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Teologia della liberazione e liberazione della teologia

di Fr. Alberto Degan

 

Cari amici,

Vi invio una riflessione che scrissi 5 anni fa in Ecuador 'provocata' dal provvedimento della Congregazione della fede contro Jon Sobrino, uno dei teologi che più hanno inciso sulla mia spiritualità. Ritengo che la problematica alla radice di questo provvedimento è ancor oggi più attuale che mai.

 

Liberazione della teologia. Il caso Sobrino

É di alcuni mesi fa la notizia di un proveddimento disciplinare preso dalla Congregazione per la Dottrina della fede contro Jon Sobrino, il teologo che ispirò il vescovo-martire mons. Romero e famoso, tra le altre cose, per essere sopravvissuto alla strage contro i gesuiti dell’UCA, nel Salvador, nel 1989. Dico sopravvissuto perché lui, che era il principale obiettivo dell’attacco criminale delle forze paramilitari, quel giorno casualmente non era in casa, e così si salvò.

L’accusa contro Sobrino é di accentuare troppo l’umanità di Cristo a scapito della sua divinità. Ma in realtà, la Notificatio contro Sobrino é l’ultimo atto di una serie di misure disciplinari contro alcuni teologi sudamericani, accusati - in sostanza - di accentuare in maniera esagerata la dimensione sociale della fede a scapito della dimensione spirituale, e di ridurre il messaggio cristiano a un messaggio terreno, politico. Secondo un documento del Vaticano di qualche anno fa, la vera liberazione é la “liberazione dalla schiavitù radicale del peccato”, mentre i teologi della liberazione, di fronte “all’urgenza dei problemi”, cadono nella ”tentazione” di “porre l’accento in modo unilaterale sulla liberazione dalla schiavitù di ordine terreno e temporale”. Si presenta così una contrapposizione fra “la schiavitù del peccato” e la “schiavitù di ordine terreno”. Il piano spirituale e il piano temporale sono visti – se non come contrapposti – per lo meno come conflittivi. E così si afferma che, per non distoglierci dalle preoccupazioni di ordine propriamente spirituale, dobbiamo evitare la “tentazione” di lasciarci prendere - in maniera “unilaterale” - dalle “urgenze” della realtà e del tempo in cui viviamo.

Io penso che, in realtà, Dio cade spesso in questa ‘tentazione’: “Ho visto la miseria del mio popolo, ho ascoltato il suo grido davanti ai suoi oppressori, e conosco la sua sofferenza. Sono sceso per liberarlo.... Ho visto l’oppressione con cui gli egiziani li tormentano” (Es 3,7-9). Possiamo immaginare che Dio avesse molte preoccupazioni di carattere ‘spirituale’, ma davanti al grido del suo popolo, lascia tutto il resto e si fa coinvolgere, si fa prendere dall’urgenza del problema della schiavitù e dell’oppressione, e decide di agire nella storia per liberare il suo popolo.

Questo intervento di Dio é a livello spirituale o a livello temporale? La schiavitú che Dio vuole combattere é una schiavitù di tipo spirituale o una schiavitù di tipo terreno? Anch’io credo che la radice di tutte le schiavitù é il peccato, però poi questo peccato si manifesta e si concretizza in abitudini, atteggiamenti, azioni e strutture concrete, che Giovanni Paolo II chiamava “strutture di peccato”: la lotta contro queste strutture é un’azione di carattere spirituale o temporale? Dio chiede al Faraone – il più potente uomo politico di quei tempi – di liberare gli schiavi, di mettere fine all’oppressione. Questa richiesta di Dio é una richiesta di ordine spirituale o di ordine temporale?

Per me la risposta é ovvia: con questi interventi Dio agisce contemporaneamente sui due livelli, perché lo Spirito agisce nel tempo; e così, quando lottiamo contro le schiavitù di ordine politico-temporale, stiamo collaborando con il disegno di Dio, che vuole vincere la morte in tutte le sue dimensioni e stabilire il regno dell’Amore e della Vita. La lotta contro le schiavitù di tipo politico é un tassello molto importante della lotta globale dello Spirito contro il male.

Purtroppo, oggigiorno si nota una tendenza a tornare alla vecchia separazione – e a volte addirittura a una vera e propria contrapposizione – tra le due suddette dimensioni. Si tratta di un ritorno al dualismo neoplatonico, secondo il quale l’elemento religioso-spirituale e l’elemento temporale si oppongono e si contraddicono reciprocamente. Può essere che qualche sacerdote sudamericano abbia ridotto la religione a impegno politico, ma la stragrande maggioranza dei teologi della Liberazione si sono mossi in un altro orizzonte, in un’ottica genuina di fede e di amore ai più poveri, in linea con la più autentica Tradizione cattolica. Però, come fa notare Luis Segundo, per poter apprezzare – senza pregiudizi filosofici – tutta la ricchezza spirituale della Teologia della Liberazione, é necessaria e urgente una liberazione della teologia. Dobbiamo liberare la riflessione teologica da questo dualismo neoplatonico, che ha le sue radici nella filosofia pagana e ha ben poco a che vedere con il Vangelo e con la Parola di Dio.

Il Concilio Vaticano II condannó chiaramente questo dualismo per bocca di Paolo VI: “L’unione dei valori umani e temporali con quelli propiamente spirituali, religiosi ed eterni, é affermata e promossa sempre dal Concilio”. Sappiamo che una delle accuse che gli ambienti piú conservatori della Curia Romana rivolsero ai padri Conciliari era quella di aver dato troppo importanza al dialogo con il mondo e, più in generale, troppa importanza alla dimensione antropologica e sociale, a scapito della dimensione propriamente religiosa. Tenendo presenti queste obiezioni, nel discorso finale per la chiusura del Concilio, Paolo VI affermó: “Il valore umano del Concilio ha forse deviato la mente della Chiesa verso la direzione antropocentrica della cultura moderna?”. Uno si aspetterebbe che il papa dicesse: “Certamente no!”. E invece il papa continua dicendo: “Deviato no, rivolto sì. Come dire: senza dubbio, il Concilio ha rivolto l’attenzione della Chiesa verso l’uomo e verso le realtà temporali, ma questa non é una deviazione, bensì una fedeltà al Vangelo del nostro Dio che ha voluto farsi uomo. Grande, straordinario Paolo VI ! 

 Questa stessa idea si ripete nel messaggio finale del Concilio all’umanità: “É nella vostra città terrestre e temporale che Dio costruisce misteriosamente la sua città spirituale ed eterna (n.4). Non c’é nessuna contrapposizione fra i due livelli, ma anzi, come dice la Gaudium et Spes, c’é una “compenetrazione della città terrena e la città celeste” (GS 40).

Tutte queste idee - che fino a poco tempo fa potevamo dare più o meno per scontate - sono adesso messe apertamente in discussione in alcuni ambienti cattolici fondamentalisti. E così, con mia grande sorpresa, ho scoperto che la pagina web “Una Vox”, la pagina forse più completa sui documenti del Magistero ecclesiale, accompagna questi documenti con alcuni commenti ultraconservatori, spesso irrispettosi delle parole dei papi e dei Padri Conciliari. É evidente l’incapacità di questi gruppi fondamentalisti di capire che “la gloria di Dio é l’uomo vivente”, come dice S.Ireneo, e che perciò, se vogliamo davvero servire e glorificare Dio, possiamo farlo solo nella storia, nella società, nella cultura e nel tempo che ci é dato di vivere, mettendoci al servizio dell’umanità. La dimensione temporale non si contrappone alla dimensione spirituale!!


Guayaquil, 20 giugno 2007

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