche possono rappresentare uno strumento efficace per il rafforzamento
delle nuove imprese e per la lotta alla povertà .
Il rispetto dei diritti dei popoli indigeni
55. La riforma agraria non concorre solo alla soluzione del
problema del latifondo. Essa è di grande valore anche per le politiche dirette
a riconoscere e a far rispettare i diritti dei popoli indigeni.
A motivo delle strettissime relazioni esistenti tra la terra
e i modelli di cultura, di sviluppo e di spiritualità di questi popoli, la
riforma agraria rappresenta una componente determinante del progetto sistematico
e coordinato di azioni che i governi devono sviluppare per proteggere i diritti
e per garantire il rispetto della integrità delle popolazioni indigene.
Attraverso una riforma agraria si devono individuare le
modalità per affrontare, in forma equa e razionale, il problema della
restituzione ai popoli indigeni delle terre che essi tradizionalmente
occupavano, soprattutto quelle loro sottratte, anche in tempi recentissimi, con
varie forme di violenza o di discriminazione. In questo caso, la riforma agraria
deve indicare i criteri per riconoscere le terre che essi occupavano e le forme
della loro reintegrazione nell'uso di queste terre, garantendo un'effettiva
protezione dei loro diritti di proprietà e di possesso.
La riforma deve offrire loro, con la possibilità di accedere
ai servizi produttivi e sociali, i mezzi necessari per promuovere lo sviluppo
delle loro terre e per beneficiare di un trattamento equivalente a quello
accordato agli altri settori della popolazione.
In sintesi, la riforma agraria deve aiutare le comunitÃ
indigene a proteggere e a ricostruire le risorse naturali e gli ecosistemi da
cui dipendono la loro sopravvivenza ed il loro benessere; a mantenere e
sviluppare la loro identità , la loro cultura ed i loro interessi; a sostenere
le loro aspirazioni per la giustizia sociale e ad assicurare un ambiente che
consenta la partecipazione attiva alla vita sociale, economica e politica del
Paese.
56. Per realizzare l'insieme di tali obiettivi, i programmi
di riforma agraria debbono rispettare due condizioni.
a) Si dovrà realizzare, in maniera adeguata, il delicato e
necessario equilibrio tra l'esigenza di conservare la proprietà comune e quella
di privatizzare la terra. I tradizionali sistemi di possesso della terra,
fondati sulla proprietà comune, ossia su una forma di proprietà che poco si
presta all'impiego dei moderni fattori di produzione e all'innovazione
tecnologica, manifestano la tendenza a trasformarsi in proprietà privata via
via che l'agricoltura si sviluppa. Fondate ragioni inducono a prevedere, anche
nel caso dei popoli indigeni, lo sviluppo di una politica di assegnazione
individuale della proprietà della terra.(52)
b) I programmi di riforma devono essere definiti e adottati
con la partecipazione e la cooperazione delle comunità interessate. La riforma
agraria deve garantire alle comunità indigene, da un lato, la fruizione dei
servizi produttivi e sociali che esse giudicano consoni alla loro organizzazione
sociale e alla loro visione dei problemi ambientali, e dall'altro lato, deve
orientare verso altre direzioni i fattori di carattere economico e sociale che
possono essere causa di svantaggi.
L'impegno istituzionale dello Stato
57. L'impegno richiesto allo Stato è di grande rilievo perché
implica la modifica di organismi, istituti e norme che spesso sono alla base
dell'organizzazione politica, economica e sociale. Nella maggior parte dei casi,
questo impegno coincide con lo sviluppo di quattro principali direttrici di
azione a livello istituzionale:
a) il completamento e la modernizzazione del quadro giuridico
che regola il diritto di proprietà , il possesso e l'uso della terra, con una
particolare attenzione ad offrire sostegno e stabilità alla famiglia in quanto
soggetto di diritti e di doveri;
b) l'elaborazione di politiche e di leggi che tutelino i
diritti fondamentali delle persone e garantiscano, pertanto, il diritto dei
lavoratori a poter negoziare liberamente le loro condizioni di lavoro, a livello
sia individuale sia collettivo;
c) l'attuazione di un processo di decentramento
amministrativo tale da permettere e promuovere la partecipazione attiva delle
comunità locali alla progettazione, alla realizzazione, alla gestione
finanziaria, al controllo e alla valutazione dei programmi concernenti la
popolazione, lo sviluppo, il territorio che li riguardano;
d) l'adozione di politiche macroeconomiche rispettose del
principio che i diritti degli agricoltori a godere dei frutti del loro lavoro
non sono meno importanti di quelli dei consumatori, specie per quanto riguarda i
problemi di natura fiscale, monetaria e quelli derivanti dagli scambi
commerciali con l'estero. Il mancato rispetto dei diritti economici degli
agricoltori ha inevitabilmente degli effetti perversi sui meccanismi di mercato
e sull'intera economia.
La responsabilità delle organizzazioni internazionali
58. La riforma agraria, in quanto strumento di un'agricoltura
in sviluppo, coinvolge direttamente le competenze e le responsabilità di
numerose organizzazioni internazionali. Queste organizzazioni, nel determinare i
modelli di sviluppo che intendono promuovere, debbono preoccuparsi del fatto che
tali modelli si adattino alle necessità e ai problemi dei singoli Paesi.
A questo fine è importante evitare che la preoccupazione per
la riduzione del debito internazionale, che si traduce spesso nell'incentivare
un'agricoltura prevalentemente orientata a produzioni per l'esportazione,
conduca i Paesi in via di sviluppo ad attuare delle politiche che determinano
gravi deterioramenti dei servizi pubblici, specie dell'istruzione, ed una
accumulazione di problemi sociali.
59. La riforma agraria esige che le organizzazioni chiamate a
promuovere il commercio internazionale prestino una particolare attenzione alle
relazioni esistenti tra politiche commerciali, distribuzione del reddito e
soddisfacimento dei bisogni elementari delle famiglie.
Lo sviluppo degli scambi commerciali ha solitamente un
impatto positivo nella crescita economica di un Paese: aumenta la dimensione del
mercato, stimola ad una maggiore efficienza e produce nuove conoscenze.
In determinate condizioni, tuttavia, tale sviluppo può avere
anche effetti peggiorativi delle condizioni di vita di coloro che sono
economicamente svantaggiati. Questo accade, ad esempio, se l'aumento della
produzione di derrate agricole da esportare induce a ridurre l'offerta di
alimenti per il consumo interno e ad aumentarne i prezzi. Si ha un effetto
peggiorativo se, in conseguenza del fatto che i prodotti esportati richiedono
meno lavoro di quelli consumati localmente, viene penalizzata l'occupazione.
Può inoltre accadere che i piccoli coltivatori siano
doppiamente penalizzati. In primo luogo, perché, a causa degli ostacoli che
incontrano nell'accedere ai fattori necessari per la coltivazione dei prodotti
destinati all'esportazione, essi non possono beneficiare dei vantaggi da essa
provenienti. In secondo luogo, perché lo sviluppo delle esportazioni provoca un
aumento di certi costi di produzione in agricoltura e del prezzo della terra, e
tali aumenti rendono meno conveniente la produzione di beni tradizionali.
Un simile complesso di effetti, tuttavia, non è dovuto
esclusivamente alla logica degli scambi commerciali, di cui è solo una
conseguenza indiretta. Esso è anche la risultante diretta della concentrazione
del capitale fondiario in poche mani, della diffusa ineguaglianza sociale e
dell'inadeguatezza dei servizi di assistenza tecnico-amministrativa a favore dei
piccoli produttori. È evidente che questa realtà , per le sue conseguenze
negative sul piano della lotta alla povertà e alla fame, impegna le
organizzazioni internazionali a tenerla in grande considerazione nel momento in
cui definiscono le proprie strategie di intervento.
CONCLUSIONE
60. La Chiesa si sta preparando al nuovo Millennio attraverso
un'esperienza di conversione spirituale che trova il suo centro di ispirazione
nel Grande Giubileo dell'Anno 2000. Questo straordinario evento ecclesiale deve
spingere tutti i cristiani ad un serio esame di coscienza sulla loro
testimonianza nel presente e anche ad una più viva consapevolezza dei peccati
del passato, di quello " spettacolo di modi di pensare e di agire che erano
vere forme di antitestimonianza e di scandalo ".(53)
Affrontando il tema, emblematico della tradizione biblica del
Giubileo, della ridistribuzione equa della terra, il Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace si propone di far volgere lo sguardo di tutti verso uno
degli scenari più tetri e dolorosi della corresponsabilità , anche di tanti
cristiani, in gravi forme di ingiustizia e di emarginazione sociale e
dell'acquiescenza di troppi di loro di fronte alla violazione di fondamentali
diritti umani.(54)
61. L'acquiescenza al male, che è un segno preoccupante di
degenerazione spirituale e morale non solo per i cristiani, sta producendo, in
numerosi contesti, una sconcertante vacuità culturale e politica, che rende
incapaci di cambiare e di rinnovare. Mentre i rapporti sociali non mutano e
giustizia e solidarietà rimangono assenti ed invisibili, le porte del futuro si
chiudono e le sorti di tanti popoli restano avvitate ad un presente sempre più
incerto e precario.
Lo spirito del Giubileo ci sproni a dire: " Basta!
" ai tanti peccati individuali e sociali che provocano situazioni di povertÃ
e di ingiustizia drammatiche e intollerabili! Richiamando l'attenzione sul
significato peculiare ed essenziale che la giustizia ha, nel messaggio biblico,
di protezione dei deboli e del loro diritto, in quanto figli di Dio, alle
ricchezze della creazione, auspichiamo vivamente che l'anno giubilare, come
nell'esperienza biblica, serva anche oggi al ripristino della giustizia sociale,
attraverso una distribuzione della proprietà della terra guidata da uno spirito
di solidarietà nei rapporti sociali.
62. Ci dà forza e illumina il nostro difficile cammino la
luce di Cristo, immagine del Dio invisibile che cerca l'uomo, Sua particolare
proprietà , spinto dal Suo cuore di Padre.(55)
La conoscenza approfondita e la pratica coerente delle
direttive della Chiesa aiuteranno concretamente l'intera umanità a creare le
condizioni per gioire della salvezza a cui è chiamata dalla grazia di Dio e a
rivolgere a Lui una grande preghiera di ringraziamento e di lode.
Invochiamo l'intercessione di Maria, Madre del Redentore,
Stella che guida con sicurezza i passi incontro al Signore di tutti i cristiani
che abbandonano le strade sbagliate, le vie del male, e si rendono docili
all'azione dello Spirito, per partecipare alla vita intima di Dio e chiamarLo:
" Abbà , Padre! " (Gal 4,6).
Roma, 23 novembre 1997
Solennità di N.S. Gesù Cristo, Re dell'Universo
Roger Card. Etchegaray
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace
S.E. Mons. François-Xavier Nguyen Van Thuan
Vice-Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e
della Pace
Diarmuid Martin
Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace
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(1) Giovanni Paolo II, Lett.
Apost. Tertio millennio adveniente, 1994, n. 51.
(2) Per " latifondo " s'intende una grande proprietÃ
terriera, le cui risorse sono di solito sottoutilizzate, spesso appartenente ad
un proprietario assenteista, che impiega lavoro salariato ed utilizza tecnologie
agricole arretrate.
(3) Un chiaro quadro di questa preoccupazione emerge dai
numerosi documenti che l'Episcopato Cattolico, soprattutto dell'America Latina,
ha dedicato ai problemi dell'agricoltura in questi ultimi anni. Si vedano, ad
esempio, oltre ai documenti delle Conferenze Generali dell'Episcopato
Latino-Americano tenutesi nelle città di Rio de Janeiro (1955), Medellin, La
Iglesia en la actual transformación de América Latina a la luz del Concilio
(1968), Puebla, La Evangelización en el presente y en el futuro de América
Latina (1979) e Santo Domingo, Nueva evangelización, promoción humana, cultura
cristiana (1992): Conferencia Episcopal de Paraguay, La tierra, don de Dios para
todos, Asunción, 12 giugno 1983; Obispos del Sur Andino, La tierra, don de Dios
- Derecho del pueblo, 30 marzo 1986; Conferencia Episcopal de Guatemala, El
clamor por la tierra, Guatemala de la Asunción, 29 febbraio 1988; Vicariato
Apostólico de Darien, Panama, Tierra de todos, tierra de paz, 8 dicembre 1988;
Conferencia Episcopal de Costa Rica, Madre Tierra. Carta pastoral sobre la
situación de los campesinos y indÃgenas, San José, 2 agosto 1994; Conferencia
Episcopal de Honduras, Mensaje sobre algunos temas de interés nacional,
Tegucigalpa, 28 agosto 1995. La Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile e,
in particolar modo, la Commissione Pastorale della Terra si sono pronunciate
diverse volte sul tema della riforma agraria: Manifesto pela terra e pela vita a
CPT e a reforma agrária hoje, Goiânia, 1o agosto 1995; Pro-Memória da Presidência
e Comissão Episcopal de Pastoral da CNBB sobre as consequências do Decreto n.
1.775 de 8 de Janeiro de 1996, BrasÃlia, 29 febbraio 1996; Exigências Cristãs
para a paz social, Itaici, 24 aprile 1996.
(4) Questa forma di organizzazione dell'agricoltura appare in
declino solo laddove sono state realizzate delle riforme agrarie.
(5) Tra queste distorsioni meritano di essere ricordate:
a) una distribuzione delle terre operata spesso con metodi
arbitrari e soltanto in favore dei membri dei gruppi dominanti o delle classi
abbienti;
b) la costituzione di riserve per le popolazioni indigene,
spesso in aree poco fertili o lontane dal mercato o povere di infrastrutture, al
di fuori delle quali non era consentito acquistare o comunque occupare terra a
nessun membro di queste popolazioni;
c) l'adozione di sistemi fiscali differenziati a beneficio
dei grandi proprietari fondiari e l'imposizione di tasse discriminatorie sui
prodotti dei contadini indigeni;
d) la costituzione di organizzazioni di mercato e l'adozione
di sistemi di prezzi atti a privilegiare i prodotti delle grandi proprietà ,
giungendo, in taluni casi, al divieto di acquisto dei prodotti dei piccoli
coltivatori;
e) l'imposizione di barriere all'importazione, per proteggere
dalla competizione internazionale le produzioni delle grandi proprietÃ
terriere;
f) l'offerta di credito, di servizi e di sussidi pubblici di
cui, in concreto, poteva fruire solo la grande proprietà fondiaria.
(6) Per " piccolo coltivatore " s'intende il
soggetto economico che opera ai margini della produzione agricola ed è
coinvolto nel processo di polverizzazione della terra. Tale processo è
speculare e consequenziale al processo di concentrazione e appropriazione
indebita dello stesso bene.
(7) Cfr. FAO,
Landlessness: A Growing Problem, "
Economic and Social Development Series ", Rome 1984.
(8) Sui diversi fattori d'insuccesso, si veda FAO, Lessons
from the Green Revolution - Towards a New Green Revolution, Rome 1995, p. 8.
(9) Per un'analisi di queste politiche a sostegno delle
esportazioni agricole e delle grandi imprese e delle loro conseguenze sulla
povertà , si vedano: World Bank, World Development Report 1990, Washington D.C.,
pp. 58-60; World Bank, World Development Report 1991, Washington D.C., p. 57.
(10) Su questa problematica, si veda: Conseil Pontifical
Justice et Paix, Les peuples autochtones dans l'enseignement de Jean-Paul II,
Cité du Vatican 1993, p. 22.
(11) Sulla stretta correlazione che esiste nella maggior
parte delle economie agrarie tradizionali tra proprietà della terra, accesso al
credito e ditribuzione della ricchezza, si veda: World Bank, World Development
Report 1991, cit., pp. 65-66.
(12) Vi è una sostanziale unanimità di consensi circa
l'impatto fortemente negativo che le carenze dei servizi di formazione
professionale agricola di molti Paesi in via di sviluppo hanno sulla povertÃ
del mondo agricolo. Si veda, tra gli altri: World Bank, World Development Report
1991, cit., pp. 73-75.
(13) Cfr. UNDP, World Human Development Report 1990, New
York.
(14) Cfr. Giovanni Paolo
II, Discorso al Vertice mondiale
sull'Alimentazione organizzato dalla FAO, 13-17 novembre 1996, L'Osservatore
Romano, 14 novembre 1996; FAO, Rome Declaration on World Food Security and World
Food Summit Plan of Action, Rome 1996; Pont. Cons. Cor Unum, La fame nel mondo.
Una sfida per tutti: lo sviluppo solidale, Città del Vaticano 1996; FAO,
Dimensions of Need: An Atlas of Food and Agriculture, Rome 1995, p. 16; World
Bank, Poverty and Hunger, Washington D.C. 1986.
(15) Sui rapporti tra concentrazione della proprietÃ
fondiaria, povertà delle campagne e degrado dell'ambiente, cfr. World Bank,
World Development Report 1990, cit., pp. 71-73; World Bank, World Development
Report 1992, Washington D.C., pp. 134-138, 149-153; FAO, Sustainable Development
and the Environment, FAO Policies and Actions, Rome 1992.
(16) Emblematico è in proposito il racconto della vigna di
Nabot (cfr. 1 Re 21).
(17) Cfr. Giovanni Paolo
II, Tertio millennio adveniente,
cit., nn. 12-13.
(18) Conc. Ecum. Vat.
II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 1965, n. 69.
(19) Cfr. Giovanni
XXIII, Lett. Enc. Mater et magistra, 1961,
n. 69. Nel Radiomessaggio della Pentecoste 1941 Pio XII, trattando del diritto
ai beni materiali, affermava che " Ogni uomo, quale vivente dotato di
ragione, ha infatti dalla natura il diritto fondamentale di usare dei beni
materiali della terra, pur essendo lasciato alla volontà umana e alle forme
giuridiche dei popoli di regolarne più particolarmente la pratica attuazione.
Tale diritto individuale non può essere in nessun modo soppresso, neppure da
altri diritti certi e pacifici sui beni materiali " (n. 13).
(20) Diritto naturale perché, secondo il Magistero della
Chiesa, esso deriva dalla peculiare natura del lavoro umano e dalla "
priorità ontologica e finalistica dei singoli esseri umani nei confronti della
società ", Giovanni XXIII, Mater et magistra, cit., n. 96.
(21) " E per poter far fruttificare queste risorse per
il tramite del suo lavoro, l'uomo si appropria di piccole parti delle diverse
ricchezze della natura: del sottosuolo, del mare, della terra, dello spazio. Di
tutto questo egli si appropria facendone il suo banco di lavoro. Se ne appropria
mediante il lavoro e per un ulteriore lavoro ", Giovanni Paolo II, Lett.
Enc. Laborem exercens, 1991, n. 12.
(22) Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, cit., n. 71b.
(23) Giovanni XXIII, Mater et
magistra, cit., n. 96.
(24) " La tradizione cristiana non ha mai sostenuto
questo diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario, essa
l'ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare
i beni dell'intera creazione: il diritto della proprietà privata come
subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni
", Giovanni Paolo II, Laborem exercens, cit., n. 14.
(25) Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, cit., n. 69a.
(26) Ivi.
(27) Cfr. Summa
Theologiae, II-II, q. 66 art. 7.
(28) Paolo VI, Lett.
Enc. Populorum progressio, 1967, n. 23.
(29) La proprietà dei mezzi di produzione in campo agricolo
" giusta e legittima, se serve a un lavoro utile; diventa, invece,
illegittima, quando non viene valorizzata o serve a impedire il lavoro di altri,
per ottenere un guadagno che non nasce dall'espansione globale del lavoro e
della ricchezza sociale, ma piuttosto dalla loro compressione, dall'illecito
sfruttamento, dalla speculazione e dalla rottura della solidarietà nel mondo
del lavoro. Una tale proprietà non ha nessuna giustificazione e costituisce un
abuso al cospetto di Dio e degli uomini ", Giovanni Paolo II, Lett. Enc.
Centesimus annus, 1991, n. 43.
(30) La degradazione dell'ambiente materiale conduce, in
sostanza, alla degradazione del " contesto umano che l'uomo non padroneggia
più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli
intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l'intera
famiglia umana ", Paolo VI, Lett. Apost. Octogesima adveniens, 1971, n. 21.
All'opposto l'uomo deve lavorare sapendo di essere " erede del lavoro di
generazioni e insieme coartefice del futuro di coloro che verranno dopo di lui
nel succedersi della storia ", Giovanni Paolo II, Laborem exercens, cit.,
n. 16.
(31) Giovanni Paolo II, Laborem
exercens, cit., n. 19.
(32) Ivi, n. 21.
(33) Giovanni Paolo II, Discorso agli Indios del Messico,
Cuilapan - Oaxaca, 29 gennaio 1979. Sul tema della riforma agraria, il Santo
Padre Giovanni Paolo II è intervenuto in diverse occasioni: a Recife, in
Brasile, il 7 luglio 1980; a Cuzco, in Perù, il 3 febbraio 1985; a Iquitos, in
Perù, il 5 febbraio 1985; a Lucutanga, in Equador, il 31 gennaio 1985; a Quito,
in Equador, il 30 gennaio 1985; nel Discorso ai Vescovi Brasiliani in visita
" ad limina ", il 24 marzo 1990; a Aterro do Bacanga São Luis, in
Brasile, il 14 ottobre 1991; nel Discorso ai Vescovi Brasiliani in visita "
ad limina ", il 21 marzo 1995.
(34) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio, 1o settembre 1944, n. 13;
Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, cit. n. 71f.
(35) " Il bene comune esige dunque talvolta
l'espropriazione se, per via della loro estensione, del loro sfruttamento esiguo
o nullo, della miseria che ne deriva per le popolazioni, del danno considerevole
arrecato agli interessi del paese, certi possedimenti sono di ostacolo alla
prosperità collettiva ", Paolo VI, Populorum progressio, cit., n. 24.
" Si impongono pertanto ... anche riforme che diano modo di distribuire i
fondi non sufficientemente coltivati a beneficio di coloro che sono capaci di
metterli in valore ", Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, cit., n. 71f.
(36) Cfr. Giovanni
XXIII, Mater et magistra, cit., nn.
110-157.
(37) " Principalissimo è questo: i governi devono per
mezzo di sagge leggi assicurare la proprietà privata ", Leone XIII, Lett.
Enc. Rerum novarum, 1891, n. 30.
(38) Giovanni XXIII, Mater et
magistra, cit., n. 102.
(39) La pubblica autorità non può usare arbitrariamente del
suo diritto di determinare i doveri della proprietà violando il diritto
naturale di proprietà privata e di trasmissione ereditaria dei propri beni e
non può " aggravare tanto con imposte e tasse esorbitanti la proprietÃ
privata da renderla quasi stremata ", Pio XI, Lett. Enc. Quadragesimo anno,
1931, n. 49.
(40) Giovanni XXIII, Mater et
magistra, cit., n. 128.
(41) " ... quando si ha dell'uomo e della famiglia una
concezione umana e cristiana, non si può non considerare un ideale l'impresa
configurata e funzionante come una comunità di persone nei rapporti interni e
nelle strutture rispondenti aic riteri di giustizia e allo spirito sopraesposti;
e, più ancora, l'impresa a dimensioni familiari; e non si può non adoperarsi
perché l'una o l'altra, in rispondenza alle condizioni ambientali, diventino
realtà ", ivi, n. 128.
(42) " Nelle società economicamente meno sviluppate
frequentemente la destinazione comune dei beni è in parte attuata mediante un
insieme di consuetudini e di tradizioni comunitarie, che assicurano a ciascun
membro i beni più necessari ", Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, cit.,
n. 69b.
(43) Cfr. ivi, n. 69.
(44) " È, infatti, lo Stato che deve condurre una
giusta politica del lavoro ", Giovanni Paolo II, Laborem exercens, cit., n.
17.
(45) È dovere dello Stato " agire contro la
disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe
dimensioni, può diventare una vera calamità sociale ", ivi, n. 18. Per
rendere possibile a tutti l'occupazione, lo Stato deve promuovere una corretta
organizzazione del lavoro mediante " una giusta e razionale coordinazione,
nel quadro della quale deve essere garantita l'iniziativa delle singole persone,
dei gruppi liberi, dei centri e complessi di lavoro locali, tenendo conto di ciò
che è già stato detto sopra circa il carattere soggettivo del lavoro umano
", ivi, n. 18.
(46) La remunerazione del lavoro è giusta se, oltre al
salario, il lavoratore può beneficiare delle " varie prestazioni sociali,
aventi come scopo quello diassicurare la vita e la salute dei lavoratori e
quella della loro famiglia ", ivi, n. 19.
(47) " L'esperienza storica insegna che ... l'unione
degli uomini per assicurarsi i diritti che loro spettano, nata dalle necessitÃ
del lavoro, rimane un fattore costruttivo di ordine sociale e di solidarietà ,
da cui non è possibile prescindere ", ivi, n. 20.
(48) Giovanni Paolo II, Centesimus
annus, cit., n. 32.
(49) Cfr. Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, cit., n. 69a.
(50) Circa l'importanza della posizione che, nei Paesi in via
di sviluppo, la donna occupa nei processi di produzione e trasformazione dei
prodotti agricoli, si veda: FAO, Socio-Political and Economic Environment for
Food Security, Rome 1996, par. 4.3.
(51) Cfr. Giovanni Paolo
II, Lettera alle donne, 29 giugno
1995.
(52) Non debbono essere sottovalutati, tuttavia, i vantaggi
della proprietà comune, specie nel caso della presenza di una popolazione
relativamente numerosa rispetto alla risorsa terra. In questo caso, la proprietÃ
comune garantisce a tutti i membri della comunità , anche ai più poveri, di
avere accesso alla terra; motiva i contadini a conservare la capacitÃ
produttiva del suolo che coltivano; non consente, come invece accade
frequentemente nel caso della proprietà privata, che i piccoli coltivatori
siano costretti a vendere le loro minuscole proprietà . In altri termini, la
proprietà comune permette di evitare la povertà estrema e il costituirsi di
masse di persone senza-terra che spesso caratterizzano le zone dominate dal
latifondo.
(53) Giovanni Paolo II, Tertio millennio
adveniente, cit., n.
33.
(54) Cfr. ivi, n. 36.
(55) Cfr. ivi, n. 7.
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